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Rivista di etica e scienze sociali / Journal of Ethics & Social Sciences

 

E’ uscito qualche tempo fa, per le Edizioni Domenicane di Bologna, questo agile volume che raccoglie il lavoro di ricerca condottopdf da Luisa Bonini con la supervisione del Prof. Dario Velo, presso la facoltà di economia dell’Università degli studi di Pavia. Lo studio ha come obiettivo un’analisi storica del modello economico dell’economia sociale di mercato, sviluppato nel secolo scorso in area tedesca e dei contributi di alcuni intellettuali  europei tra i quali gli italiani Sturzo e Einaudi. La finalità del lavoro è quella di recuperare idee ed esperienze utili ad arricchire il bagaglio culturale di coloro che sono oggi chiamati a rispondere in maniera innovativa ed efficace alla crisi economica e culturale che l’Europa sta attraversando. La postfazione di Marco Vitale mette in luce il contributo della Dottrina Sociale della Chiesa.

Il libro fa parte della collana “Il pane quotidiano”, un progetto culturale sui vari aspetti del mondo del lavoro nella società contemporanea, fortemente voluto da Domenico Gamarro e coordinato da Marco Vitale, economista d’impresa, docente universitario e attualmente vice-presidente del Centro Internazionale di Studi Luigi Sturzo e presidente del Fondo Italiano d’Investimento per le piccole e medie imprese.
Nella prefazione Dario Velo presenta sinteticamente il percorso storico del pensiero economico europeo a partire dal XVII secolo (dal mercantilismo, al modello economico statalista di Colbert, all’ordine liberale figlio della rivoluzione industriale), analizzando così l’evolversi dei rapporti tra stato e mercato fino all’alba del XX secolo.
Quindi Velo passa a illustrare come i modelli economico-sociali europeo e statunitense si trasformino grazie ai contributi innovativi del tedesco Walter Rathenau  e di F.D. Roosevelt. La crisi del 1929 aveva chiaramente mostrato – da entrambi i lati dell’oceano – che la massimizzazione dell’utile non garantisce il miglior utilizzo delle risorse e che tanto meno corrisponde all’interesse generale, come sosteneva il modello liberale classico. A Rathenau va il merito di aver sostituito alla contrapposizione capitalismo/socialismo il binomio pubblico/privato, non in ottica conflittuale, ma come componenti di un nuovo ordine condiviso. Dall’altro lato dell’Atlantico, il “nuovo ordine” (New Deal) di Roosevelt nasce in un contesto quanto mai differente, ma giunge a conclusioni comparabili, quando propone un nuovo equilibrio tra centralizzazione e sussidiarietà e l’affermazione di un nuovo ruolo dello Stato come ente regolatore, con la responsabilità di garantire il buon funzionamento del mercato.
Nella seconda metà del XX secolo tuttavia, di fronte ai processi di internazionalizzazione e alla globalizzazione dei mercati, il ruolo regolatore degli stati è via via venuto meno, lasciando campo libero agli scambi economici in un mercato privo di istituzioni di riferimento: il liberismo si è affermato in tal modo come negazione dei poteri pubblici in economia. E così il XXI secolo si è aperto con una nuova crisi internazionale, che mostra ancora una volta la necessità di trovare nuovi equilibri e nuovi rapporti tra governi e mercati. In questo contesto analizzare la nascita e l’affermarsi dell’economia sociale di mercato nella Germania del secondo dopoguerra può presentare utili contributi alla nuova economia sociale che l’Europa sta faticosamente cercando.
Il saggio della Bonini è suddiviso in quattro capitoli: il primo offre un quadro storico dell’economia europea dal XVII secolo fino all’opera di Rathenau; il secondo descrive l’Economia Sociale di Mercato nella Germania della prima metà del XX secolo; il terzo affronta la teoria economica di Wilhelm Röpke; il quarto descrive il neo-liberalismo italiano, in particolare attraverso il pensiero di Luigi Sturzo e Luigi Einaudi. A chiusura del lavoro un breve paragrafo di sintesi e la proposta dell’autrice.
Il primo capitolo ripresenta, con non poche ripetizioni, la sintesi storica già ampiamente prodotta da Velo nella sua prefazione. Un maggiore coordinamento tra i contributi degli autori, o comunque una redazione più attenta dell’opera avrebbe probabilmente suggerito di tagliare queste pagine.
Il secondo capitolo affronta la genesi della scuola di Friburgo, con particolare attenzione all’opera dell’economista Walter Eucken e all’ordoliberalismo, la corrente di pensiero da questi sviluppata insieme ai giuristi Franz Böhm e Hans Grossmann Dörth, negli anni immediatamente precedenti al secondo conflitto mondiale. Così affermavano i tre autori nel primo volume della rivista «Ordo»: “Quel che noi cerchiamo di creare è un ordine economico e sociale che garantisca al medesimo tempo il buon funzionamento dell’attività economica e condizioni di vita decenti e umane.” Si tratta quindi di una critica sia al collettivismo che al liberalismo classico: una nuova proposta in grado di tenere insieme i princìpi di politica economica con quelli di natura giuridica. Un ordine economico in cui l’efficienza del mercato e l’equità sociale sono allo stesso tempo possibili, perché è fondato su una concezione della persona umana libera e responsabile. Negli anni quaranta Eucken, di fronte al disastro economico e morale del suo Paese, afferma con decisione l’importanza di principi etici ispiratori: la costruzione dell’ordine economico va fondata sul valore etico della persona umana. Al termine del conflitto, i princìpi dell’ordoliberalismo vennero ripresi e attuati nelle politiche di Ludwig Erhard, che fu nominato ministro dell’economia nel 1949 e venne eletto cancelliere della Rep. Federale tedesca nel 1963. Il nuovo ordine auspicato da Eucken divenne per Erhard la realizzazione di uno Stato capace di garantire l’ordine economico, consentendo da un lato la libera e leale concorrenza, ma contemporaneamente assumendo il ruolo di difensore dell’interesse generale. Tra i principali collaboratori di Erhard troviamo Alfred Müller Armack, allievo di Leopold von Wiese, che portò avanti le sue idee di liberalizzazione del mercato e di efficienza economica. Diverse le concezioni dei due, ma analoghe le conclusioni, soprattutto per l’introduzione del criterio di sussidiarietà.
