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Rivista di etica e scienze sociali / Journal of Ethics & Social Sciences

pdf“Contrariamente alla formula sventurata dell’enciclica Populorum Progressio, lo sviluppo non è il nome nuovo della pace ma quello della guerra, guerra per il petrolio o per le risorse naturali in via di esaurimento. Nella società della decrescita non ci sarà mai né pace né giustizia. Al contrario, una società della decrescita riporterà al proprio centro la pace e la giustizia”.1

    Il dilemma: sostenibilità o decrescita?

Lo scopo di questo articolo è mostrare se e in che modo il magistero sociale della Chiesa proponga, come via per uscire dalla crisi attuale, lo sviluppo definito sostenibile o la decrescita. La domanda potrebbe suonare così: c’è qualcosa da salvare nel modello di sviluppo dominante, soprattutto nelle società occidentali?
Il fatto che Paolo VI abbia dedicato una enciclica proprio al progresso e che tale enciclica sia stata poi ripresa da Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, potrebbe far pensare che la dottrina sociale della Chiesa (DSC) consigli di continuare su questa strada. Tale risposta potrebbe trovare conferme anche dal fatto che l’economia di mercato è indicata come “modello che bisogna proporre ai paesi del terzo mondo, che cercano la via del progresso economico e civile”.2

La risposta è più complessa, soprattutto guardando al fatto che sia la prospettiva della decrescita3, che lo sviluppo sostenibile4 hanno in mente la felicità dell’uomo e che l’uomo è al centro di ogni riflessione della DSC.

    La prospettiva del Vangelo

Prima di entrare nel merito della questione mi permetto una piccola digressione sui Vangeli, perché la Scrittura non ha tutta l’importanza che potrebbe avere nella DSC.

Nella parabola degli operai chiamati al lavoro nella vigna (Mt 20), troviamo l’ossessione del padrone di poter mandare a lavorare il numero più alto di persone, chiamandole anche alla cosiddetta ultima ora. Nella parabola del ricco e del povero Lazzaro (Lc 16), il problema è che non ci si accorge che sono stati prodotti degli scarti umani e che le ricchezze non sono usate per sanare tale situazione. Queste due pagine del Vangelo5 ci dicono che i beni e le attività economiche possono essere messe al servizio dell’uomo.

    Il punto di vista della Caritas in Veritate

Per affrontare, alla luce della DSC, il dilemma tra sviluppo sostenibile e decrescita proponiamo di studiare il centro della enciclica Caritas in Veritate (CV): tale centro è l’antropologia; infatti, “la questione sociale è radicalmente questione antropologica6. Non basta, però, concentrarsi su questo tema; si deve esplicitare anche quale modello di uomo si ha presente. Esistono, infatti, molte e divergenti visioni sull’uomo7. La via che la CV propone con grande forza è quella di un umanesimo trascendente: “lo sviluppo umano integrale sul piano naturale, risposta ad una vocazione di Dio creatore, domanda il proprio inveramento in un umanesimo trascendente, che … conferisce [all’uomo] la sua più grande pienezza: questa è la finalità suprema dello sviluppo personale. La vocazione cristiana a tale sviluppo riguarda dunque sia il piano naturale sia quello soprannaturale; motivo per cui, quando Dio viene eclissato, la nostra capacità di riconoscere l’ordine naturale, lo scopo e il “bene” comincia a svanire”.8 Solo nell’apertura alla fede in Dio, ci dice Benedetto XVI, l’uomo può essere capace di conoscere e attuare la giustizia e il bene, può essere capace di essere felice, può arrivare al suo pieno sviluppo.9

Il papa desume questa lettura a partire da Gesù che dice di se stesso di essere la Verità e a partire dal fatto che la dottrina della Chiesa cattolica vede nell’uomo Gesù il compimento dell’ essere umano, il compimento della dottrina sulla legge naturale.10 Afferma, infatti, che “lo sviluppo umano integrale ha come criterio orientatore la forza propulsiva della carità nella verità”,11  e che “non vi è quindi umanesimo vero se non aperto verso l’Assoluto nel riconoscimento di una vocazione che offre l’idea vera della vita umana”.12 E’ ovvia conseguenza, quindi, che il Vangelo sia elemento fondamentale di sviluppo.13 Solo seguendo il Cristo, cioè la Verità, l’uomo è libero14 e solo così può diventare capace di quella creatività che il mondo esige per il suo rinnovamento.

