Rivista di etica e scienze sociali / Journal of Ethics & Social Sciences

10schede

Allegato 1. Scheda di adesione e mappa personale

pdfQuesta scheda è stata realizzata sulla base del modello ideato e adottato da Solidarius Italia in percorsi formativi per formatori in due aree di sperimentazione a Bergamo e Como nell’ambito del progetto Erasmus + VET “Strengthening VET trainers’ competences on the Social Solidarity Economy”, promosso da sei partner di Portogallo, Romania, Francia, Germania, Italia e dalla rete di Economia sociale solidale europea RIPESS e finanziato dall’UE.

SCHEDA E MAPPA PERSONALE

  • ANAGRAFICA

Nome - Cognome - Luogo e data di nascita - Indirizzo di residenza – Telefono - Indirizzo mail

Se non sei nat* in Italia, da quanto tempo sei qui? ___

Quali motivi ti hanno spinto a venire in Italia? ___

Pensi di restare NO ⃝ SI ⃝ Se hai risposto SI:

Penso di rientrare nel paese di origine: entro poco tempo ⃝ Penso che lo farò più in là ⃝

Vivo da solo* ⃝

Vivo con la mia famiglia ⃝ Chi ne fa parte? ………………………………………………….

Vivo con altre persone con le quali condivido l’alloggio ⃝

  • FORMAZIONE E LAVORO

Titolo di studio - Altre esperienze formative

Professione attuale - Luogo di lavoro - Tipo di contratto

Altre professioni svolte ………………………………………..

Cosa sai fare? Scrivi almeno 3 cose ……………………...

Cosa ti piace fare? Scrivi almeno 3 cose ………………..

  • TEMPO “SCELTO”

Altre attività: Che svolgo da solo/sola – Che svolgo in compagnia

Del tempo che scegli di dedicare a quel che vuoi, quanto ne dedichi ad attività sociali o di volontariato? ___

Quali? ___

PERCENTUALE DI TEMPO DEDICATO A (nell’arco di un mese)

FORMAZIONE ___ % LAVORO ____ % TEMPO “SCELTO” ____ %

  • IL MIO TERRITORIO

(Città e provincia)

LUOGHI CHE FREQUENTO ABITUALMENTE ___

LUOGHI CHE PREFERISCO (al max 3) ___ - Perché

LUOGHI CHE EVITO ___ - Perché

  • LA MIA COMUNITÀ

CHI CONSIDERI PARTE DELLA TUA COMUNITÀ? ___

IN CHE MODO PARTECIPI ALLA VITA DELLA TUA COMUNITÀ? ___

Scheda di intervista a coppie

Buongiorno, come concordato alla fine dell’incontro che si è tenuto il 6 marzo, vi proponiamo una scheda per l’intervista da fare reciprocamente con un altro/a componente del gruppo di ricerca, a vostra scelta. Vi chiediamo:

− di prendere contatto, appena ricevete questa scheda, con il/la collega per formare la vostra “coppia”

− di comunicarci entro giovedì 18 marzo i/le componenti della vostra coppia

− di pubblicare sulla piattaforma, entro sabato 27 marzo, le schede compilate.

Siamo a disposizione per chiarimenti e informazioni. Soana e Paola

 

Intervistato/a

  • Nome
  • Cognome
  • Età
  • Genere
  • Titolo di studio
  • Paese d’origine
  • Lingue parlate

L’analisi di contesto della ricerca-azione parte da me:

Conosco e ho relazioni con persone che possono essere funzionali ai fini della ricerca:

Persona

Perché potrebbe essere funzionale ai fini della ricerca

La conosco e ho relazioni

Non la conosco e vorrei essere aiutato/a a raggiungerla

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel mio territorio esistono organizzazioni, gruppi, enti, uffici che possono essere funzionali ai fini della ricerca:

Organizzazione, gruppo, ente…

Perché potrebbe essere funzionale ai fini della ricerca

Li conosco e ho relazioni

Non li conosco e vorrei essere aiutato/a a raggiungerli

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Allegato 2. I quattro questionari della ricerca

 

A. Cittadini Migranti del mondo globale:
la sfida di educare adolescenti migranti e rifugiati1

 

Dati generali richiesti agli Intervistati2

i. Sesso: M ⃝ F ⃝

ii. Città (municipio – quartiere)

iii. Età

iv. Titolo di studio

v. Professione

vi. Orario/modalità dell’attività professionale:
part time ⃝
part time smart working ⃝
full time ⃝
full time smart working ⃝
non lavoro ⃝

vii. Attività volontaria
NO ⃝ SI ⃝ Quale …………………………………………………………..

viii. Nazionalità:
Italiana ⃝ Non Italiana ⃝
Per chi NON è di nazionalità italiana:

    1. Paese di origine
    2. Anno d’arrivo in Italia
    3. Lingua materna
    4. Quale tipo di documento possiede?
      A) Permesso di soggiorno - B) Carta CE - C) Cittadinanza italiana – D) Altro (specificare)

    Quanto conosce la lingua italiana? (Da 1 per niente a 5 totalmente):
    Lettura 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
    Ascolto 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
    Parlato 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
    Scritto 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝ix. Sa cosa si intende per educazione alla cittadinanza globale?
    Da 1 per niente a 5 totalmente: 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝

    x. Sa cosa si intende per sviluppo sostenibile?
    Da 1 per niente a 5 totalmente: 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝

    1. Cosa intende per sostenibilità?
      1. lasciare alle future generazioni un mondo vivibile in senso economico, sociale ed ambientale ⃝
      2. usufruire delle risorse che la natura offre senza preoccuparsi del loro consumo ⃝
      3. fare in modo che ogni risorsa utilizzata abbia una compensazione in termini di consumo energetico⃝
    2. Quali sono secondo lei le sfide più urgenti del cittadino globale?
      Da 1 meno urgente a 5 più urgente:

    2.1 Pace e non violenza 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝

    2.2 Giustizia sociale 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝

    2.3 Diritti umani 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝

    2.4 Benessere ed equità economica 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝

    2.5 Integrazione culturale 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝

    2.6 Equilibrio ecologico 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝

    2.7 Partecipazione democratica 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝

    1. Secondo lei è importante avere una formazione globale?
      Da 1 per niente a 5 totalmente:

    3.1 È importante per un cittadino migrante 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝

    3.2 È importante per tutti i cittadini 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝

    3.3 Perché?

    1. Secondo lei nei sistemi scolastici e formativi che conosce viene privilegiata:

    4.1 una formazione globale ⃝

    4.2 un approccio specifico e settoriale alle competenze ⃝

    4.3 entrambi ⃝

    1. Secondo lei è importante l'educazione alla cittadinanza globale?
      Da 1 per niente a 5 totalmente:

    5.1 È importante per un cittadino migrante 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝

    5.2 È importante per tutti i cittadini 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝

    5.3 Perché?

    1. Secondo lei diventare cittadino globale e acquisire le relative competenze specifiche e settoriali
      è un compito che si realizza:

    6.1 da soli ⃝

    6.2 in gruppo ristretto ⃝

    6.3 nella propria comunità di riferimento ⃝

    6.4 in una comunità allargata ⃝

    1. Secondo lei quali sono le principali ostacoli da superare per l'accesso all’istruzione
      e all’educazione alla cittadinanza globale di migranti e rifugiati?
      (Da 1 = ostacoli poco rilevanti a 5 = ostacoli più rilevanti)

    7.1 Barriere legali 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝

    7.2 Aspetti amministrativi, comprese scadenze di
    registrazione rigide 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝

    7.3 Risorse umane e finanziarie insufficienti 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝

    7.4 Sostegno psicosociale insufficiente 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝

    7.5 Supporto linguistico e di mediazione culturale mancante
    o insufficiente 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝

    7.6 Stereotipi e pregiudizi 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝

    7.7 Limitate opportunità per gli adolescenti 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝

    7.8 Perdita dello status legale per minori stranieri
    non accompagnati che compiono 18 anni 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝

    1. Nell’ultima Enciclica Fratelli tutti, Papa Francesco parla della necessità di una governance globale di una collaborazione internazionale per una pianificazione a lungo termine della migrazione, andando oltre le singole emergenze a favore dello sviluppo solidale di tutti i popoli basato sul principio della gratuità.
      Quanto è d’accordo da 1 a 5? (Da 1 per niente a 5 totalmente) 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
    2. Perché?
      …………………………………………………………….

    B. Scuola elementare e l’educazione a distanza in tempo di COVID193

    Genitorialità ed educazione ai tempi del Covid: com'è cambiato il concetto di genitorialità e come ha influito la crisi pandemica sull’educazione dei bambini? Nell’ultimo anno abbiamo attraversano una delle crisi più importanti dell’ultimo secolo, la crisi epidemica causata dal Sars Covid-19 ha messo a dura prova la vita di tutte e tutti noi, e in particolar modo abbiamo notato che a farne le spese sono state le classi più fragili. Sappiamo anche che quello che è successo in altri paesi è stato ed è molto più grave di quanto accaduto in Italia e le notizie che sono arrivate da chi in quei paesi ha amici o parenti hanno colpito tutti.

    Abbiamo scelto di osservare in che modo la crisi ha influito sull’educazione dei ragazzi, visto che la loro vita a causa della chiusura della scuola è stata totalmente sconvolta e così anche la loro educazione. Chi sono le persone che hanno avuto più vicino in questi mesi e che hanno esercitato un ruolo genitoriale? Come li hanno sostenuti non solo nella loro educazione ma anche nella loro socialità?

    Target: Genitori, tutori e responsabili anche temporanei (babysitter, altro..) di bambini in età scolare 5-11 anni.

    Metodologia: Osservazione partecipata.- domande aperte e chiuse

    Obiettivo: Com'è cambiato il rapporto del/della bambino/a del elementare (5 a 11 anni) col mondo? Il nostro obiettivo è capire come la concezione di genitorialità sia mutata e come questo abbia influito sull’educazione dei ragazzi. Vogliamo creare un’indagine che miri a trovare sia i punti deboli che i punti di forza, così da poter comprendere a fondo le criticità legate al fenomeno e cercare possibili soluzioni.

     

    Dati generali richiesti agli Intervistati
    vedi scheda A.

    1. Il/la bambino/a
      1.1 bambino ⃝ bambina ⃝ Età …….
      1.2 bambino ⃝ bambina ⃝ Età …...
    2. Chi è lei per il/la bambino/a
      Genitore ⃝ parente ⃝ baby-sitter ⃝
    3. Persone con cui vive il/la bambino/a
      Parentela Età Professione
      ________ _____ __________
      ________ _____ __________
      ________ _____ __________
      ________ _____ __________
    4. Come si è trovato/a con il sistema di educazione a distanza?
      4.1 Molto male ⃝ 4.2 Male ⃝ 4.3 Bene ⃝ 4.4 Molto bene ⃝
    5. Il/la bambino/a si è adattato/a a questa modalità di studio:
      5.1 Molto male ⃝ 5.2 Male ⃝ 5.3 Bene ⃝ 5.4 Molto bene ⃝
    6. Erano presenti problemi di strumenti o di collegamento?
      Possono essere segnate più risposte.
      6.1 Non abbiamo avuto problemi ⃝
      6.2 assenza d’internet a casa ⃝
      6.3 debolezza della rete internet ⃝
      6.4 mancanza di computer, tablet, cellulare ⃝
      6.5 incidente con computer, tablet, cellulare ⃝
      6.6 altro:......................................................… ⃝
    7. Si sono presentati altri problemi?
      Possono essere segnate più risposte.
      7.1 troppe persone a casa ⃝
      7.2 contemporaneità di collegamento ⃝
      7.3 altri problemi …………………………………………………………………………………
    8. Dove si svolgono o sono state svolte le lezioni a distanza?
      È possibile più di una risposta.
      8.1 stanza del/della bambino/a ⃝
      8.2 cucina/sala ⃝
      8.3 balcone / terrazza ⃝
      8.4 altro………………………........................................................................…
    9. Il/la bambino/a ha perso qualche lezione?
      NO ⃝
      SI ⃝ Se sì:
      9.1 da 1 a 5 ⃝
      9.2 da 5 a 10 ⃝
      9.3 da 10 a 20 ⃝
      9.4 +20 ⃝
      9.5 tutte ⃝
    10. Per quali motivi ha saltato la/e lezione/i?
      ……………………………………………………………..
    11. Chi ha assistito il/la bambino/a nelle lezioni a distanza e nello svolgimento dei compiti?
      È possibile più di una risposta.
      11.1 nessuno ⃝
      11.2 genitori ⃝
      11.3 parenti ⃝
      11.4 baby-sitter ⃝
      11.5 altro:.....................................…
    12. Quale attività ludica / di ricreazione ha svolto in questo periodo?
      È possibile più di una risposta.
      12.1 Giochi da tavolo ⃝
      12.2 Giochi elettronici ⃝
      12.3 Lettura ⃝
      12.4 Giochi di movimento ⃝
      12.5 Film ⃝
      12.6 Televisione ⃝
      12.7 Altro……………………………...
      12.8 Nessuna ⃝
    13. E dove?
      È possibile più di una risposta.
      13.1 casa ⃝
      13.2 terrazza/balcone ⃝
      13.3 parco/piazza/spiaggia ⃝
      13.4 altro:.................................
    14. Ci sono stati comunque momenti di socialità con altri bambini?
      NO ⃝
      SI ⃝ Se sì:
      14.1 Frequenti ⃝ 14.2 Pochi ⃝ 14.3 Molto pochi ⃝
    15. Dove avvenivano gli incontri?
      È possibile più di una risposta.
      15.1 scuola ⃝
      15.2 centri ricreativi ⃝
      15.3 associazioni ⃝
      15.4 casa ⃝
      15.5 terrazza/balcone ⃝
      15.6 parco/piazza/spiaggia ⃝
      15.7 su internet ⃝
      15.8 altro:.................................
    16. Ha osservato qualche cambiamento riguardo all’atteggiamento del/la bambino/a?
      NO ⃝
      SI ⃝ Se sì quali: …………………………………………………………………………..
    17. Si sono verificati casi di COVID tra i parenti o conoscenti del/la bambino/a, anche gravi?
      NO ⃝
      SI ⃝ Se sì:
      17.1 Con conseguenze lievi ⃝
      17.2 Con conseguenze gravi o gravissime ⃝
    18. Il/la bambino/a ha vissuto periodi di quarantena?
      NO ⃝
      SI ⃝
    19. Il/la bambino/a ha mai fatto domande a lei o ad altre persone sul COVID e sulla malattia?
      NO ⃝
      SI ⃝ Se sì, pensa che le risposte lo/a abbiano reso/a:
      È possibile più di una risposta.
      19.1 più sereno/a ⃝
      19.2 più preoccupato/a ⃝
      19.3 più ansioso/a ⃝
      19.4 più responsabile verso gli altri ⃝
      19.5 desideroso/a di sapere di più anche su cosa accade in altri paesi ⃝
      19.6 altro …………………………………………………………………………………………
    20. Dopo la riapertura delle scuole e la fine del lockdown il/la bambino/a ha iniziato qualche nuovo hobby?
      NO ⃝
      SI ⃝ Se sì, quale: …………………………………………………………………..
    21. Ha notato differenze nel rapportarsi con altri bambini?
      NO ⃝
      SI ⃝ Se sì, quale: …………………………………………………………………..
    22. Confrontando pre/post lockdown, quanto tempo libero trascorre il/la bambino/a davanti a TV, tablet, computer, cellulare?
      22.1 molto e comunque di più ⃝
      22.3 più o meno uguale ⃝
      22.4 abbastanza ma meno ⃝
      22.5 poco e molto meno ⃝
      22.6 pochissimo ⃝
    23. Dopo la riapertura chi accompagna il/la bambino/a a scuola?
      ………………………………………………………………..
    24. Dopo l’attività scolastica con chi sta il bambino/a?
      ………………………………………………………………..
    25. In conclusione, pensa che il periodo che abbiamo attraversato e che stiamo ancora attraversando stia cambiando il rapporto delle figure genitoriali (genitori, nonni, altri parenti, baby-sitter) con i/le bambini/e e dei bambini/e tra loro?
      NO ⃝
      SI ⃝
    26. Se sì, quali sono i cambiamenti che le sembrano più rilevanti?
      ………………………………………………………………..
    27. Visto che la pandemia non ha colpito un solo paese ma è stato ed è ancora un evento globale, secondo lei i/le bambini/e hanno compreso di essere non solo cittadini di una città o di una nazione ma cittadini del mondo, “cittadini globali”?
      ………………………………………………………………..
    28. Cosa si potrebbe fare per favorire nei/lle bambini/e questa prospettiva e per capire come è cambiato il punto di vista e le condizioni educative di bambini e bambine in altri paesi?…………………………………………………………………
    29. Che compito pensa che spetti in questo agli adulti?
      …………………………………………………………………

     

    GRAZIE!

     

    Osservazioni da parte dell’intervistatore/trice: ………………………………………………………………………………….



    C. Cittadinanza globale, coscienza ecologica e ambientale4

    Target: persone che frequentano Licei, Università (studenti, docenti, direttori di Dipartimento) ed enti, associazioni che si occupano di sostenibilità (es. Greenpeace, Legambiente, etc)

    Metodologia usata: Intervista semi-strutturata

    Obiettivo: capire come le persone intervistate percepiscono l’importanza della cittadinanza globale e del suo impatto ambientale.

     

    Dati generali richiesti agli Intervistati
    vedi scheda A.

    1. Cosa intende per sostenibilità?
      1.1 Lasciare alle future generazioni un mondo vivibile in senso economico, sociale ed ambientale ⃝
      1.2 usufruire delle risorse che la natura offre senza preoccuparsi del loro consumo ⃝
      1.3 fare in modo che ogni risorsa utilizzata abbia una compensazione in termini di consumo energetico ⃝
    2. Quali sono secondo lei le sfide più urgenti del cittadino globale?5
      Da 1 meno urgente a 5 più urgente:
      2.1 Pace e non violenza 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
      2.2 Giustizia sociale 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
      2.3 Diritti umani 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
      2.4 Benessere ed equità economica 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
      2.5 Integrazione culturale 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
      2.6 Equilibrio ecologico 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
      2.7 Partecipazione democratica 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
    3. Secondo lei le multinazionali e le grandi aziende influiscono sulla sostenibilità ambientale?
      3.1 SI ⃝ 3.2 NO ⃝ 3.3 Non so ⃝
    4. Se sì, in che modo?
      ……………………………………………………….
    5. Secondo lei è giusto che vengano tassate per i danni che causano?
      5.1 SI ⃝ 5.2 NO ⃝ 5.3 Non so ⃝
    6. Cosa farebbe per riequilibrare il rapporto tra economia e ambiente?
      Da 1 per niente a 5 totalmente:
      6.1 Promuovere una coscienza critica rispetto alle norme sociali e ai valori morali 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
      6.2 Sensibilizzare i soggetti del mio territorio per coinvolgerli in azione concrete 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
      6.3 Superare l’approccio per settori e promuovere azioni di sistema (che
      coinvolgano aspetti sociali, culturali, economici, tecnologici, ambientali, politici) 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
    7. Secondo lei chi dovrebbe occuparsene?
      Da 1: dovrebbe occuparsene di meno a 5: dovrebbe occuparsene di più
      7.1 I singoli cittadini 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
      7.2 Le comunità locali 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
      7.3 I sindaci 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
      7.4 I presidenti di regione 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
      7.5 Il governo nazionale 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
      7.6 la Commissione europea 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
      7.7 altre istituzioni internazionali 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
    8. A questo fine, secondo lei, è importante avere una formazione globale?
      Da 1 per niente a 5 totalmente:
      8.1 è importante per un cittadino migrante 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
      8.2 è importante per tutti i cittadini 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
      8.3 perché? …………………………………………………………………………………...
    9. Secondo lei, nei sistemi scolastici e formativi che conosce, viene privilegiata6:
      9.1 una formazione globale ⃝
      9.2 un approccio specifico ⃝
      9.3 entrambi ⃝
    10. Secondo lei è importante l’educazione alla cittadinanza globale7?
      Da 1 per niente a 5 totalmente:
      10.1 è impostate per un cittadino migrante 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
      10.2 è importante per tutti i cittadini 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
      10.3 perché? ………………………………………………………………………………….
    11. Secondo lei diventare cittadino globale e acquisire le relative competenze specifiche e settoriali è un compito che si realizza8:
      11.1 da soli ⃝
      11.2 in gruppo ristretto ⃝
      11.3 nella propria comunità di riferimento ⃝
      11.4 in una comunità allargata ⃝

     

     

     

    D. Cittadinanza globale e identità: tra Global Society e identità multiple in migranti9

    L’Educazione alla Cittadinanza Globale si fonda sul presupposto che le persone oggi vivono il processo di apprendimento in un contesto globale e, anche se in modo diseguale, interagiscono a livello planetario. In un mondo che è sempre più interdipendente, promuove un senso di appartenenza alla comunità globale, un’idea di umanità comune condivisa tra le persone che coinvolge anche l’ambiente naturale.

    L’ECG comporta la necessità di allargare gli orizzonti educativi per individuare l’identità umana e la sua appartenenza al pianeta terra.

    L’ECG intende offrire a ciascun abitante del pianeta la possibilità di conoscere e comprendere, nel corso della sua vita, i problemi legati allo sviluppo globale e di declinare il loro significato a livello locale e personale, nonché di esercitare i propri diritti e le proprie responsabilità di cittadino di un mondo interdipendente e in costante evoluzione, contribuendo altresì al suo procedere verso una maggiore giustizia e sostenibilità.

    In questo senso di appartenenza a una comunità più ampia e a una comune umanità vogliamo identificare i fattori che favoriscono o rendono difficile “l’essere cittadini globali” nella comunità migrante italiana, valutando così l’interdipendenza politica, economica, sociale e culturale e l’interconnessione tra il livello locale, nazionale e globale.

     

    Dati generali richiesti agli Intervistati
    vedi scheda A.

    1. Partecipa alla vita e ai problemi della comunità in cui vive?
      NO ⃝ SI ⃝ Qualche volta ⃝
    2. Fa parte di qualche Associazione di Volontariato?
      NO ⃝ SI ⃝ Se sì, specificare di quale tipo:
      2.1 culturale ……………..
      2.2 ricreativo ……………..
      2.3 sportivo ……………..
      2.4 ambientale ……………..
      2.5 religioso ……………..
      2.6 partitico ……………..
      2.7 sociale ……………..
      2.8 altro ……………..
    3. Quanto sono importanti secondo lei i seguenti comportamenti per essere un buon cittadino?
      Da 1 per niente a 5 totalmente:
      3.1 obbedire alle leggi 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
      3.2 partecipare attivamente alla vita della propria comunità 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
      3.3 far parte di un’associazione 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
      3.4 vivere il proprio lavoro come contributo allo sviluppo
      della comunità 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
      3.5 votare alle elezioni 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
      3.6 pagare le tasse 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
    4. A che livello lei si considera cittadino/a?
      Da 1 per niente a 5 totalmente:
      4.1 a livello locale 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
      4.2 a livello nazionale 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
      4.3 a livello europeo 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
      4.4 a livello globale 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
    5. Si sente cittadino/a italiano/a?
      Da 1 per niente a 5 totalmente: 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
    6. Si sente cittadino/a del suo paese d’origine?
      Da 1 per niente a 5 totalmente: 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
    7. Si sente cittadino/a del mondo?
      Da 1 per niente a 5 totalmente: 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
    8. Cosa intende per sostenibilità10
      8.1 Lasciare alle future generazioni un mondo vivibile in senso economico, sociale ed ambientale ⃝
      8.2 usufruire delle risorse che la natura offre senza preoccuparsi del loro consumo ⃝
      8.3 fare in modo che ogni risorsa utilizzata abbia una compensazione in termini di consumo energetico ⃝
    9. Quali sono secondo lei le sfide più urgenti del cittadino globale?
      Da 1 meno urgente a 5 più urgente:
      9.1 Pace e non violenza 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
      9.2 Giustizia sociale 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
      9.3 Diritti umani 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
      9.4 Benessere ed equità economica 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
      9.5 Integrazione culturale 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
      9.6 Equilibrio ecologico 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
      9.7 Partecipazione democratica 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
    10. Per riuscire a vincere queste sfide, secondo lei è importante avere una formazione globale?
      Da 1 per niente a 5 totalmente:
      10.1 è importante per un cittadino migrante 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
      10.2 è importante per tutti i cittadini 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
      10.3 perché? ……………………………………………………………………………………
    11. Secondo lei, nei sistemi scolastici e formativi che conosce, viene privilegiata:
      11.1 una formazione globale ⃝
      11.2 un approccio specifico ⃝
      11.3 entrambi ⃝
    12. Secondo lei è importante l’educazione alla cittadinanza globale?
      Da 1 per niente a 5 totalmente:
      12.1 è impostate per un cittadino migrante 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
      12.2 è importante per tutti i cittadini 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
      12.3 perché? ………………………………………………………………………………….
    13. Secondo lei diventare cittadino globale e acquisire le relative competenze specifiche e settoriali è un compito che si realizza:
      11.1 da soli ⃝
      11.2 in gruppo ristretto ⃝
      11.3 nella propria comunità di riferimento ⃝
      11.4 in una comunità allargata ⃝
    14. Secondo lei quali sono le principali ostacoli da superare per l'accesso all’istruzione e all’educazione alla cittadinanza globale di migranti e rifugiati?
      Da 1 = ostacoli poco rilevanti a 5 = ostacoli più rilevanti:
      14.1 Barriere legali 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
      14.2 Aspetti amministrativi, comprese scadenze di registrazione
      rigide 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
      14.3 Risorse umane e finanziarie insufficienti 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
      14.4 Sostegno psicosociale insufficiente 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
      14.5 Supporto linguistico e di mediazione culturale mancante
      o insufficiente 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
      14.6 Stereotipi e pregiudizi 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
      14.7 Limitate opportunità per gli adolescenti 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
      14.8 perdita dello status legale per minori stranieri non
      accompagnati che compiono 18 anni 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
    15. Nell’ultima Enciclica Fratelli tutti, Papa Francesco parla della necessità di una governance globale di una collaborazione internazionale per una pianificazione a lungo termine della migrazione, andando oltre le singole emergenze a favore dello sviluppo solidale di tutti i popoli basato sul principio della gratuità. Quanto è d’accordo da 1 a 5?
      Da 1 per niente a 5 totalmente 1 ⃝ 2 ⃝ 3 ⃝ 4 ⃝ 5 ⃝
    16. Perché?
      …………………………………………………………….

