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Rivista di etica e scienze sociali / Journal of Ethics & Social Sciences

 

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ALESSANDRO CORTESI

05 cortesi 1 I dibattito sulla questione dei cattolici e politica in Italia presenta aspetti di particolare complessità e richiede uno sguardo storico e alcune precisazioni sul riferimento alla categoria dei ‘cattolici’ in Italia oggi.

pdfIl panorama della presenza e impegno dei cattolici nell’ambito politico è stato frammentato sin dai tempi della Democrazia cristiana, nonostante i ripetuti appelli delle gerarchie ecclesiali ad una unità politica dei cattolici o alla ricomposizione di unità perduta. Sin da quell’epoca nelle diverse fasi dal dopoguerra agli anni ‘80 l’appartenenza politica e l’espressione del voto cattolico è stata diversificata e plurale, in particolare dopo la stagione del Concilio Vaticano II.

Nella fase della cosiddetta seconda repubblica negli anni ’90 con l’affermazione del partito azienda di Berlusconi si è assistito da parte dei vertici della Conferenza episcopale ad una insistenza nell’elaborazione di un progetto culturale con pretesa di guida diretta nella vicenda politica e sociale del paese. Dopo i passaggi traumatici degli inizi degli anni 90 con tangentopoli era venuto meno il partito di ispirazione cattolica che ancora al suo interno vedeva la presenza di chi operava per una mediazione laica tra istanze provenienti dalla fede e il momento specificamente politico. Si apriva una nuova stagione. Da parte dei vertici ecclesiastici era intenzione attuare un’influenza immediata sull’elaborazione legislativa e le scelte orientative del Paese con particolare insistenza a preservare alcuni aspetti di privilegio della chiesa nel rapporto con lo Stato. Ciò veniva compiuto in un nuovo tipo di collateralismo sensibile agli orientamenti del particolare tipo di destra che si affermava in Italia, con un maggiore controllo sui movimenti laicali e promuovendo nuove aggregazioni.

In tempi più recenti agli inizi degli anni 2000 si è giunti a prefigurare un obbligo di coscienza da parte dei parlamentari rispetto alle indicazioni magisteriali riguardo ad alcuni temi etici indicati come ‘valori non negoziabili’ esigendo da loro obbedienza perché le leggi traducessero nella loro formulazione i dettami della dottrina sociale. È stata l’epoca dell’interventismo diretto attorno ad alcuni temi etici particolari, con la mobilitazione dei movimenti cattolici di centrodestra in consonanza con le gerarchie (si pensi al Family Day del 2007 convocato contro la proposta di legge del governo Prodi sui DICO).

È stata anche l’epoca in cui si è attuata una de legittimazione dei politici cattolici che in fedeltà alla propria responsabilità di ricerca di un dialogo in vista di un bene comune possibile richiamavano all’esigenza di autonomia nella difficile opera di mediazione propria dell’impegno politico.

La nascita del Partito Democratico nel 2007, erede dell’esperienza dell’Ulivo, ha offerto una interessante prospettiva per attuare una linea di riformismo nell’incontro tra orientamenti culturali diversi, socialdemocratici di ispirazione cristiano sociale ed ecologista, ma uniti da una comune ricerca di uguaglianza ed equità sociale, di solidarietà e affermazione dei diritti civili e sociali. Tuttavia l’attenzione ai diritti non è stata accompagnata da una visione capace di novità nell’ambito economico appiattendosi invece su ricette di tipo liberista.

Con l’inizio del pontificato di papa Francesco (2013) il clima ecclesiale è assai mutato, nonostante le forti resistenze che in Italia si registrano rispetto all’orientamento pastorale e missionario del papa che ha modificato la gerarchia delle priorità. Non più e non tanto insistenza su valori etici da affermare per via legislativa con forti pressioni, piuttosto il richiamo ad un rinnovamento interiore e ad una riforma strutturale della chiesa stessa per orientarsi decisamente alla testimonianza del vangelo con una opzione preferenziale per i poveri. Francesco ha collocato al primo posto il vangelo quale riferimento dell’agire di chiesa e si è dimostrato preoccupato in primo luogo della testimonianza cristiana delle comunità prima che della funzione pubblica e politica della chiesa istituzionale nelle vicende del Paese. Solo da una coerente testimonianza infatti può scaturire impegno e motivazione per un operare politico in cui sia data responsabilità alle persone con le rispettive competenze e non sia assunto in modo diretto dalle gerarchie ecclesiali.

