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Rivista di etica e scienze sociali / Journal of Ethics & Social Sciences

bazzichi

 

Il testo riprende parte del contributo di Oreste Bazzichi che apparirà sul n. 3/2021 della rivista La Società.

Esprimiamo in tal modo la nostra vicinanza ideale alla rivista La Società, e al movimento legato al tale pubblicazione, che perseguono scopi e strategie sociali idealmente vicine a quelle di OIKONOMIA.

 

 

1 . Nascita della rivista “La Società”

pdfAlle origini e al percorso scientifico e culturale che la rivista ha compiuto nei primi quindici anni della sua storia e ad alcune riflessioni sull’identità che essa nel tempo ha acquistato, il Comitato di redazione dedicò un inserto specifico nel n. 6 (novembre – dicembre 2006), dove, oltre ad una nota, fu riprodotta anche la prima copertina e il primo saggio di Mons. Mario Toso sulla “Fecondità pastorale della dottrina sociale della Chiesa”, a cui rimandiamo1.

Ritorniamo sull’evento non tanto per evidenziare il cammino fatto e il prestigio acquisito, quanto piuttosto per annotare la fase di inizio della rivista – il 1991 appunto -, anno caratterizzato da tanti segni convergenti, ma tutti legati alla ripresa di interesse per la dottrina sociale della Chiesa (d’ora in poi, DSC).

E non è senza significato il fatto che il momento della sua progettazione portasse l’impronta e l’espressione del mondo laico cattolico (con i suggerimenti della Conferenza Episcopale Triveneta), allo scopo di “ripensare in forme adeguate ai tempi – come scrive il Direttore Stefano Fontana nel suo primo editoriale, oggi Direttore dell’Osservatorio internazionale Cardinale Van Thuan – il rapporto tra la fede e la vita, una nuova inculturazione della fede capace di affrontare il nuovo”.

Il cuore de “La Società” nasce, dunque, con un forte impegno culturale, proiettato sull’azione sociale; per questo, “il valore della dottrina sociale della Chiesa” va “riscoperto, riproposto, ripensato e riattualizzato”.

Sotto questa prospettiva, fin dall’inizio, essa presentava aspetti finalizzati a studiare, elaborare, approfondire e diffondere il “nesso profondo tra dottrina sociale della Chiesa ed evangelizzazione”. La caratteristica di rivista-studio e rivista-dibattito-informazione rispecchiava il frutto dell’evoluzione e maturazione del Centro Culturale della Fondazione Giuseppe Toniolo di Verona, fortemente sostenuto dal Vescovo, Mons. Flavio Roberto Carraro. Il presule veronese, infatti, per garantire una maggiore efficacia a servizio dell’azione culturale della Chiesa italiana, intese evidenziare l’attività della Fondazione Toniolo rendendola soggetto qualificato anche dal punto di vista giuridico e strutturale. L’idea di irrobustire il cammino della rivista su entrambi i campi, indusse la nuova linea editoriale, diretta da Claudio Gentili a partire dal n. 6/2002, ad introdurre un processo di specializzazione disciplinare sulle problematiche socio-politico-economico-culturali emergenti, stimolando contributi provenienti da una rete sempre più ampia di collaborazioni da parte di studiosi italiani e stranieri. In altre parole: ottenere una rivista scientifica, interdisciplinare, progettuale, rivolta non solo agli specialisti, ma a tutti, sacerdoti e laici, operatori di pastorale, studenti dei seminari, delle università, degli studentati teologici e delle scuole superiori, agli insegnanti e ai frequentanti le molteplici scuole di formazione all’impegno socio-politico, alle parrocchie e ai gruppi giovanili, ai religiosi e religiose, ai movimenti e alle associazioni impegnate nella rappresentanza delle categorie sociali.

Tra le motivazioni della necessità di avere una rivista specifica di questo profilo ve ne fu una incontrovertibile, che rimandava ad alcune affermazioni di Don Luigi Sturzo.