    1 Questo questionario è stato ideato e gestito dal gruppo di lavoro composto da: Barbeline Ishimwe, Eliodora Libuit Olan, Ana Maria Ilagan, Susana Mamani.

    2 Questa sezione è comune ai 4 questionari.

    3 Questo questionario è stato ideato e gestito dal gruppo di lavoro composto da: Gabriela Torres Barbosa, Maria Cecilia Caceres Siguas, Nehad Awad e Yuliya Kichenko.

    4 Questo questionario è stato ideato e gestito dal gruppo di lavoro composto da: Camis Dagui, Angela Martica e Josefa Trindade.

    5 Le domande 1) e 2) sono state presentate anche nel questionario A.

    6 Uguale al quesito n.4 del questionario A

    7 Uguale al quesito n.5 del questionario A

    8 Uguale al quesito n.6 del questionario A

    9 Questo questionario è stato ideato e gestito dal gruppo di lavoro composto da Uliana Bloshchynska, Vanesa Rodriguez Feltan e Sulayman Sanno.

    10 Questo e i successivi quesiti (dal n.8 al n. 16) sono uguali ai quesiti nn.1-9 del questionario A.

    COLLABORATORI/CONTRIBUTORS

     

    Paola Berbeglia
    Antropologa cognitiva, mediatrice cognitiva, presidente di Concord Italia e di CReA onlus (Centro Ricerche e Attività); vice-presidente del CIPSI (Coordinamento di Iniziative Popolari di Solidarietà Internazionale), partner della rete STRONG (progetto di ricerca della Facoltà di Scienze Sociali, Angelicum, Roma)

    Catherine Joseph Droste OP
    Docente di teologia morale presso la Facoltà di Teologia, Angelicum, Roma

    Massimo Franchi
    Dottorando presso la Facoltà di Scienze Sociali, Angelicum, Roma

    Marina Russo
    Laureata in Matematica e Licenziata in Scienze Sociali, è stata dirigente e consulente d’impresa. Collabora con la Facoltà di Scienze Sociali, Angelicum, Roma ed è il referente per i progetti di ricerca della stessa

    Soana Tortora
    Formatrice, esperta in progettazione sociale e sviluppo locale partecipato; responsabile e coordinatrice di Solidarius Italia, impresa sociale di economia solidale. Docente del Corso professionale in Management delle Organizzazioni del Terzo Settore, organizzato da Adjuvantes Onlus

    Luigi Troiani
    Docente di Relazioni internazionali presso la Facoltà di Scienze Sociali, Angelicum, Roma

     

    09fu

     

    Gianfranco Miglio
    La lezione del realismo.
    Scritti brevi sulla politica internazionale, l’Europa, la Storia (1945-2000)

    A cura di Damiano Palano
    Rubbettino, 2022, pp. 344, 28 €.
    https://www.store.rubbettinoeditore.it/catalogo/la-lezione-del-realismo/

     

    Fu vero realismo?

    pdfDi Gianfranco Miglio, la vulgata della comunicazione politica richiama soprattutto i trascorsi leghisti, quando negli anni novanta dello scorso secolo il professore comasco finì a fianco di Umberto Bossi come ideologo e parlamentare della Lega Nord-Lega Lombarda. In realtà quell’attività, nell’arco lungo e vario di vita (1918-2001) e di esperienze politico-intellettuali, fu relativamente breve e può essere considerata una parentesi.

    Giustamente il libro curato dal prof. Damiano Palano, ordinario di Filosofia Politica e direttore del dipartimento di Scienze Politiche dell'università Cattolica del Sacro Cuore, accantona l’impegno politico del professore comasco (dal 1943 al 1968 fu con la Democrazia Cristiana, negli ultimi anni di vita militerà con il secessionismo padano), per concentrarsi sul contributo saggistico offerto a molti filoni del pensiero politico contemporaneo, con spiccata attenzione a quelli collegabili al federalismo e agli affari internazionali.

    Gli articoli e saggi del volume sono organizzati su due periodi: il dopoguerra del “nuovo ordine” (1945-1960), il “lungo tramonto dell’ordine bipolare” (1975-2000). È una scelta che privilegia le analisi di Miglio sulle questioni internazionali, relegando in secondo piano gli scritti di sociologia politica e politologia dedicati alle faccende domestiche. Se ne ha evidenza nell’appendice, dove Palano pubblica appunti dal “Seminario su Politica e relazioni internazionali” che, nel 1990, un Miglio, professore ormai fuori ruolo, tenne alla facoltà di Scienze Politiche della Cattolica, della quale era stato preside per trent’anni dal 1959 al 1989. Con esplicito riferimento ai propri saggi Guerra, pace e diritto e La sovranità limitata, l’ex preside spinge temi come la mafia, i fattori di aggregazione negli stati, “le interferenze tra contratto-scambio e obbligazione politica” nell’alveo della metodologia analitica internazionalista, partendo dai “riflessi dei rapporti internazionali nella sfera interna alla sintesi politica”.

    Mentre sul piano politico si sta imbarcando in un’avventura di estremo provincialismo, sul piano intellettuale si afferma come un innovatore che si oppone al vezzo italiano di rinchiudere la politica, la politologia, la sociologia politica nell’asfissia della politica domestica, utilizzando i grandi temi della politica internazionale per le beghe interpartitiche e le minuzie della lotta quotidiana per il mantenimento o la conquista del potere. È che il comasco alle questioni del sistema internazionale aveva cominciato a guardare già negli anni studenteschi, formandosi alla scuola giuridica internazionalista di un Giorgio Balladore Pallieri futuro giudice e presidente della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, e laureandosi in Cattolica (1940) con una tesi su Origini e i primi sviluppi delle dottrine giuridiche internazionali pubbliche nell'età moderna.

    Questi “Scritti brevi sulla politica internazionale, l’Europa, la Storia” editati da Palano, documentano l’evoluzione nell’arco di mezzo secolo di un pensiero che, partendo dalla formazione giuridica, passando per lo studio approfondito della storia e delle ragioni degli accadimenti là narrati, conclude che la natura degli stati è inevitabilmente bellicosa e aggressiva. Da lì l'auspicio che almeno l’Europa generatrice e insieme vittima delle due grandi guerre del novecento, riesca a rendersi indenne dagli effetti di quella malvagia natura, che il realismo ha giudicato inguaribile opponendole l’equilibrio della forza con il build-up di armamenti che eviti la mutual assured destruction.

    La riflessione migliana, pur riconducibile al filone espresso dai vari J. Morgenthau, Edward E. Carr, Kennet Waltz, se ne distingue - come correttamente osserva Palano – per il persistente richiamo a fattori altri rispetto alla forza, che oggi, con Nye, potremmo definire di soft o sharp power. Troppo pressanti, nel percorso che lo studioso comasco testimoniava nell’attività accademica politica e giornalistica - le esigenze, anche etiche, come il federalismo degli stati e l’autonomia dei soggetti politici collettivi, per non pesare sul suo rapporto intellettuale con un realismo che pure avrebbe continuato a condividere.

    L’impronta federalista e il favore per il localismo, - limite allo strapotere degli stati nazionali - trovavano naturale sbocco nell’avversione migliana al nazionalismo becero e bellicista che chiamava, già nel primo articolo pubblicato sul Cisalpino all’indomani della fine della Seconda guerra mondiale, “rabbioso”. Il professore tornerà più volte contro la cultura politica della guerra instillata nei popoli dal “nazionalismo rabbioso”, spendendosi sempre, pur nel filone del realismo, contro la Machtpolitik.

    Con quelle premesse precoci, si troverà già da giovane a riflettere sulla Humana Respublica e su come i pensatori cristiani – in particolare i padri dei primissimi secoli e gli epigoni dell’evo di mezzo - avessero contribuito alla sua concettualizzazione. Più avanti negli anni, arriverà a convincersi che sarà impossibile difendere le ragioni della pace e cancellare la guerra senza lo ius publicum europeum, naufragato nella dissoluzione dell’universalismo medievale e nella nascita dei bellicosi e “rabbiosi” stati nazionali. Peccato per il professore comasco, non aver compiuto il passo successivo, ovvero l’identificazione del come, nella contemporaneità, quello ius – ormai da intendere come globale, visto che tra i cambiamenti imposti dalla storia stava arrivando una comunità mondiale nella quale l’Europa era destinata a recitare una parte sempre più minuscola - potesse essere generato.

    Non poteva farlo, essendo finito in “cattive” compagnie. In uno dei tanti percorsi ai quali lo guidavano un intelletto sempre sveglio e curioso, Miglio aveva incontrato Carl Schmitt e la sua distinzione tra amicus e hostis. Scriverà negli anni settanta che il tedesco gli aveva dimostrato che “ovunque c’è ‘politica’ là s’incontra l’antitesi ‘amico-nemico’, e che ogni raggruppamento politico si costituisce sempre a spese di, e contro un’altra porzione di umanità”.
    L’autore non aveva notato che nella vecchia malandata Europa nel frattempo era nato un raggruppamento politico di stati che non aveva avuto bisogno di nemici per costituirsi, ed era così poco schierato contro qualsiasi “altra porzione di umanità” da meritare presto il premio Nobel per la Pace.

     

     

    Luigi Troiani

    07temperance

     

     

    Temperance and Moral Education

    pdfRecently two young professionals threw public temper tantrums which are available for viewing internationally via social media. The first, a top tennis player from Kazakhstan, angry at losing, destroyed not one but three tennis rackets by beating them against the ground. The second, an Italian musician, angry due to problems with audio, destroyed the decorations at a national music festival, kicking and throwing roses and entire floral arrangements. For the sake of our discussion of moral education, I will introduce a third young man of about the same age, my nephew, Henry. At the age of two, Henry would express his anger by clenching his fists and crying out, “I’m mad!” Depending on the specific situation his parents would respond by either ignoring the outburst, asking questions if the cause of his anger was unknown, and, if necessary, correcting the child. My nephew is now a fine young man, and like most young adults, though he still gets angry at times, he no longer throws tantrums.

    The responses to the childish tantrums of these two professionals, and that of my nephew, confirm that parents, the education system, and society at large, regardless of culture, have expectations for normal moral maturation as one leaves childhood, including moderation of one’s anger. This emotional growth can be considered ‘natural,’ not because it occurs automatically, but rather because it is in accord with human nature. Even in our relativistic world where freedom is equated with license and tolerance proclaimed chief of all virtues, public response shows general agreement that something went awry in the moral education of two of these young men. There is less agreement as to where lay blame and how to find the solution. Whether implicit or explicitly stated, any answer will necessarily reveal an anthropology, a theory of virtue itself and whether it can be taught, the specific nature of temperance, and its relation to moral education. The anthropology presented in this article is Thomistic.

     

    Can virtue be taught?

    Long ago Socrates, Plato, and Aristotle, followed by Thomas Aquinas and other scholastics, raised the question of whether one can teach virtue. Plato opens the Meno with his main character asking Socrates: “whether virtue is acquired by teaching or by practice; or if neither by teaching nor by practice, then whether it comes to man by nature, or in what other way?”1 Socrates responds by leading Meno through a long discussion on virtue. Once Meno arrives at a definition of virtue as “the desire of things honorable and the power of attaining them,”2 Socrates moves on to answer the original question by introducing an example of Themistocles and his son Cleophantus. The interlocutors agree that Themistocles is a virtuous and honorable man who wished that his son might also become an honorable gentleman. As such, Themistocles would necessarily teach his son all skills required of a gentleman including not only horsemanship and javelin-throwing, but also virtue, if it could be taught. In this way the son could acquire from his father all those “qualities in which he himself excelled.”3 A problem arises since although the son excelled in the physical accomplishments, he was not noted for having the same level of virtue as his father. The logical conclusion is that since the son was taught virtue but did not acquire it, virtue cannot merely consist of knowledge.4 This conclusion, however, seems to contradict another well-known teaching of Socrates: that virtue is wisdom, and wisdom is knowledge, which leads one to conclude that virtue can be taught.5

    Though Aristotle agrees with Socrates as to nature and education being insufficient causes of virtue, he stoutly defends the necessity of education accompanied by experience and repeated acts, though adding a caveat. Since education is necessary but insufficient, he says one wastes time formally teaching virtue to the young (whether young by age or by character). Knowledge of virtue does not profit these because they are ruled by passion, and the end of teaching virtue is not mere knowledge but action.6

    Building upon the wisdom of the philosophers, Thomas Aquinas argues that two things are required for a man to do a good or virtuous deed. First, his reason must be well-disposed having been perfected by a habit of intellectual virtue, and in this way study and teaching on virtue are necessary.7 Yet, as demonstrated by his predecessors, intellectual knowledge alone is insufficient. One also needs a well-disposed appetite formed by repeated good actions.8
    Teaching Temperance

    Wise men seem to agree that though insufficient, moral education is necessary. If so, there must be educators of youth, and to perform their task well these must understand how reason comes to bear on the sense appetite and its passions. Employing a political analogy, they must know how a man or woman becomes a strong city of virtue with reason prudently governing and guiding the sense appetite. Only with this knowledge can they guide youth towards virtuous self-mastery, that human excellence whereby the temperate person, wishing to achieve a true good, refrains from bodily pleasure and faces dangers not with distress but with some ease and even pleasure.9 Such an education presupposes some foundational principles which include but are not limited to the following.

    First, human passions, as responses to sense data presented by the exterior or interior senses, are morally neutral in themselves. The passion of anger one feels over losing a match or not receiving a second ice cream are not inherently good or evil.

    They are passions of a rational being, and as such, are naturally designed to be brought under “the command of the reason and the will,” and in this way, they become morally good or evil by participation.10

    Second, though speaking of the virtue of temperance which specifically is defined as moderation of our desires for sensible pleasure, primarily including food and sexuality, temperance considered as moderation or tempering one’s passions in general can apply relatively to other virtues and their objects, such as greed, ambition, and anger, as in the case of our young men.11

    Third, virtue “is nothing else than a certain habitual conformity of these powers to reason.”12 Prior to arriving at virtue a person must possess a will strong enough to bring the passions, still disordered, under the guidance of reason. He or she lacks the ease and joy that accompany the virtue of temperance but still performs a morally good action and by repeated “like acts” of proportional intensity, will eventually acquire the virtuous habit of temperance.”13

    Fourth, this understanding of virtue and the role of the will is opposed to a Kantian deontological interpretation of virtue as willful denial of one’s natural desires in favor of following the law. One does not attain to virtue in spite of passion, but rather, as Thomas argues, “it belongs to man’s moral good to be moved toward the good both by the will and by the sensitive appetite.”14

    Consider the analogy of a horse trainer. The trainer’s skill lies not in brute force, anger, or whips. Anyway can make whip an animal to make it obey. The trainer has a higher, more difficult goal. Respecting the natural powers of the horse, he harnesses rather than destroys them, so that the animal will accomplish the deeds he commands. The passions, too, have their own natural power. The virtuous prudent person does not crush the passions but rather reason guides them or can be said to enter into the powers, so that they achieve their proper end.

    We err by forgetting this is an analogy. The terms “training” and “control” are often used when speaking of human passions because we see similarity between our training of the horse, the puppy and our three young men (when each was a small child). Such terms imply “tyrannical rule” which may be rightly applied to animals who are slaves to their trainer. But whereas the well-trained puppy reaches maturity by simply performing the acts it was trained to do, a child’s “training” is a necessary but only the first step along a much different journey to mature virtuous integration. Mere control of one’s disordered emotions, which Thomas calls “continence,” falls short of mature internal self-mastery.15

     

    Conclusion

    We assume that the actions of the two young men, as professionals, indicates a lacuna in their moral education. They lack full self-mastery, but they also lack either intellectual knowledge of virtuous action or training or both, and so, when faced with difficult obstacles their disordered passions take control, to the point of blocking reason. Their public error, though unfortunate, offers an opportunity for parents, educators, and political leaders, and also the young men, to revisit the question of moral education. Since virtue requires both intellectual knowledge and repeated practice of virtuous acts, hopefully these two young men are learning from this experience and will begin the struggle of bringing reason to bear on their sensible appetites to eventually attain not only the virtue of temperance, but something of all of the virtues.

     

    NOTE
    1 Plato, “Meno,” in The Dialogues of Plato, trans. B. Jowett (London: Oxford University Press, 1892), p. 71.
    2 Plato, “Meno,” p. 77.
    3 Plato, “Meno,” p. 93.
    4 Plato. “Meno,” p. 100.5
    5 Xenophon, Memorabilia, trans H. G. Dakyns (NY: Dover, 2018), bk III.9, 5; bk IV, 6, 7.
    6 Aristotle. Nicomachean Ethics [NE], trans. W.D. Ross (Oxford: Oxford University Press, 2009), bk I, 3.
    7 Thomas Aquinas, Summa Theologiae [ST], trans. Fathers of the English Dominican Province (NY: Benzinger Brothers, 1948), Ia-IIae q58 a2.
    8 ST Ia-IIae q58 a2.
    9 Cf. NE Bk II, 3.
    10 ST Ia-IIae q24 a1.
    11 ST IIa-IIae q155 a2 ad2-5.
    12 ST Ia-IIae q56 a4.
    13 Cf. ST Ia-IIae q52 a3; 56 a5.
    14 ST Ia-IIae q24 a3.
    15 ST IIa-IIae q155 a1.

    08spcieta

     

    1. Introduzione

    La società benefit (SB) è nata per promuovere, anche nell’ordinamento giuridico italiano, società con doppio fine che, oltre alla naturale divisione degli utili, possano perseguire anche una o più finalità a beneficio comune verso i portatori di interesse.

    pdfA differenza della prassi consolidata, in cui ogni società era libera di gestire i rapporti con i propri Stakeholder la Società Benefit indica tali impegni anche nell’atto costitutivo o nello statuto della stessa, impostando, teoricamente, un salto di qualità nel modo di fare impresa. Nella sostanza, si dovrebbe trattare di società tradizionali, definite anche ibride, con obblighi nuovi che impegnano il management e gli azionisti ad operare verso standard di scopo superiori1. Risulta però evidente come tale impegno sia difficilmente mantenibile, nella pratica, dalle micro e piccole imprese senza dipendenti o con un’organizzazione basata sulla famiglia.

    Nella sostanza le Società Benefit dovrebbero bilanciare l’interesse dei soci con quello di coloro sui quali l’attività sociale ha un impatto. Questo equilibrio ha imposto un’analisi ed una definizione di cosa significhi “beneficio comune”, di chi sono “gli altri portatori di interesse”, di quali “standard di valutazione esterna” e “aree di valutazione” si fa riferimento.

    L’idea, arrivata dopo decenni di sviluppo teorico e pratico della Corporate Social Responsibility, è stata introdotta per la prima volta negli USA oltre dieci anni fa, dopo la fondazione dell’ente no-profit B-Lab nel 2006. Il Maryland è stato il primo Stato federale, nell'aprile 2010, ad approvare la legislazione per le Benefit Corporation2, seguito da California, Hawaii, Illinois, Louisiana, Washington, Massachusetts, New Jersey, New York, Pennsylvania, South Carolina, Vermont, Virginia, Delaware, Colorado, Washington DC e Arkansas. Altri stati che nel tempo hanno introdotto nel loro ordinamento la società benefit sono la Colombia,
    Porto Rico, Ecuador, Canada, Perù, Ruanda e Francia.

     

    2. La normativa di riferimento in Italia

    La legge di stabilità per il 2016 ha introdotto nel nostro ordinamento la disciplina delle Società Benefit. In precedenza, l’articolo 1, comma 1, del disegno di legge n. 1882 della 17° legislatura definiva: “La presente legge ha lo scopo di promuovere la costituzione e favorire la diffusione di società, di seguito denominate «società benefit», che nell'esercizio di una attività economica, oltre allo scopo di dividerne gli utili, perseguono una o più finalità di beneficio comune e operano in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di persone, comunità, territori e ambiente, beni ed attività culturali e sociali, enti e associazioni ed altri portatori di interesse.”

    Nella relazione del disegno di legge risultava evidente l’indirizzo di queste società nel miglioramento dell’ambiente naturale e sociale, soprattutto nella riduzione di esternalità negative e nella destinazione di risorse verso il recupero di beni del patrimonio artistico e culturale o nel supporto ad associazioni.

    La legge n. 208 del 28 dicembre 20153, entrata in vigore in data 1/1/2016, ad eccezione di alcune disposizioni entrate in vigore il 30/12/2015, vedeva nei commi dal 376 al 384, le definizioni di maggior importanza - beneficio comune, altri portatori di interesse, standard di valutazione esterno, aree di valutazione - ed il fatto che siano indicate nell’ambito del proprio oggetto sociale le finalità specifiche di beneficio comune che si intende perseguire.

     

    3. Il beneficio comune quale ulteriore obiettivo volontario

    Considerato che le Società Benefit perseguano oltre allo scopo di lucro anche finalità di obiettivo comune, cioè la generazione di effetti positivi o la riduzione di quelli negativi sugli stakeholder (persone, territori di appartenenza e relative comunità, associazioni, ecc.), si impone al management delle stesse di operare secondo responsabilità, sostenibilità e trasparenza gestionale. In Italia, il beneficio comune non può essere indicato nello statuto solo genericamente, ma in modo specifico.

    La responsabilità, accountability, non è semplicemente il rendere conto di quanto svolto o del raggiungimento degli obiettivi strategici, ma di “come” l’impresa impatti sulla società e l’ambiente per creare valore, nel lungo periodo, nei confronti di tutti gli Stakeholder.

    La stessa legge prevede sia la nomina di un responsabile dell’impatto aziendale che la redazione di una relazione annuale di impatto che descriva, per garantire la trasparenza, quanto svolto e quali piani d’azione sono previsti per il futuro. Tale relazione dovrà essere resa pubblica sul sito aziendale o attraverso appositi canali.

     

    4. Criticità

    Considerato che la Società Benefit ha uno scopo duplice, individuato sia per gli azionisti che per i portatori di interesse, consistente nel profitto e nel beneficio comune derivante dall’operare in modo sostenibile e trasparente, risultano evidenti alcune criticità che possono verificarsi nell’esercizio delle stesse.

    Per prima cosa l’impresa, che si ricorda essere tradizionalmente “profit”, dovrebbe originare un reddito positivo reale che la porti a generare un utile di esercizio con il conseguente dividendo per gli azionisti. Se questo non dovesse accadere non si capisce come, mancando la sostenibilità dell’impresa, si possa raggiungere il beneficio comune. Infatti, l’articolo 2247 del codice civile recita: “con il contratto di società due o più persone conferiscono beni o servizi per l'esercizio in comune di un’attività economica allo scopo di dividerne gli utili”.

    Un altro tema, conseguente al primo, è relativo alla trasparenza ed alla veridicità della relazione annuale di impatto che nei casi di aziende in crisi può rappresentare una realtà diversa da quanto sta accadendo e generare aree di opacità. Infatti, se l’azienda dovesse in qualche modo “agire” correggendo alcune voci del bilancio d’esercizio, come ad esempio le immobilizzazioni immateriali o il magazzino, come si potrebbe valutare la relazione di impatto che è allegata allo stesso? In tale ambito, la società di revisione o il revisore che svolge un controllo contabile sul bilancio d’esercizio resta estranea/o all’esame delle informazioni di altra natura e non emette un giudizio sull’impatto.

    Accanto a queste tematiche occorre ricordare l’aspetto del marketing, presente fin dalle origini della CSR (Corporate Social Responsibility). Molte imprese potrebbero scegliere la SB come opportunità solo per dare un’immagine in linea con la sensibilità del momento, senza un interesse tangibile ed esclusivamente per presentarsi ai propri clienti e fornitori in modo diverso dai concorrenti.

     

    5. Conclusioni

    L’ente terzo di valutazione, che non esclude la vigilanza del Collegio Sindacale, dovrebbe eseguire l’attività di controllo su quattro aree4: governance, rapporti con i lavoratori, rapporti con gli altri portatori di interesse, ambiente, cui si aggiunge il controllo dell’Autorità Garante della Concorrenza del Mercato5 (AGCM). In tale prospettiva, atteggiamenti opportunistici6, fatti materiali non rispondenti al vero, omissione di materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge, potrebbero minare la governance dell’impresa compreso il grado di trasparenza e responsabilità della società nel perseguimento delle finalità di beneficio comune. In modo specifico, “gli amministratori saranno eventualmente responsabili per il mancato bilanciamento degli interessi egoistici dei soci con quelli altruistici dei terzi”, “saranno responsabili per la mancata individuazione del soggetto cui al comma 380 e per la mancata predisposizione del report annuale” e “saranno responsabili qualora gli atti – dolosi o colposi – posti in essere dagli amministratori danneggino direttamente i beneficiari”7.

    Anche la valutazione dei rapporti con i lavoratori potrebbe omettere prassi consolidate nella storia dell’impresa (pagamento ritardato delle fatture a collaboratori esterni, ritardi nel pagamento del TFR [Trattamento di Fine Rapporto] a dipendenti usciti dall’azienda, mancato rinnovo di contratti, ecc.) a fronte di una fotografia del presente solo parzialmente reale. Gli stessi rapporti con gli Stakeholder locali potrebbero nascondere attività con associazioni culturali di copertura, volontariato mascherato per fini di marketing o commerciali, sponsorizzazioni con false fatturazioni, ecc. Infine, l’ambito ambientale prevede una prospettiva di ciclo di vita dei prodotti e servizi in termini molto ampi che potrebbe certificare una prassi positiva senza considerare i danni provocati da azioni precedenti e tuttora perduranti che sono stati però celati agli Stakeholder.

    A queste criticità il legislatore ha posto un freno, consapevole di quanto sia importante una corretta comunicazione al mercato, indicando come la Società Benefit che non persegua le finalità di beneficio comune attui una pubblicità ingannevole8.

    Una precisazione importante riguarda la differenza tra Società Benefit e società B Corp. Società Benefit significa avere una qualifica giuridica diversa dall’essere società B Corp9 che invece riceve una certificazione di performance sulla base del raggiungimento di uno “score” elevato che misura10 l’impatto e gli standard di performance sociali e ambientali. Occorre ricordare che le società B Corp hanno l’obbligo, in Italia, di trasformarsi in società Benefit entro due anni dalla prima certificazione.

