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Rivista di etica e scienze sociali / Journal of Ethics & Social Sciences

pdfLa violenza abituale in Iraq ha raggiunto un livello importante ed è collegata alla personalità dell’individuo iracheno: questo comportamento è radicato nella politica del paese e la politica sta usando la violenza in maniera sempre maggiore con il passare del tempo. Il comportamento violento ed aggressivo è una cosa abituale e lo praticano le classi dirigenti contro i loro avversari politici1.
Sicuramente questo comportamento violento nell’atteggiamento delle classi dirigenti non viene dal niente: i motivi sono tanti e vari e ci sono motivi particolari che stanno dietro la violenza politica in Iraq.
Evidenziamo alcuni fattori importanti:


1) Il fattore sociale: l’Iraq - come ho già riferito nella mia tesi di dottorato che si intitolava: I conflitti etnici e religiosi nell’Iraq contemporaneo dal punto di vista del dialogo interreligioso, 2012 – è stato un campo di battaglia tra due belligeranti, l’impero ottomano e quello persiano. Alla fine ha vinto la battaglia l’impero ottomano con la conseguenza che il dominio e il controllo degli ottomani sull’Iraq è iniziato nel 1517 e si è esteso fino al secondo decennio del XX secolo.
Il dominio dell’impero ottomano è stato segnato da autoritarismo, avidità e esclusione. Tale sistema politico rispecchiava il modello di governante vigente presso l’élite di un piccolo numero di turchi ed alcuni personaggi di alto livello provenienti da famiglie benestanti locali. Il sistema delle entrate turco e l’imposizione di diverse imposte ha causato un enorme carico finanziario sugli agricoltori e sulla popolazione in generale. Questi erano disarmati e senza protezione di fronte al rischio di coercizione e di fame, che si univa all’assenza di qualsiasi riforma sociale possibile.
Mentre il potere ottomano era per lo più concentrato nelle grandi città, esso ha lasciato il resto delle aree in potere dei clan e delle tribù che a loro volta hanno imposto leggi per governare, controllare e diffondere il saccheggio sul popolo iracheno. E così la violenza ha imposto la sua presenza nei rapporti tra le persone: i clan e le tribù hanno influenzato in questo senso la società irachena. Questa influenza non si è conclusa con l’istituzione della monarchia in Iraq, anzi c’è stato un aumento dell’uso della forza. Quindi sono mancate in Iraq le basi necessarie alla creazione di un sistema statale moderno.
La struttura politica nei suoi aspetti moderni è stata solo una facciata posta a copertura di una società arretrata che soffriva la diffusa povertà ed ignoranza. Le relazioni sociali evidenziano ancora gli aspetti tradizionali del non fidarsi degli altri e del dubitare delle loro intenzioni e informazioni. Le condizioni sociali della società irachena hanno prodotto valori tradizionali che non corrispondono alle pratiche moderne di amministrazione e politica, come è l’uso della violenza quale mezzo di gestire e risolvere le divergenze. E lo conferma il sociologo iracheno Ali Al-wardi asserendo che l’Iraq prima dagli altri paesi nella zona è rimasto per molti secoli sotto la pressione delle valori e delle leggi dei beduini e di conflitti tribali, etnici e nazionali. Tutto ciò ha prodotto una civiltà urbana che applica questi principi e valori anche nel trattare tra gli stessi concittadini2.
Il clan è sinonimo di settarismo e questo è un fenomeno di carattere sociale imposto dalle circostanze storiche vissute dai gruppi umani. Gli aspetti negativi di questo sistema diventano visibili mentre penetrano nei rapporti e nei nuovi spazi sociali più ampiamente di quello in altri paesi dei dintorni3. Attualmente nella società irachena sta rinascendo il settarismo in maniera più forte ed ampia, dopo una fase di debolezza e di arretramento. Ci sono delle manifestazioni di violenza sociale contro le donne, come ad esempio la violenza sessuale, diffusa nel nord e nel sud dell’Iraq e in aree particolari a causa delle tradizioni legate al ritardo nel divieto di maltrattare fisicamente le donne o di sottoporle a trattamenti inadeguati. Così come quelle tradizioni legate all’onore, a sposare le minorenni, ai matrimoni forzati4.
Uno dei fenomeni sociali negativi nella società irachena che maggiormente aiuta la permanenza della violenza è il fenomeno di diffusione delle armi tra i membri della società in maniera molto ampia. Si considera il possesso delle armi un segno di orgoglio e virilità per il cittadino iracheno e non c’è una casa nella società irachena che non abbia un’arma, specialmente dopo la caduta del regime di Saddam Hussein nel 09/04/2003 quando ci fu il saccheggio delle armi di tutti i campi e impianti di produzione militare. Così come la politica del passato regime che perseguiva la militarizzazione della società attraverso la distribuzione delle armi ai comuni cittadini.
È interessante considerare che la distribuzione delle armi comprende non solo armi leggere richieste dagli individui della società irachena alla ricerca di protezione a livello personale, ma include anche armi pesanti. E questo fatto ha aiutato l’espansione delle milizie armate non legali.
La storia contemporanea dell’Iraq è stata testimone di un tale fenomeno che collide con il concetto dello stato moderno. La distribuzioni delle armi è stato adottata dall’ autorità statale favorendo di volta in volta particolari gruppi affiliati ad una appartenenza politica. In tal modo l’autorità ha organizzato ed armato gruppi fuori dalle istituzioni formali riconosciute come la sicurezza e la polizia. È da lì che proviene la rinascita della resistenza popolare, la guardia nazionale, l’esercito popolare, gruppi di risveglio e la bashmarga. Questi gruppi sono per loro natura forze indisciplinate che agiscono per estendere la propria autorità ed imporre la propria ‘legge’ che è del tutto illegale. Questo fatto sociale confluisce nell’attuale tendenza della società irachena a comportarsi con violenza.