Abbiamo in Italia una triste eredità del passato prossimo, e anche in parte del passato remoto, che è finita per essere catena al piede della nostra economia, lo statalismo economico inintelligente e sciupone, assediato da parassiti furbi e intraprendenti, e applaudito da quei sindacalisti senza criterio, che credono che il tesoro dello Stato sia come la botte di san Gerlando dove il vino non finiva mai.

E ancora.

Lo statalismo non risolve mai i problemi economici e per di più impoverisce le risorse nazionali, non solo nella vita materiale e degli affari, ma anche nella vita dello spirito.


Infine.

Finché la scuola in Italia non sarà libera, neppure gli italiani saranno liberi 2.

Certamente Don Sturzo aveva visto bene: i rapporti tra mondo cattolico e mondo dell’economia per decenni non è corsa tanta simpatia. Ma ad iniziare dalla metà degli anni Ottanta, si è cominciato a notare un certo interesse sui temi del sociale e dell’impresa, che ebbero una significativa verifica al convegno ecclesiale sul tema: “Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini” (Loreto, 9-13 aprile 1985. Ricordiamo che erano prevalenti, allora, le preoccupazioni per la disoccupazione per lo più derivata dall’innovazione tecnologica. Al convegno furono presentati due documenti interessanti, che in qualche modo influenzeranno la DSC e nell’immediato la Centesimus annus, prima enciclica che riconosce il ruolo positivo del mercato, dell’impresa e dell’imprenditore. Il Papa, proponendo una rilettura della Rerum novarum, osservava come da allora iniziò per la Chiesa un processo di riflessione, grazie al quale, nella scia della tradizione risalente al Vangelo, si andò formando quell'insieme di princìpi che prese poi il nome di “dottrina sociale”. Ci si rese conto, in fondo, che è dall'annuncio del Vangelo che scaturiscono la luce e la forza per l'ordinamento della vita della società. Dopo il crollo del sistema del socialismo reale, la Chiesa e l'umanità si trovavano davanti a gigantesche sfide. Il mondo non era più spaccato in due blocchi nemici, tuttavia permanevano fenomeni di emarginazione e di sfruttamento, specialmente nel Terzo Mondo, nonché fenomeni di alienazione umana, specialmente nei Paesi più avanzati. Intere popolazioni vivono in condizioni di grande miseria materiale e morale. Il crollo del sistema comunista in tanti paesi eliminava certamente un ostacolo nell'affrontare in modo adeguato e realistico questi problemi, ma non bastava a risolverli. C’era anzi il rischio che si diffondesse un'ideologia radicale di tipo capitalistico, come poi la crisi economico-finanziaria del 2008 ha dimostrato. L’enciclica afferma la disponibilità della Chiesa a svolgere il suo ruolo di “esperta in umanità”, offrendo non solo la sua dottrina sociale e, in generale, il suo insegnamento circa la persona redenta in Cristo, ma anche il concreto suo impegno e aiuto per combattere l'emarginazione e la sofferenza, nella piena consapevolezza che il messaggio sociale del Vangelo non è né deve considerarsi una teoria, ma un fondamento e una motivazione per l'azione.

Il primo documento, dal titolo L’imprenditore tra problemi economici e messaggio cristiano, fu messo a punto, nel marzo 1985, da un gruppo di economisti, imprenditori, sociologi e teologi, tra cui Andreatta, Romano Prodi, Glisenti, Sorge, Reina ed altri3.

L’altro, L’etica della solidarietà dinanzi alla sfida del cambiamento (4 aprile 1985), sottoscritto da Lazzati, Lombardini, Merli Brandini ed altri4.

I due documenti vennero discussi al Convegno ecclesiale, nel corso delle riunioni della Commissione 22, presieduta da M. Brutti sul tema “L’economia: efficienza e solidarietà”, dell’ambito e, che aveva per tema “La Chiesa e il paese in un campo di riconciliazione”.

Il primo documento considerava le ragioni dell’impresa, muovendosi in un’ottica “liberale”. Qualora l’azienda non riuscisse più a raggiungere il suo fine, sia perché non potesse più produrre, sia perché la sua produzione non risultava più economica, veniva a cessare la sua stessa ragione d’essere.