    Per B Lab11 la certificazione B Corp offre dei vantaggi che vanno dalla differenziazione nel mercato di riferimento alla misurazione e miglioramento delle proprie performance, dall’attrazione e trattenimento dei talenti al risparmio di costi e miglioramento dei risultati economici, dall’ispirazione degli investitori nel fare parte di un movimento globale che condivide gli stessi valori al guidare il cambiamento. Ovviamente, si tratta di punti di vista la cui durata potrebbe rivelarsi momentanea se si considera, ad esempio, che la differenziazione nel mercato si riduce con l’aumentare delle certificazioni di aziende presenti nel settore specifico.

    Per concludere, con la SB prosegue un percorso che, in qualche modo, cerca di unire etica e mondo degli affari, sia sulla base della Stakeholder Theory12 e dell’idea del Contratto Sociale13 che sull’onda di quanto storicamente sperimentato in Italia da imprenditori del calibro di Adriano Olivetti14. Un percorso ben evidenziato dalla Dottrina Sociale della Chiesa e da Benedetto XVI per il quale: “la gestione dell'impresa non può tenere conto degli interessi dei soli proprietari della stessa, ma deve anche farsi carico di tutte le altre categorie di soggetti che contribuiscono alla vita dell'impresa: i lavoratori, i clienti, i fornitori dei vari fattori di produzione, la comunità di riferimento”15.

    Allo stesso tempo, risulta evidente come una modifica statutaria, o l’acquisizione di una certificazione, non risolvano immediatamente i problemi sociali e ambientali e non mettano al riparo da comportamenti opportunistici. Nella prassi, non è il semplice “impegno” a trasformare un fenomeno in un cambiamento reale, ma a trasformare i comportamenti degli utilizzatori, nel nostro caso le “opere” degli imprenditori. L’obiettivo del profitto, una delle due condizioni della SB potrebbe escludere a priori società in crisi o sussidiate le quali potrebbero però essere interessate a “cambiare pelle” per ragioni opportunistiche o di immagine. D’altra parte, grandi società divenute SB hanno dato un segnale importante di trasformazione della visione imprenditoriale verso una logica simile a quanto prefigurato dall’Economia Civile16. Certamente, le SB possono rappresentare una fase di un percorso di sviluppo della Responsabilità Sociale d’Impresa che avanza, da decenni per gradi ed il cui traguardo finale non appare però ancora chiaro. Infatti, un impianto normativo o una certificazione rischiano di creare un ambiente ideale solo sulla carta mentre richiede ulteriori costi o investimenti per i quali gli imprenditori aspettano un ritorno o incentivi statali a supporto, come ad esempio il credito d’imposta. Il rischio è dimenticare di mettere al centro dell’impresa le relazioni ed il bene comune che non è la somma dei beni individuali, ma il “bene legato al vivere sociale” ed “alla civilizzazione dell’economia” (Benedetto XVI, 2009). Si ricorda che per l’organizzazione BluePrint le relazioni sono fondamentali perché, alla fine, un’organizzazione che ha successo è il risultato sia dello scopo che delle persone che la compongono17.

     

    NOTE
    1 RIZZO M.C., La società Benefit, I Quaderni, numero 83, ODCEC, Milano, 2021.
    2 2013 Maryland Code CORPORATIONS AND ASSOCIATIONS § 5-6C-01 – Definitions, disponibile sul sito: https://law.justia.com/codes/maryland/2013/article-gca/section-5-6c-01/
    3 I firmatari del disegno di legge sono stati, d’iniziativa, i senatori: Del Barba, Mauro Maria Marino, Santini, Cociancich, Astorre, Collina, Cuomo, Di Giorgi, Fabbri, Fravezzi, Guerrieri Paleotti, Lai, Lucherini, Mirabelli, Pezzopane, Sangalli, Scalia e Sposetti.
    4 Allegato 5 della legge istitutiva delle Società Benefit.
    5 Art. 6, Disegno di legge. 182, Legislatura 17ª, Competenze dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato.
    6 Con la legge 27 maggio 2015 n. 69 è stata introdotta la riforma del reato di false comunicazioni sociali, altrimenti noto come "falso in bilancio", disciplinato dall'art. 2621 cod. civ.
    7 Ex art. 2395 del Codice Civile (Azione individuale del socio e del terzo).
    8 Decreto legislativo 2 agosto 2007, n. 145, in materia di pubblicità ingannevole e alle disposizioni del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 (Comma 384).
    9 https://bcorporation.eu/
    10 B Impact Assessment, attualmente in uso da oltre 140.000 aziende nel mondo.
    11 https://www.bcorporation.net/en-us/
    12 FREEMAN R.E. – W.M. EVAN (1993), A Stakeholder Theory of the Modern Corporation: a Kantian Capitalism, in T. BEAUCHAMP – N. BOWIE, Ethical Theory and Business, Prentice Hall, Englewood Cliffs.
    13 SACCONI, L. (2004), Responsabilità̀ Sociale come governance allargata d’impresa: un’interpretazione basata sulla teoria del contratto sociale della reputazione, Liuc Papers, 143, Serie Etica, Diritto ed Economia 11, suppl. febbraio, 2004.
    14 BRICCO P., Adriano Olivetti un italiano del Novecento, Rizzoli, Milano, 2022.
    15 BENEDETTO XVI (2009), Lettera Enciclica Caritas in Veritate, 40.
    16 BRUNI L. - ZAMAGNI S., Economia Civile, Il Mulino, Bologna, 2004.
    17 https://www.blueprintforbusiness.org/

    06conclusioni

     

    Sugli obiettivi di carattere metodologico

    pdfLa proposta di ricerca per il 2021 offriva a coloro che avrebbero fatto parte del gruppo di ricerca di “sperimentare concretamente la metodologia e le tecniche della ricerca-azione, al fine di produrre esiti utili ad essere presentati e condivisi con la comunità accademica e non solo in materia di educazione alla cittadinanza globale”.

    L’obiettivo, dunque, non era quello di condurre una ricerca - individuale o di gruppo – [solo] su e a partire da testi e documenti ma di apprendere una metodologia di ricerca che nel suo sviluppo non si separa dall'azione e diventa essa stessa azione: collega l'obiettivo della conoscenza e della creazione di consapevolezza (anche attraverso il recupero di dati e informazioni contestuali) con quello di rafforzare o creare relazioni e legami che diventano condizione per il cambiamento della realtà in cui si svolge l'azione-ricerca.

    Dal punto di vista dell’acquisizione di familiarità con la metodologia della ricerca-azione, l’andamento della pandemia ha purtroppo giocato un ruolo determinante sia nello svolgimento (on line) degli incontri per l’impostazione del lavoro, sia nella conduzione vera e propria della ricerca.

    È davvero complesso d’altra parte comunicare, apprendere e agire una metodologia per sua natura partecipativa dietro lo schermo di un pc o, peggio, di un cellulare. Nonostante gli sforzi e gli strumenti proposti, gli incontri – specie quelli iniziali di impostazione - hanno avuto un andamento frontale e la distanza ha di fatto impedito una verifica sulla comprensione di processi circolari e dinamici e di tutte le fasi che questi processi richiedevano e richiedono.

    È risultato perciò naturale che l’attenzione (e l’impegno) dei/lle partecipanti si concentrasse sulla fase più operativa che più facilmente poteva essere agita anche a distanza: la realizzazione dei questionari e la loro somministrazione.

    Le due fasi hanno registrato una partecipazione molto vivace e ciascun/a partecipante, all’interno del proprio gruppo di lavoro, ha dato il proprio contributo con molta generosità e capacità di iniziativa.

    Come si è potuto osservare dal calendario dei lavori, sono proprio queste le fasi che hanno occupato la maggior parte del tempo a disposizione e anche – da parte delle docenti – impegno suppletivo per effettuare incontri dedicati ai singoli gruppi di lavoro nella stesura degli strumenti di rilevazione/questionari.

    All’inizio, poi, era stato concordato che ciascun gruppo avrebbe effettuato circa 30 colloqui/interviste, individuando con cura il contesto nel quale operare. Questo nella prospettiva che potesse essere possibile una restituzione dei risultati – almeno parziale - alle persone intervistate. Di fatto tutti i gruppi si sono concentrati nel raccogliere più interviste possibili e ciò ha significato, da un lato, una certa dispersione nell’individuazione delle persone intervistate, dall’altro una concentrazione sulla raccolta delle risposte ai questionari che – come si è visto – sono stati somministrati in varie forme (direttamente in presenza, per telefono, via mail, via WhatsApp…) in un numero così elevato (circa 200) che – complice i mesi estivi – ha fatto slittare i tempi dell’elaborazione, dell’analisi di gruppo dei risultati e della restituzione nei singoli contesti, che doveva precedere la presentazione finale dei risultati.

    In sintesi si può dire che l’elaborazione e la somministrazione dei formulari per le interviste hanno catturato l’interesse dei/lle partecipanti, quasi che il loro compito si dovesse esaurire nella consegna dei questionari riempiti, in un numero maggiore possibile, a prova di un impegno realmente profuso. Il rischio che si è corso è stato, in tal modo, di generare confusione tra strumento e fine della ricerca.

    Questi limiti oggettivi, ad un’osservazione attenta, non sembrano però aver diminuito il processo di crescita dei e delle partecipanti nella loro consapevolezza di essere cittadini globali che avevano (ed hanno) lo scopo di diffondere quanto più possibile, nei contesti di ciascuno, la stessa consapevolezza.

    L’impegno nel cercare, in ambienti più o meno vicini, persone disponibili a rispondere al questionario (e a farlo seriamente, come dimostrano le risposte non casuali) è stata l’occasione per esplorare contesti diversi e per instaurare - direttamente o indirettamente, attraverso passaparola - relazioni su temi sicuramente poco usuali.

    È stata sicuramente occasione di attivazione di un processo di empowerment non individuale, proprio perché la ricerca è stata occasione di formazione e di confronto di gruppo.

    Non solo, perché – come già accennato – questa assunzione di iniziativa da protagonisti/e ha determinato una forte assunzione di ruolo non soltanto nei confronti di comunità migranti che hanno partecipato come intervistate alla ricerca. Ha infatti provocato un vero e proprio capovolgimento di ruolo tra intervistato e intervistatore quando i contesti hanno favorito la partecipazione – come intervistati – di persone italiane.

    Da destinatari/e “oggetto” di ricerca a soggetti attivi di una ricerca di cui loro sono state/i titolari.

    Purtroppo il tempo non ha permesso loro di seguire con altrettanto approfondimento l’elaborazione dei dati e dei risultati: solo in parte e non tutti/e hanno potuto esercitare lo stesso protagonismo nell’evento di presentazione della ricerca, il 23 ottobre dello scorso anno. Sia perché il tempo loro concesso era scaduto, sia perché l’elaborazione era solo abbozzata.

    Per questo motivo vorremmo che questo lavoro ulteriore, che noi docenti – d’accordo naturalmente con l’Angelicum - ci siamo rese disponibili a realizzare, arrivasse come restituzione proprio a loro che l’hanno reso possibile. E magari - perché no? - organizzare presentazioni proprio nei luoghi e nei contesti che li hanno visti/e all’opera, a Roma e non solo, laddove è possibile, potrebbe essere il modo per rilanciare un’azione coerente alla ricerca realizzata, per continuarla, valorizzandone anche i risultati raggiunti dal punto di vista del merito.

    Anche questo può essere un modo, in un momento in cui rischia di allargarsi un conflitto globale, di portare un contributo fattivo all’educazione alla cittadinanza globale.

     

    Sugli obiettivi della rilevazione

    L’obiettivo di merito della ricerca era quello di fornire uno “stato dell’educazione allo sviluppo globale, riscontrato nei contesti individuati dagli studenti-ricercatori, da loro scelti per l’osservazione e su azioni concrete da proporre per contribuire a promuoverla”.

    In generale possiamo sostenere che proprio in base alla loro capacità di relazione sono persone che faticheremmo a definire migranti: vivono in Italia, da tempo, sono radicati ed è particolarmente interessante indagare presso di loro il senso di consapevolezza di essere cittadini globali: sia per la loro storia, sia per l’impegno formativo che stanno sostenendo, sia per le relazioni che hanno intessuto. Insomma sono ricchi di quel capitale che Bourdieu1 definirebbe culturale e sociale, non avendo indizi rispetto al capitale economico.

    Il lavoro non ha pertanto avuto l’ambizione di individuare un campione scientificamente valido, ma di dare la possibilità agli studenti-ricercatori di concentrare la propria attenzione su un tema come l’educazione alla cittadinanza globale nel quadro delle loro relazioni.

    Il gruppo che hanno individuato come rispondente è stato pertanto costituito da 189 persone, di cui 108 di nazionalità italiana e 81 non italiana. Sono presenti 37 nazionalità oltre quella italiana.

    Fanno volontariato 76 persone, ovvero il 40,2% degli intervistati. Di questi il 46,9% non è italiano, mentre il 35,2% lo è. 50 di loro hanno come titolo di studio la laurea (65,8%), il 23,7% ha il diploma di secondaria. Il 7,9% ha la licenza media e nessuno ha la licenza elementare o niente. Fra le 11 persone che non lavorano, 6 fanno attività di volontariato.

    Il 40,4% degli italiani svolge attività di volontariato, contro il 56,25% dei non italiani.

    Quindi si conferma l’ipotesi, già suffragata da varie ricerche, che un titolo di studio più elevato sia positivamente correlato con un’attività volontaria. Nel nostro gruppo di intervistati, inoltre, in percentuale, gli stranieri fanno più volontariato degli italiani.

    Quanto agli elementi di spicco della rilevazione possiamo dire che nel confronto fra conoscenza dei concetti di cittadinanza globale e sviluppo sostenibile, in 97 su 189 hanno detto di conoscere perfettamente (livello 5) cos’è lo sviluppo sostenibile (51.3% del gruppo di rispondenti), contro una percentuale del 19.1%, che conosce perfettamente il termine cittadinanza globale: una differenza di oltre 30 punti percentuali.

    Se analizziamo il gruppo di rispondenti italiani e non italiani, troviamo che il gruppo degli italiani presume di conoscere meglio cosa sia lo sviluppo sostenibile, mentre nel gruppo di stranieri la differenza tra conoscenza dell’educazione alla cittadinanza globale e allo sviluppo sostenibile è minore.

    Questo ci ha portato a desumere che la cultura circostante ed attuale favorisca la conoscenza del termine sostenibilità, piuttosto che quello di cittadinanza globale anche se oltre l’80% dell’intero gruppo di rispondenti ritiene l’educazione alla cittadinanza globale importante per tutti e non solo per i migranti.

    Le sfide più urgenti del cittadino globale sono state ritenute diritti umani, equilibrio ecologico e pace e non violenza, senza sostanziale differenza fra gruppo di italiani e gruppo di non italiani. Le uniche differenze fra italiani e non italiani sono nel questionario C, dove l’equilibrio ecologico è prioritario per gli italiani, mentre per gli stranieri pace e non violenza sono prioritarie, e nel D dove per gli italiani sono prioritari giustizia sociale e diritti umani, mentre per i non italiani torna pace e non violenza.

    Diventare cittadini globali è ritenuto per tutti di grande priorità, indipendentemente dalla propria origine (domanda sull’importanza della formazione globale). Gli studi in questo campo sono tutt’ora da realizzare e a livello italiano, come si è visto, sono ancora poche le pubblicazioni accademiche sul settore.

    Ma dove sarebbe più indicato realizzare il senso di cittadinanza globale? Nella propria comunità di riferimento? In quella allargata? Il gruppo D differisce da A e C: sembra più importante realizzare la cittadinanza globale nella propria comunità di riferimento, mentre per gli altri in quella allargata. D’altra parte il questionario D si rivolgeva proprio ad indagare lo sviluppo di identità multiple entro le proprie comunità di riferimento. La differenza tra italiani e stranieri non è rilevante.

    Riguardo ai sistemi scolastici e formativi il gruppo che ha risposto al questionario del gruppo C, per lo più composto da italiani e da studenti, si è maggiormente avvicinato all’ipotesi, in base alla quale l’Angelicum aveva deciso di indagare sul bisogno di aumentare la presenza di argomenti di studio dell’educazione alla cittadinanza globale nei percorsi formativi. Uno studio ancora legato ad approcci specifici e settoriali alle competenze è risultato prevalente nella percezione degli intervistati.

    Gli ostacoli più rilevanti da superare nell’apprendimento per adolescenti DOS risultano tutt’ora gli stereotipi e i pregiudizi, (44,44%), le barriere legali (41,27%), al terzo posto (33,33%) risorse umane e finanziarie insufficienti. In questo i dati concordano ancora una volta con gli studi realizzati a livello internazionale nei quali i ragazzi di cosiddetta seconda generazione non hanno le stesse opportunità dei loro coetanei autoctoni sul piano dell’inserimento lavorativo. In base all’ultima rilevazione, pubblicata a settembre 2021 dal Ministero dell’Istruzione, i dati relativi alle studentesse e agli studenti con cittadinanza non italiana che fanno riferimento all’anno scolastico 2019/2020, ci dicono che questi alunni costituiscono il 10,3% della popolazione scolastica: sono circa 877.000 su un totale di 8.484.000 ragazze e ragazzi che lo scorso anno hanno frequentato le scuole del Paese. Rispetto alla regolarità, i tassi di scolarità sono analoghi a quelli degli studenti italiani sia nella fascia di età 6-13 anni (quasi il 100%), sia in quella 14-16 anni (94,1%), mentre nei 17-18 anni il tasso di scolarità degli studenti con cittadinanza non italiana scende al 77,4%. Questo dovrebbe far riflettere sugli ostacoli principali che i ragazzi più grandi possono trovare (come ben rilevato nel questionario A).

    Da qui ben si comprende la risposta quasi massimamente unanime dell’importanza di una governance globale del processo migratorio nel questionario A, richiamata nell’Enciclica Fratelli tutti.

    Quali sono allora i contenuti più importanti per coltivare questa uguaglianza di opportunità, il senso di appartenenza ad una comunità globale? Fra le azioni concrete da proporre per contribuire a promuovere l’ECG troviamo sicuramente indicazioni chiare. Si tratta per lo più di elaborare programmi che promuovano il senso di cittadinanza attiva e globale attraverso valori importanti e condivisi. Quindi l’importanza di un rafforzamento della dimensione etica insieme a quella scientifica, approfondendo lo studio dei cambiamenti climatici, dei diritti umani, dei conflitti.

    La pandemia prima, la guerra tra Russia e Ucraina in corso, la crisi energetica e quella migratoria che ne sono derivate, hanno chiaramente messo in evidenza la necessità di concepire i fenomeni in ottica globale, non soltanto in senso geografico.

    L’indagine ha chiaramente espresso il bisogno di lavorare ad una comunità allargata, anche laddove il gruppo maggiormente composto da adolescenti di seconda generazione o italiani DOS, ha espresso il bisogno di fare ancora molto riferimento alla propria comunità di appartenenza. D’altra parte questo elemento, che dovrà essere ulteriormente indagato, fa riflettere sul fatto che a riportare il bisogno di appartenenza ad una comunità, nel contesto italiano, siano soprattutto espresso dalle famiglie di stranieri adolescenti.

    Per cosa passa questo senso di appartenenza? Per progetti condivisi di sviluppo sostenibile, in senso ecologico, sociale, economico; per il rispetto di comportamenti che favoriscono la convivenza e la sopravvivenza del pianeta, mentre i maggiori ostacoli, che impediscono la condivisione, sono stereotipi e pregiudizi, barriere legali, ovvero elementi di divisione che si oppongono alla coesione sociale. Per gli adolescenti è ritenuto necessario anche un maggior sostegno psico-sociale.

    La pandemia, nella sua tragicità, ha rappresentato per molti ragazzi anche la scoperta di nuove dimensioni, in cui si trovavano più a loro agio dei propri genitori ed insegnanti: gli studenti si sono impegnati, sono stati attivi, come risulta anche dagli studi UNICEF.

    Trasformare la sfida in opportunità è stato il comportamento di molti ragazzi (solo ¼ degli intervistati nello studio UNICEF e 1/5 nel nostro si è sentito a disagio con la DAD.

    Dalla nostra indagine (questionario B) è emerso, come risvolto positivo, l’aumento del senso di responsabilità nei confronti delle proprie famiglie ma anche di altri esseri umani in generale. L’adattamento alle nuove tecnologie non risulta essere stato troppo impedente e i bambini sembrano essersi rapidamente abituati. Abbiamo scoperto che i bambini avevano per lo più una propria camera, dalla quale venivano effettuati normalmente i collegamenti. Anzi la socialità è stata comunque mantenuta dalla stragrande maggioranza, anche con frequenza, grazie soprattutto ad internet.

    Altri tipi di azioni da intraprendere come cittadini globali sono emerse, in particolare nel questionario C, maggiormente orientate verso le questioni ambientali. È stato richiesto di tassare le multinazionali per il loro elevato impatto negativo sull’ambiente; di influire sulla capacità dei decisori in modo che adottino un approccio che superi i silos settoriali e sia capace di promuovere politiche di sistema, riguardanti aspetti sociali, culturali, economici, tecnologici, ambientali e politici. Questa responsabilità e questa cura devono essere particolarmente prese in carico ai differenti livelli di governo: territoriale, nazionale ed internazionale.

    In questo senso di bisogno di appartenenza a una comunità più ampia e a una comune umanità, i “ricercatori” sono stati solleciti e sensibili ai fattori che favoriscono o rendono difficile “l’essere cittadini globali”, specialmente a partire dalla propria origine.

    Si sono prese in considerazione tutte le dimensioni della sostenibilità e dell’essere comunità, evidenziando l’interdipendenza politica, economica, sociale e culturale e l’interconnessione tra il livello locale, nazionale e globale.

    D’altra parte, se è vero che la grande differenza fra dittature e democrazie è fatta dalla presenza di una società civile organizzata, è necessario approfondire la costruzione e l’appartenenza di cittadini ad associazioni che hanno proprio l’educazione alla cittadinanza globale come scopo prioritario e la realizzazione di percorsi di cittadinanza attiva per rendere patrimonio condiviso e diffuso gli obiettivi raggiunti sul piano educativo.

     

    Raccomandazioni

    Approfondire il tema dell’utilizzo dei supporti multimediali non dando per scontato che un aumento del tempo trascorso online in generale debba essere considerato solo in relazione alla mancanza di accesso alle aree esterne, alle strutture sportive e ai luoghi di incontro con gli amici durante il lockdown. Cercare di ridurre il tempo online di bambini e ragazzi in una situazione del genere potrebbe non essere l’approccio più vantaggioso. Piuttosto, le famiglie, con il sostegno dei governi locali e di altre organizzazioni, dovrebbero trovare nuovi modi di incoraggiare e promuovere la partecipazione all’esercizio fisico e il gioco per i bambini e i ragazzi durante i periodi di chiusura delle scuole, sia al chiuso, attraverso giochi di movimento, sia in ambienti esterni sicuri.2

    Come ci ribadiscono anche altre ricerche (UNICEF 2021), l’effettiva efficacia delle opportunità di apprendimento tra le mura domestiche è influenzata dal supporto di insegnanti e genitori, indipendentemente dalla modalità (digitale o non digitale). Recenti evidenze globali indicano che è fondamentale che le istituzioni educative si impegnino a favorire una cooperazione con studenti e famiglie affinché la formazione a distanza risulti efficace.3 I bambini e i ragazzi di tutti i livelli scolastici (89-94%) riferiscono in modo schiacciante di essersi impegnati in qualche forma di attività online con i loro insegnanti durante il lockdown.

    L’educazione alla cittadinanza globale richiede un approccio sistemico allo studio e alla valutazione lungo tutto l’arco della vita. I fenomeni che stanno avvenendo in questo periodo richiedono un aumento dello studio di materie STEM come contributo essenziale all’educazione alla cittadinanza globale. Ma l’educazione alla cittadinanza globale non può ridursi a questo, va messo in evidenza il collegamento fra la dimensione gnoseologia, quella valoriale e quella comportamentale, come viene fatto già in una pubblicazione UNESCO del 2015.4

    È necessario, attraverso l’insegnamento dell’educazione civica coltivare il senso di comunità. Il senso profondo dell’educazione civica, insegnamento reso obbligatorio dalla Legge 92/2019 esprime in maniera adeguata l’importanza di tre pilastri: Studio della Costituzione, sviluppo sostenibile, cittadinanza digitale. La connessione fra cittadinanza digitale e globale è ben messa in evidenza da testi molto recenti5 e dalle Linee Guida applicative della Legge stessa. Fondamentale in questo insistere sulla formazione del personale scolastico e sulla collaborazione fra il mondo delle associazioni e quello dell’istruzione per ampliare l’offerta formativa, come previsto dagli artt. 3 e 8 della suddetta Legge.

    Soltanto nell’interazione tra scuola, famiglie, associazionismo e istituzioni (a partire da quelle locali) potranno essere costituite comunità educanti ispirate ai valori democratici di convivenza civile e coesione sociale fondativi dell’UE che, sole, possono effettivamente realizzare cittadinanza globale.

     

    NOTE
    1 Pierre Bourdieu, La distinzione. Critica sociale del gusto, 1979
    2 Mascheroni G., Saeed M., Valenza M., Cino D., Dreesen T., Zaffaroni L.G. e Kardefelt-Winther D., La didattica a distanza durante l’emergenza COVID-19: l’esperienza italiana, UNICEF Rapporto di ricerca, Febbraio 2021, p.12. Disponibile su: https://www.unicef-irc.org/publications/pdf/la-didattica-a-distanza-durante-l%E2%80%99emergenza-COVID-19-l'esperienza-italiana.pdf.
    3 Alban Conto C., Akseer S., Dreesen T., Kamei A., Mizunoya S., Rigole A. COVID-19: Effects of school closures on foundational skills and promising practices for monitoring and mitigating learning loss. Innocenti Working Papers no. 13, UNICEF Office of Research – Innocenti, Florence 2020.
    4 UNESCO, Global citizenship education: topics and learning objectives 2015
    5 Penge S., a cura di, Dati Cittadinanza e Coding. Cercare, interpretare e comunicare i dati educativi. Ed. Anicia Roma 2022. In esso si veda in particolare il contributo di Paola Berbeglia pp. 123-143.