Questa nuova impostazione ha mostrato più chiaramente l’impreparazione dei vertici ecclesiali italiani ad accogliere tale centralità di importanza della dimensione testimoniale e di educazione alla fede rispetto all’orientamento ad occupare spazi e a mantenere condizioni di privilegio. D’altra parte ha manifestato una situazione problematica del cosiddetto mondo cattolico italiano. L’appartenenza cattolica è percepita da molti, per educazione religiosa e per concezioni di chiesa, come appartenenza culturale, quale forma di religione civile, strumento di costruzione identitaria secondo impostazioni esclusiviste e di sospetto nei confronti dell’altro. Il dirsi cattolici quindi si connota come religione simbolo di appartenenza, spesso come ‘religione dello scenario’ che per nulla incide sulle scelte e che non ispira orientamenti concreti, ma facilmente asseconda i potenti di turno in vista dei propri interessi. Ben diverso è l’atteggiamento di chi vive una fede che si confronta con il vangelo e intende l’impegno storico e sociale nel contesto della società plurale come ricerca di mediazioni su cui trovare rapporto e intesa con altre posizioni e orientamenti.

L’esperienza della storia italiana dovrebbe essere oggi tenuta presente: nel secolo scorso una attitudine religiosa preoccupata dei vantaggi per la chiesa derivanti da concordati e privilegi accompagnata da un diffuso disinteresse per la costruzione democratica ha condotto ad assecondare le derive autoritarie del regime fascista. Oggi nuove formazione politiche e nuovi leader si sono affacciati sulla scena proponendo forme di populismo rinnovate nell’aspetto ma altrettanto pericolose nei contenuti. I simboli della fede come il rosario e il vangelo esibiti da rappresentanti politici che promuovono e attuano politiche di esclusione, di disprezzo dei poveri e di disumanità (fino al rifiuto del soccorso in mare dei migranti e alla chiusura dei porti) è l’immagine eclatante di una malattia presente nella nostra società e dalla quale la chiesa italiana stessa in alcune sue componenti non è esente.

Quel deficit democratico proprio della società italiana denunciato spesso insieme alla fragilità delle istituzioni che ne garantiscono l’attuazione vede non poche responsabilità proprio da parte della chiesa e di una educazione religiosa incapace di cogliere l’eredità di un riferimento fondamentale alla Costituzione. Proprio il passaggio costituzionale fu esito di un dialogo condotto da testimoni di una fede capace di entrare in dialogo con culture diverse e di trovare vie di mediazione storica e di traduzione concreta di ispirazione evangelica e umana. Il testo stesso della Costituzione non è da considerare chiuso in una sorta di fissazione dogmatica ma è da intendere come testo guida per un cammino di vita civile che richiede nel tempo adeguamento delle istituzioni alle nuove condizioni sociali e ai mutamenti culturali sulla scena globale.

Parlare di cattolici in Italia come di un gruppo uniforme e indistinto è utilizzare una categoria dai contorni imprecisi: essa dovrebbe esprimere la condizione di fedeli capaci di autonomia e responsabilità nelle scelte politiche ispirati dal riferimento al vangelo ma di fatto la realtà è molto diversa.

Per affrontare la questione di un impegno politico ispirato dall’esigenza evangelica al farsi carico della storia penso sia importante delineare alcuni orizzonti secondo i quali, persone che si riferiscono al vangelo, possono trovare in esso un riferimento che spinge ad una umanizzazione della vita, ad un rapporto di convivenza nella pace con gli altri, ad orientamenti che promuovano la dignità e la vita di ogni essere umano in una continua ricerca delle vie possibili e concrete (talvolta del male minore) per attuare tutto questo. L’istanza della ricerca del regno di Dio che è regno di giustizia e di pace, di rapporti nuovi di fraternità è anche base per collaborare con tanti altri che da diverse posizioni culturali e religiose intendono lottare per una società in cui la giustizia sociale, i diritti e la solidarietà siano elementi fondanti di una qualità democratica della vita sociale. Indicherei in particolare tre orizzonti significativi in particolare oggi e nel contesto italiano.