Il dubbio, che nasce leggendo queste parole e tenendo presente il dilemma che vogliamo risolvere, è se tale visione sia capace di indicare a tutti gli uomini di buona volontà una reale e concreta via per lo sviluppo. Tali affermazioni sono vere e fondanti per i credenti in Cristo, ma necessitano, per tradursi in vita concreta, di una ulteriore mediazione nelle scelte politiche ed economiche, contando sull’apporto culturale del maggior numero di tradizioni etiche, filosofiche e religiose.

Il papa non dimentica che altre componenti possono collaborare alla crescita dell’uomo: si afferma, ad esempio, che il cristianesimo e le altre religioni hanno un ruolo parallelo: “la religione cristiana e le altre religioni possono dare il loro apporto allo sviluppo solo se Dio trova posto anche nella sfera pubblica”.15

Ma va ricordato come davvero l’uomo deve essere la bussola orientativa per riflettere sul futuro, sul progresso: la CV ha ben in mente, riprendendo dalla Populorum Progressio, che lo sviluppo ha come fine l’uomo e la sua pienezza: “solo con la carità, illuminata dalla luce della ragione e della fede, è possibile conseguire obiettivi di sviluppo dotati di una valenza umana e umanizzante”.16 Lo sviluppo è vocazione e ciò “equivale a riconoscere, da una parte che esso nasce da un appello trascendente e, dall’altra, che è incapace di darsi da sé il proprio significato ultimo”.17 Elemento fondamentale diventa, allora, “la libertà responsabile della persona e dei popoli”.18 L’umanizzazione comporta, quindi, il rendere ogni persona non solo responsabile del proprio destino, ma anche pienamente artefice della riuscita o del fallimento della propria esistenza,19 coltivando, promuovendo e suscitando capacità sempre più adatte alle sviluppo dei nostri giorni.

Non c’è dubbio che una delle strade maestre è consentire a tutti di esercitare la propria libertà, partendo da un lavoro degno, che è capace di rendere l’uomo a sua volta creatore20, crescendo in libertà e creatività21, favorendo non solo la conservazione ma anche lo sviluppo del capitale umano  e del capitale sociale, grandezze che aiutano a misurare uno sviluppo integrale. L’accesso al lavoro per tutti è un obiettivo assolutamente prioritario22, proprio perché ogni uomo deve essere in grado di contribuire allo sviluppo: occorre guardare alle nuove generazioni, soprattutto nei paesi poveri, sapendo che i giovani “reclamano la parte attiva che loro spetta nella costruzione di un mondo migliore”.23

L’altra strada maestra è ripensare radicalmente il rapporto uomo-ambiente; “all’uomo è lecito un governo responsabile sulla natura24. L’uomo diventa responsabile se guarda alla sua presenza nel creato come reale interprete della sua vocazione e della carità che deve portare nel mondo: “l’uomo interpreta e modella l’ambiente naturale mediante la cultura, la quale a sua volta viene orientata mediante la libertà responsabile, attenta ai dettami della legge morale. I progetti per uno sviluppo umano non possono pertanto ignorare le generazioni successive, ma devono essere improntati a solidarietà e a giustizia internazionali, tenendo conto di molteplici ambiti: il giuridico, l’economico, il politico il culturale”.25 Solidarietà e giustizia, quindi, come percorsi privilegiati per valorizzare e custodire il grande dono del creato.

Parlando, però, di ecologia Benedetto XVI esprime una sua più profonda preoccupazione, portando la riflessione sull’ecologia umana26 e sull’aspetto morale della società27, ma anche su ciò che tiene vicini gli uomini, chiamati ad essere fratelli, valorizzando le relazioni interpersonali, tanto che la solitudine è dichiarata come una delle più profonde povertà dell’uomo.28 Ciò che mina alla radice l’ecologia umana è la presunzione “di bastare a stessi, oppure di essere solo un fatto insignificante e passeggero, uno straniero in un universo costruitosi per caso”.29 Lo sviluppo dei popoli, invece, può contare sul fatto che “oggi l’umanità appare molto più interattiva di ieri: questa maggiore vicinanza si deve trasformare in vera comunione. Lo sviluppo dei popoli dipende soprattutto dal riconoscimento di essere una sola famiglia, che collabora in piena comunione”.30 Non si può, a questo punto, trascurare come l’immigrazione sia una grandissima sfida per creare una vera e unica famiglia. Per questo la CV parla di inclusione, come via capace di superare le strettoie delle parole integrazione e ghettizzazione. Infatti, la prima porta a costringere i nuovi arrivati a sottomettersi alla cultura del paese ospitante, la seconda porta a generare rifiuti, scarti, da confinare negli angoli della socialità. Il percorso, invece deve portare ad una nuova ricchezza umana per tutti, dove tutti portano il loro dono come offerta per la felicità comune.