    03ora
     
     
    Un tempo segnato dai muri!
     
    pdfMentre era in corso questa ricerca sono continuati i flussi di persone e famiglie in fuga da guerre e povertà e alla ricerca di approdi sicuri nei quali ricostruire le loro vite spezzate. Ma in quegli “approdi sicuri” molti non sono mai arrivati: morti in mare, torturati o uccisi alle frontiere e ricacciati indietro in terre di nessuno dalle quali tentare appena possibile la sorte di un nuovo “game”.
     
    E di nuovo si innalzano o, comunque, si progettano muri. Dal crollo del Muro di Berlino, solo in Europa, le barriere elettrificate ai confini, da 6 che erano nel 1989, oggi sono diventate 63. Come non ricordare poi il muro della vergogna - il muro di Tijuana - che separa, proprio dal 1990, gli Stati Uniti d’America dal Messico e che ha registrato l’impegno di Presidenti appartenenti a tutti gli schieramenti, sia repubblicani sia democratici. O, ancora, la barriera, lunga più di 700 km, di separazione in
     
    Cisgiordania che dal 2002 Israele ha cominciato a costruire quasi interamente sulle terre palestinesi e che ha un impatto molto forte sulla vita delle persone dal momento che ogni giorno migliaia di palestinesi sono costretti a fare lunghe file ai checkpoint controllati dall’esercito israeliano per andare a lavorare in Israele. 
     
    Per non parlare, infine, degli accordi internazionali che hanno condannato e condannano migliaia di migranti provenienti dal continente africano alla detenzione e alle torture nei lager libici o, spesso, ad affogare nel Mediterraneo.
     
    E ora quest’altra guerra! Mentre viene redatto questo rapporto (2022), un conflitto che ha già fatto decine di migliaia di vittime innalza nuovi muri di odio e di intolleranza ma, allo stesso tempo viola e spazza via con la violenza quegli stessi confini che i nazionalismi avevano reso invalicabili e che, proprio dopo l’invasione russa dell’Ucraina, sembrano aver fatto riscoprire solidarietà ostentatamente negate.
     
    Questo scenario terribile è però contraddittorio, perché - nel medesimo continente europeo - quegli stessi confini (vedi quello tra Bielorussia e Polonia o quelli della Croazia) sono rimasti invalicabili per altri profughi, provenienti da altre rotte, da altre guerre. Stanno addirittura emergendo casi di persone provenienti da paesi africani in situazioni di conflitto, già ufficialmente accolte dal governo ucraino e inserite a pieno titolo in quel paese dove avevano ritrovato vita e lavoro, che ora, nello sfuggire a questa nuova guerra, rischiano di non poter entrare nei paesi europei che accolgono gli altri profughi e di essere respinte nel paese di origine. 
     
    Ancora una volta si dimostra che la “cittadinanza globale” non è un diritto ma, a seconda dei punti di osservazione, un privilegio o una concessione di chi questo privilegio ce l’ha.
     
     
    La libera circolazione delle persone: lavoratori o cittadini?
     
    D’altro canto - tanto per restare in Europa - è solo dal 1968 che è stato approvato un regolamento (n. 1612/68 e direttiva n. 68/360/CEE), che segna la completa liberalizzazione nella circolazione dei lavoratori e che estende il diritto alla libera circolazione anche ai familiari del lavoratore, pure se cittadini di Stati terzi!
     
    Il trattato di Maastricht (entrato in vigore il 1°novembre 1993) ha introdotto il concetto di cittadinanza dell’UE di cui ogni cittadino di uno Stato membro beneficia automaticamente. È la cittadinanza dell’UE che sancisce il diritto delle persone a circolare e a soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri. Bisogna però aspettare il 1995, perché, con la convenzione di Schengen, per gli stessi cittadini europei si aprano pienamente le frontiere. 
     
    Già con l’accordo di Schengen, firmato il 14 giugno 1985, Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo e Paesi Bassi avevano deciso di eliminare progressivamente i controlli alle frontiere interne e di introdurre la libertà di circolazione per tutti i cittadini dei paesi firmatari, di altri paesi dell’Unione europea (UE) e di alcuni paesi terzi. La convenzione di Schengen completa l’accordo e definisce le condizioni e le garanzie inerenti all’istituzione di uno spazio di libera circolazione. Firmata il 19 giugno 1990 dagli stessi cinque paesi, è entrata in vigore nel 1995. L’accordo e la convenzione, nonché gli accordi e le regole connessi, formano insieme quello che viene definito l’«acquis di Schengen», che è stato integrato nel quadro dell’Unione europea nel 1999 ed è diventato legislazione dell’UE. 
     
    Il trattato di Lisbona (entrato in vigore il 1° dicembre 2009) ha confermato tale diritto, altresì incluso nelle disposizioni generali riguardanti lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia. 
     
    La “libera circolazione” dei cittadini di quella che, nei decenni è divenuta l’Unione Europea, è dunque progressivamente divenuta una vera e propria cittadinanza europea. Lo Spazio Schengen, privo di frontiere, garantisce la libera circolazione a oltre 400 milioni di cittadini dell’UE e ai cittadini di altra origine che vivono nell’UE o che la visitano come turisti, studenti o per motivi di lavoro (chiunque sia legalmente presente nell’UE). La libera circolazione delle persone consente a ogni cittadino dell’UE di viaggiare, lavorare e vivere in un Paese dell’Unione senza particolari formalità. Schengen sostiene questa libertà consentendo ai cittadini di spostarsi nello Spazio Schengen senza essere sottoposti a controlli di frontiera.
     
    Accanto a questa indubbia conquista vanno però analizzate quelle “misure appropriate per quanto concerne i controlli alle frontiere esterne, l’asilo, l’immigrazione, la prevenzione della criminalità e la lotta contro quest’ultima” contenute nello stesso art. 3 del Trattato e che riguardano i cittadini dei cosiddetti “Paesi terzi”. Per cittadini dei paesi terzi si intendono i migranti provenienti da paesi esterni all’Unione e che non hanno la cittadinanza di uno Stato membro. 
     
     
    I muri della legislazione italiana
     
    Per questi l’articolo 4, comma 3, della Legge 6 marzo 1998, n.408 stabilisce che:
     
    l’Italia, in armonia con gli obblighi assunti con l’adesione a specifici accordi internazionali, consentirà l’ingresso nel proprio territorio allo straniero che dimostri di essere in possesso di idonea documentazione atta a confermare lo scopo e le condizioni del soggiorno, nonché la disponibilità di mezzi di sussistenza sufficienti per la durata del soggiorno e, fatta eccezione per i permessi di soggiorno per motivi di lavoro, anche per il ritorno nel Paese di provenienza. I mezzi di sussistenza sono definiti con apposita direttiva emanata dal ministro dell’Interno, sulla base dei criteri indicati nel documento di programmazione di cui all’articolo 3, comma 1. Non potrà essere ammesso in Italia lo straniero che non soddisfi tali requisiti o che sia considerato una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato o di uno dei Paesi con i quali l’Italia abbia sottoscritto accordi per la soppressione dei controlli alle frontiere interne e la libera circolazione delle persone, con i limiti e le deroghe previsti nei suddetti accordi.
     
    I criteri contenuti nella direttiva per l’ingresso e il soggiorno degli stranieri nel territorio nazionale selezionano chi aspira all’ingresso in Italia su una base eminentemente economica, non già rispetto al bisogno ma, al contrario privilegiando chi ha mezzi sufficienti, o comunque una riserva di denaro che consente un eventuale ritorno, o l’accesso ad un alloggio dignitoso. Altrimenti l’ingresso è negato. Se avessero applicato questi stessi criteri alle centinaia di migliaia di italiani sparsi per il mondo, la nostra emigrazione (da quella “storica” in Europa e oltre-oceano a quella più recente) non si sarebbe certo realizzata, poiché si sa che chi emigra non lo fa generalmente per spirito d’avventura ma per bisogno, per cercare un futuro migliore per sé e per la propria famiglia, per sfuggire da guerre e condizioni di povertà e di vita spesso intollerabili.
     
    La legislazione italiana in materia di immigrazione e diritto d’asilo dal 1998 è però andata progressivamente peggiorando, non solo sul piano dell’economicismo applicato agli esseri umani ma proprio ed anche sul piano dei diritti umani fondamentali. Prima con la legge 189/2002, poi con i decreti emanati dall’ex Ministro dell’Interno Salvini. Ad appena quattro anni di distanza, le disposizioni del Testo Unico del 1998, accusate di non offrire valido baluardo all’immigrazione clandestina ed alla criminalità ad essa collegata, vengono modificate ad opera della legge 30 luglio 2002, n. 189, la cosiddetta legge Bossi-Fini, dal nome dei proponenti della coalizione di destra all’epoca al governo del paese. Può entrare in Italia solo chi è già in possesso di un contratto di lavoro che gli consenta il mantenimento economico. Anche il permesso di soggiorno viene concesso solo a chi possiede un contratto di lavoro: dura due anni per i rapporti a tempo indeterminato (prima erano tre), un anno negli altri casi. Se nel frattempo la persona diventa disoccupata dovrà rientrare in patria. La legge aumenta inoltre da cinque a sei gli anni di soggiorno in Italia necessari per ottenere la carta di soggiorno (che permette la permanenza a tempo indeterminato). Per chi chiede il permesso di soggiorno, ma anche per chi ne chiede il rinnovo, la legge introduce l’obbligo di rilevamento e registrazione delle impronte digitali. 
     
    L’espulsione eseguita dal Questore mediante accompagnamento coattivo alla frontiera diviene la principale modalità di espulsione.
     
    I Centri di Permanenza Temporanea (CPT) divengono spesso veri e propri luoghi di detenzione preventiva. dove il periodo di permanenza viene prolungato da trenta a sessanta giorni e l’inottemperanza ad un ordine di allontanamento viene configurata quale reato. La stessa legge introduce la possibilità di trattenimento anche del richiedente asilo in appositi centri di identificazione e, addirittura, ove questi sia già destinatario di provvedimento di espulsione o respingimento, in un CPT.
     
    In materia di respingimenti, la legge ammette i respingimenti al paese di origine in acque extraterritoriali, in base ad accordi bilaterali fra l’Italia e altri paesi (ad esempio quello con la Libia di Gheddafi nel gennaio 2009), che impegnano le polizie a cooperare per prevenire l’immigrazione irregolare. 
     
    Al fine di non fare attraccare le imbarcazioni sul suolo italiano, l’identificazione degli aventi diritto all’asilo politico o a prestazioni di cure mediche e assistenza avviene direttamente in mare. Questa norma è tra le maggiori cause delle morti nel Mediterraneo. Tra i migranti a bordo delle barche intercettate potrebbero esserci profughi in cerca di protezione internazionale; il respingimento senza prima una verifica attenta - che spesso non avviene - viola l’articolo 18 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione europea che recepisce a sua volta il principio stabilito dalla Convenzione di Ginevra, secondo cui gli Stati non possono rinviare i rifugiati in paesi dove questi sono perseguitati e rischiano la vita. Eppure, è ben noto che i centri di detenzione libici - oltre che spesso anche i Paesi di origine - sono luoghi dove le persone respinte - rifugiate o migranti che siano - rischiano la vita; per questo, dunque, pur di non tornare indietro, tanti preferiscono sfidare il tutto per tutto e, non avendo nulla da perdere se non la vita, scelgono la clandestinità, confidando anche nella inefficacia delle leggi, e nelle lungaggini della burocrazia.
     
    È soprattutto nell’impedire a migranti e profughi di raggiungere il nostro territorio che si sono concentrati gli sforzi normativi e politici del successivo Ministro dell’Interno Salvini, complici le norme vigenti relative alla convenzione di Dublino che prevedono che le richieste di asilo dei migranti debbano essere prese in carico dal paese d’ingresso in Europa, quindi nella maggior parte dei casi dai paesi di frontiera del Mediterraneo, come l’Italia. È una convenzione ritenuta inefficace, oltre che ingiusta, verso i paesi di approdo in quanto questi si trovano ad affrontare obblighi relativi alla gestione dell’accoglienza (oneri economici per il mantenimento delle persone, per le pratiche legali, ed altro ma anche carichi organizzativi). Nel corso degli anni, la Commissione europea ha provato più volte ad avviare un’equa ripartizione dei richiedenti asilo fra i 27 stati dell’Unione trovando un’opposizione dal fronte dei paesi contrari, guidato da Austria, Polonia e Ungheria. Se i paesi non accolgono le quote loro assegnate, dovrebbero almeno concorrere alle relative spese: ma dal momento che non è prevista alcuna sanzione in caso di inadempienza, non accolgono e… non pagano.
     
    In questo clima, nel 2018, il decreto legge approvato dal Governo Lega-M5S giunge addirittura ad abolire i permessi di soggiorno per motivi umanitari.
     
    Il 21 ottobre 2020, il nuovo Governo ha emanato un Decreto sicurezza (130/2020) poi convertito in legge dal Parlamento che ripristina una serie di norme che tutelano i diritti di chi arriva alle nostre frontiere, migranti, profughi o richiedenti asilo che siano… Mentre amplia i casi di divieto di espulsione, amplia anche le norme per la concessione di permessi di soggiorno che possono essere convertiti in permessi di soggiorno lavorativi. Vengono riconosciute le “gravi situazioni di calamità” e, per la prima volta - di fronte alle conseguenze dei cambiamenti climatici - compare il riconoscimento dei “migranti ambientali”. Si tratta di un passo avanti nella politica migratoria, ma quando arriveremo a pianificare dei corridoi umanitari o, inizieremo ad organizzare gli ingressi nel Paese e la circolazione delle persone superando l’attuale logica di emergenza?
     
     
    Migranti, profughi, rifugiati, stranieri? Persone! Quando cittadini e cittadine?
     
    Abbiamo voluto, pure sommariamente, riassumere quella che è stata – e lo è ancora - una vera e propria corsa ad ostacoli perché sia riconosciuto alle persone - prima provenienti dai diversi paesi d’Europa, poi dai paesi extraeuropei - il diritto alla libera circolazione. È una corsa che è costata - e continua a costare - sacrifici economici, tempo di vita, sofferenza e, ancora troppo spesso, morte.
     
    Noi italiani, che in 150 anni abbiamo costruito nel mondo un’altra Italia, grande il triplo di quella attuale, lo sappiamo bene, anche se molto spesso facciamo finta di dimenticarcelo.
     
    A fronte della globalizzazione - voluta, agevolata, addirittura imposta - di merci e capitali e della loro circolazione - legale o illegale che sia - vogliamo qui evidenziare che il riconoscimento della cittadinanza globale alle persone – a tutte le persone - e del fatto che tutti e tutte sono, siamo, cittadini e cittadine di un unico pianeta, non solo non è un diritto acquisito, ma che viene negato o, comunque, ostacolato. E su questa negazione c’è chi specula: trafficanti, sfruttatori di donne e minori, caporali e sfruttatori di mano d’opera, mercanti di organi e di armi, che fanno affari d’oro alimentando mafie e organizzazioni criminali che agiscono all’interno di circuiti globali.
     
    La speculazione economica è d’altro canto resa possibile da un’altra speculazione - culturale e politica - che alimenta paure di “invasione”, diffonde stereotipi, difende privilegi e potere attraverso messaggi e comportamenti più o meno esplicitamente discriminatori e razzisti. Sono gli stessi messaggi e stereotipi che non solo negano la cittadinanza globale, ma anche l’accesso alla cittadinanza a persone che - ormai pienamente integrate nel tessuto sociale e lavorativo del nostro Paese - ancora non possono dirsi davvero italiani. Troppe le difficoltà burocratiche, estremamente rigidi i requisiti di accesso, troppo lunghi i tempi di attesa.
     
    I tentativi di riforma, soprattutto i più recenti, a partire dal 2018, non hanno ancora visto la luce e, soprattutto per ciò che riguarda l’inclusione sociale dei minori figli di genitori stranieri, ci troviamo davvero di fronte ad una negazione di diritti non solo non giustificabile ma che rischia di minare la stessa convivenza civile e sociale. La legge 92 del 1992 si limita infatti a riconoscere lo ius sanguinis, ovvero il diritto alla cittadinanza esclusivamente ai figli di almeno un genitore italiano. Ma i bambini nati in Italia da entrambi i genitori stranieri debbono aspettare i 18 anni di età ed avere determinati e stringenti requisiti per richiedere la cittadinanza, imbattendosi in un iter burocratico che spesso blocca le pratiche per interi anni. 
     
    Solo di recente la Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati ha approvato un testo unificato che prevede lo Ius Culturae. È una nuova forma di acquisizione della cittadinanza da parte dei minori nati in Italia, o arrivati in Italia prima di avere compiuto 12 anni, che abbiano avuto legalmente residenza, senza interruzioni, in Italia e che abbiano frequentato regolarmente, per almeno cinque anni, nel territorio nazionale, uno o più cicli scolastici presso istituti appartenenti al sistema nazionale di istruzione, ovvero un percorso di istruzione e formazione professionale triennale o quadriennale idoneo al conseguimento di una qualifica professionale. 
     
    Il testo è stato per lungo tempo all’esame del Parlamento ma, già prima della crisi di Governo che ha portato alle elezioni politiche nel settembre 2022, la voce delle opposizioni si è fatta pesantemente sentire, determinando, di fatto, il blocco della discussione e dell’approvazione. Ora quelle stesse forze di opposizione si sono insediate nel nuovo Governo entrato in carica all’inizio dell’autunno e già, in merito alle politiche migratorie e al riconoscimento dei diritti di migranti e rifugiati ha dato prova di nuove e più pesanti chiusure. La speranza è nelle nuove generazioni perché soltanto con loro e da loro potrà crescere, proprio a partire dalle scuole e dalle università, una nuova convivenza civile basata su una cultura dell’uguaglianza e della valorizzazione delle differenze, antidiscriminatoria e antirazzista, capace di spingere per il cambiamento di una legislazione che non tiene conto della realtà e della storia.
     
     
    La cittadinanza globale tra diritto e consapevolezza
     
    Ancora forte è lo scarto tra le norme che non riconoscono il diritto ad essere riconosciuti cittadini e cittadine del mondo e la consapevolezza diffusa che, al di là delle leggi e dei muri che continuano a seminare odio e divisioni, nascere in un determinato luogo è solo frutto del caso. 
     
    Da questo punto di vista, proprio la globalizzazione - e proprio quella economica e finanziaria - ha contribuito ad accelerare questi processi. Sembra un controsenso: coloro che tendono a mantenere ristretti i loro privilegi alzando muri di protezione contro supposte invasioni, sono gli stessi che, nei fatti, hanno creato i presupposti e reso accessibili a tutti gli strumenti che hanno favorito una cultura e una coscienza globali.
     
    È una coscienza che sta crescendo proprio in una fase della storia dell’umanità nella quale è la vita dello stesso pianeta ad essere messa in pericolo dalle guerre e dall’emergenza climatica (alla quale le stesse guerre stanno contribuendo), al di là dei confini in cui si pretende di rinchiudere i singoli popoli…
     
    Lo scarto tra diritti e consapevolezza non è però senza conseguenze perché il carico violento di diseguaglianze e di discriminazioni che questa globalizzazione economica e finanziaria porta con sé rischia di aggravare – spesso in modo drammatico - le lacerazioni nel tessuto sociale e civile e nelle relazioni di comunità.
     
    Sta qui il ruolo che un’educazione diffusa alla cittadinanza globale può e deve giocare.
     
    Serve un’educazione che raggiunga con linguaggi differenti e mirati i diversi interlocutori: dai bambini (che sono quelli dai quali più possiamo imparare) agli educatori; dagli addetti alla pubblica amministrazione per finire (o per cominciare) agli esponenti politici a tutti i livelli.
     
    Serve un’educazione in grado di diventare cultura diffusa di dialogo e conoscenza dell’altro/a; che non miri all’omologazione ma riconosca e valorizzi le differenze mettendole in relazione e considerandole dono nella reciprocità.
     
    Di tutti e tutte noi è il compito di contribuire in ogni modo ad alimentare questa coscienza, attraverso percorsi attivi e concreti di Educazione alla Cittadinanza Globale, perché sempre più, alla coscienza di essere tutti e tutte “nella stessa barca”, corrisponda il riconoscimento dei diritti che da ciò derivano. Primo fra tutti il diritto alla vita e ad una vita degna di questo nome.
     
    È questa la via perché la “globalizzazione della solidarietà” non si tinga di filantropia asimmetrica ma realizzi il “solidus”, cioè l’alleanza tra uguali, perché solo così può essere sanata l’ingiustizia che nega i diritti di qualcuno per accrescere a dismisura i privilegi e il potere di altri.  
     
    La ricerca che è stata condotta e di cui presentiamo qui i risultati ha avuto questo tratto che è stato seguito - come vedremo - in modo determinato e per nulla casuale, sia nel merito sia nel metodo.
     
     
     
     
    NOTE
     
    2 https://www.agi.it/estero/news/2021-10-10/principali-muri-barriere-contro-migranti-eretti-europa-14131596/ Dopo il crollo del muro di Berlino, nel 1989, in Europa sono stati creati 1.000 chilometri di muri. Nella piccola enclave di Ceuta e Melilla, in Marocco, come in Ungheria, i muri sono di filo spinato. Il muro costruito nel 2015 da Viktor Orbàn al confine tra Ungheria e Serbia si estende per 175 chilometri e ha un filo spinato alto quattro metri: progettato per “preservare le radici cristiane”, ha ispirato Slovenia, Austria, e Macedonia, che hanno fatto lo stesso ai loro confini. Anche la Bulgaria ha innalzato quasi 176 chilometri di recinzione di filo spinato lungo il confine con la Turchia. Poi si sono mossi più a nord. Prima l’Estonia con i suoi 110 chilometri di barriera hi-tech lungo il confine con la Federazione russa, poi i 90 chilometri di filo spinato in costruzione alle frontiere lettoni e il “Muro europeo” voluto dall’Ucraina, infine la Lituania, con una barriera alta 2 metri che corre lungo 50 dei 130 chilometri di frontiera con l’enclave russa di Kaliningrad. Anche la Grecia ha completato la costruzione di una barriera di 40 km alla frontiera con la Turchia, con un nuovo sistema di sorveglianza: le forze di sicurezza greche sono state messe in allerta per impedire il ripetersi della crisi migratoria del 2015 quando quasi un milione di persone, principalmente dal Medio Oriente, varcarono il confine con la Turchia. Tanto che nel marzo 2020, agenti greci hanno anche sparato ai migranti che attraversavano il confine con la Turchia: un atto scioccante su un confine normalmente pacificato, dove non è consuetudine sparare. E non basta. Perché la Turchia ha quasi terminato la costruzione di un muro lungo il confine con l’Iran: un muro che, come quello lungo il confine siriano e iracheno, è stato costruito principalmente per prevenire l’arrivo di migranti clandestini e la cui costruzione - più moduli, per una struttura lunga 295 chilometri, dotata di sensori a infrarossi - ha avuto un’accelerazione nelle ultime settimane sul versante iraniano, unica parte non completata, dopo il ritorno al potere dei talebani in Afghanistan.
     
    3 La costruzione della prima barriera fisica fra Stati Uniti e Messico risale agli anni ‘90, quando George Bush inaugurò i primi 23 chilometri fra San Diego e Tijuana. Nel 1994, poi, Bill Clinton ampliò il muro aggiungendo la presenza fissa di poliziotti che dovevano controllare gli accessi e impedire quelli non autorizzati. La stessa cosa fu fatta da Bush figlio e Obama. La divisione si chiama ufficialmente “barriera di separazione tra Stati Uniti d’America e Messico”, ma la maggior parte delle persone la conosce come “muro di Tijuana”. Al momento, il muro ha superato i limiti urbani di Tijuana e San Diego, e la sua lunghezza totale è di circa 930 chilometri. La barriera è fatta di lamiera metallica sagomata, alta dai due ai quattro metri, e si snoda per chilometri lungo la frontiera tra Tijuana e San Diego. Il muro è dotato di illuminazione ad altissima intensità, di una rete di sensori elettronici e di strumentazione per la visione notturna, connessi via radio alla polizia di frontiera statunitense (circa ventimila Border Patrol) oltre ad un sistema di vigilanza permanente effettuato con veicoli ed elicotteri armati. Il risultato immediato della costruzione della barriera è stato un numero sempre crescente di persone che hanno cercato di varcare illegalmente il confine attraverso il deserto di Sonora o il monte Baboquivari, in Arizona. Questi clandestini hanno dovuto percorrere circa 80 km di territorio inospitale prima di raggiungere la prima strada nella riserva nativo-americana Tohono O’odham.
     
    4 Regolamento (CEE) n. 1612/68 del Consiglio, del 15 ottobre 1968, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunità. Gazzetta ufficiale n. L 257 del 19/10/1968. Direttiva 68/360/CEE del Consiglio, del 15 ottobre 1968, relativa alla soppressione delle restrizioni al trasferimento e al soggiorno dei lavoratori degli Stati membri delle loro famiglie all’interno della Comunità. Poi abrogata dalla Direttiva 2004/38/CE, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE. Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea L 158 del 30 aprile 2004.
     
    5 eur-lex.europa.eu/IT/legal-content/glossary/schengen-agreement-and-convention.html Oggi ventisei paesi europei - di cui ventidue dei ventisette Stati membri - fanno parte dello spazio Schengen. Anche Bulgaria, Croazia, Cipro e Romania, ai sensi dei rispettivi atti di adesione, fanno parte dello spazio Schengen, ma i controlli alle frontiere interne non sono ancora stati eliminati. L’Irlanda è il solo Stato membro che non rientra nell’area Schengen. Pur partecipando alla cooperazione tra forze di polizia di Schengen e alla cooperazione giudiziaria in materia penale, non fa parte dello spazio senza controlli alle frontiere interne e mantiene i controlli alle frontiere con i paesi Schengen. Altri quattro paesi - Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera - sono anch’essi associati all’acquis di Schengen ai sensi dei rispettivi accordi di associazione Schengen con l’UE e pertanto rientrano nello spazio Schengen. I paesi candidati all’adesione dell’UE devono accettare integralmente l’acquis di Schengen al momento della loro adesione. Tuttavia, i controlli alle frontiere interne sono revocati (con decisione unanime del Consiglio) solo dopo una valutazione che: a) venga condotta in conformità con il meccanismo di valutazione Schengen applicabile; b) concluda che sussistono tutte le condizioni per la corretta applicazione delle misure dell’acquis di Schengen che consentono l’eliminazione dei controlli alle frontiere interne.
     