Il vangelo è annuncio di rapporti nuovi di fraternità e sororità. La testimonianza di Gesù e il suo agire indicano i termini di una comunità che si concepisce nel cammino. Oggi ci troviamo di fronte all’evento epocale costituito dalle migrazioni dei popoli: non si tratta di un fatto emergenziale e limitabile ad una questione di sicurezza come peraltro da decenni gli orientamenti dei diversi governi l’hanno intesa, ma di un processo strutturale di questo tempo. Innanzitutto si richiederebbe una chiarezza nell’analisi delle cause remote: lo sfruttamento economico dei paesi poveri, politiche colonialiste occidentali, impoverimento determinato da sfruttamento delle risorse, landgrabbing, provocazione di conflitti locali per il dominio delle riserve minerarie e dell’energia. Insieme ad un’analisi di cause si porrebbe anche l’urgenza di individuare con lucidità i fini da perseguire. Promuovere rapporti di fraternità tra persone e popoli implica intraprendere vie per mantenere possibilità di spostamenti liberi delle persone nel diritto a migrare, soprattutto proteggere coloro che fuggono da conflitti, violenza, violazione di diritti fondamentali e da condizioni di vita di difficoltà e miseria, favorire società aperte capaci di accoglienza e inclusione. Mi sembra che questo orizzonte di fraternità possa costituire un primo luogo di ricerca di attuazione di politiche in cui al primo posto vi sia il riconoscimento della dignità di ogni essere umano e la protezione soprattutto dei più fragili e di coloro che sono sfruttati. La logica di fondo è quella magistralmente presentata nell’art. 3 della Costituzione italiana, lo sforzo perseguire una eguaglianza di opportunità e di togliere elementi che impediscono alle persone il pieno sviluppo delle loro attese di vita dignitosa. Ciò implica un orientamento politico fondamentale ad intendere la questione migrazione non nei termini di una questione attinente alla sicurezza – quale l’attuale impostazione della legislazione al riguardo – ma nei termini dell’integrazione e di una visione positiva di incontro e di arricchimento sociale nell’accoglienza.

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Un secondo orizzonte che indicherei è quello del lavoro e della impostazione della vita economica. Il vangelo richiama ad impostare i rapporti con gli altri non nei termini della competizione, del disprezzo del più debole, e della esclusione ma nei termini della cura, della vicinanza ai più deboli e del riconoscimento di dignità nell’operare umano. Nell’ottica di fede l’attività umana in cui si esprime la creatività, il servizio ad altri, il miglioramento di condizioni di vita è luogo di un apertura all’incontro stesso con Dio creatore. Ognuno ha un posto importante e unico nella vita e questo si attua nella dimensione del lavoro e dell’accesso ad alcune condizioni basilari espresse da papa Francesco nel richiamo alle tre ‘t’ di tierra, techo, trabajo: terra, casa, lavoro.

Come è richiamato nell’analisi profetica del contesto attuale elaborata nel II capitolo di Evangelii Gaudium il quadro che sfida la capacità creativa della testimonianza cristiana oggi è la condizione della ‘inequità’ a livello globale. Riferirsi al vangelo implica scorgere vie per contrastare le cause dell’inequità che generano ingiustizia e impoverimento. Un sistema di economia dominato dai grandi gruppi finanziari, la creazione di ricchezza centrata nell’ambito della finanza in mano ai grandi gruppi capitalistici e il lavoro sempre più è ridotto a pura merce contrasta con il messaggio di dignità di ogni persona e con l’orizzonte di una convivenza solidale tra popoli. Si tratta oggi di dare centralità al lavoro quale esperienza in cui si manifesta la dignità delle persone e la possibilità di una vita nella relazione di solidarietà con altri.