Proprio il dono assurge è il protagonista della riflessione della CV sullo sviluppo economico: “la carità nella verità pone l’uomo davanti alla stupefacente esperienza del dono. La gratuità è presente nella sua vita in molteplici forme, spesso non riconosciute a causa di una visione solo produttivistica e utilitaristica dell’esistenza. L’essere umano è fatto per il dono, che ne esprime e ne attua la dimensione trascendente.”.31

E’ la rivelazione di Dio Padre, di Dio Figlio che dona la vita e di Dio Spirito che spinge ad assumere questa vita umana di Gesù nella concretezza della nostra esistenza a spingere il papa a tracciare un percorso di felicità per l’uomo: “l’orizzonte è un amore che si dona, la fraternità come dono di sé”.32 Il dono diventa, quindi, la base della vita economica dei singoli e dei popoli: “anche nei rapporti mercantili il principio di gratuità e la logica del dono come espressione della fraternità possono e devono trovare posto entro la normale attività economica.33

La prospettiva è davvero affascinante, ma è necessario chiedersi “se abbia anche un fondamento teorico”.34 E’ molto facile rintracciare la fonte di tale approccio nell’economia di comunione, nell’economia civile come espresse in particolare da Stefano Zamagni e Luigino Bruni: “la novità più rilevante della CV per la teoria e la prassi economica contemporanee è l’affermazione che la reciprocità e la gratuità sono principi fondativi anche per l’economia e il mercato. E non solo per il mercato non profit, il volontariato o l’economia sociale, ma per l’intera vita economica ordinaria, dalle banche alle imprese multinazionali. Si tratta di una tesi rivoluzionaria”.35 La lettura dello sviluppo economico della CV è una possibile, non certo l’unica. Ma occorre porsi una seconda domanda: è una teoria spendibile nell’attuale drammaticità della crisi, nell’immensa fatica che caratterizza le imprese, tra fallimenti, licenziamenti, delocalizzazioni produttive? Parlare  di dono quando la vita concreta delle persone sembra calpestata è difficile; si assiste, molte volte, a un dramma molto più intenso nel breve difficilmente sanabile. Le parole del papa propongono una rilettura dalle fondamenta del fatto economico, ma che non può che essere pensata nel lunghissimo periodo.36 Manca, però, un punto di partenza certo: oggi nel mondo non c’è giustizia e senza giustizia non si può pensare di costruire una società che parta dal dono, dalla carità. Nelle prime pagine della CV, infatti, si afferma che “la carità eccede la giustizia, perché amare è donare, offrire il ‘mio’ all’altro; ma non è mai senza la giustizia, la quale induce a dare all’altro ciò che è ‘suo’, ciò che gli spetta in ragione del suo essere e del suo operare. Non posso donare all’altro del mio, senza avergli dato in primo luogo ciò che gli compete secondo giustizia”.37

Il dono, la gratuità,la giustizia sono doveri che Benedetto XVI indica a tutti gli uomini di buona volontà. Tante piazze del mondo hanno riportato al centro la riflessione sui diritti delle persone; ma una antropologia completa non può tacere sulla parallela responsabilità che ogni uomo si deve assumere per il cammino comune del mondo. Si deve ricomprendere la dinamica diritti- doveri per tracciare un vero sviluppo solidale: “ i diritti individuali, svincolati da un quadro di doveri che conferisca loro un senso compiuto, impazziscono e alimentano una spirale di richieste praticamente illimitata e priva di criteri”.38 La povertà e il sottosviluppo di tanti deve far maturare il diritto-dovere di occuparsi dell’altro; si deve percepire “come un dovere l’aiutare i paesi maggiormente bisognosi di sviluppo a essere artefici del loro destino, ossia ad assumere a loro volta dei doveri. La condivisione dei doveri reciproci mobilita assai più della sola rivendicazione di diritti.39

Aiutare ogni uomo a completare la propria fioritura è la via di bellezza che può conquistare le menti e i cuori di chi può prendere decisioni per il bene comune. Occorre promuovere le capacità di ogni persona in vista dell’integrale sviluppo dell’uomo e dell’umanità, in vista della felicità di ciascuno.