2) Il fattore geografico: l’Iraq come territorio contiene quasi tutte le caratteristiche di geografiche e climatiche del mondo. Il paese possiede aspre montagne torreggianti, pianure e deserti, laghi e paludi e i due fiumi grandi, il Tigre e l’Eufrate, con i loro affluenti. L’Iraq come clima gode di quattro stagioni in cui le temperature variano tra gli alti e bassi in modo che la differenza è di oltre 70 gradi F. Questi dati dissonanti dalla natura della geografia e del clima costituiscono caratteristiche che hanno influito in modo indiretto sulla natura della personalità degli iracheni. Hanno prodotto negli abitanti di ogni regione delle caratteristiche ed umori diversi dalle altre aree dello stesso paese.
L’Iraq come paese agricolo e attraverso la sua storia è sempre dipeso da un sistema di irrigazione centralizzata per usufruire di un’ampia rete fluviale presente in esso. Ciò ha creato un sistema autoritario centrale perché la questione dell’acqua è una questione di vita o morte per gli esseri umani e in modo particolare per le varie società agricole. Di conseguenza questo fatto ha generato e sviluppato nello stesso momento un sistema tirannico di controllo e ha creato il potere assoluto, e questo vuol dire corruzione assoluta.
La paura era il principio sul quale si basava il governo della tirannide5. Intanto era un governo ingiusto e tirannico, che praticava l’ingiustizia con l’uso della violenza nelle sue forme diverse6. Un altro fatto determinante è quello del ripetersi delle scene degli alluvioni che spingevano il cittadino iracheno a sentirsi pressato a causa della durezza della natura nei suoi confronti. Questo influiva in modo negativo sulla psicologia dell’individuo iracheno e provocava nella sua natura profonda reazioni ed umori tragici come ansia, violenza e ribellione.