    6 Il trattato, nell’art.3, comma 2. Recita: “L'Unione offre ai suoi cittadini uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne, in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone insieme a misure appropriate per quanto concerne i controlli alle frontiere esterne, l'asilo, l'immigrazione, la prevenzione della criminalità e la lotta contro quest'ultima”.
     
    7 Fanno parte di questo gruppo sia i nati in un paese non dell’Unione, sia i nati nell’Unione che non hanno la cittadinanza di uno Stato membro.
     
    8 https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1998;40 “Disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 59 del 12 marzo 1998 e poi inserita nel Testo Unico delle disposizioni circa la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, (Decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286).
     
    9 La direttiva in questione, emanata il 1° marzo 2000 e intitolata “Definizione dei mezzi di sostegno per l'ingresso e il soggiorno degli stranieri nel territorio nazionale”, stabilisce che: a) la disponibilità di mezzi di sostentamento può essere dimostrata mediante la produzione di valuta o di cambiali equivalenti o di fideiussioni bancarie o di polizze assicurative a garanzia del pagamento, mediante documenti che attestino servizi prepagati o documenti che dimostrino la disponibilità di fonti di reddito nel territorio nazionale; b) gli importi monetari previsti dalla direttiva devono essere rivisti annualmente, previa applicazione dei parametri relativi alla variazione media annua elaborati dall'ISTAT e calcolati sulla base dell'indice generale dei prezzi al consumo per i prodotti alimentari, le bevande, i trasporti e i servizi di alloggio; c) lo straniero deve indicare di avere un alloggio idoneo nel territorio italiano e di possedere la somma necessaria per il rimpatrio; può inoltre presentare un biglietto di ritorno; d) i mezzi di sostentamento minimi necessari per persona per il rilascio del visto sono definiti in base ad una Tabella specifica.
     
     
    11 D.L. 04/10/2018 n° 113, G.U. 03/12/2018
     
    12 Legge n. 173 del 18 dicembre 2020 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 314 del 19 dicembre 2020.
     
    13 “La Comunità di italo-discendenti nel mondo viene stimata in circa centottanta milioni di persone, cui si aggiungono gli oltre sei milioni di cittadini italiani residenti all'estero”. Intervento del Presidente della Repubblica Mattarella in occasione della presentazione del XXX Rapporto sulle migrazioni della Fondazione Migrantes – “Verso un noi sempre più grande” novembre 2021.
     
    14 «Paradossalmente, ci sono paure ancestrali che non sono state superate dal progresso tecnologico; anzi, hanno saputo nascondersi e potenziarsi dietro nuove tecnologie. Anche oggi, dietro le mura dell’antica città c’è l’abisso, il territorio dell’ignoto, il deserto. Ciò che proviene di là non è affidabile, perché non è conosciuto, non è familiare, non appartiene al villaggio. È il territorio di ciò che è “barbaro”, da cui bisogna difendersi ad ogni costo. Di conseguenza si creano nuove barriere di autodifesa, così che non esiste più il mondo ed esiste unicamente il “mio” mondo, fino al punto che molti non vengono più considerati esseri umani con una dignità inalienabile e diventano semplicemente “quelli”. Riappare «la tentazione di fare una cultura dei muri, di alzare i muri, muri nel cuore, muri nella terra per impedire questo incontro con altre culture, con altra gente. E chi alza un muro, chi costruisce un muro finirà schiavo dentro ai muri che ha costruito, senza orizzonti. Perché gli manca questa alterità». (Papa Francesco, Fratelli tutti, 27)
     
    15 «Il mondo esiste per tutti, perché tutti noi esseri umani nasciamo su questa terra con la stessa dignità. Le differenze di colore, religione, capacità, luogo di origine, luogo di residenza e tante altre non si possono anteporre o utilizzare per giustificare i privilegi di alcuni a scapito dei diritti di tutti. Di conseguenza, come comunità siamo tenuti a garantire che ogni persona viva con dignità e abbia opportunità adeguate al suo sviluppo integrale». (Papa Francesco, Fratelli tutti, 118)
     
    16 «D’altra parte ci sono educatori capaci di reimpostare gli itinerari pedagogici di un’etica ecologica, in modo che aiutino effettivamente a crescere nella solidarietà, nella responsabilità e nella cura basata sulla compassione». (Papa Francesco, Laudato si’, 210).
     

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    Gli studenti-ricercatori, a partire dai propri contesti sono riusciti a contattare 189 persone, di cui 108 di nazionalità italiana e 81 non italiana. Ovviamente non si tratta di un campione statisticamente significativo, dal momento che non è stata seguita alcuna procedura statistica di campionamento. Si tratta però di un gruppo di persone che è stato raggiunto attraverso la metodologia del cluster, a partire dai ricercatori.

    Sono presenti 37 nazionalità oltre quella italiana, così ripartite:
    f01 nazionalità

    Come evidente dal grafico, il numero maggiore di non autoctoni proviene dalle Filippine (9), seguono Brasile e Ucraina con 6, Romania ed Egitto con 5, Perù, Moldavia, Argentina e Albania con 3, Angola, Bangladesh, Nigeria e Russia con 2 e tutti gli altri con una persona.

    Si tratta di 54 uomini e 135 donne (60 delle quali di nazionalità non italiana).

    L’età media è 39 anni, 41,5 la mediana, 45 la moda.

    Rispetto al titolo di studio, il 70,37 % (133 persone) ha il diploma di laurea. Fra gli 81 non italiani, 61,72% ha il diploma di laurea, il 22,22% il diploma di secondaria superiore e 8.64% quello di secondaria di primo grado o elementare. La situazione per gli italiani non si discosta molto: il 67,6% ha la laurea, il 26,9 ha il diploma, e il 5,5% la licenza media o elementare.

    Rispetto alla situazione lavorativa ha un impiego full time il 38.3% degli stranieri, 4 hanno un full time smart working, 20 (24.7%) un part time, 3 un part time smart working, 9 a chiamata e 11 (5,8%) non lavorano. Fra gli italiani la situazione è la seguente: il 53.7 degli italiani ha un impiego full time; il 15,7 % un part time e nessuno non lavora.

    Fanno volontariato 76 persone, ovvero il 40,2% degli intervistati. Di questi il 46,9% non è italiano, mentre il 35,2% lo è. 50 di loro hanno come titolo di studio la laurea (65,8%), il 23,7% ha il diploma di secondaria. Il 7,9% ha la licenza media e nessuno ha la licenza elementare o niente. Fra le 11 persone che non lavorano, 6 fanno attività di volontariato. Quindi si conferma l’ipotesi, già suffragata da varie ricerche, che un titolo di studio più elevato sia positivamente correlato con un’attività volontaria. Nel nostro gruppo di intervistati, inoltre in percentuale, gli stranieri fanno più volontariato degli italiani.

    13 su 81 (16%) fra i non italiani fanno mestieri di assistenza e cura (infermiere/a, assistente familiare, colf); 37 (45,7%) fanno attività connesse con la cultura, da mediatore culturale a insegnante a restauratore; 3 sono religiosi, 3 imprenditori.

    Quanto al periodo di anzianità della migrazione, fra i rispondenti, l’anno di maggior accesso è stato il 2006, senza regolarità nei vari anni.

    In relazione alle lingue parlate, oltre l’italiano, abbiamo 22 lingue parlate.

    Rispetto invece al titolo di soggiorno in Italia, il 37,48% ha la carta CE per soggiornanti di lungo periodo, seguito dalla cittadinanza italiana 22,29% e infine il Permesso di soggiorno (18,23%).

    Infine quanto alla conoscenza dell’italiano in relazione alle 4 competenze chiave (lettura, scrittura, ascolto e parlato), effettuata sulla base dell’autovalutazione da 79 soggetti che hanno risposto, risulta in generale molto buona (4 su 5), con picchi di conoscenza perfetta per quanto riguarda lettura e scrittura. Pochissimi soggetti reputano di conoscere poco o per nulla l’italiano.

    Questi dati generali sono interessanti in relazione alle caratteristiche del gruppo di persone raggiunte grazie alla rete degli studenti-ricercatori.

    Come si vede si tratta di persone che faticheremmo a definire semplicemente migranti, dal momento che la maggior parte di loro convivono da lungo tempo con gli autoctoni in vari territori italiani.

    Per questo è particolarmente interessante indagare presso di loro il senso di consapevolezza di essere cittadini globali: sia per la loro storia, sia per l’impegno formativo che stanno sostenendo, sia per le relazioni che hanno intessuto. Insomma sono ricchi di quel capitale che Bourdieu1 definirebbe culturale e sociale, non avendo indizi rispetto al capitale economico.

     

    Cittadini Migranti del mondo globale: la sfida di educare adolescenti migranti e rifugiati

    Il questionario A verteva sulla sfida di educare adolescenti migranti e rifugiati. Il Global Education Monitoring Report, redatto ogni anno da UNESCO, nel 2019 si soffermava sull’importanza dell’accesso all’educazione per migranti e rifugiati sostenendo che:

    Mediamente, 1 persona su 8 è un migrante interno. Questo tipo di migrazione può avere effetti significativi sulle opportunità educative sia per chi parte, sia per chi rimane, soprattutto se si tratta di Paesi caratterizzati da una forte spinta all’urbanizzazione e da livelli di reddito medio-bassi. Circa 1 persona su 30 oggi non vive nel Paese in cui nasce e quasi due terzi dei migranti internazionali si dirigono verso Paesi più ricchi. Benché la maggior parte delle persone parta alla ricerca di un lavoro, una minoranza è spinta dalla ricerca di opportunità educative. Ma le migrazioni internazionali hanno ripercussioni anche sull’educazione dei discendenti dei migranti. Quasi 1 persona su 80 deve lasciare il proprio Paese o è costretta a spostarsi al suo interno a causa di conflitti o calamità naturali; di questi, 9 su 10 vivono in Paesi con livelli di reddito medio-bassi. Il loro inserimento nel sistema educativo nazionale è fondamentale, ma questo processo può essere condizionato dalla specificità dei singoli contesti di destinazione.2

    Per quanto riguarda la nostra rilevazione, la prima delle piste originali di ricerca era di fatto mirata a persone impegnate in ambito di educazione formale e non formale sui temi connessi alla cittadinanza globale, nell’educazione e formazione di migranti e rifugiati. A conferma di ciò, 48 su 61 rispondenti (oltre il 78%) fanno mestieri connessi con l’educazione: insegnanti, baby-sitter, assistenti all’infanzia etc...
    f02 paesi

     

    In 63 hanno risposto al questionario A, di cui 22 non italiani3.
    f03 nazionalità

     

    Le donne sono il 73% di chi ha risposto la classe d’età maggioritaria è quella dai 36 ai 50 anni (38%), il 28% tra 51 e 65, il 17,5% tra i 26 e i 35.

    Il 74,6% ha un diploma di laurea, il 17,5 un diploma di scuola media superiore. Tra gli stranieri il 41% ha la carta Europea, l’11% la carta CE e il 31,8% il permesso di soggiorno.

    La condizione lavorativa prevalente è di impiego full time per il 60,3%, mentre il 20,6% lavora a part time. Ben il 55% del gruppo fa attività di volontariato.

    Il 61,9% è di nazionalità non italiana, di cui il 23,07% è di origine filippina, ma sono presenti anche altre 13 nazionalità con un individuo ciascuna.

    La prima delle domande specifiche per il questionario A era proprio sul significato della sostenibilità per le future generazioni.
    f04 nazionalità

     

    Le risposte pervenute si concentrano per lo più sulla corretta definizione derivante dal rapporto Brundtland del 1987 (65%) ma circa il 30% ne coglie l’aspetto soltanto compensativo immediato.

    D’altra parte il termine sostenibilità è entrato nel patrimonio comune di conoscenza e l’82,5% di questo gruppo sostiene di sapere bene o molto bene cosa significhi sostenibilità e il confronto fra le due domande mette in evidenza che si pensa di saperlo più di quanto lo si sappia davvero (65% vs 82%).

    La sfida più urgente per questi nuovi cittadini globali, che rientrerebbero negli aventi diritto allo ius scholae, sono i diritti umani (74,6%), segue la pace e la non violenza (69,8%) mentre al terzo posto c’è la giustizia sociale con oltre il 65%.

    Queste priorità, come vedremo in seguito, sono state confrontate con i rispondenti ad altri questionari. In questo caso emergono come necessari temi che hanno come elemento fondante il rispetto della persona.

    La formazione globale, per costruire questo rispetto, è ritenuta necessaria per tutti i cittadini (71,43%) e non solo o particolarmente per i migranti (65.08%).

    L’approccio privilegiato nei sistemi scolastici e formativi conosciuti viene ritenuto quello misto (41,27%), basato sia su competenze specifiche (36,51%), sia su una formazione globale (20,63%).

    Oltre l’80% ritiene che l’educazione alla cittadinanza globale sia importante per tutti i cittadini, oltre il 70% per i migranti in particolare.

    Questa formazione deve però, secondo il gruppo di rispondenti, trovare spazio in una comunità di pratiche allargata (73,02%) e non soltanto essere esercitata da soli (11,11%), in un gruppo ristretto (4,76%), o nella propria comunità di riferimento (15,87%).

    I principali ostacoli da superare per l'accesso all’istruzione e all’educazione alla cittadinanza globale di migranti e rifugiati vengono ritenuti gli stereotipi e i pregiudizi (44,44%), le barriere legali (41,27%), a seguire un supporto linguistico o di mediazione culturale insufficiente e risorse umane e finanziarie insufficienti.

    L’ultima domanda chiedeva: nell’ultima Enciclica Fratelli tutti, Papa Francesco parla della necessità di una governance globale di una collaborazione internazionale per una pianificazione a lungo termine della migrazione, andando oltre le singole emergenze a favore dello sviluppo solidale di tutti i popoli basato sul principio della gratuità. Quanto è d’accordo da 1 a 5?
    f05 nazionalità
    f06 governance
    Qui la risposta è plebiscitaria e concentrata sulle massime priorità (4 e 5). L’accordo è all’82,5% e non si riscontrano differenze sostanziali in base a nazionalità, età, genere o titolo di studio. Tutto il gruppo di rispondenti è unanime nel ritenere necessaria una governance globale che affronti i temi della migrazione e dello sviluppo in ottica sistemica e sostenibile.

    Inoltre come già riferito nell’analisi della letteratura in materia, l’Enciclica ha rappresentato un punto di riferimento importante per il mondo accademico e per la popolazione mondiale in generale.

     

    Scuola elementare ed educazione a distanza in tempo di COVID 19

    Il questionario B aveva come oggetto prioritario di interesse i comportamenti educativi in contesto scolastico e familiare in epoca di pandemia. Il gruppo di ricerca ha scelto di osservare in che modo la crisi avesse influito sull’educazione dei ragazzi, visto che la loro vita, a causa della chiusura della scuola, era stata totalmente sconvolta e così anche la loro educazione. È stato indagato chi fossero le persone che hanno avuto più vicino in questi mesi e che hanno esercitato un ruolo genitoriale; come li avessero sostenuti non solo nella loro educazione ma anche nella loro socialità. Anche qui il target principale sono state figure educative ma perlopiù genitori, tutori e responsabili anche temporanei (baby-sitter, altro…) di bambini in età scolare 5-11 anni.

    Al Questionario B hanno risposto in 52, di cui 30 non autoctoni (57,7%), ma, per il 26,92%, con cittadinanza italiana acquisita.
    f07 nazionalità
    f08 paesi

    La classe d’età prevalente è ancora una volta 36-50 (65,38%), seguita da quella 26-35 (25%).

    Titolo di studio più frequente (67,3%) la laurea, seguita dal diploma di scuola media inferiore (15.4%).

    L’orario prevalente dell’attività professionale è ancora una volta il full time (32,7%) seguito da part time (23,07%).

    Chi ha risposto più frequentemente è stata la madre, 61,5% dei casi, seguita dal padre nel 17,3% dei casi, nel 7,6% ha risposto la baby sitter, per il resto zii, altri conviventi etc.

    Data la particolare condizione di convivenza richiesta dalle restrizioni nel contatto in epoca COVID, è stata indagata la permanenza sotto lo stesso tetto da parte di vari membri del nucleo familiare.
    f09 FAD

    Ne emerge che aldilà della famiglia nucleare (madre presente nel 96,15% dei casi e padre nel 75%) anche sorelle (17,31%), nonni (11,54%), zii (9,62%) e babysitter sono stati presenti in casa.

    Il questionario mirava a conoscere la reazione alla formazione a distanza e il 65% ha detto di essersi trovato bene o molto bene, mentre il 34,6% ha risposto male o molto male.

    Il confronto con altre rilevazioni effettuate nello stesso periodo dall’UNICEF conferma la disponibilità e la percezione positiva. Nella pubblicazione UNICEF si riporta infatti che:

    È stato incoraggiante vedere che molti studenti hanno riportato opinioni entusiaste e ottimistiche riguardo alla didattica a distanza e si sono sentiti sicuri della loro capacità di adattarsi a questo nuovo contesto di apprendimento. In ogni livello scolastico, dalla scuola primaria alla scuola secondaria superiore, la maggioranza dei bambini e dei ragazzi (57 - 64%) ha dichiarato di essere motivata a partecipare ad attività online. Analogamente, la maggior parte (64 - 73%) ha riferito di sentirsi in grado di imparare rapidamente a partecipare ad attività online, anche se i bambini in età primaria sono stati un po’ meno propensi a riferire questa risposta rispetto ai ragazzi più grandi4.

    L’adattamento al nuovo sistema di studio è stato per lo più positivo o molto positivo per il 78,8% dei rispondenti, ma oltre il 21% si è invece trovato male.

    Anche questo dato è confermato dalla rilevazione UNICEF che ha trovato il 25% di ragazzi in difficoltà:

    un bambino o ragazzo su quattro ha dichiarato di essere preoccupato o nervoso a partecipare ad attività online o a completare le attività scolastiche online. L’analisi non ha mostrato chiare differenze di genere o di età per quanto riguarda le preoccupazioni di bambini e ragazzi5.

    I principali problemi riscontrati sono stati nella debolezza della connessione internet (46,15%), problemi con i supporti: computer, tablet, cellulare (26,92 % di casi). Di grande ostacolo nel 48% dei casi la contemporaneità dei collegamenti e la presenza di troppe persone a casa (25%).

    Il luogo di collegamento più frequente è stata proprio la camera del bambino/a (67,31%) o la cucina/sala (9,62 %), ma compare anche il balcone/terrazza (25%).

    Nel 53,85% dei casi le lezioni non sono andate perse, ma per il 46,15% sì. Laddove ciò sia avvenuto, è stato in numero non troppo elevato (da 1 a 5 per il 32,69%) e da 5 a 10 per il 13,46 % dei casi.

    Da una domanda con possibilità di risposte multiple, emerge che i genitori sono stati i più presenti nel supportare i figli nel percorso di studio e formazione a distanza (88,46%), ma anche altri parenti e babysitter sono stati presenti (rispettivamente 23,08% e 21,15 %).

    Trattandosi di bambini, anche il mantenimento del gioco e delle attività ludiformi è stato posto sotto attenzione. Ne risulta che, nonostante la TV sia stato il modo di divagazione preferito, anche i giochi di movimento hanno ricevuto una gran quantità di preferenze. La lettura e i giochi da tavolo sono stati frequenti. Ovviamente il forte utilizzo di dispositivi e consolle è confermato anche dai dati di tutte le altre ricerche in materia.

    Il luogo privilegiato di attività di svago, a causa delle restrizioni, è stato ovviamente la casa 98,08 %, anche se frequente è stato anche l’utilizzo del terrazzo/balcone, 59,62 %e alcuni hanno potuto svolgere parte dell’attività all’aperto (34,62%).

    È stato chiesto se fosse comunque stato possibile avere momenti di socialità con altri bambini e dove. Ne emerge che la dimensione sociale è stata comunque mantenuta dalla stragrande maggioranza, anche con frequenza, grazie soprattutto ad internet.
    f13_momenti.png
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    f15 luoghi socialita

     I nostri dati confermano quindi quanto riportato nella suddetta pubblicazione UNICEF e le conclusioni sono tali che inducono gli esperti UNICEF ad affermare che:

    Il tempo trascorso online per attività non scolastiche può essere stata la loro unica opportunità per connettersi con gli amici, rilassarsi o anche per fare esercizio fisico. Queste potrebbero essere tutte modalità importanti di affrontare una situazione insolita e cognitivamente ed emotivamente provante per i bambini e i ragazzi6.

    Le opinioni dei rispondenti, sul fatto che potessero essere stati riscontrati dei cambiamenti nei comportamenti dei ragazzi, a seguito del COVID, quasi si equivalgono, con una lieve tendenza ad indicare l’esistenza di tali cambiamenti (48,08% no, 51,92%

    sì). Ovviamente il cambiamento d’atteggiamento avrebbe potuto essere derivato da molte variabili tra le quali l’impatto diretto della malattia in famiglia.

    Per questa ragione è stato richiesto se ci fossero stati casi di COVID fra parenti e conoscenti. I no sono stati il 53,85%, mentre i sì il 46,15%. Quanto alla gravità della malattia (che avrebbe potuto avere un impatto in tal senso), il 29% ha risposto che le conseguenze sono state gravi o gravissime.
    f16 covid
    f18 domande
    f17conseguenze

     

    A tale proposito ricordiamo che l’indagine è stata svolta nell’estate 2021, e quindi ha preso in considerazione particolarmente casi COVID della prima ondata. Infatti all’epoca solo il 34,62% dei rispondenti si era dovuto sottoporre a quarantena.

    Questi grafici mostrano come i bambini nell’84,62% dei casi abbiano fatto domande; tuttavia l’evento pandemico, almeno nella percezione delle figure parentali, sembra aver reso i bambini più attenti e responsabili; solo nel 20% delle risposte, più ansioso o preoccupato.
    f19 consapevolezza

    Questo dato percettivo, riportato dalle figure parentali, contrasterebbe con quanto sostenuto da vari autori nella guida Erikson: Bambini, adolescenti e Covid-197, dove si dice che gli studi condotti finora in Italia hanno dimostrato come l’isolamento a casa abbia favorito l’insorgenza di problematiche comportamentali e un peggioramento di condizioni preesistenti nel 65% di bambini al di sotto dei 6 anni e nel 71% di quelli di età compresa tra i 6 e i 18 anni, con un incremento dell’irritabilità, dei disturbi del sonno e d’ansia.

    D’altra parte la domanda 21 chiedeva al rispondente se avesse notato differenze nel rapporto fra il proprio bambino con altri. Ne è emerso che una netta maggioranza (71,15%) non sembra aver risentito degli effetti del confinamento, il 28% circa invece ne ha risentito, accusando comportamenti di distanza, paura o depressione. D’altra parte dopo il confinamento, sostanzialmente più della metà dei bambini è stato in grado di iniziare nuove attività (51,92%).

    Come in altre rilevazioni già citate (UNICEF 2021) il tempo passato ad utilizzare supporti elettronici è aumentato in modo rilevante. Si tratta del 55,8% dei casi fra i nostri rispondenti, mentre è rimasto analogo nel 30% dei casi.

    La nostra rilevazione non ha approfondito però se l’aumento dell’uso dei supporti digitali sia stato dipeso maggiormente dall’uso per lo studio o da quello per il tempo libero.

    Il COVID ha influito, almeno temporaneamente nel rapporto del bambino con le figure parentali per il 53,85% dei rispondenti, mentre ciò non è avvenuto nel 46,15% dei casi.

    Questa influenza sembra si riverberi in molti casi in una maggior vicinanza, ma in altri ha fatto invece aumentare la distanza dall’esterno o esacerbato relazioni conflittuali nella coppia. Insomma sembra sia stato un amplificatore di rapporti in senso per lo più positivo ma anche negativo.

    Il progetto KiDiCoTi8, coordinato dal Joint Research Center della Commissione Europea, ha riportato una generale preoccupazione dei genitori a fronte dell’impatto della pandemia sull’istruzione dei propri figli. Questa preoccupazione sembra particolarmente rilevante nei genitori con istruzione terziaria ed oltre. Nel nostro gruppo il livello di istruzione dei genitori è per oltre il 67% dei rispondenti con istruzione terziaria ed oltre, quindi i numeri del resto dei rispondenti sono troppo esigui per tracciare correlazioni.

     

    Cittadinanza globale, coscienza ecologica e ambientale

    L’obiettivo del questionario C era dichiaratamente quello di comprendere come le persone che frequentano diversi istituti di Istruzione, Licei, Università (studenti, docenti, direttori di Dipartimento) ed enti, associazioni che si occupano di sostenibilità (es. Greenpeace, Legambiente, etc.), percepiscono l’importanza della cittadinanza globale e del suo impatto ambientale. In 47 hanno risposto al questionario C, di cui solo 7 non italiani.
    f21 paesi
    f22 nazionalità

     

    Il 66% è di genere femminile, il 34% maschile. Le classi d’età prevalenti sono la seconda 27,6% (18-25 anni) e la quinta 23,4% (51-65 anni), differendo in tal senso dai gruppi di rispondenti negli altri questionari. Titoli di studio prevalenti sono il diploma di secondaria superiore (44,68%) e il diploma di laurea (48,94%). Anche la condizione lavorativa differisce rispetto agli altri gruppi di rispondenti: la maggior parte è impiegata full time (44,68%), e il 34,04% non lavora, essendo almeno in parte, in pensione.

    Il 59% non fa attività di volontariato, mentre il 41% sì.

    Molte delle domande di questo questionario erano condivise con altri gruppi e se ne parlerà in una sezione apposita. Ma il tema focale di questo gruppo era quello della responsabilità nei confronti dell’ambiente. Come si sa il concetto di sostenibilità in questo momento è piuttosto diffuso, ancor più in questo momento in cui la crisi energetica ha messo in evidenza l’interconnessione esistente a livello globale. Nulla più di ciò che sta accadendo attualmente può mettere in luce le connessioni esistenti fra il conflitto fra Russia e Ucraina, crisi energetica e migrazioni di persone, che ne stanno derivando.