Il terzo capitolo è tutto incentrato sul liberalismo di Röpke, sulla sua critica al capitalismo e soprattutto al collettivismo, e all’importanza da questi attribuita alla Dottrina Sociale della Chiesa. La terza via propugnata da Röpke è un umanesimo liberale, una economia di mercato basata su proprietà privata, liberi prezzi e concorrenza, nell’ambito di una definita cornice etico-sociale (senso di responsabilità, iniziativa individuale, solida gerarchia di valori, ecc.) Per Röpke vi è un nesso diretto tra neo-liberalismo e cristianesimo, entrambi fondati sull’integrità della persona.
Il quarto capitolo ha il merito di mettere in luce il pensiero politico economico di due grandi figure italiane del XX secolo, Luigi Sturzo e Luigi Einaudi. Una buona introduzione al capitolo pone le necessarie premesse per meglio cogliere gli aspetti peculiari della situazione economica italiana agli inizi del novecento e gli sviluppi del modello economico del nostro Paese dal dopoguerra alla fine del secolo. Dopo aver illustrato sinteticamente il profilo biografico di Sturzo, l’autrice evidenzia le affinità e la mutua stima tra il sacerdote siciliano e il tedesco Röpke. Sturzo criticò in diverse occasioni lo statalismo italiano: l’indebita ingerenza dello Stato e della burocrazia nell’iniziativa privata e i privilegi monopolistici. Egli auspicava piuttosto un mercato libero e politiche statali di cooperazione con interventi occasionali e concordati. Al centro del pensiero economico di Sturzo è la sua concezione di libertà: la libertà è individuale e unica (non può esservi libertà politica e culturale senza quella economica); è espressione di autodisciplina (rispetto dei diritti e doveri reciproci); è garantita dallo Stato, nell’ambito di un sistema di vigilanza dei diritti collettivi e privati (lo Stato è arbitro e garante, non parte dell’ordine economico). Dopo questa interessante analisi del pensiero economico sturziano degli anni cinquanta del novecento, l’autrice torna indietro di oltre mezzo secolo per esporre i princìpi dell’enciclica Rerum Novarum (1891) e della sua influenza sul pensiero di Sturzo, analizzando le attività, gli scritti e i discorsi del sacerdote, nel periodo storico tra il 1905 e il 1948, soffermandosi in particolare sui princìpi fondativi del Partito Popolare Italiano, sul ruolo delle autonomie locali e sull’auspicato federalismo europeo. Segue poi il paragrafo dedicato alla figura di Luigi Einaudi, focalizzato sui suoi contributi all’economia sociale di mercato. L’autrice riporta il pensiero federalista di Einaudi, avviato già nel 1897, e maturato negli anni successivi come via per un ordine internazionale, capace di sostenere la pace in Europa e favorirne lo sviluppo e l’integrazione economica. Un secondo aspetto affrontato è l’importanza di una moneta unica europea, principio esposto chiaramente da Einaudi già durante l’esilio svizzero negli anni quaranta. Segue poi l’analisi dei rapporti di Einaudi con Röpke, in particolare negli anni trenta e quaranta del novecento, in cui i due economisti ebbero l’occasione di confrontarsi condividendo in particolare la visione liberale che restringe gli interventi statali in campo economico.
A conclusione del lavoro la Bonini ripercorre sinteticamente il XX secolo e l’affermarsi delle teorie dell’economia sociale di mercato, caratterizzate da una nuova relazione tra economia e diritto, capace di garantire il corretto svolgimento della competizione in un quadro di regole condivise, senza interventi diretti dello Stato volti a pianificare o controllare il processo economico. A fondamento di tale concezione vi è un quadro di valori con al centro la dignità della persona umana e in particolare il principio di sussidiarietà, come definito dalla Dottrina Sociale della Chiesa. La proposta dell’autrice è quella di recuperare questi contributi per ispirare il nuovo modello economico europeo.
Arricchisce il volume la postfazione di Marco Vitale che mette in correlazione l’economia sociale di mercato di matrice tedesca con la feconda tradizione della Dottrina Sociale della Chiesa, portando in particolare i contributi delle encicliche Gaudium et Spes e Centesimus Annus. Di fronte al grave scenario contemporaneo della speculazione finanziaria, Vitale fa suo il richiamo della Fides et Ratio di mobilitare tutte le risorse della ragione e della fede per superare l’attuale realtà e trovare così un’ispirazione più ampia, con uno sguardo capace di abbracciare i diversi aspetti dell’agire umano.
Il lavoro offre nel suo insieme un interessante resoconto retrospettivo di un importante modello economico, troppo spesso ignorato o sottovalutato, che è stato alla base dello sviluppo dell’economia tedesca dal dopoguerra ad oggi e che ha contribuito al rafforzamento del progetto europeo. Tuttavia, se lo scopo del lavoro era quello di (ri)utilizzarne – almeno in parte – alcuni contributi, alla luce della attuale situazione politica, economica e sociale, sarebbe stato importante, secondo chi scrive, inserire nella trattazione anche l’analisi di elementi “nuovi”, prodotti dai processi di internazionalizzazione e di globalizzazione, che non potevano essere presi in considerazione da testi di cinquant’anni or sono (o anche più vecchi), e confrontarsi con essi.
 