Nel contesto attuale a livello internazionale molto forti sono le spinte ad una precarizzazione del lavoro spinta a livelli estremi con forme di sfruttamento che riconducono a condizioni della prima rivoluzione industriale. A fronte di tali visioni penso che una linea di impegno sia quella di individuare forme possibili per far sì che il lavoro sia esperienza per tutti, fonte di dignità e riconoscimento del contributo di ognuno nella costruzione di una società con legami di solidarietà. Sono da individuare modalità per un’esperienza lavorativa che possa offrire una stabilità indispensabile per consentire ai giovani di progettare scelte di vita affettiva e famigliare ed una vita non ridotta alla schiavitù di un lavoro precario e continuamente sottoposto all’incertezza e alla possibilità di perdita.

A tale orizzonte del lavoro si potrebbe unire un ulteriore ambito di impegno nell’attenzione ad una economia attenta al rapporto con la natura. Di fronte al disastro ecologico e allo sfruttamento indebito delle risorse, appare sempre più chiaro come l’ingiustizia sociale sia una questione collegata ad un rapporto di sfruttamento e dominio sulla natura. La sfida a trovare modi di produzione e di consumo rispettosi della salvaguardia del creato e con responsabilità per la terra e per le generazioni future è un ambito che pone insieme progettualità generale e scelte quotidiane e stili di vita.

Una terza opzione che mi sembra fondamentale per un impegno storico di persone che richiamano al vangelo e trovano su tale base l’apertura a collaborare con tanti altri è la questione dell’Europa. L’Europa sorge sulle ceneri di Auschwitz: i trattati fondamentali e le istituzioni create dopo la tragedia della Shoah e del disastro delle guerre europee del XX secolo sono sorte per contrastare la possibilità di ripetere la disumanità sperimentata negli anni delle dittature novecentesche e della guerra. Oggi è quanto mai urgente riscoprire la spinta ideale che ha condotto a quei passaggi storici e a scorgere anche le cause di un ripiegamento dei paesi europei in forme di chiusura e di egoismo. Papa Francesco ha richiamato in alcuni suoi discorsi l’Europa a riscoprire le sue idealità e a farsene testimone non nella linea di una fortezza isolata dal mondo ma come convivenza aperta capace di contrastare l’indifferenza e i miti della superiorità e dell’autoctonia che conducono a discriminazioni, al razzismo, a non scorgere l’esigenza di soccorso di protezione e di umanità verso l’altro.

Ciò che dovrebbe stare a cuore ai cristiani non si limita solamente ad alcuni temi isolati ma la qualità globale della democrazia e della convivenza. Il progetto europeo esige di essere rinnovato, ricondotto da un lato all’ispirazione originaria e dall’altro a nuove forme di solidarietà tra stati e popoli che solamente insieme possono affrontare fenomeni epocali quali la questione demografica, politiche del lavoro, l’accoglienza dei migranti, un sistema efficiente di protezione dei richiedenti asilo. In particolare oggi di fronte all’ondata dei populismi e delle chiusure xenofobe e identitarie il progetto europeo dovrebbe essere ripensato e rilanciato. Va superata una struttura delle istituzioni centrate sulla logica ristretta all’ambito economico e monetario, dando centralità al parlamento e ad una impostazione di federalismo solidale, in cui al centro stia l’impegno a realizzare i principi dei diritti umani espressi nei Trattati. Discostandosi dalle miopie nazionalistiche la scelta europea potrà averepdf un significato se attua un nuovo paradigma in una federazione di Stati che sia spazio di comunicazione ed elaborazione delle diversità culturali e religiose e si contrastino le diverse forme di individualismo. È questo un ambito rilevante di impegno per contrastare ogni tipo di fondamentalismo.

Mi sembra che attorno a questi poli si possa parlare di un contributo di impegno possibile di quanti ritrovano nel riferimento al vangelo una fonte di ispirazione e insieme la apertura a collaborare con tanti altri che hanno a cuore la costruzione di una società giusta e solidale e soprattutto attenta a coloro che hanno meno opportunità e sono più fragili.

 

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