Nel secondo documento prevaleva un profilo più “sociale” con la sfiducia nei meccanismi di mercato, particolarmente sottolineata da Siro Lombardini, che chiedeva più solidarietà in economia. Pertanto, questi due documenti presenti e discussi nel corso dei lavori al convegno ecclesiale di Loreto, rappresentano una svolta nella DSC: sul versante produttivo, pur non tralasciando il sistema distributivo. Ad avvalorare tale profilo, intervengono altri due documenti.

Il primo, dal titolo A cinque anni dalla “Laborem exercens”, fu messo a punto nel novembre 1986 da Luigi Abete, Giancarlo Lombardi, Vittorio Merloni, sindacalisti della CISL ed altri. Esso si muoveva nell’ottica della solidarietà e dell’interclassismo, attutendo i toni e le polemiche ricorrenti tra mondo dell’economia e del sociale5. Il secondo, dal titolo Etica ed economia in un’epoca in trasformazione. Riflessioni sul versante dell’impresa, fu messo a punto da Felice Mortilllaro, Angelo Ferro ed altri6. Il testo rispecchia soprattutto il pensiero di Felice Mortillaro, che è stato un protagonista delle relazioni industriali in Italia negli anni caldi del conflitto sindacale e nella fase successiva in cui l'impresa privata riuscì a recuperare terreno rispetto al "contropotere" esercitato dagli organismi di rappresentanza dei lavoratori. Egli usava definirsi "Sindacalista d'impresa", ma nel documento emergono le idee e le ragioni dell'economia di mercato, dell'efficienza e della responsabilità individuale contro la diffusa mentalità assistenzialista. In quanto liberal-conservatore nel solco della tradizione di Prezzolini, il suo pensiero torna d'attualità in un'epoca in cui il liberalismo è posto sotto accusa in quanto sbrigativamente assimilato alla finanziarizzazione dell'economia e al capitalismo sregolato, ma nessuno, al momento, è in grado di proporre una valida e credibile alternativa “all’economia di mercato, all’economia d’impresa, all’economia libera” (Centesimus annus, n.42).

 

2 . Etica ed economia

In Italia, già prima di “tangentopoli” (fenomeno sorto, o meglio, scoperto, per intendere e definire da parte dei mass media, con una parola il “perverso” rapporto tra politica ed affari), negli ambienti alto-imprenditoriali – rappresentati da Confindustria (imprese private), Asap (imprese pubbliche del gruppo ENI) e Intersind (imprese pubbliche del gruppo IRI, entrambe poi confluite a metà degli anni ’90 nella rappresentanza di Confindustria), accanto a studiosi di economia, teologi e sindacalisti – si era diffusa l’idea che fare impresa esigesse non solo un’organizzazione efficiente e competitiva per affrontare la crudezza del mercato, divenuto intanto globale, ma anche riscoprire le ragioni etiche che devono animare e orientare l’economia nei suoi obiettivi di scienza non solo nel procurare il benessere materiale, ma anche nel favorire lo sviluppo “integrale” dell’uomo e di tutti gli uomini. Su questa linea, a fianco e in aggiunta ai documenti citati nel paragrafo precedente, si svolsero numerosi incontri e convegni, che coinvolsero gli ambienti cattolici, Università e Conferenze episcopali7. A questo punto si poteva constatare che la riflessione sull’etica economica aveva fatto il suo ingresso anche nel dibattito italiano. Ma occorreva un ulteriore passaggio: superare l’antinomia di pensiero tra creatori di lavoro (imprenditori) e i collaboratori e lavoratori; occorreva, cioè, una riflessione specifica per approfondire la funzione dell’attività imprenditoriale, liberandola dai pregiudizi storico-culturali e inserendola nella sua dimensione etica. In questa prospettiva si rivelò strategico il convegno, svoltosi a Napoli il 12 maggio 1989, dal significativo titolo Nuove frontiere dell’etica economica, organizzato dalla Confindustria e dalla Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale in collaborazione con la Facoltà di Economia e Commercio dell’Università di Napoli, Unione degli Industriali di Napoli, Formez e Banco di Napoli. I promotori si convinsero che era giunto il momento per la prima volta di impegnare coralmente numerose personalità del mondo dell’economia, della politica, della teologia, dell’imprenditoria, del sindacato per una riflessione scientifica sui rapporti tra etica ed economia. Gli interventi, tutti interessanti e utili, hanno contribuito a mettere a fuoco che il mondo “laico”, operante nell’economico, era ancora troppo lontano e disattento alle istanze etiche. Per questo, lo scambio di vedute tra teologi, economisti, imprenditori, politici e sindacalisti ha evidenziato come anche i valori religiosi possano ispirare non solo la ricerca economica, ma anche il bene comune. Gli equilibri tra le ragioni dell’economia e quelle dell’etica sono molteplici: direzione teorica e teologico-morale, in quanto l’economia è indisgiungibile dalla concezione complessiva dell’uomo e del suo destino; direzione critica, in quanto occorre integrare il momento normativo con la dimensione sociale, politica ed economica (condizione storica); direzione pratica, confrontandosi con i fatti empirici, come il problema atavico dello sviluppo del Mezzogiorno8.