    Non a caso alcuni degli approfondimenti indagati nelle opinioni dei rispondenti hanno riguardato la percezione della responsabilità di multinazionali e grandi aziende di influire sulla sostenibilità.

    Il dibattito sulla responsabilità sociale d’impresa è molto diffuso e spesso mostra come le imprese rischino di appiattirsi in mere opere di filantropia aziendale, che hanno effetti nel breve periodo, ma non sono integrate nelle strategie aziendali di ampio raggio, né sviluppate in ottiche di lungo periodo ed orientate al bene della collettività.

    I risultati di un recente sondaggio IPSOS mostrano chiaramente che le aziende multinazionali hanno la capacità e la responsabilità di "fare del bene" nel mondo e che i loro programmi di responsabilità sociale (CSR) possono essere vantaggiosi per tutti, garantendo che gli impegni siano autentici, credibili ed efficaci. Nell'ultimo periodo, sempre più aziende si stanno allineando con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite (UNSDGs) contenuti nell'Agenda 2030, ma la ricerca ha dimostrato che molti stakeholder – cittadini/consumatori in particolare - non hanno familiarità con gli UNSDGs o con ciò che gli obiettivi si prefiggono di realizzare.

    IPSOS Corporate Reputation a marzo 2021 ha infatti condotto uno studio internazionale9 in 28 Paesi semplificando le aree di interesse degli UNSDGs in tre macro-aree: Ambiente, Società e Governance (ESG - acronimo di Environmental, Social and Governance). Dai risultati del sondaggio emerge che il miglioramento della società rappresenta la priorità per i cittadini/consumatori di cui le aziende multinazionali dovrebbero occuparsi. A seguire, si posizionano quasi a pari merito la tutela e protezione dell'ambiente e le questioni riguardanti la Governance.

    In merito alle preoccupazioni sociali, i cittadini/consumatori desidererebbero che le multinazionali migliorino in primo luogo le condizioni di lavoro e la salute e la sicurezza dei lavoratori. Queste aree sono le prime scelte in quasi tutti i 28 Paesi esaminati.

    In merito alle preoccupazioni ambientali, la riduzione dei rifiuti e dell'inquinamento è la scelta prioritaria in quasi tutti i 28 mercati. Le altre azioni principali che le aziende potrebbero intraprendere secondo l'opinione dei cittadini/consumatori sono: la riduzione dell'uso della plastica, lo sviluppo di prodotti più ecologici, la cura generale dell'ambiente e la riduzione delle emissioni di gas serra.

    Infine, in questioni specifiche di Governance, l'attenzione dei cittadini/consumatori è fortemente concentrata sulla fine della corruzione e sul pagamento delle tasse.

    Quando si parla di sostenibilità, le multinazionali non sono gli unici attori coinvolti. Infatti, anche il Governo, le altre aziende e i singoli individui hanno un proprio ruolo da svolgere per contribuire alla costruzione di un mondo maggiormente sostenibile.

    Ipsos ha chiesto ai cittadini/consumatori di assegnare dei punti che riflettono la responsabilità di Governi, aziende e singoli individui nell'affrontare le questioni relative ad Ambiente, Società e Governance.

    Nel complesso, i cittadini/consumatori tendono a pensare che il governo abbia la maggiore responsabilità per ciascuno delle tre macro-aree indicate. Tuttavia, per quanto riguarda la tutela e protezione dell'ambiente, gli intervistati ritengono che il compito spetti maggiormente ad aziende e singoli individui.

    In merito al miglioramento della società, il governo è visto di gran lunga come l'attore più importante.

    Infine, i cittadini/consumatori non vedono un ruolo per se stessi nelle questioni relative alla Governance.

    f23 influenza
    Le risposte al questionario C sono orientate del tutto in modo analogo. L’87,23% del gruppo dei rispondenti pensa che le multinazionali e le grandi aziende influiscano sulla sostenibilità ambientale; solo una persona non era d’accordo, mentre il 10,64% non sa.

    Quanto alla modalità di questa influenza, le risposte aperte hanno indicato chiaramente la negatività quasi assoluta dell’impatto delle multinazionali.

    Citando risposte lucide e sintetiche, la maggior parte pensa alla loro negatività dovuta a:

    1. “non avere linee di produzione eco sostenibili nei loro stabilimenti produttivi”
    2. “non fare l'adeguato trattamento ai rifiuti e alle acque residuali”
    3. “scarsa partecipazione di responsabilità sociale nelle zone allocate” insomma “gli interessi economici delle grandi aziende e delle multinazionali prevalgono sull'intero ecosistema ambientale”.

    La letteratura in materia già da anni mostra attenzione su questo tema, affermando che nella globalizzazione economica, il peso politico ed economico delle imprese multinazionali è notevolmente accresciuto comportando dei benefici, come la crescita economica e tecnologica dei Paesi emergenti in cui operano, ma anche svantaggi tra cui l’eccessivo sfruttamento delle risorse ambientali, dovuto anche a sistemi politici e giuridici assai permissivi, finalizzati a sostenere nel loro territorio gli investimenti esteri di tali imprese10.

    f24 tassare
    Tra le misure concrete esemplari per dimostrare concretamente tale responsabilità è stata formulata una domanda sulla tassazione delle multinazionali: l’opinione dei rispondenti è molto chiara.

    Il 93,62% è d’accordo nel porre tassazioni ad hoc e il 6,93% non sa.

    Questi dati corrispondono anche alle opzioni identificate dalla rilevazione IPSOS di cui sopra, per la quale “pagare il giusto livello di tassazione” è la seconda priorità del gruppo dei rispondenti (41%), preceduta da “porre fine alla corruzione e alle tangenti” per il 64%.

    Rispetto a chi debba occuparsene, i vari interlocutori sono ritenuti tutti prioritari, con particolare enfasi su: regioni, governo nazionale e Commissione Europea.
    f25 chi deve

    Confrontando questi dati con il sondaggio IPSOS, il governo, le aziende e i cittadini consumatori hanno un ruolo da svolgere nella sostenibilità.

    Utilizzando le precedenti definizioni di "cittadino-consumatore", IPSOS ha chiesto ai cittadini-consumatori di assegnare dei punti che riflettano la responsabilità di governo, imprese e cittadini-consumatori nell'affrontare le questioni. Complessivamente, i cittadini-consumatori tendono a ritenere che il governo abbia la responsabilità maggiore nel proteggere l’ambiente, migliorare la società (compreso il trattamento dei dipendenti e della diversità, le condizioni di lavoro etc.), praticare il buon governo (ivi inclusa anche la strategia fiscale). Tuttavia, assegnano al governo un'importanza minore per quanto riguarda l'ambiente, condividendo il dovere con aziende e cittadini-consumatori. Quando si tratta di migliorare la società, il governo è considerato di gran lunga come l'attore più importante, con le aziende e i cittadini-consumatori che si dividono il resto del compito. D’altra parte i cittadini-consumatori non vedono un ruolo per loro nella governance aziendale.

    Passando poi alla parte propositiva e quindi riflettendo sulle possibili compensazioni, le risposte al quesito n.6 mostrano come tutti ritengano il problema di grande importanza (assenza di priorità basse 1 e 2) e la modalità principale per affrontarlo è superare l’approccio per settori e promuovere azioni di sistema. Per fare questo è ritenuto fondamentale sensibilizzare e promuovere una coscienza critica, ovvero aderire agli scopi della cittadinanza globale.
    f26 riequilibrare

     

    Cittadinanza globale e identità: tra global society e identità multiple in migranti

    Al questionario D hanno risposto 27 persone, di cui 21 non italiane.
    f27 paesi
    f28 nazionalità

    Il 59% sono donne e 41% uomini, per lo più collocati nella fascia d’età 36-50 (44%), come già successo per i gruppi A e B, seguita dalle fasce 26-35 (22,22%).

    Il titolo di studio più frequente è la laurea (62,96%), seguito a distanza dal diploma di scuola superiore (33,33%).

    Anche in questo gruppo, la maggior parte dei rispondenti è occupato full time (48,15%), seguito dal part-time nel 22,22% dei casi.

    Attività di volontariato sono svolte dal 44% del gruppo, mentre il 56% non è coinvolto.

    Il questionario D si basava sul presupposto che l’educazione alla Cittadinanza Globale si fonda sul fatto che le persone oggi vivono il processo di apprendimento in un contesto globale e, anche se in modo diseguale, interagiscono a livello planetario. In un mondo che è sempre più interdipendente, l’ECG promuove un senso di appartenenza alla comunità globale, un’idea di umanità comune condivisa tra le persone che coinvolge anche l’ambiente naturale. L’ECG comporta la necessità di allargare gli orizzonti educativi per individuare l’identità umana e la sua appartenenza al pianeta terra.

    L’ECG intende offrire a ciascun abitante del pianeta la possibilità di conoscere e comprendere, nel corso della sua vita, i problemi legati allo sviluppo globale e di declinare il loro significato a livello locale e personale, nonché di esercitare i propri diritti e le proprie responsabilità come cittadino di un mondo interdipendente e in costante evoluzione, contribuendo altresì al suo procedere verso una maggiore giustizia e sostenibilità.

    In questo senso di appartenenza a una comunità più ampia e a una comune umanità il gruppo di lavoro ha cercato di identificare i fattori che favoriscono o rendono difficile “l’essere cittadini globali” nella comunità migrante italiana, valutando così

    l’interdipendenza politica, economica, sociale e culturale e l’interconnessione tra il livello locale, nazionale e globale.

     

    Oltre ai quesiti che hanno coinvolto più gruppi di lavoro, alcune domande sono risultate peculiari di questo questionario.

    È stato richiesto se si sentissero parte della comunità in cui vivono.
    f29 partecipazione
    f30 cittadinanza

    La maggior parte (51,85%), partecipa alla vita di comunità sistematicamente o almeno qualche volta (33,33%) ed oltre il 40% fa parte di associazioni.

    Il senso di appartenenza come cittadini in questo questionario era particolarmente messo in evidenza. Di seguito le domande e risposte maggiormente esplicative in tal senso. Il senso di cittadinanza come italiano, del proprio paese d’origine o globale è espresso con priorità da 1 a 5 (massima priorità).

    Come si vede il senso di appartenenza come cittadini si manifesta particolarmente rispetto al proprio paese d’origine (70,37%), mentre la risposta meno frequente ed intensa è il senso di appartenenza alla cittadinanza globale (solo 29,63% dei rispondenti in priorità 5).

    Coerentemente le persone sentono la propria comunità di appartenenza locale e nazionale come quella più intensa, anche se il livello europeo è nettamente percepito. Ricordiamo che nel gruppo che ha risposto al questionario D ben 20 su 27 rispondenti non sono italiani.

    D’altra parte alcuni studi regionali, ad esempio quello commissionato dalla Consiglio Regionale della Basilicata all’istituto IXE11 in un campione di studenti universitari mettono in luce come la dimensione della cittadinanza sia percepita a livello globale e nazionale, molto meno a livello europeo e regionale.
    f31 livello

    Ma come ci si può sentire buoni cittadini? Quali sono i comportamenti riconosciuti come i più virtuosi?
    f32 comportamenti

    Il pagamento delle tasse è il comportamento ritenuto più virtuoso ed importante, segue l’obbedienza alle leggi e il voto alle elezioni. Importante anche vivere il proprio lavoro come contributo allo sviluppo della comunità.

    Meno rilevante è ritenuta l’appartenenza ad associazioni, anche se in questo gruppo ben 11 persone su 25 svolgono attività di volontariato, per lo più in ambito sociale.

    Se confrontiamo i nostri dati con un sondaggio del Pew Research Center fatto all'inizio del 201812, circa tre quarti degli americani (74%) hanno dichiarato che votare alle elezioni è molto importante per ciò che significa essere un buon cittadino, e circa sette su dieci hanno detto lo stesso riguardo al pagare le tasse (71%) e al seguire sempre la legge (69%).

    Oltre al voto, al pagamento delle tasse e al rispetto della legge, la maggioranza degli americani ha dichiarato che diverse altre caratteristiche sono molto importanti per una buona cittadinanza, tra cui rispettare le opinioni di chi non è d'accordo (61%).

    Una percentuale minore ha dichiarato che è molto importante per una buona cittadinanza che gli americani facciano volontariato per aiutare gli altri (52%), seguano ciò che accade nel governo e nella politica (49%) e protestino quando si ritiene che le azioni del governo siano sbagliate (45%).

    Come si vede la visione di un cittadino attivo porta di per sé a valori universalmente condivisi.

     

    Le risposte alle domande in comune fra i gruppi

    Pur essendo diverso il numero di domande in ciascun questionario, ci sono state 9 domande in comune fra alcuni dei questionari.

    Rispetto alle caratteristiche che potrebbero aver influenzato le risposte, ma per le quali daremo solo linee di tendenza senza calcolo di correlazione, otteniamo che:

    • Il genere è in maggioranza sempre femminile: le donne rappresentano il 71.4% del gruppo che ha risposto ai questionari.
    • In A, B, D la classe d’età prevalente è 36-50; in C, 18-25.
    • Il titolo di Studio prevalente è sempre la laurea, ma vede in C molti con il diploma, dato coerente con l’età più bassa.
    • L’orario di lavoro è in tutti per lo più full-time in presenza.
    • Riguardo all’attività di volontariato, abbiamo una prevalenza di sì nel questionario A, di no negli altri. Inoltre solo il 40,4% di italiani svolge attività di volontariato, contro il 56,25% dei non italiani.
    • La nazionalità in C vede una prevalenza netta di italiani, a differenza degli altri tre gruppi.

    Nel confronto fra conoscenza dei concetti di cittadinanza globale e sviluppo sostenibile, in 97 su 189 hanno detto di conoscere perfettamente (livello 5) cos’è lo sviluppo sostenibile (51.3% del gruppo di rispondenti), contro una percentuale del 19.1%, che conosce perfettamente il termine cittadinanza globale: una differenza di oltre 30 punti percentuali. Andando invece al valore 4, otteniamo un’equivalenza fra le due conoscenze.
    f33

    Se analizziamo il gruppo di rispondenti Italiani e non italiani, troviamo che il gruppo degli italiani presume di conoscere meglio cosa sia lo sviluppo sostenibile, mentre nel gruppo di stranieri la differenza tra conoscenza dell’educazione alla cittadinanza globale e allo sviluppo sostenibile è minore.

    Questo ci ha portato a desumere che la cultura circostante ed attuale favorisca la conoscenza del termine sostenibilità, piuttosto che quello di cittadinanza globale.
    f34
    f35

    A tale proposito in tre dei quattro gruppi era stato chiesto anche cosa s’intendesse per sostenibilità. Dai risultati13 emerge un andamento analogo per i tre gruppi, anche se nel gruppo A la risposta solo parzialmente corretta (opzione n.3) risulta frequente e vi compare anche la risposta sbagliata (n.2):

    Le risposte sono in maggioranza corrette e seguono lo stesso andamento, rispettando la definizione universalmente riconosciuta di sostenibilità, che risale al 1987 e si trova nel cosiddetto Rapporto Brundtland14 “Our common future”. Esso pone l’attenzione sui principi di equità intergenerazionale e intragenerazionale. Il rapporto identifica per la prima volta la sostenibilità, come la condizione di uno sviluppo in grado di “assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri”.
    f36 cosa si intende

    Le sfide più urgenti del cittadino globale, sono state ritenute in A i Diritti umani, in C l’Equilibrio ecologico, in D Pace e non violenza, dando in questo modo una risposta coerente con le priorità del questionario specifico.

    In realtà, come si vede dai grafici che seguono, pace e non violenza, diritti umani e giustizia sociale riportano sempre valori molto elevati, mentre sono ritenuti meno urgenti benessere ed equità economica, partecipazione democratica e integrazione culturale.

     

    Le sfide più urgenti del cittadino globale
    f38sfide

    Quanto all’importanza della formazione globale per i cittadini autoctoni o per quelli di origine immigrata si riscontrano i seguenti valori:

    Dall’andamento della curva, abbastanza simile tra i gruppi, si nota che sono quasi assenti i valori bassi: per tutti la formazione globale è estremamente importante. Troviamo in particolare che nel gruppo che ha risposto al questionario A, è massimamente importante (val 5) per cittadini immigrati, nel 68% dei casi e nel 74% per tutti i cittadini. Ciò avviene nel gruppo che ha risposto al questionario D rispettivamente per cittadini immigrati nel 78% dei casi e nell’81% dei casi per tutti i cittadini.
    f39importanza

    Una domanda chiedeva quale degli approcci formativi venisse più frequentemente impiegato all’interno delle aule scolastiche. Pertanto era stato richiesta un’opinione su quale approccio fosse, a parere del rispondente, maggiormente utilizzato a scuola, tenendo in considerazione che l’Agenda 2030 richiama costantemente ad un approccio sistemico. Questi i risultati alla domanda Secondo lei nei sistemi scolastici e formativi che conosce quale approccio viene privilegiato?
    f39 formazione

    Come si vede la risposta differisce completamente nei tre gruppi. Nel gruppo del questionario C, dove la maggioranza sono italiani, più giovani, si ritiene che l’approccio più frequente sia quello settoriale e non sistemico. Negli altri due gruppi si ritiene che siano utilizzati entrambi o che addirittura prevalga quello globale, ma la frequenza nelle aule scolastiche italiane, in questo caso è meno recente o, forse, più orientata dalle nazionalità d’origine.

    Altra domanda comune ai tre gruppi è stata la seguente: Diventare cittadino globale e acquisire le relative competenze secondo lei è un compito che si realizza….

    Il gruppo D differisce dagli altri 2: sembra più importante realizzare la cittadinanza globale nella propria comunità di riferimento, mentre per gli altri in quella allargata. D’altra parte il questionario D si rivolgeva proprio ad indagare lo sviluppo di identità multiple entro le proprie comunità di riferimento.
    f40 ECG

    Andando ad indagare nei gruppi A e D i principali ostacoli per l’accesso all’istruzione e all’educazione alla cittadinanza globale per migranti e rifugiati, emergono i seguenti dati:
    f40dati

    Nel gruppo A, come è stato già illustrato in precedenza, gli ostacoli più rilevanti risultano essere stereotipi e pregiudizi e barriere legali, mentre “sostegno psicosociale insufficiente” o “perdita di status legale per i maggiorenni migranti” sono ritenuti meno prioritari.

    Anche nel gruppo D l’incidenza degli stereotipi e dei pregiudizi è ritenuta particolarmente importante insieme, però, ad un sostegno psico-sociale insufficiente. Barriere legali, aspetti amministrativi e burocratici e limitate opportunità per gli adolescenti sono ritenute ugualmente rilevanti nel gruppo D, seguono la perdita dello status legale ai 18 anni e la mediazione interculturale, che invece nel gruppo A aveva maggiore rilevanza.

     

    NOTE
    1 Pierre Bourdieu, La distinzione. Critica sociale del gusto, 1979, ed. italiana: Il Mulino, 2001.
    2 UNESCO Global Education Monitoring (GEM) Report Team, Migrazioni, spostamenti forzati e educazione: costruire ponti e non muri, 2019, p.11 della versione italiana, disponibile su: http://unescoblob.blob.core.windows.net/pdf/UploadCKEditor/Sintesi%20del%20Rapporto-%20versione%20italiana11.pdf
    3 Riportiamo per tutti i questionari, i dati sulla nazionalità del gruppo di rispondenti, dal momento che per le prospettive emica ed etica sopra richiamate è un dato interessante.
    4 Giovanna Mascheroni, Marium Saeed, Marco Valenza, Davide Cino, Thomas Dreesen, Lorenzo Giuseppe Zaffaroni e Daniel Kardefelt-Winther, La didattica a distanza durante l’emergenza COVID-19: l’esperienza italiana, UNICEF Rapporto di ricerca, Febbraio 2021, p.16. Disponibile su: https://www.unicef-irc.org/publications/pdf/la-didattica-a-distanza-durante-l%E2%80%99emergenza-COVID-19-l'esperienza-italiana.pdf
    5 Ibidem, p. 17
    6 Ibidem, p.12.
    7 Stefano Vicari e Silvia Di Vara (a cura), Bambini, adolescenti e Covid-19, L’impatto della pandemia dal punto di vista emotivo, psicologico e scolastico, Erikson, 2021. Con i contributi di V. Lingiardi, D. Lucangeli, N. Perini, G. Stella, D. Ianes, R. Bellacicco, A. Sansavini, E. Trombini, A. Guarini e altri
    8 Kids’ Digital lives in Covid-19 Times (KiDiCoTi) è un progetto promosso nella primavera del 2020 dal Joint Research Center (JRC) della Commissione Europea, che ha coinvolto 26 centri di ricerca in 15 paesi europei e il centro di ricerca dell’Unicef. https://publications.jrc.ec.europa.eu/repository/bitstream/JRC124034/kidicoti_online_risks_tech_report_20210209_final_1.pdf
    9 Jason McGrath and Trent Ross, How Multinational Corporations can lead the Way on Sustainability, IPSOS 2021
    https://www.ipsos.com/sites/default/files/21-08-57_HowMulti_pov_v2.pdf
    10 Giulio Peroni e Caterina Migani, La responsabilità sociale dell’impresa multinazionale nell’attuale contesto internazionale, in: IANUS n.2-2010. https://www.rivistaianus.it/numero_02-03/09_Peroni_Migani.pdf
    11 Consiglio Regionale della Basilicata, Indagine sul rapporto tra enti regionali e cittadini. IXE, Aprile 2020, https://www.consiglio.basilicata.it/consiglio-api//file/1092/237682
    12 PEW Research Center, The Public, the Political System and American Democracy”, Rapporto 26 aprile 2018 https://www.pewresearch.org/politics/2018/04/26/the-public-the-political-system-and-american-democracy/
    13 Nei grafici che seguono, dovendo comparare tre gruppi con una differente composizione numerica di partecipanti, i valori sono stati indicati in percentuale.
    14 https://www.unicas.it/media/2732719/Rapporto_Brundtland_1987.pdf

     

    04presentazione

     

    Sulla metodologia della ricerca: perché parliamo di ricerca-azione?

    pdfLa metodologia della ricerca è un aspetto che ci preme sottolineare perché è parte integrante della proposta.1 Questa infatti prevedeva esplicitamente che i partecipanti sarebbero stati chiamati “a sperimentare concretamente la metodologia e le tecniche della ricerca-azione, al fine di produrre esiti utili ad essere presentati e condivisi con la comunità accademica, e non solo, in materia di educazione alla cittadinanza globale”.

    Su questo tema è necessaria una precisazione che riguarda, da un lato, la metodologia partecipativa che è stata utilizzata con i partecipanti alla ricerca (gli aderenti al programma STRONG) e che li ha portati a sperimentare un cambiamento delle proprie competenze e delle relazioni (prima tra di loro e poi con le persone coinvolte); dall’altro lato riguarda la metodologia adottata dai partecipanti nella ricerca sul campo nei confronti delle persone coinvolte e intervistate nei diversi ambiti.

    Nel primo caso l’accompagnamento del gruppo unisce la proposta e la condivisione teorica alla sperimentazione pratica. Nel secondo caso dobbiamo limitarci questa volta a registrare i risultati delle interviste effettuate e ad elaborarli. Da qui il processo potrebbe continuare se, sulla base dei risultati raggiunti, i partecipanti alla ricerca fossero disponibili ad individuare i passi successivi necessari e – a partire dalla “restituzione” agli intervistati dei risultati stessi – ad avviare processi partecipativi rivolti a determinare un cambiamento delle situazioni date riscontrate.

    I tempi del nostro percorso non ci hanno permesso di sapere se e come potranno esserci sviluppi di questo percorso, dal momento che l’attività si è svolta in una situazione di formazione accademica, in cui tutti i partecipanti hanno alternato questa attività con altre attività lavorative e di cura familiare.

    Durante il tempo pianificato, d’altro canto, l’attenzione e l’attività dei/delle partecipanti si è concentrata prevalentemente sulla realizzazione e la somministrazione dello strumento di rilevazione, il questionario, nelle sue diverse articolazioni, e l’unica occasione di restituzione effettuata è stata al pubblico che ha partecipato all’evento di presentazione della Ricerca il 23 ottobre 2021 (docenti, studenti ed ex studenti della Facoltà di Scienze Sociali, membri di associazioni partner del Programma STRONG).

    Un altro elemento da considerare riguarda poi le diverse modalità di somministrazione dei questionari stessi, avvenuta sia in presenza sia a distanza. Oltre che attraverso relazioni faccia a faccia, le interviste sono state infatti realizzate per telefono o online, in tempo reale; in altri casi i questionari sono stati inviati via e-mail o consegnati a mano e poi ricevuti o ritirati già compilati, senza una relazione diretta con l’intervistatore/trice. Rispetto ad una eventuale restituzione dei risultati queste differenze rappresenterebbero certamente un limite, dal momento che le diverse modalità di somministrazione sono state utilizzate da tutte/i le/ ricercatrici/tori, in diversi contesti territoriali.

    L’esperienza è risultata comunque generalmente positiva sul piano di un apprendimento e di una maturazione sul tema.

    A questo proposito è perciò utile richiamare e sottolineare gli obiettivi trasformativi che la metodologia della ricerca-azione si propone.

    Nel nostro caso, lo ribadiamo, affinché si diffonda una educazione alla cittadinanza globale c’è la necessità di una trasformazione culturale; la necessità di cambiare gli occhiali con i quali guardare regole e potenzialità della convivenza tra diverse culture ed esperienze; la necessità di praticare un dialogo permanente che superi i confini del proprio… cortile e che aiuti a tenere gli occhi aperti al mondo.

    È un atteggiamento che nelle generazioni più giovani, nei bambini e nelle bambine, troviamo naturale. Lo abbiamo riscontrato anche nel corso della ricerca condotta. Negli adulti, spesso lo è meno, ma può diventare frutto di esercizio e di apprendimento.