3) Il fattore storico: l’Iraq è stato e rimane tuttora un obiettivo per gli invasori provenienti da ogni parte a causa di numerosi e diversi motivi tra i quali la sua posizione geografica. È stata sempre una continuazione di guerre per dominarlo e controllarlo. Di conseguenza questa situazione preoccupante ha fatto creare, nascere e vivere una violenza molto vigorosa e una polarizzazione settaria, sanguinosa, amara a causa delle potenze dominanti che ci sono in Baghdad. Questi fatti hanno lasciato un segno forte negli iracheni in generale. Chi vive nella società irachena può notare e vedere la presenza in maniera forte di ogni tipo di violenza, uccisione, distruzione, saccheggio, lo spostamento e il cambiamento demografico e anche l’emergere di forze sociali, economiche e politiche, di nuove culture e i comportamenti. Ciò ha portato a diversità etnico-religioso che a loro volta generano una molteplicità di religioni ed etnie diverse: arabi, curdi, turkmeni, armeni, siri e caldei, shabak e yazidi …ecc.
Gli iracheni in generale, hanno subito in modo forte il settarismo religioso che ha prodotto il settarismo politico. I movimenti conflittuali sul territorio iracheno sono stati fonte di differenza nei movimenti e gruppi religiosi, compresi movimenti estremisti. Sono ‘rinate’ le radici dei gruppi islamici più grandi, sunniti e sciiti. L’emergere della differenza di questi due grandi gruppi nell’Islam risale nella storia alla lotta politica per il potere. È questo che si considera il primo ed ultimo motivo sia della violenza sia dei conflitti etnici e religiosi che ci sono in Iraq. Esso tende alla ricerca del potere e la storia ripete se stessa nel proseguimento della violenza sanguinosa fino ad oggi.
Riflettendo sulla storia di questo paese scopriamo che la violenza in Iraq è uno dei motivi più importanti e pericolosi che hanno contribuito a seminare in maniera potente la violenza dentro all’essere umano iracheno, oltre ad aver fatto vivere gli iracheni nell’ansia e nella povertà e nel saccheggio da parte dei politici iracheni che governavano. E questo sia da parte degli invasori esterni, dell’occupazione straniera che da membri della stessa società irachena. Le manifestazioni di spostamenti forzati e di diffusi omicidi, e la stessa diffusione della morte, spingono il popolo iracheno a rispondere con un comportamento violento. Quando aumentano i comportamenti ricordati sopra, l’individuo nella società irachena viene influenzato ed portato a posizioni violente. Uno degli studi scientifici in questo caso ha indicato che la capacità di risposta negativa dell’individuo iracheno a quegli stimoli è una risposta con fatti di estrema violenza.
La continuazione della violenza, i conflitti etnico-religiosi e la guerra in Iraq: si rinnova il ciclo della violenza e della durata dei conflitti etnico-religiosi. E questo significa la sopravvivenza in un ciclo continuo di violenza sanguinosa e una continua lotta per il potere gettando una grande ombra di dubbio sul concetto stesso di Stato.

4) Il fattore economico: questo è uno dei fattori principali nel susseguirsi della violenza in Iraq. Le condizioni economiche sfavorevoli hanno provocato l’assenza di una base politica efficace che lavori per creare coerenza e integrazione tra le varie autorità nel sistema politico.
Il sistema socio-economico durante tutta l’età del regno d’Iraq era stato segnato da una grande differenza nella distribuzione del reddito: nella parte superiore della piramide una piccola classe sociale di gruppi ricchi, mentre il resto della popolazione irachena soffriva di estrema povertà, ignoranza e malattia. Questo ha portato alla divisione netta della società irachena in due classi sociali: i ricchi e i poveri, e la divisione era in tutto favorevole alla classe ricca. Inoltre si è prodotta l’assenza di una classe sociale media che prendesse su di sé la guida dell’opposizione e i cambiamenti nella società7. Una situazione simile è accaduta durante il blocco economico (dal 1991- fino 2003).
La situazione economica è peggiorata a causa dell’arretratezza nelle condizioni sociali che hanno portato alla perdita delle basi sociali fondamento dell’autorità politica che da essa trae la sua forza. Tutto questo deriva da una estrema povertà diffusa in maniera molto ampia tra la popolazione irachena al centro di un ambiente d’analfabetismo, e soggetta a forme di pensiero e a concetti tradizionali radicati.
La causa principale del peggioramento delle condizioni generali è la povertà diffusa che come risultato porta con sé l’ignoranza e la malattia. Questi fattori portano al sottosviluppo che è considerato un terreno fertile per creare la violenza. Il potere in Iraq h acquisito, grazie alla nazionalizzazione del petrolio, una grande capacità distruttiva e nello stesso momento la ricchezza petrolifera e l’abbondanza finanziaria sono diventate uno dei fattori principali di distruzione di massa in tutti gli aspetti morali, economici, politici e sociali.

5) il fattore religioso: è il fattore che si considera il più pericoloso e il più sensibile nel corso della violenza in Iraq. Il settarismo è il fatto che determina in larga misura identità che superano il carattere nazionale. E se vi aggiungiamo l’elemento nazionale, sarà una fattore di massima pericolosità perché porta a fuga ed avversione. In Iraq vi è una chiara differenziazione tra gli sciiti e sunniti8; aggiungendovi nell’ultima fase anche i curdi.
La differenza settaria - che è una variazione naturale dovuta all’emergere delle religioni e al loro sviluppo – ha lasciato in Iraq un segno chiaro nella società attraverso i rituali e le pratiche di culto. Le dottrine islamiche, invece di essere una strada per arrivare a Dio (unica verità), hanno portato alla mancanza di consapevolezza e alla mancanza di rispetto per le altre dottrine e i loro opinioni. Abbiamo solo intolleranza e distorsione della storia e conseguente emarginazione di altri gruppi.
Il risultato conseguito è una comprensione errata della religione. E questa comprensione ha portato poi alle più ampie contese mortali riguardo l’umanità del popolo iracheno; rendendolo più facile a sviluppare i semi di conflitti etnici-religiosi che sono diventati conflitti sanguinosi in maniera forte.