La “novità” del convegno non fu tanto o non soltanto nella molteplicità dei personaggi intervenuti, quanto piuttosto nel fatto che le analisi e riflessioni hanno avuto un preciso risvolto pratico. La consapevolezza che la forza degli imprenditori non consistesse tanto o non soltanto nella creazione di ricchezza, ma nell’autorità morale che essi avrebbero saputo guadagnarsi nella società civile, nella credibilità che avrebbero saputo conquistarsi con la coerenza dei comportamenti, nel consenso e nella fiducia che avrebbero raccolto intorno ai valori del libero mercato e dell’impresa come sistemi insostituibili dello sviluppo e della democrazia, fondati su competizione e solidarietà, meritocrazia e coinvolgimento, inclusione e condivisione degli obiettivi. La Confindustria, concependo il modello socio-culturale delle proprie imprese associate come un’organizzazione di lavoro, una comunità di risorse umane e finanziarie, riunite in un progetto di sviluppo economico e sociale, il 19 giugno 1991, in una Assemblea straordinaria approva un Codice etico per i propri associati e per gli esponenti dell’Organizzazione. Questo evento ebbe una rilevanza straordinaria, anche perché essa fu la prima in assoluto tra le Organizzazioni imprenditoriali a dotarsi di un Codice etico. Gli imprenditori si comporteranno in maniera corretta se saranno fedeli al loro specifico mandato di guidare l’impresa su questi obiettivi, sviluppando e preservando un sistema di valori e comportamenti ad essi coerenti, e assumendo tutte le necessarie decisioni, con fortezza, spirito di verità e responsabilità. In forza del Codice etico, tutti i segmenti del sistema associativo della Confindustria – primo esempio i Italia e in Europa per una libera organizzazione imprenditoriale – si impegnano ad adottare scelte ispirate ad un’autentica deontologia, quale che sia la posizione assunta dal singolo imprenditore all’interno del sistema: sia in quanto semplice associato, sia nella veste di titolare di cariche associative, sia infine in qualità di rappresentante in enti e organismi esterni. Oggi a trent’anni di distanza, si può affermare che ne è uscita una Confindustria più sicura, più autonoma, più viva, più attenta agli interessi di sviluppo socio-economico del Paese e, quindi, più rappresentativa, tanto che fu subito seguita da altre organizzazioni ed enti. Un passo importante era raggiunto: sensibilizzare le imprese a fare buona economia, operando nel mercato attraverso un’etica condivisa. Oggi questo bisogno è diventato sempre più pressante e non è più di ostacolo al realizzarsi di un’impresa, anzi è diventato il sostegno e il riferimento nella gestione, nella costruzione di un’immagine, nella fidelizzazione del mercato, nel proseguimento del successo, obiettivi dai quali la maggior parte delle imprese di tutte le dimensioni e settori ormai non può più prescindere.