    Per questo motivo la metodologia della ricerca-azione è risultata efficace: apre al confronto diretto, al dialogo e dunque crea una relazione peer to peer tra il/la ricercatore/trice e coloro che vengono coinvolti/e nella ricerca stessa: nessuno e nessuna è oggetto, usato per fini noti solo a chi fa ricerca, e si viene coinvolti direttamente in un processo di cambiamento. A partire da un cambiamento prima di tutto culturale, la ricerca-azione può portare (e in molti casi ha effettivamente portato) a mutamenti di contesti, al raggiungimento di obiettivi concreti diventati comuni proprio grazie al coinvolgimento di un numero sempre più ampio di persone che si sono assunte la responsabilità e l’iniziativa del cambiamento stesso. Tutto questo a partire dai concreti contesti di vita e di lavoro delle persone, dal loro livello culturale e di consapevolezza di sé e del mondo.

    Nell’invito a partecipare era scritto: “l’obiettivo della ricerca sarà quello di produrre un report nel quale i/le partecipanti relazioneranno sullo stato dell’educazione alla cittadinanza globale che avranno riscontrato nei contesti da loro individuati e scelti per l’osservazione e sulle azioni concrete da proporre per contribuire a promuoverla”. Coerentemente con la necessità di promuovere educazione alla cittadinanza globale si sono anche identificati i destinatari del rapporto di ricerca: scuole, Enti Locali, Ong, da individuare al termine del processo che avrà visto “i partecipanti alla ricerca – essi stessi cittadini e cittadine globali – [divenirne] protagonisti e attori”.

    Questo rapporto rappresenta proprio questo prodotto annunciato, ma per coloro che hanno accompagnato la ricerca il prodotto più importante è stato il processo realizzato che qui cercheremo di restituire accanto ai risultati ottenuti.

    È stato un processo a volte non lineare ma che ha rappresentato, per chi vi si è coinvolto/a, una forte opportunità di promozione culturale e sociale e il consolidamento sulla tematica al centro della ricerca. Se, infatti, si vuole favorire in chi ci sta intorno l’apertura al mondo e ad una visione globale della cittadinanza, occorre che chi propone questo processo di cambiamento sia disposto/a a realizzarlo in prima persona e a incarnarlo in modo esplicito in modo che la curiosità e la passione della ricerca divengano capaci di superare muri e confini.

    Questo risultato risulta esplicito dai commenti delle e dei partecipanti che sono stati raccolti nella fase conclusiva della ricerca.

     

    L’avvio della ricerca

    Le proposte delineate nel progetto di ricerca sul tema “Cittadine e cittadini di un mondo equo, sostenibile e solidale” hanno chiamato in causa studenti dell’Angelicum, in particolare della laurea triennale in scienze sociali e del corso professionale in Management delle organizzazioni del terzo settore. Si è rivolto prioritariamente ai partecipanti al progetto STRONG, anche se le iscrizioni sono state comunque aperte anche ad altre studentesse e studenti dei due percorsi formativi, con una preferenza per soggetti originari di altri paesi e residenti sul territorio locale. La partecipazione alla ricerca dava diritto a 3 crediti formativi.

    L’avvio del gruppo e del lavoro di ricerca ha previsto la predisposizione di una sintesi illustrativa della tematica al centro della ricerca, l’approccio metodologico e la calendarizzazione degli incontri; la condivisione e approvazione del programma di massima e validazione della scheda da inviare alle/gli allieve/i e che queste/i hanno compilato. Queste informazioni sono state inserite sulla piattaforma didattica.

    Le domande di partecipazione sono state raccolte nel mese di febbraio (dal 2 al 13 febbraio 2021): 14 studenti del programma STRONG (11 del corso di laurea triennale e 3 del corso in management) hanno presentato la candidatura e sono entrati a far parte del gruppo di ricerca. Una di loro si è poi ritirata dopo i primi due incontri per motivi di lavoro.

    L’obiettivo della ricerca era quello di produrre un rapporto nel quale i/le partecipanti riferissero sullo stato dell’educazione allo sviluppo globale che avevano riscontrato nei contesti da loro individuati e scelti per l’osservazione e sulle azioni concrete da proporre per contribuire a promuoverla.

    Fin dal principio si era ipotizzato che se i risultati della ricerca fossero stati qualitativamente interessanti e utili proprio ai fini della promozione dell’educazione allo sviluppo globale, si sarebbe potuto pensare ad una pubblicazione, che potesse risultare utile agli attori del settore.

    In questo modo fin da subito si era immaginato che i partecipanti alla ricerca – essi stessi cittadini e cittadine globali – ne divenissero protagonisti e attori.

     

    Le piste di ricerca proposte

    La proposta di ricerca offriva quattro piste differenti:

    1. una ricerca-azione sociale mirata a persone impegnate in ambito di educazione formale e non formale sui temi connessi alla cittadinanza globale sopra elencati. Il settore della cittadinanza globale è molto ampio e ricomprende competenze legate alla narrazione e alla co-progettazione. L’approccio della ricerca-azione permetterà di identificare diversi profili di educatori o attivisti che adottano i principi dell’Educazione alla cittadinanza globale.
    2. un censimento territoriale relativo al territorio di appartenenza e lavoro delle ricercatrici e dei ricercatori, teso a rilevare associazioni, gruppi o istituzioni attivi su temi dell’ECG. La realizzazione del censimento sarebbe un contributo al costituendo Osservatorio per l’educazione alla cittadinanza globale che vuole porsi come strumento applicativo rispetto alla Strategia di educazione alla cittadinanza globale varata dal CICS nel giugno 2021.
    3. la costruzione di piani d’azione locali. La Strategia di educazione alla cittadinanza globale, tra le sue raccomandazioni, indica la creazione di piani di azione locale - come ad esempio quello sviluppato dalla Regione Marche che ha portato al varo della Legge Regionale menzionata precedentemente – che permettano di creare sistemi locali, che portino alla definizione di processi e indicatori di monitoraggio.
    4. una survey nelle scuole superiori, per verificare se e come la programmazione multidisciplinare abbia preso in considerazione l’Educazione alla cittadinanza globale. La legge 92 del 20/08/2019 ha introdotto l’Educazione Civica in ogni grado della scuola a partire dal settembre 2020. Tuttavia, l’educazione alla cittadinanza globale è rimasta parzialmente fuori dalle linee guida applicative della suddetta legge ed adesso si apre un interessante percorso per le possibilità di verificare come sia stata effettuata la programmazione all’interno del sistema di educazione formale. Verranno somministrati questionari a dirigenti scolastici, docenti e studenti, anche tramite interviste skype o via e-mail.

     

    Il percorso

    Lo svolgimento del lavoro del gruppo di ricerca ha naturalmente dovuto tener conto dell’andamento della pandemia e del prolungamento delle restrizioni al lavoro in presenza. Per questo motivo gli incontri formativi sono stati condotti a distanza. Sono state svolte 24 ore di docenza divise in 7 incontri condotti da Paola Berbeglia e Soana Tortora da marzo a ottobre. A questi se ne sono poi aggiunti due in presenza nel mese di ottobre, alla vigilia dell’evento di presentazione della ricerca con i componenti dei diversi gruppi di lavoro.

    In vista degli incontri, è stato chiesto alle/i partecipanti di compilare una scheda di rilevazione2 che, oltre a fornire elementi conoscitivi di base, fornisse anche elementi utili a tracciare un profilo personale/professionale e di vita di ciascuno/a. Questo strumento è stato più che utile in una situazione in cui non era possibile agire relazioni informali di reciprocità che potessero condurre ad una conoscenza più approfondita. Come già specificato, infatti, i gruppi di lavoro si sono incontrati a distanza e, tra un incontro e l’altro, i/le componenti il gruppo di ricerca erano chiamati/e a lavorare negli ambiti, con le metodologie e gli strumenti individuati e concordati negli incontri stessi.

     

    I profili dei partecipanti

    Le partecipanti donne sono state la netta maggioranza (12 su 14). L’età, invece è stata molto varia (dai 22 ai 68 anni, con una età media di 42 anni), come vari sono i paesi di provenienza, in rappresentanza di 4 continenti (America Latina: Argentina, Bolivia, Brasile, Perù); Africa: Angola, Ciad, Gambia, Rwanda; Europa: Italia, Romania, Ucraina; Asia: Filippine).

    I motivi dell’ingresso in Italia sono essenzialmente due: lavoro e studio, ma in due casi il motivo è stata la richiesta di asilo. I livelli d’istruzione sono decisamente alti: diploma o laurea ma il lavoro, per chi ce l’ha, non corrisponde al titolo e, trattandosi per lo più di donne, le professioni di cura sono in maggioranza (infermiere, badanti, attività con bambini, …). Occupate o no, il volontariato è una delle attività costanti. Notevoli capacità e vocazioni relazionali e di mediazione interculturale, ampio spazio riservato alla formazione (anche in chi ha un’occupazione) ma anche, nel tempo libero, forte interesse per attività culturali (lettura, fotografia, visite culturali, viaggi, …).

     

    I temi e lo svolgimento degli incontri

    I primi incontri sono stati introduttivi al lavoro vero e proprio di ricerca sul campo.

    Nel primo incontro (6 marzo) è stato posto l’accento sulla “presa in carico” del tema della ricerca e della metodologia, in ordine agli obiettivi dell’ECG.

    La metodologia della ricerca-azione richiedeva che i partecipanti si impegnassero nella co-progettazione della ricerca stessa e dei suoi strumenti affinché, in qualità di ricercatori, si sentissero direttamente coinvolti e protagonisti di un processo di educazione alla cittadinanza globale che doveva essere agito nel concreto dei contesti di vita di ciascuno/a di loro.

    L’incontro aveva proprio, come titolo generale “Essere protagonisti della ricerca” e per stimolare le singole soggettività, il primo passo è stato partire dalle motivazioni che avevano mosso ciascuna/o di loro a rendersi disponibili al percorso di ricerca.3

    Nella figura che segue viene presentata una sintesi delle motivazioni espresse sulla jamboard, poi approfondite in un confronto molto partecipato. Le motivazioni espresse andavano dalla curiosità per un tema poco noto alla percezione di poter finalmente esplorare un terreno che rispecchiava la propria condizione di cittadina/o globale e nel quale già si aveva… cittadinanza:

    “Perché appartengo e mi sono emozionata al rivedermi dentro di tante questioni/temi come attore ed utente. Quindi credo che posso contribuire ad un cambiamento globale in modo concreto e svilupparmi crescendo/migliorando insieme ad altre”.

    In tutte/i la consapevolezza questo processo avrebbe avuto una forte valenza formativa e avrebbe contribuito a qualificare il proprio impegno sociale nella comunità di vita e di lavoro:

    “Imparare e potere dare il meglio di me nella vita sociale. Penso che sia importante diffondere delle buone pratiche di cittadinanza attiva, affinché ognuno di noi possa contribuire alla società. E per questo motivo credo sia importante studiare e condurre una ricerca approfondita sul tema della cittadinanza”.

    introduzione01

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

    Figura 1 - Jamboard

     

    Questo primo momento ha creato le condizioni per entrare nel merito dei contenuti e della metodologia della ricerca attraverso alcuni passaggi successivi:

    1. La presentazione dei temi della ricerca e come diventare protagonisti dell’ECG. A questo proposito sono stati ricordati gli obiettivi dell’ECG e i temi a questa connessi4;
    2. La co-progettazione della ricerca al fine di comprendere e agire l'ECG nel concreto dei nostri contesti. Sono state presentate le caratteristiche della metodologia della co-progettazione e della ricerca-azione, una metodologia interattiva e partecipativa di ricerca, ed è stato offerto e illustrato uno strumento - utilizzato in altre occasioni formative in progetti europei e nazionali - che ne facilitasse la comprensione. introduzione02

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

    1. La scelta delle piste di ricerca e la composizione dei gruppi di lavoro. Diventare soggetti attivi della ricerca-azione inizia con la scelta delle piste di ricerca e la composizione del team di ricerca. Ancora una volta è stato fatto ricorso alla jamboard in modo che il confronto tra le/i partecipanti non precedesse l’opzione personale di ciascuno con il risultato di influenzarla o di sostituirsi ad essa. Le/i partecipanti hanno espresso le proprie opzioni prevalentemente su tre delle quattro piste di ricerca, escludendo quella sulla creazione di piani d’azioni locali che avrebbe comportato un lavoro sicuramente più complesso e troppo lungo rispetto al tempo dato. Sulle altre tre piste di lavoro le motivazioni addotte per le scelte individuali suggerivano articolazioni tematiche specifiche, legate alle esperienze e ai contesti nei quali le/i partecipanti erano inseriti. Una volta scelta la pista di lavoro sulla quale ciascuno/a avrebbe concentrato la ricerca, è stato anche chiesto loro di lavorare in gruppo e specificamente nel gruppo nel quale altri/e partecipanti avevano indicato la stessa opzione.

    Ciò ha significato la formazione di quattro gruppi di lavoro5 che avevano come riferimento: la ricerca-azione sociale, il censimento territoriale come contributo alla realizzazione dell’Osservatorio per l’educazione alla cittadinanza globale e l’introduzione dell’Educazione alla Cittadinanza globale all’interno dei nuovi programmi dell’educazione civica a partire dalla realizzazione di una survey per le scuole superiori.

    Gli obiettivi prioritari del lavoro di gruppo erano essenzialmente due:

    1. Identificare il contesto nel quale condurre la ricerca e delimitare i confini della ricerca stessa e le persone da coinvolgere;
    2. Costruire uno strumento di indagine attraverso il quale avvicinare e intervistare/coinvolgere le persone individuate come interessanti per la pista tematica della ricerca.
      Su entrambi è stato fondato il primo lavoro delle/i partecipanti “in autonomia” in vista del secondo incontro e in qualche modo propedeutico a quello: è stato chiesto loro, da un lato, di sperimentarsi in un esercizio di “intervista a coppie” cui sottoporsi e da rivolgere ad un/a collega preferibilmente del proprio gruppo; dall’altro di iniziare a pensare a chi coinvolgere, nel proprio contesto di vita e di lavoro, nella ricerca.

    L’esercizio aveva una doppia valenza:

    1. sperimentarsi nel ruolo di “intervistatori/trici” e confrontarsi – anche con il/la collega - per analizzare modalità efficaci, correggere limiti e ostacoli (anche linguistici) nella relazione con la persona intervistata;
    2. riconoscersi come “risorsa attiva” della ricerca e mettere in luce persone e gruppi che, nel proprio contesto avrebbero potuto essere coinvolti. Una sorta di banca-dati iniziale, che sarebbe stata utile a velocizzare il lavoro di tutto il gruppo.

    A questo scopo è stata fornita dalle docenti una scheda di rilevazione6 ed è stato chiesto ai/lle partecipanti di prendere contatto con un/a collega per formare la propria “coppia” e di pubblicare sulla piattaforma le schede compilate (entro sabato 27 marzo).

    Nel secondo incontro (10 aprile) sono stati analizzati i risultati delle interviste a coppie sotto i due aspetti che ne avevano motivato la realizzazione ed è quindi stata discussa l’articolazione dei temi delle tre piste di ricerca individuate. In particolare l’interesse si è concentrato su quattro nuclei tematici: educazione nei confronti di adolescenti migranti e rifugiati, istruzione scolastica primaria in epoca pandemica, sfida ecologica, identità multiple e sulla tipologia dello strumento di rilevazione.

     

    Il piano di lavoro prevedeva:

    • entro il 24 aprile: i quattro gruppi di lavoro – così come si erano formati al termine del 1° incontro – si sarebbero incontrati, anche se a distanza, per scambiare le prime ipotesi riguardanti il merito e quali obiettivi specifici delle varie articolazioni della ricerca;
    • entro il 10 maggio: fare un’ipotesi di domande da sottoporre e a chi; decidere dunque quali persone o gruppi intervistare; quali modalità scegliere (viste le restrizioni ancora vigenti…);
    • entro il 15 maggio: sulla base del lavoro svolto dai gruppi, Paola Berbeglia e Soana Tortora avrebbero elaborato una prima bozza di strumento che sintetizzasse il lavoro svolto e che avrebbe consentito di iniziare le attività di rilevazione sul campo.

    I quattro gruppi di ricerca avrebbero elaborato e utilizzato ciascuno lo strumento di un questionario semi-strutturato, con una parte (anagrafica) comune a tutti i gruppi e una parte specifica con domande chiuse e aperte.

    Le schede di rilevazione che ciascun gruppo si era impegnato ad elaborare hanno in parte accolto le piste di lavoro e le metodologie indicate (la ricerca- azione, il censimento territoriale, l’introduzione all’Educazione alla Cittadinanza Globale in riferimento ai nuovi programmi di Educazione civica). Diciamo in parte perché i vincoli imposti dal Covid-19 hanno limitato sia i percorsi di ricerca-azione, sia l’ampiezza di un vero e proprio censimento territoriale, sia il target dei possibili intervistati. Ciò ha significato che i temi e le aree territoriali nelle quali si è realizzata la ricerca sono stati quelli ai quali le ricercatrici e i ricercatori avevano più facile accesso, soprattutto per relazioni di prossimità e dunque i temi al centro degli strumenti di rilevazione sono stati così declinati rispetto ai quattro gruppi di lavoro:

    A) Cittadini migranti del mondo globale: la sfida di educare adolescenti migranti e rifugiati
    B) Scuola elementare e educazione a distanza in tempo di Covid 19
    C) Cittadinanza globale: coscienza ecologica e ambientale
    D) Cittadinanza globale e identità: tra global society e identità multiple in migranti

    Monitorando l’effettivo rispetto delle scadenze e l’effettivo svolgimento dei compiti concordati, si è condiviso il parere di far slittare l’incontro del 16 maggio al 29 dello stesso mese. Entro quella data ogni partecipante si sarebbe impegnato/a a realizzare e a consegnare le prime due o tre interviste.

    Il terzo e quarto incontro (29 maggio e 3 luglio) sono serviti, di fatto, a mettere a punto i questionari e ad organizzare l’avvio delle interviste. Il compito assegnato era chiaro e limitato: ciascun gruppo doveva raccogliere un numero di risposte che si aggirava attorno a 30. Non era prevista la definizione a priori di alcun campione ma ai/lle partecipanti è stato chiesto di attivare la propria rete di relazioni. Il campione non è stato infatti statisticamente rappresentativo, laddove è invece significativo in relazione alle reti esistenti intorno ai ricercatori. È infatti stata adottata la già citata prospettiva emica.

    È stato un lavoro a volte faticoso, anche perché la maggior parte dei/lle partecipanti era impegnato in attività lavorative e il tempo, libero da impegni e turni professionali e familiari, in alcuni casi era davvero ridotto. Gli stimoli erano e sono effettivamente stati molti e il compito di chi – a quel punto – poteva soltanto accompagnare dall’esterno l’attività dei/lle ricercatoti/trici è stato essenzialmente quello di spronare ad arrivare ad un risultato che consentisse un’elaborazione corretta ai fine della presentazione della ricerca, fissata al 23 ottobre.

    Il quinto incontro (11 settembre) aveva essenzialmente l’obiettivo di cominciare ad organizzare l’elaborazione dei dati raccolti, inserirli in matrici preparate appositamente ed iniziare ad analizzarli.

    Anche qui i tempi fissati sono slittati e i questionari compilati – in numero decisamente superiore al previsto – sono arrivati con tempi dilazionati e differenziati, tanto che non è stato possibile iniziare la loro elaborazione per gruppi di ricerca perché non completi. Così, per abbreviare i tempi e assicurare una corretta lettura e interpretazione, le stesse docenti hanno provveduto all’inserimento dati su fogli Excel.

    Questa fase avrebbe dovuto rappresentare un ulteriore momento di apprendimento della metodologia della ricerca, da parte degli “apprendisti ricercatori” ma la scadenza incombente della presentazione della ricerca alla fine di ottobre in corrispondenza con l’inizio del nuovo anno accademico ha reso impraticabile qualsiasi altra soluzione. Solo Gabriela Torres Barbosa ha espressamente dichiarato di essere disponibile a partecipare all’inserimento dei dati e si è incaricata di collaborare all’inserimento di quelli del proprio gruppo di lavoro.

    Il sesto incontro (9 ottobre) aveva essenzialmente due obiettivi:

    1. analizzare i risultati che emergevano a mano a mano dall’elaborazione dei questionari compilati a cura dei diversi gruppi di lavoro;
    2. organizzare gli interventi dei gruppi di lavoro per la presentazione del 23 ottobre.

    Quest’attività non è stata completata nella sessione on line e sono stati pertanto organizzati due incontri extra, in presenza, con i partecipanti disponibili di ciascun gruppo.

    Per tutta la durata della ricerca le docenti hanno riarticolato la pianificazione delle sessioni sulla base dell’andamento del lavoro, dei bisogni e delle domande emerse. Molte ore aggiuntive si sono rese necessarie per interventi di sostegno a singoli e gruppi di lavoro durante il percorso di ricerca. Fino al giorno di presentazione del lavoro i partecipanti hanno fatto pervenire alle docenti i materiali elaborati in forma di bozze e un diario di bordo con le azioni svolte (individualmente e come gruppo).

     

    Gli strumenti

    L’interesse degli studenti - come si è detto - si è concentrato in particolare su quattro nuclei tematici: educazione nei confronti di adolescenti migranti e rifugiati, istruzione scolastica primaria in epoca pandemica, sfida ecologica, identità multiple.

    Ne sono derivati quattro questionari con una parte comune iniziale, basata principalmente su dati anagrafici e sul rilevamento di variabili quali il luogo di vita, la professione e i relativi orari di lavoro, le attività volontarie, le competenze linguistiche. Sono state qualitativamente aggiunte due domande di auto-valutazione di conoscenza su sviluppo sostenibile e cittadinanza globale, in scala di Likert.

    Il gruppo che ha lavorato sul Questionario A dal titolo Cittadini migranti del mondo globale. La sfida di educare adolescenti migranti e rifugiati ha elaborato un questionario breve, con 9 domande aggiuntive alle 10 introduttive comuni iniziali. L’oggetto principale di analisi, suddiviso in semplici domande, si è concentrato sugli ostacoli più rilevanti da superare per l'accesso all’istruzione. Inoltre sono stati indagati i contenuti più importanti utili ad una pianificazione educativa in relazione all’identità migrante, anche a seguito delle indicazioni derivanti dall’Enciclica Fratelli tutti.

    Il questionario B, intitolato Scuola elementare e l’educazione a distanza in tempo di COVID 19 era composto da 29 domande oltre alle 10 iniziali e comuni. Aveva come obiettivo quello di indagare come fosse cambiato il rapporto dei bambini e delle bambine fino dai 5 agli 11 anni, con il mondo esterno e scolastico, a seguito della pandemia e come la concezione di genitorialità fosse mutata e come questo avesse influito sull’educazione dei bambini. L’ipotesi era quella che si sarebbero rilevati cambiamenti in senso positivo e negativo, possibili soluzioni alla sfida educativa, messa in campo a seguito dell’aumento della formazione a distanza. Contenutisticamente, veniva messa in rilievo la percezione di globalità in epoca di scuola primaria.

    Il questionario C, dal titolo Cittadinanza globale, coscienza ecologica e ambientale, era composto da 11 domande, oltre le 10 iniziali, principalmente incentrate sullo sviluppo del senso di responsabilità in senso ecologico e ambientale. Il riequilibrio fra economia ed ambiente in ottica di sostenibilità, gli attori e le responsabilità principali nella percezione degli intervistati sono stati l’oggetto d’indagine. Alcune ipotesi di soluzioni in ottica di giustizia riparativa sono state sottoposte al giudizio dei rispondenti.

    Il questionario D dal titolo Cittadinanza globale e identità: tra global society e identità multiple in migranti si è invece soffermato principalmente sull’assunto iniziale che l’Educazione alla Cittadinanza Globale si fonda sul presupposto che le persone oggi vivono il processo di apprendimento in un contesto globale e, anche se in modo diseguale, interagiscono a livello planetario dovendosi occupare al contempo di Natura e Cultura, in un mondo sempre più interdipendente. L’ECG ha il compito di promuovere un senso di appartenenza alla comunità globale, un’idea di umanità comune condivisa tra le persone che coinvolge anche l’ambiente naturale, esercitando i propri diritti e le proprie responsabilità di cittadino di un mondo interdipendente e in costante evoluzione, contribuendo altresì al suo procedere verso una maggiore giustizia e sostenibilità.

    Come si può vedere, tutte le tematiche prescelte e rielaborate dagli studenti con l’aiuto delle docenti, avevano una forte valenza personale ed autobiografica, ma proiettata in ottica di cittadinanza e responsabilità glocali.

     

     

    NOTE
    1 Tortora S. “La metodologia utilizzata”. In: Cavallaro C., Tortora S. Innovazione e integrazione territoriale per economie sostenibili e solidali, La Spezia 2014. https://www.solidariusitalia.it/wp-content/uploads/2022/04/PUBBLICAZIONE-La-Spezia-COMPLETA-PER-SITI.pdf
    2 Vedi l’Allegato 1.
    3 Per favorire una relazione interattiva su un passaggio così importante, era necessario utilizzare strumenti che provocassero un intervento diretto e un interesse da parte di tutte/i. Per questo è stato utilizzato uno strumento facilmente accessibile on line (jamboard).
    4 Definizione, obiettivi e temi dell’ECG sono già stati illustrati nel contributo introduttivo di Paola Berbeglia.
    5 I gruppi di lavoro sono stati così composti: A) Barbeline Ishimwe, Eliodora Libuit Olan, Ana Maria Ilagan, Susana Mamani; B) Maria Cecilia Caceres Siguas, Nehad Awad, Gabriela Torres Barbosa, Yulia Kichenko; C) Camis Dagui, Angela Martinca, Josefa Trindade. D) Uliana Bloshchynska, Carolina Vanessa Rodriguez Feltan e Sulayman Sanno.
    6 Vedi Allegato 2

    02educazione

     

    Il significato, la nascita del concetto e la sua estensione cronologica e geografica

    pdfIn una società in rapida trasformazione è sempre necessario rinnovare pratiche e saperi, soprattutto in ambito educativo. Una delle interessanti sfide a cui, a livello planetario, siamo oggi chiamati a rispondere, è quella di ridisegnare il quadro entro cui si sviluppano le competenze di educazione globale. Ma che cos’è l’Educazione alla Cittadinanza Globale?

    Il termine inglese global citizenship education indica i contenuti di una forma di educazione oggi considerata essenziale (OCSE1, WEF 20182), per permettere la maturazione di competenze globali.