    Conclusioni

 Se l’uomo e la sua storia sono al centro, le distanze tra le varie soluzioni alla crisi sono molto più piccole di quello che sembrano. Lo sviluppo ha portato certamente una profonda umanizzazione nel mondo;pdf ma ha dimenticato molte zone del pianeta e ha dimenticato che a questi livelli di consumo le risorse scompariranno. Pensare di più ai beni comuni, ai beni immateriali, passare dal concetto di proprietà a quello di utilizzo comunionale, indicare strade per una povertà vissuta in funzione del dono, sono tutte strade percorribili. Agli uomini di buona volontà non tanto l’ardua sentenza, quanto la costruzione della felicità privata e pubblica.

 

 NOTE:

1 S. LATOUCHE, Come si esce dalla società dei consumi. Corsi e percorsi della decrescita, Bollati Boringhieri, Torino, 2011, pag. 192.

2 GIOVANNI PAOLO II, Centesimus Annus, n° 41.

3 Serge Latouche parla di ecoantropocentrismo. Cfr. in particolare S. LATOUCHE, Breve trattato sulla decrescita serena, Bollati Boringhieri, Torino, 2008, pag. 122. L’ultimo capitolo di questo libro si intitola: La decrescita è umanesimo?

4 Nei testi più illuminati l’aggettivo sostenibile fa sempre riferimento alla vita degna dell’uomo di oggi e delle future generazioni.

5 Per una analisi più dettagliata della Scrittura nella riflessione sull’economia, rimando a M. PRODI, Felicità e strategie d’impresa. Persona, relazionalità ed etica d’impresa, Edizioni Dehoniane, Bologna, 2010

6 CV 75.

7 Cfr. CV 18.

8 CV 18.

9 Cfr. CV 52

10 Cfr COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE, Alla ricerca di un’etica universale: nuovo sguardo sulla legge naturale, LEV, Città del Vaticano, 2009.

11 CV 77

12 CV 16.

13 Cfr. CV 18.

14 Cfr. CV 9.

15 CV 56.

16 CV 9.

17 CV 16.

18 CV 17.

19 Cfr. CV 17.

20 Cfr. CV 41.

21 Cfr. CV 25.

22 Cfr. CV 32.

23 CV 49 che cita PP 65.

24 CV 50.

25 CV 48.

26 Cfr. CV 51.

27 Infatti “il problema decisivo è la tenuta morale della società” (CV 51).

28 Cfr. CV 53.

29 CV 53.

30 CV 53.

31 CV 34.

32 F. IMODA, La questione antropologica nella Caritas in Veritate, Aggiornamenti Sociali, 02, 2010, pp. 113-124, qui pag. 118. L’Autore prosegue citando un brano della PP, ripreso in CV 21: “Il mondo è malato. Il suo male risiede meno nella dilapidazione delle risorse o nel loro accaparramento da parte di alcuni, che dalla mancanza di fraternità tra gli uomini e i popoli” (Paolo VI, PP, 66). Benedetto XVI afferma, quindi che “l’essere umano è fatto per il dono, che ne esprime ed attua la dimensione di trascendenza” (CV 34).

33 CV 36.

34 L. BRUNI, Reciprocità e gratuità dentro il mercato. La proposta della caritas in Veritate, Aggiornamenti Sociali, 01, 2010, pp 38-44, qui pag. 34.

35 L. BRUNI, Reciprocità e gratuità dentro il mercato. La proposta della Caritas in Veritate, Aggiornamenti Sociali, 01, 2010, pp 38-44, qui pag. 34.

36 Cfr. la lettura dell’enciclica in P. PRODI, Settimo non rubare. Furto e mercato nella storia dell’Occidente, il Mulino, Bologna, 2009, pag. 381.

37 CV 6.

38 CV 43.

39 CV 43.

 

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