La Rivista “La Società”, come anticipato all’inizio, si inserisce nel 1991, subito dopo l’enciclica Centesimus annus, in questa prospettiva di ricerca e di analisi, programmando ed elaborando, anno dopo anno, le tematiche riguardanti, l’economia, il ruolo del libero mercato, l’attività d’impresa, la funzione dell’imprenditore, il profitto, l’azione dello Stato, il ruolo complementare e necessario tra Stato e mercato, la ridistribuzione delle risorse e la finanza pubblica, la valorizzazione dei talenti, il ruolo dei corpi intermedi, i consumi, le opportunità ed i rischi della globalizzazione, lo sviluppo integrale e solidale, la dimensione etica ed educativo-culturale dell’intero sistema socio-economico, ecc. Tutti argomenti trattati non solo nelle rubriche “Ricerche”, “Studi”, “Agorà”, ma anche evidenziando tali problematiche in occasioni di eventi e anniversari in numeri monotematici, nonché suggeriti dalla promulgazione di documenti pontifici o ecclesiali.

Alcune tematiche, che vanno dai principi permanenti della dottrina sociale della Chiesa (dignità della persona umana, bene comune, destinazione universale dei beni, sussidiarietà e solidarietà) ad altre problematiche come l’ecologia e l’ambiente, la democrazia economica, la partecipazione, ecc. venivano affrontate a parte, in un supplemento della rivista. Scorrendo le pagine della Rivista notiamo particolare attenzione ad alcuni temi irrisolti o che hanno ancora bisogno di approfondimenti, quali: il ruolo del mercato, in confronto con le altre istituzioni sociali, la dignità e il posto del lavoro nella società moderna, il diritto di uguaglianza dei cittadini e le pari opportunità di partenza, il rapporto tra efficienza ed equità, il concetto di povertà e delle disuguaglianze, lo sviluppo integrale e sostenibile.

 

3 . Rinnovamento editoriale

Dopo dieci anni, a partire dal n. 5/6 del 2002 – come già accennato - la rivista si rinnova profondamente con un nuovo direttore, Dott. Claudio Gentili, e con un nuovo Comitato scientifico e di redazione. Essa si presenta con un forte impegno culturale, proiettato sull’azione sociale allo scopo di “riscoprire, riproporre, ripensare e riattualizzare il valore della DSC” e sulla “ripresa della progettualità”, e quindi sullo “studio scientifico, interdisciplinare, sistematico, orientativo”: obiettivi a cui si ispira subito la linea editoriale. Il Magistero sociale di Giovanni Paolo II e quello di Benedetto XVI, in straordinaria continuità tra loro si è ancorato ad una visione della dottrina sociale come parte integrante della teologia morale. È “Cristo”, infatti “che svela l’uomo all’uomo” (Gaudium et spes, n.22), espressione più volte ripresa da Papa Wojtyla. Il filo conduttore che lega i due Pontefici è rappresentato da due encicliche in particolare: la Laborem exercens (1981) e la Caritas in veritate (2009). Entrambe sono legate da una idea di fondo: la percezione che la questione sociale è diventata radicalmente questione antropologica e il trait d’union è costituito dall’enciclica Evangelium vitae (1995), che afferma che la questione antropologica è la nuova questione sociale, fino all’Esortazione apostolica Evangelii gaudium (2013) di Papa Francesco. Già la seconda parte dell’Enciclica Deus Caritas est di Benedetto XVI (pubblicata il 25 dicembre 2005), esplica il tema della solidarietà, come “carità sociale”. Ma forse l’aspetto speculativo più rilevante appare la chiara demarcazione dei compiti tra Stato e società civile: al primo spetta l’amministrazione della giustizia (rispetto della persona e dei suoi diritti); alla seconda, la promozione della solidarietà (sempre connessa al principio di sussidiarietà, con cui va concepito il ruolo dello Stato). L’Enciclica Caritas in veritate riprende lo stesso modo di affrontare la questione sociale già presente nella Populorum Progressio di Paolo VI (1967) e ben evidenziata nella Laborem exercens, che di per sé non è un enciclica sul lavoro (il titolo riporta un accusativo e un participio e il soggetto, l’uomo, è sottinteso), ma sull’uomo che lavora, e in questo senso ribadisce il concetto per cui, anche nell’attuale economia globalizzata, si  può e si deve vivere un'apertura alla solidarietà, che non va confinata alla sola società civile. Se il lavoro è vocazione vuol dire che dà una risposta alla chiamata di Dio a trasformare la terra, a servire la vita. Inoltre, Papa Ratzinger chiede una globalizzazione anche del principio di sussidiarietà da parte della Comunità Internazionale, rappresentata dall’ONU e dalle varie agenzie che, invece, mostrano il logorio e la corruzione tipica delle grandi amministrazioni centraliste statali, rendendo inefficace la realizzazione dei fini del bene comune a livello mondiale. Si tratta dello stesso tipo di analisi che ha portato Papa Francesco a definire l’epoca attuale, dal punto di vista internazionale, come l’epoca della globalizzazione dell’indifferenza.