    La competenza globale è definita in OCSE PISA 20183 come una capacità multidimensionale che comprende:
    1) esaminare questioni di rilevanza locale, globale e culturale;
    2) comprendere e apprezzare le prospettive e le visioni del mondo degli altri;
    3) impegnarsi in interazioni aperte, appropriate ed efficaci tra le culture;
    4) agire per il benessere collettivo e lo sviluppo sostenibile.

    Il concetto di Educazione alla Cittadinanza Globale (ECG), in coerenza con quanto stabilito dall’UNESCO4, si riferisce a quanto in Italia viene annoverato con termini diversi, non esattamente sovrapponibili all’inglese, quali ad esempio “educazione allo sviluppo”, “educazione interculturale”, “educazione alla cittadinanza”, “educazione all’ambiente sociale e naturale”: volti diversi e complementari di una stessa tensione educativa. Dato fondamentale per ECG è:
    “mantenere lo sguardo aperto verso il pianeta, verso la globalità, arricchendo tale ampiezza prospettica con il richiamo concreto all’idea di cittadinanza, una dimensione etica prima che politica, che evoca uno status di “cittadini del mondo” con responsabilità e doveri di impegno attivo e partecipativo, per la creazione di un mondo più giusto e più equo.”5

    L’Educazione alla Cittadinanza Globale si fonda sul presupposto che le persone oggi vivono il processo di apprendimento in un contesto globale e, anche se in modo diseguale, interagiscono a livello planetario. In un mondo che è sempre più interdipendente, l’ECG promuove un senso di appartenenza alla comunità globale, un’idea di umanità comune condivisa tra le persone che coinvolge anche la biosfera e l’ambiente naturale. L’ECG comporta la necessità di allargare gli orizzonti educativi per individuare l’identità umana e la sua appartenenza al pianeta terra. Ne emerge la necessità di pensare la cittadinanza come un concetto connesso con l’ecologia, basato su una nuova etica ambientale e un nuovo concetto di sviluppo locale.

    Nel 2015 l’UNESCO ha proposto una definizione largamente condivisa:

    “La cittadinanza globale si riferisce al senso di appartenenza a una comunità più ampia e a una comune umanità. Essa sottolinea l’interdipendenza politica, economica, sociale e culturale e l’interconnessione tra il livello locale, nazionale e globale”. 6

     

    Gli obiettivi dell’ECG sono dunque legati a:

    1. invitare le persone a pensare sé stessi come cittadini globali;
    2. promuovere la comprensione reciproca fra gli individui e le culture e introdurre modelli di risoluzione dei conflitti;
    3. promuovere una serie di principi comuni in base al riconoscimento dei diritti umani;
    4. promuovere la partecipazione attiva a tutti i livelli: locale, regionale, statale, provinciale, nazionale e globale.

    Questi obiettivi si riferiscono ad un’idea di partecipazione legata al concetto di cittadinanza attiva, sottolineando l’importanza di responsabilizzare i cittadini sulle proprie capacità trasformative a livello ambientale, politico e sociale. I temi connessi si possono riassumere in quattro aree principali:

    1. diritti umani (diritti dell’infanzia, diritti di genere e diritti all’autodeterminazione di popoli e genti);
    2. ambiente (sostenibilità, modelli di produzione e consumo, cambiamento climatico, biodiversità);
    3. giustizia sociale ed economica (povertà, salute e benessere, disuguaglianza e discriminazioni, migrazioni);
    4. intercultura (identità, diversità culturale, sistemi di conoscenza indigeni e tradizionali, pace).

     

    Lo stato dell’arte internazionale

    Dalle ultime posizioni maturate a livello internazionale sull’educazione alla cittadinanza globale e allo sviluppo sostenibile, riportate e raccolte da APCEIU7 nella banca dati internazionale GCED clearing house8, emergono alcuni elementi fondanti e parole chiave.

    Storicamente l’idea di educazione alla cittadinanza globale e allo sviluppo sostenibile nasce da tre educazioni: educazione ambientale, educazione civica ed educazione allo sviluppo. L’educazione alla cittadinanza globale e allo sviluppo sostenibile risulta pertanto nel tempo come un concetto sommativo e omnicomprensivo che vede all’interno una serie di parole chiave, che devono essere declinate nella pratica.

    I concetti chiave che devono essere quindi riportati sul piano attuativo sono interconnessione, solidarietà, cittadinanza attiva e responsabile, responsabilità collettiva, visione comune, rispetto dei diritti umani nel quadro dell’Agenda 20309. Tali concetti vanno poi declinati guardando a dimensioni dinamiche e di cambiamento nel tempo, facendo attenzione alle relazioni di potere e agli eventi, rispettando il senso di urgenza necessario a non provocare impatti catastrofici sul futuro.

    L’educazione alla cittadinanza globale e allo sviluppo sostenibile è pertanto un ponte collettivo su visioni individuali, un’obbligazione comune al miglioramento del nostro mondo.

    D’altra parte negli ultimi due decenni l'educazione alla cittadinanza globale è diventata un “tormentone” utilizzato dalle agenzie educative internazionali e nazionali, così come dai ricercatori, per delineare la crescente internazionalizzazione dell'educazione, inquadrata come una risposta alla globalizzazione e agli alti valori della cittadinanza.

    Questi sviluppi, tuttavia, hanno creato problemi, a causa della presenza di due discorsi contrastanti: mentre il discorso della democrazia critica sottolinea l'importanza dei valori etici, della responsabilità sociale e della cittadinanza attiva, un discorso neoliberale privilegia invece una logica di mercato, incentrata sull'auto-investimento e sull'aumento dei profitti. Questi due discorsi non sono separati, piuttosto appaiono fianco a fianco, causando un effetto di confusione.

     

    La strategia di educazione alla cittadinanza globale in Italia

    L’undici giugno 2020 è stata approvata dal Comitato Interministeriale per la Cooperazione allo Sviluppo (CICS) la Strategia italiana per l'Educazione alla Cittadinanza Globale10, testo di riferimento per la promozione della cittadinanza attiva e delle connessioni locali-globali in ambito educativo, oggi, spesso, riassunte nella sensibilizzazione e partecipazione di tutti i cittadini al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile (Agenda 2030)11.

    La stessa Strategia italiana per l'Educazione alla Cittadinanza Globale è il documento di riferimento della Legge Regionale n.23, approvata il 10 giugno 2020 dal Consiglio Regionale delle Marche su “Interventi di promozione dell’educazione alla cittadinanza globale (ECG) ed alla cultura della sostenibilità”12.

    A marzo 2022, l’Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e l’educazione interculturale13 ha elaborato il documento “Orientamenti interculturali. Idee e proposte per l’integrazione di alunni e alunne provenienti da contesti migratori”14, in cui sono declinate possibili modalità organizzative delle scuole e al contempo fornite indicazioni operative, in considerazione dei cambiamenti avvenuti nel paesaggio multiculturale della scuola italiana negli ultimi dieci anni. In continuità con la legge 92/2019, “Introduzione dell’insegnamento scolastico dell’educazione civica”15 e le successive Linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica16, il documento richiama ben 38 volte il concetto di cittadinanza, collegandola 2 volte all’aggettivo “globale”.

    Il 26 maggio 2022 è stata presentata dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo la bozza di un piano d’azione nazionale, elaborato da un gruppo di esperti appartenenti a Università, ONG, Ministero della Transizione Ecologica e Regioni; il piano è stato poi presentato a Roma nel successivo mese di giugno 2022, in occasione della seconda conferenza nazionale della Cooperazione allo sviluppo17.

    Il piano attuativo nasce per dare attuazione alla strategia, seguendo anche le raccomandazioni elaborate dall’OCSE DAC18. Sostanzialmente scardina l’idea di educazione alla cittadinanza globale come ideologia, concretizzando i suoi contenuti più o meno palesi ed il ruolo giocato dai vari attori nel garantirne l’applicazione sistemica, raggiungendo anche beneficiari meno tipici, quali ad esempio gli appartenenti al mondo del lavoro.

    Il piano nazionale, nel momento in cui sarà ufficialmente varato dal Consiglio Nazionale per la Cooperazione allo sviluppo, servirà anche come parametro di riferimento per i piani territoriali. Se esso sarà accompagnato da un chiaro impegno finanziario, coerente con le modalità attuative, fornirà una struttura flessibile ma chiara al processo partecipativo, che ne permetterà l'appropriazione e l'impegno da parte dei differenti attori.

    Nato dalla partecipazione e dalla volontà del pubblico e del privato sociale, il piano nazionale sarà articolato in forme interdisciplinari, rispecchia l’approccio sistemico che lega aspetti sociali, culturali, economici, tecnologici, ambientali, politici. Spinge verso un approfondimento critico delle norme sociali e dei valori morali, supera una dimensione episodica e progettuale, incardinandosi in modo strutturato nel sistema educativo e formativo negli ambiti formale, non-formale e informale.

     

    Fare ricerca oggi con lo sguardo aperto sul mondo

    Per osservare lo stato dell’arte delle ricerche in materia ci siamo rivolte al Global Education Digest 202119. Si tratta di un lavoro prodotto dall’International Research Center On Global Citizenship Education20, dell’Università di Bologna e dal Development Education Research Centre21 dell’UCL di Londra, per conto di Global Education Network Europe22 nel quadro delle attività ANGEL23.

    Il documento, giunto alla sua quarta edizione, raccoglie una bibliografia ragionata multilingue di materiale e ricerche accademiche, considerati rilevanti in ambito di Global Education. L’ultima edizione è multilingue e comprende la letteratura pubblicata recentemente in lingua inglese, francese, olandese, tedesco, italiano, polacco, portoghese e spagnolo.  

    Se si considerano i totali del 2020 (con alcune eccezioni), sembra che la tendenza già evidenziata in anni precedenti continui: il numero di pubblicazioni sul tema dell'educazione globale e sulle questioni ad esso correlate aumenta di anno in anno. Questi temi hanno guadagnato slancio in tutto il mondo, non solo nell'agenda politica di molti Paesi europei, ma anche nelle pratiche scolastiche e nei discorsi accademici.

    In Italia tre elementi sono stati particolarmente rilevanti per il recente passato: l’uscita e l’applicazione della già citata Legge 92/2019 - che ha reintrodotto l’educazione civica nelle scuole di ogni ordine e grado - la pubblicazione del Global Compact on Education24 e l’Enciclica Fratelli Tutti25 di Papa Francesco.

     

    Tracciamento della terminologia inglese

    Come riporta il Digest 2021, nell'ultimo decennio (Figura 1) l'uso di termini rilevanti: educazione alla cittadinanza globale (GCE), educazione allo sviluppo sostenibile (ESD) e Educazione globale (GE), rilevato nei database di Web of Science WoS e Google Scholar, è aumentato in modo differente, ma per tutti. I dati mostrano che l'uso di ESD è aumentato significativamente rispetto agli altri26. Vale la pena ricordare che, sebbene il termine “educazione globale” sia stato ampiamente utilizzato a livello europeo dopo la dichiarazione di Maastricht del 2002, nella letteratura appare particolarmente ambiguo e semanticamente poco chiaro, poiché comprende non solo l'apprendimento globale, ma anche la ricerca educativa internazionale e comparativa a livello globale.

    Figura 1

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

    Le figure seguenti mostrano il numero crescente di pubblicazioni catturate da Google Scholar (Figura 2) e indicizzate in WoS (Figura 3) negli ultimi 10 anni. In questo caso è stato utilizzato il termine GCE perché è probabilmente il termine di ricerca meno ambiguo per identificare univocamente l'area.

    Figura 2

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

    Figura 3

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

    Entrambi gli strumenti mostrano una crescita significativa del numero di pubblicazioni, con una crescita prevedibile e costante evidente in Google Scholar, e una crescita distinta, anche se con alcuni alti e bassi, evidente anche in WoS.

     

    Asimmetrie nella pubblicazione della Global Education

    Come riporta di nuovo il Digest 2021, guardando all’uso delle lingue per le pubblicazioni, è evidente che c'è una distribuzione molto differenziata. Se confrontiamo i Paesi di pubblicazione degli articoli sulla GCE e le lingue di pubblicazione, è evidente che la maggior parte degli studiosi tende a pubblicare in inglese, la lingua franca della comunità accademica internazionale.

    Questo grafico (Figura 4) illustra le asimmetrie linguistiche e le barriere linguistiche all'interno dell'editoria accademica (ricerca con il termine Global Citizenship Education in WoS, 2011-2020).

    Figura 4

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

    Anche in Italia il numero di pubblicazioni, in particolare monografie ed articoli in ambito accademico, è molto aumentato, ma ci sono una serie di limitazioni che anche la nostra indagine va a considerare nelle sue raccomandazioni finali:

    Non esiste un database complessivo per le pubblicazioni scientifiche in italiano;

    Le pubblicazioni in lingua inglese hanno il pregio di dare maggiore visibilità in campo internazionale, per questo molte tesi di dottorato di università italiane sono in lingua inglese. Tuttavia non contribuiscono alla discussione nazionale tra gli educatori e gli animatori perché questi tendono a non avere accesso a questa letteratura.

     

    L’obiettivo della nostra ricerca

    L’obiettivo, dunque, del nostro lavoro si è definito nel cercare di ridurre quello spazio tra l’accademia e la pratica, partendo da testi e documenti di valore scientifico, ma utilizzandoli come base di partenza per elaborare strumenti propri di una metodologia di ricerca, che nel suo sviluppo non si separa dall'azione e diventa essa stessa azione. Insomma collega l'obiettivo della conoscenza e della creazione di consapevolezza (anche attraverso il recupero di dati e informazioni contestuali) con quello di rafforzare o creare relazioni e legami che divengano condizione per il cambiamento della realtà in cui si svolge la “ricerca-azione”27, come peraltro menzionato nel Global Compact on Education. Una metodologia “attiva” per definizione e che si propone esplicitamente l’obiettivo di avviare un cambiamento di contesto.

    Il compito della ricerca-azione non è quello di descrivere il mondo così come si presenta, ma di poter delineare come potrebbe essere.28

    Nel nostro caso il cambiamento riguardava e riguarda diversi aspetti.

    Il primo aspetto ha riguardato l’oggetto stesso della ricerca: significava - e significa - lanciare una sfida per un mutamento culturale e di prospettiva verso una mentalità diffusa secondo la quale siamo, sì, immersi in un mondo globale, perché questo è ormai una realtà quotidiana, ma generalmente vissuta senza la coscienza delle implicazioni – personali e collettive - che porta con sé.

    Il cambiamento culturale, l’approfondimento e la diffusione di una coscienza globale rappresenterebbero perciò, un grande elemento di trasformazione.

    Proprio sul piano culturale e di promozione di educazione alla cittadinanza globale è stato introdotto nei fatti un elemento che ha poi rappresentato, più di molte parole, una innovazione profonda: i soggetti della ricerca, i ricercatori e le ricercatrici che l’hanno condotta, sono state persone che, per la loro condizione di cittadini e cittadine originari di altri paesi, sono generalmente “oggetto” di ricerche condotte da ricercatori italiani.

    È stato un elemento di forte provocazione culturale e che, allo stesso tempo, ha rafforzato il ruolo dei partecipanti stessi alla ricerca-azione.

    Un secondo aspetto riguardava e riguarda l’approccio stesso all’attività di ricerca e alla sua metodologia: non un esercizio accademico che mira ad “accumulare”, a “capitalizzare” saperi e conoscenze a livello individuale ma un approccio che tende a sviluppare capabilities (Sen29; Nussbaum30), che tende cioè ad unire competenze e saperi personali con abilità e capacità che derivano dal contesto di vita, dal patrimonio di cultura, o meglio, di culture di cui ciascuno/a diventa di fatto portatore/portatrice dinamico come parte di una comunità in evoluzione.

    Un terzo aspetto, infine, ha riguardato e riguarda il ruolo di “apprendisti-ricercatori” giocato dai partecipanti stessi alla ricerca. Un ruolo, derivato, certamente, dal loro curriculum accademico ma, allo stesso tempo, un ruolo di “allievi”, guidati dalle docenti che li hanno accompagnati durante tutto il percorso. Gli apprendisti ricercatori seguendo una prospettiva emica31 hanno realizzato una ricerca in cui gli intervistati appartenevano alla propria sfera di relazioni ed hanno utilizzato come territorio di ricerca, in presenza o a distanza, i propri luoghi di appartenenza.

    Le informazioni, gli strumenti e la consapevolezza della realtà acquisiti durante il percorso, cadenzato da incontri e lezioni, sono diventati oggetto di una formazione continua che ha accompagnato l'azione stessa: una formazione, quindi, non separata dall'azione e nella quale il ruolo del formatore è stato soprattutto di facilitazione e di accompagnamento di processo.

    L'espressione "imparare facendo" è divenuta anch’essa un'importante indicazione metodologica secondo la quale, è importante precisarlo, nel caso della ricerca-azione il "fare" non è finalizzato ad apprendere a priori un dato contenuto ma a comprendere, riflettere, rielaborare ciò che si è appreso da un contesto dinamico teorico/pratico, operando preferibilmente in gruppo.

    Nel nostro caso, quindi, ricerca-azione e formazione-azione hanno rappresentato una metodologia integrata, un processo, che ha caratterizzato tutto il percorso.

     

    NOTE
    1 OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), in inglese: OECD (Organization for Economic Cooperation and Development), https://www.oecd.org/education/Global-competency-for-an-inclusive-world.pdf,
    https://www.dt.mef.gov.it/it/attivita_istituzionali/rapporti_finanziari_internazionali/organismi_internazionali/ocse/
    2 WEF (World Economic Forum) annual report 2017-2018 https://www3.weforum.org/docs/WEF_Annual_Report_2017-2018.pdf
    3 OECD Programme for International Student Assessment (PISA) https://www.oecd.org/pisa/publications/PISA2018_CN_ITA_IT.pdf
    4 https://en.unesco.org/themes/gced
    5 https://www.cci.tn.it/CCI/Servizi/Centro-insegnanti-globali/Che-cos-e-l-Educazione-alla-Cittadinanza-Globale
    6 https://unesdoc.unesco.org/ark:/48223/pf0000261836
    7 Asia-Pacific Centre of Education for International Understanding under the auspices of UNESCO: http://www.unescoapceiu.org/
    8 Global Citizenship Education (GCED) clearing house: https://www.gcedclearinghouse.org/
    9 Agenda 2030 per lo Sviluppo sostenibile: https://asvis.it/l-agenda-2030-dell-onu-per-lo-sviluppo-sostenibile/
    10 https://www.esteri.it/it/sala_stampa/archivionotizie/approfondimenti/2020/06/il-comitato-interministeriale-per-la-cooperazione-allo-sviluppo-approva-la-strategia-italiana-per-l-educazione-alla-cittadinanza-globale/
    11 Berbeglia P., Del Rio P., Vanoni F., Surian A. (a cura di) Strategia italiana di educazione alla cittadinanza globale, 2018, https://www.aics.gov.it/wp-content/uploads/2018/04/strategia-ECG-2018.pdf
    12 https://www.consiglio.marche.it/banche_dati_e_documentazione/leggi/dettaglio.php?arc=vig&idl=2159
    13 Costituito dal Ministero della Pubblica Istruzione con decreto del 6 dicembre 2006
    14 https://milano.istruzione.lombardia.gov.it/wp-content/uploads/2022/03/Orientamenti-Interculturali.pdf
    15 https://www.gazzettaufficiale.it/atto/stampa/serie_generale/originario
    16 https://www.miur.gov.it/-/decreto-ministeriale-n-35-del-22-giugno-2020
    17 https://www.aics.gov.it/2022/70476/
    18 L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), ha al suo interno un comitato per l’aiuto allo sviluppo: Development Assistance Committee (DAC), di cui fanno parte 31 membri, tra cui l’Italia: https://www.oecd.org/dac/development-assistance-committee/
    19 https://discovery.ucl.ac.uk/id/eprint/10137056/1/Digest%202021%20FINAL.pdf
    20 https://scienzequalitavita.unibo.it/it/ricerca/centri-e-gruppi-di-ricerca/centro-di-ricerca-gloced-international-research-center-on-global-citizenship-education
    21 https://www.ucl.ac.uk/ioe/departments-and-centres/centres/development-education-research-centre
    22 GENE (Global Education Network Europe) è la rete europea dei ministeri e delle agenzie con responsabilità nelle politiche di supporto all’educazione globale.
    23 ANGEL (Academic Network on Global Education & Learning) è una rete per la ricerca internazionale nel campo dell’educazione globale.
    24 ANGEL (Academic Network on Global Education & Learning) è una rete per la ricerca internazionale nel campo dell’educazione globale.
    25 https://www.vatican.va/content/francesco/it/encyclicals/documents/papa-francesco_20201003_enciclica-fratelli-tutti.html
    26 Questo elemento è stato confermato dalla rilevazione effettuata nel corso della nostra ricerca.
    27 Barbier, R., La ricerca-azione, Armando Editore, Roma 2008
    28 Arcidiacono, C., “Ricerca-azione partecipata e ‘cooperative inquiry’: esperienze a confronto” in: Colucci F.P., Colombo M., Montali L., La ricerca-intervento: prospettive e ambiti, Il Mulino, Bologna, 2008, pp.217-238.
    29 Sen, A., Lo sviluppo è libertà, Mondadori 1999
    30 Nussbaum, M.C., Creare capacità, Il Mulino, Bologna 2014
    31 Emic e etic sono termini usati nelle scienze sociali e del comportamento, ideati dal linguista Kenneth L. Pike, mutuandoli dalle desinenze delle parole inglesi phonemics (fonologia) e phonetics (fonetica). I due termini vengono solitamente tradotti in italiano con l'espressione emico-etico. In antropologia il termine emico si riferisce al punto di vista degli attori sociali, alle loro credenze e ai loro valori (ottica del nativo). Etico si riferisce invece alla rappresentazione dei medesimi fenomeni ad opera del ricercatore (ottica "scientifica", o dell'osservatore).

    editoriale

     

    pdfDal 2018 la Facoltà di Scienze Sociali ha attivato il programma pluriennale STRONG (Selection-Training-Research-Orientation-Network-Global monitoring) con l’obiettivo di rafforzare le capacità personali e sociali di cittadini stranieri residenti in Italia e di italiani di seconda generazione, giovani ed adulti. In particolare, il programma offre ogni anno borse di studio per l’accesso agli studi universitari o professionali, integrando i percorsi accademici con attività complementari (ricerca sul campo, laboratori, esperienze di orientamento al lavoro e di cittadinanza attiva, partenariati con associazioni e realtà del territorio che operano con le medesime finalità).

    Ad oggi il programma ha coinvolto 85 studenti, dai 18 ai 67 anni, cittadini stranieri (solo 5 con cittadinanza italiana), residenti per lo più a Roma, ma anche in altre località italiane, provenienti da 40 diverse nazioni (Africa, Europa centro-orientale e America Latina), con una spiccata presenza femminile (74%). Più della metà (53%) degli studenti erano già laureati, spesso nei paesi di provenienza. In questi 4 anni il programma ha mostrato un tasso di abbandono contenuto (11%), tenendo conto delle difficoltà di conciliazione dei tempi di vita, di lavoro e di studio dei soggetti coinvolti.

    41 studenti (circa la metà) hanno frequentato (o stanno frequentando) il corso professionale annuale in Management delle organizzazioni del terzo settore e delle imprese sociali, organizzato da Adjuvantes Onlus, in collaborazione con la Facoltà. Di questi, 31 hanno concluso il percorso formativo, 3 hanno rinunciato, 7 lo stanno attualmente seguendo. Altri 44 sono (stati) iscritti al corso di laurea triennale in Scienze sociali (scienze politiche e delle relazioni internazionali): 8 si sono già laureati e 5 di loro stanno proseguendo con la laurea specialistica, gli altri stanno completando il percorso formativo; 6 hanno rinunciato o hanno chiesto di sospendere gli studi per un periodo.

    Nell’ambito del programma STRONG, ogni anno viene proposto agli studenti di partecipare ad una ricerca sociale sul territorio, su un tema di particolare interesse. La ricerca, guidata da docenti della Facoltà e/o da esperti delle reti territoriali coinvolte, si svolge da marzo a settembre e i risultati vengono presentati in un evento pubblico a fine ottobre. Lo scopo è quello di offrire agli studenti un’esperienza pratica con cui mettere a punto specifici strumenti di lavoro, opportunità di crescita personale e di valorizzazione di sé. Sono 32 gli studenti che hanno partecipato e portato a termine i progetti di ricerca proposti negli anni 2019, 2020, 2021 e 2022.

    Questo numero della rivista Oikonomia è dedicato alla presentazione del progetto di ricerca che si è svolto nel 2021: i contributi pubblicati offrono un inquadramento del tema trattato e delle sue motivazioni in termini di interesse e rilevanza sociale, la descrizione del metodo seguito e degli strumenti individuati, la sintesi dei risultati ottenuti e una loro interpretazione.

    La ricerca del 2021 ha avuto come titolo: “Educazione alla Cittadinanza Globale: cittadine e cittadini di un mondo equo, sostenibile e solidale”.
    Hanno condotto la ricerca:

    • Paola Berbeglia, antropologa cognitiva, mediatrice cognitiva, presidente di Concord Italia e di CReA onlus (Centro Ricerche e Attività); vice-presidente del CIPSI (Coordinamento di Iniziative Popolari di Solidarietà Internazionale), partner della rete STRONG.
    • Soana Tortora, formatrice, esperta in progettazione sociale e sviluppo locale partecipato; responsabile e coordinatrice di Solidarius Italia, impresa sociale di economia solidale. Soana è docente del Corso professionale in Management delle Organizzazioni del Terzo Settore.

    Dopo la presentazione del progetto di ricerca e la diffusione della proposta tra gli studenti del programma STRONG nel febbraio 2021, hanno dato la loro adesione al progetto 14 studenti. Tutti coloro che hanno fatto domanda sono stati ammessi alla ricerca: 11 studenti della laurea triennale in Scienze Sociali e 3 del corso professionale in Management delle organizzazioni del terzo settore. Per quattro di loro questa è stata la seconda esperienza di ricerca sociale sul campo. Il gruppo di lavoro rispecchia la ricchezza dell’eterogeneità dei partecipanti al programma STRONG, con un’età dai 21 ai 67 anni e la provenienza da 12 diversi paesi: 2 dall’Asia, 3 dall’Est Europa, 4 dall’Africa, 4 dall’America Latina, un’italiana di seconda generazione.

     

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