 

Conclusione

Attraverso questo studio, possiamo dire che la violenza in Iraq è per lo più una violenza politica più che una violenza sociale. La violenza politica è quella che complica i problemi economici e sociali. Questo è il più grande pericolo e porta in sé lo scoppio della violenza civile. É la nostra grande paura: la violenza civile che poi può provocare di conseguenza la divisione e strappare la società irachena e l’Iraq stesso come popolo e stato. Possiamo dire anche che la violenza in Iraq è una realtà socio-politica che ha le caratteristiche di essere collettiva, storica, ideale e funzionale, compreso il carattere di coercizione. Essa è una realtà esistente già all’interno e all’esterno della società irachena e si trova prima che la comprenda l’individuo singolo.
In realtà il condizionamento del fatto psicologico dell’individuo iracheno insieme con le condizioni che ci sono nella società irachena è solo una coercizione sociale; che poi la persona irachena ha acquisito attraverso la socializzazione e pdfl’istruzione, l’educazione e le relazioni sociali, in modo che pervadono il subconscio e diventano parte della sua composizione ed esistenza.
Ciò significa che le condizioni oggettive sono controllate dalla violenza in Iraq oltre all’auto-condizionamento personale, vale a dire che non possiamo giudicare facilmente la violenza: sembra un acquisto storico irreversibile attraverso la successione generazionale. I cittadini iracheni sono stati sottoposti a condizioni di stress sovrumano e così hanno reagito istintivamente. Come cambiare le percezioni e il comportamento, la cultura e la natura entro un tempo ragionevole?
Si conclude pertanto che l’eliminazione della violenza in Iraq è una finalità perseguibile solo attraverso lo studio approfondito dei fattori e delle cause che abbiamo elencato. Fattori estremamente sfavorevoli al cambiamento: tenendone conto pensiamo che il risultato non può essere raggiunto in un breve lasso di tempo come quello che separa il giorno dalla notte.

 


Bibliografia minima (in arabo)

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Glion, Burhan, Questione settaria e il problema delle minoranze, Beirut, 1979.
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Hariz, Abdul Nasser, La violenza politica e il suo impatto sul spostamento di potere (tesi di Master non pubblicata), Algeria, Università di scienze politiche e relazioni internazionali, 2000.
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Metwally, Abdul Hamid, Il mediatore in diritto costituzionale, Cairo, pubblicazioni studentesche, 1956
Nafisi, Abdullah Fahad, Il ruolo degli sciiti in Iraq nello sviluppo della politica moderna, Bairut, Dar Al-nahar Editoriale, 1973.
Nero, Sadeek, Sociologia politica, Università di Baghdad, Baghdad, Dar al-Hikma, 1990.
Nieburg, Harold, La violenza politica, Napoli, Guida Editoriale, 1974.
Taufik, Hassanein, Il fenomeno della violenza politica nei regimi arabi, Beirut, 1992.
Taufik, Hassanein, Il fenomeno della violenza politica in Egitto (1952- 1987), Beirut, 1988.

 

NOTE

 1. Al-aswad, Sadeek, Sociologia politica, Università di Baghdad, Dar al-Hikma, Baghdad, 1990, p. 592.

2. Al-wardi, Ali, Profili sociali della storia moderna dell’Iraq, Parte quinta, Al-ani Editoriale, Baghdad, 1978, p. 9.

3. Glion, Burhan, Questione settaria e il problema delle minoranze, Beirut, 1979, pp. 19-20.

4. Al-wardi, Ali, Uno studio nella natura della società irachena, Al-ani Editoriale, Baghdad, 1965, p. 115.

5. “Tirannide”: regime fondato sulla violenza e l’arbitrio. Tiranno è il termine attribuito a colui che dapprima raggiunge e poi esercita in maniera egemonica il potere attraverso la violenza e il dispotismo, dando vita così ad una tirannide o ad una dittatura.

6. Imam, Abdul Fattah Imam, La tirannia: uno studio filosofico delle immagini di dispotismo politico, Dar Al-maarifa, Cairo, 1994, p. 37.

7. Al-hasso, Nizar Taufik, La lotta per il potere in Iraq Reale, Biblioteca del Kindi, Baghdad, 1984, p. 48.

8. Nafisi, Abdullah Fahad, il ruolo degli sciiti in Iraq nello sviluppo della politica moderna, Dar Al-nahar Editoriale, Bairut, 1973, p. 199.

 

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