Non è facile in poche righe poter fornire un’interpretazione dettagliata della storia e dell’attività de “La Società” di questi 30 anni, come, del resto, diventa impossibile ricostruire con precisione quali siano stati i contributi che essa ha dato sia al dibattito politico-sociale, fornendo anche numeri monotematici, sia nell’impegno a formare il laicato cattolico sui valori della DSC. Seguendo l’esempio del grande sociologo ed economista Giuseppe Toniolo (1845 – 1918), proclamato beato il 29 aprile 2012, che richiamò più volte i laici cattolici ad un “ridestamento”, alla necessità di un risveglio, attraverso lo studio della DSC, allora agli esordi, per comprendere le situazioni sociali e le crisi, la rivista ha tenuto fermo il timone sull’assunto che non ci può essere efficace azione sociale senza un solido pensiero sociale. Le migliori pagine della storia del movimento cattolico, infatti, sono lì a ricordarcelo: sono state scritte da uomini e donne che hanno saputo coniugare carità (azione) e verità (pensiero).

Una funzione non secondaria in quest’ultimo periodo “La Società” l’ha svolto migliorando la veste grafica, e ampliando il suo raggio di azione. Primo fra tutti il consolidamento della rubrica “Strumenti per l’animazione pastorale”, nella quale, dopo la pubblicazione del Compendio della dottrina sociale della Chiesa (2004), per cinque anni consecutivi si è proposta di semplificare e strutturare sinteticamente il testo in modo da renderlo maggiormente fruibile ai vari contesti sociali economici, politici e formativi. Successivamente ha dedicato una sequenza di schede all’enciclica Caritas in veritate, e dal n.5/6 del 2011, è iniziata nella rubrica “Strumenti per l’animazione pastorale” la presentazione dei principali documenti del Magistero sociale, evidenziando i punti di congiunzione delle varie problematiche della realtà sociale che caratterizzano l’agire dei laici cristiani. Lo scopo è quello di semplificare il vasto corpus dottrinale, facilitandone l’accesso e la comprensione. Il lavoro si rivela utile sia per una conoscenza articolata e cronologica su determinate tematiche di perenne verità, sia per una visione antropologica e unitaria da cui attingere i valori da trasmettere e da riversare nell’attuazione del bene comune.

Un’altra iniziativa di grande rilievo è stata la pubblicazione del Supplemento “Etica ed economia”, allegato ad ogni numero della Rivista a partire dal n.1/2007. Sotto la responsabilità scientifica di Paolo del Debbio e la collaborazione di Paola Ortelli, per sette anni si sono diffusi presso il pubblico, soprattutto accademico, studi della tradizione cristiana nel campo dell’etica economica, non facilmente rintracciabili e di non facile consultazione a causa anche della lingua (per lo più latina).