A titolo di esempio, si riportano qui almeno due aspetti:

1. il tema della proprietà e gestione dei beni comuni (commons), distinti dai beni privati e da quelli pubblici, oggetto di precisi studi economici (cfr. il lavoro della premio Nobel Elinor Ostrom);
2. il tema del multiculturalismo, che impone oggi, in una società globalizzata, di ripensare alla comunicazione dei valori in un linguaggio che sia accettabile da parte dei credenti di diverse fedi e culture. In questo senso si vedano i contributi offerti dalle ultime encicliche: Caritas in veritate e Evangelii Gaudium

Sarebbe stata infine auspicabile una maggiore cura nella redazione dell’opera complessiva: una migliore integrazione tra la prefazione e il primo capitolo; un appropriato raggruppamento dei paragrafi dedicati a Sturzo nel quarto capitolo, sulla scorta di ciò che è stato fatto per Einaudi; una più organica narrazione dell’evoluzione del pensiero sturziano.
Ci auguriamo che l’autrice possa proseguire nella sua ricerca arricchendola con nuovi elementi e ampliandone gli scenari:pdf al di là infatti dei limiti sopra esposti, rimane l’indubbio valore di una operazione culturale volta a recuperare contributi originali della riflessione del secolo scorso e a gettare ponti tra epoche, nazionalità e culture diverse, eppure unite nel principio della centralità della persona e della sua dignità, come base di ogni progetto economico.

 

 

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