Riprendendo la nota immagine di Giano bifronte, “La Società”, da una parte, costituisce il substrato scientifico e culturale (nelle sezioni “ Ricerche” e “Studi”) alle molteplici iniziative/attività del centro propulsore, costituito dalle due Fondazioni “Segni Nuovi” e “Giuseppe Toniolo”, a cominciare dai “Gruppi della DSC”, sorti in molti territori e che ogni anno si ritrovano tutti insieme al Festival della DSC, dalla “Scuola per l’Alta Formazione in DSC”, giunta – come il Festival - alla sua undicesima edizione e dalle molteplici iniziative di formazione per giovani e mondo dell’impresa, dai “Laboratori”, organizzati dalla stessa Rivista come occasione di incontro, di confronto e di discernimento, e, dall’altra, come supporto di ricerca alle linee tematiche delle periodiche Settimane dei Cattolici Italiani, di cui la prima fu promossa nel 1907 a Pistoia proprio da Giuseppe Toniolo, una delle realtà più caratteristiche dell’Unione Popolare Cattolica Italiana per divulgare idee, progetti, soluzioni, realizzazioni.

Papa Francesco ha innovato profondamente il modo di affrontare la DSC: ha determinato un riposizionamento del suo asse fondamentale. Mentre Giovanni Paolo II nella Sollicitudo rei socialis affermava che la DSC è dottrina morale, che indica qual è la posizione giusta sui vari problemi della società, senza motivarla e senza un obbligo di attuazione (in analogia con la “legge” per san Paolo), papa Francesco ha spostato l’intero discorso sociale dal piano della morale al piano della fede. Non ha cambiato tanto la DSC, ma la pone come questione di fede: dunque interpella la fede di ognuno, obbligandolo a prendere concretamente posizione. Il disimpegno (dalla politica, dall’impegno sociale) è disimpegno dalla fede. È una fede che si arresta là dove iniziano i problemi, che si autolimita, che si coltiva solo in un ambito chiuso, che rinuncia a manifestare la sua forza in ambiti vitali fondamentali: non citazioni e celebrazioni, ma mettere le mani in pasta, sporcarsi le mani, arruolare giovani economisti e imprenditori per “dare un’anima all’economia di domani”9, proponendo un modo convincente di affrontare la questione dell’ambiente, invitare all’amicizia sociale per realizzare la fraternità fra tutti. In questo modo il discorso sociale acquista una forte motivazione, quella più profonda e ultima, la fede, e diventa, per lo stesso motivo, un impegno pressante, non un discorso generale, ma un preciso vincolo all’azione. Anche nella società del pluralismo culturale la DSC rimane un giacimento di reciprocità, gratuità, dono e fraternità. L’esempio è lo stesso san Francesco, che visse nel periodo di una rivoluzione economica e sociale, dando vita ad un tipo di struttura che, invece di essere piramidale, era sussidiaria e soprattutto diede vita al concetto di dono e fraternità. Potrebbe sembrare una forzatura – per non dire un paradosso – associare le radici della scienza economica al pensiero della Scuola francescana, ma in realtà il lessico del modello dell’economia di mercato nasce proprio da quella Scuola. Pochi sanno che il primo Monte di Pietà, che erogava prestiti a modico interesse ad artigiani piccole imprese e alle famiglie venne fondato da un francescano, fra Barnaba Manassei a Perugia nel 1462. L’idea della generatività e produttività del capitale per lo sviluppo e il bene comune fu rivoluzionaria perché il denaro che veniva immesso nel processo produttivo per una finalità di benessere collettivo diventava “capitale buono”.

 

Oreste Bazzichi

 

NOTE:
1 Cfr. Ivi, pp. 2-31.
2 Brani scelti da Michael Novak e riprodotti nella sua presentazione al libro di M. DE GIROLAMO, Da Sturzo a Novak. Itinerari etici del capitalismo democratico, Edizioni Dehoniane, Bologna 1998.
3 Cfr. Mondo economico, 28 marzo 1985.
4 Cfr. testo con commenti riportato da “Quaderni di documentazione” della Confindustria, preparato in occasione del convegno sul tema “Etica ed economia. Dove va l’Europa” (Roma, 20 giugno 1991).
5 Convegno svoltosi il 13 dicembre 1986 all’Augustnianum. Di particolare interesse è il fatto che il convegno fu preceduto da un incontro, avvenuto nella sede di La Civiltà Cattolica, il 25 febbraio 1982 tra Confindustria e gli scrittori della rivista sulla Laborem exercens, nel corso della quale P. Scoppola ebbe ad ammettere – in dialogo con Franco Mattei – l’esistenza di una evidente incomunicabilità tra mondo della produzione ed esperienza cristiana (Cfr. Supplemento a La Civiltà Cattolica, quaderno n.3177 del 1982; O. BAZZICHI, Etica ed economia. Riflessioni sugli incontri Confindustia- Civiltà Cattolica, in “Studi Sociali”, n. 11 del 1989.
6 Cfr. Mondo Economico, 6 aprile 1987.
7 Segnaliamo i più importanti. Convegno organizzato dal Pontificio Consiglio per i Laici, dall’Istituto dell’economia tedesca, dalla Fondazione Adenauer e dalla Federazione Internazionale delle Università Cattoliche sul tema Chiesa e mondo economico: corresponsabilità per il futuro dell’economia mondiale, Roma, Università Urbaniana 21.24 novembre 1985, in “Il Regno Documenti”, 31(1986)99-104. Convegno promosso dal Mediocredito Lombardo su Cultura etica e finanza, Milano 21 febbraio 1987. Convegno promosso nell’ambito della preparazione del VII Congresso Eucaristico diocesano della Chiesa bolognese sul tema Denaro e coscienza cristiana, Bologna 10-11 aprile 1987 (Ed. Dehoniane, Bologna 1987). Convegno organizzato dall’Istituto Internazionale Jacques Maritain, in collaborazione con la Facoltà di Economia e Commercio dell’Università di Cagliari, su Etica ed economia: i documenti dei Vescovi dei paesi industrializzati, Cagliari 9-10 0ttobre 1987. Convegno promosso dalla Commissione CEI per i Problemi Sociali e del Lavoro su Uomini, nuove tecnologie, solidarietà: il servizio della Chiesa italiana, Roma 17-21 novembre 1987, in “Il Regno Attualità”, 32 /1987)623-625. Convegno promosso dalla Commissione CEI per i Problemi Sociali e del Lavoro, d’intesa con l’Istituto Internazionale Jacques Maritain su Etica e democrazia economica, Roma 17-18 febbraio 1989, in “Il Regno Attualità”, 34(1989)155ss. Infine, per quanto riguarda ancora l’Italia, si segnala il documento della Commissione CEI per i Problemi Sociali e del lavoro su Chiesa e lavoratori nel cambiamento, Roma 17 gennaio 1987, in “Il Regno Documenti”, 32 (1987)167-176.
8 Per una sintesi di tutti i numerosi interventi (dai teologi dell’Università Gregoriana a Vittorio Coda della SDA-Bocconi, dai docenti della Sapienza e della LUISS all’Università di Napoli e Salerno, dagli imprenditori Giancarlo Lombardi, Vincenzo Giustino e Antonio D’Amato a Ferdinando Ventriglia (Banco di Napoli) e Sergio Zoppi (Formez), dal giudice costituzionale Francesco Paolo Casavola a Giovanni Goria e al cardinale Michele Giordano, ecc. Cfr. Nuove frontiere dell’etica economica, a cura di S. Cipriani, Ave editrice, Roma 1990.
9 Cfr. Messaggio di Papa Francesco per l’evento Economy of Francesco, Roma 11 maggio 2019. Si tratta della convocazione ad Assisi di tutti i “giovani economisti e imprenditori di tutto il mondo per fare un patto per cambiare l’attuale economia”. La città di Assisi diventa la nuova Davos francescana per il confronto e dialogo sui temi dell’ecologia integrale (ambientale, economica, sociale, culturale, della vita quotidiana, che protegge il bene comune e sa guardare al futuro) e della gratuità e della fraternità (encicliche Laudato sì e Fratelli tutti).

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