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Rivista di etica e scienze sociali / Journal of Ethics & Social Sciences

 

L'abbandono alla divina Provvidenza è indubbiamente un'esigenza evangelica, componente essenziale di qualunque spiritualità cristiana .

"Chi di voi, a forza di preoccupazioni, può fare in modo di vivere anche solo un giorno più di quel che Dio ha stabilito? (...) Il Padre vostro che è in cielo sa di quali cose avete bisogno. (...) Non preoccupatevi troppo per il domani: ci pensa lui, il domani, a portare altre pene. Per ogni giorno, basta la sua pena" 1

I cristiani di oggi leggono e meditano questa esortazione, molti di loro con una protesi al femore, o un pace-maker cardiaco, o abituati a prendere ogni giorno pillole, per tenere sotto controllo la pressione sanguigna. Certo, sarebbe assai superficiale concludere che in questo la fiducia nella divina Provvidenza abbia perduto gran parte del suo valore spirituale. Nondimeno, è difficile non ammettere che essa si esercita in un contesto spirituale profondamente modificato a partire dalle fine del Medio Evo.

Esaminiamo alcuni episodi che hanno segnato questa modificazione. L'astronomo Johannes Kepler (1571-1630) confida ad un amico: "Desiderei tanto sapere se si dà il caso che possa ritrovare anche in me stesso quel Dio che quasi tocco per mano nella contemplazione dell'universo intero?" 2. E a proposito di una decisione matrimoniale che sta per prendere, si chiede:

"Fa parte di un progetto divino, o è colpa mia, se per più di due anni la mia capacità deliberativa ha subito forti conflitti interni? Ho aspirato a numerose condizioni di vita, mi sono deciso per molte di queste, e per di più assai differenti tra loro. Se con ciò ho assecondato il disegno di Dio, quale è mai stata la sua finalità in relazione a persone e fatti, considerati singolarmente?" 3

Ci siamo! In quale misura conviene alla nostra presente condizione di uomini pretendere di determinare la nostra sorte per mezzo delle nostre deliberazioni? Quanta parte ha la superstizione, o la presunzione, in questa pretesa?

Tale domanda centrale sarà, in primo luogo, l'oggetto di una parte generale.

In secondo luogo, esamineremo due casi particolari, riguardanti decisioni personali: primo, l'interessante e altrettanto sorprendente lettera di Kepler, che cerca una moglie tra ben undici candidate 4. Non senza malizia esordisce, osservando che "per iniziare una lettera di invito alle nozze, tutti i cristiani annunciano con stile solenne di aver intrapreso la strada del matrimonio quale compimento di un disegno divino."; secondo, l'apparizione dei primi calcoli sulla durata probabile degli anni che ci rimangono da vivere. Pascal (1623 - 1662) pone a fondamento del calcolo delle probabilità la nozione di "speranza matematica" che è associata alle scommesse 5. In modo arguto, uno storico solleva in un saggio 6 la domanda : "Il calcolo delle probabilità è nato per caso?"

In conclusione: La speranza ragionevole ed "assicurativa" davanti alla sorte è davvero contraria alla speranza teologale?


1. La Sorte, il Destino e la Fortuna

La filosofia antica attribuiva una triplice origine a tutti gli eventi del mondo:

la natura delle cose

gli incontri fortuiti

le deliberazioni degli uomini.

 La vita umana si presenta dunque come un ordito intrecciato da due elementi:

il filo del destino: la successione delle età dalla nascita alla morte costituisce una legge inflessibile,

il filo della fortuna: i beni patrimoniali, il fatto di avere fratelli e sorelle, gli incontri che determinano fidanzamento, matrimonio, la scelta di una professione, ecc.

Fortuna e destino sono indissociabili nella sorte di ciascun individuo. Solo che chi ha successo sfacciato non l'ammette. Dei superdotati sempre "fatti da sé" un moralista osservava: "Sono quelli che sono sempre stati i primi al concorso delle circostanze."

Come si comporta il savio, quando delibera delle sua sorte? Come un disegnatore che pratica la prospettiva, egli "rabatte" il suo futuro sul suo presente, delineandolo 7. Si applica a ben distinguere nelle sue previsioni ciò che dipende da lui e ciò che da lui non dipende 8. Gli Stoici ponevano in questa distinzione il primo precetto della sapienza.

Il savio prega la Provvidenza? La domanda mette in imbarazzo, perché la credenza nella divina Provvidenza segna certamente uno spartiacque fra il pensiero greco e il pensiero ebraico-cristiano. Nemmeno l'ellenismo ha superato l'impersonalità dell'ordine cosmico. Concediamo che nelle religione popolare ellenistica, la gente invocava la protezione degli dei sulle città o per qualche eroe. Però era unanime convinzione dei filosofi, persino dei Neoplatonici, che Dio sarebbe decaduto dalle sue prerogative se si fosse occupato degli avvenimenti umani: l'interesse per l'ordinamento del corso, sia

degli eventi per le cose, sia degli accadimenti per gli uomini, è indegno del divino. Gli Stoici, per parte loro, posero la Provvidenza al centro del loro dogma filosofico, ma si trattava di una "cospirazione" universale ed impersonale, necessaria e senza accomodamenti personali.

La divina Provvidenza, che prevede e sovviene, assiste e dirige, previene e promuove, è nata nella fede biblica del popolo d'Israele. Non c'è avvenimento, nella storia del popolo ebraico, in cui non operi Dio che ha scelto Israele come popolo suo 9. L'unico Dio creatore è anche Dio dell'Alleanza. Nell'ebraismo, tre verità sono strettamente annodate:

monoteismo

creazionismo

profetismo

 Se Dio parla tramite i profeti, è perché orienta, guida e dirige la storia del popolo eletto.

"Il cuore dell'uomo dispone la propria via, ma spetta al Signore dirigere i passi di lui" 10.

Con il passaggio dall'Antica alla Nuova Alleanza, la fede cristiana ha preso il posto della fede ebraica e ha rinnovato la credenza nella Provvidenza. Fondate sul dogma di Dio Creatore, tutte le domande relative all'ordine universale vengono ricondotte alla domanda: "Cur Deus Homo?". Perché Dio si è fatto uomo? 11. E tutte le invocazioni cristiane alla divina Provvidenza sono riconducibili alla preghiera tradizionale in tutte le confessioni cristiane: "Rendici degni di ricevere i benefici di Cristo Salvatore".

Nella questione della Summa Teologica che san Tommaso d'Aquino dedica alla Provvidenza divina, egli stabilisce due conclusioni teologiche 12:

 1°. la Provvidenza divina si estende a tutti gli eventi singolari;

 2°. la Provvidenza agisce immediatamente in tutti gli eventi.

Non ne segue forse che Dio toglie qualunque efficacia ed autonomia alle cause seconde ed intermedie, in particolare alle decisioni che seguono le deliberazioni degli uomini? 13. L'Aquinate risponde che le cause seconde ed inferiori non dipendono dalla Causa prima, creatrice e provvidente, in conseguenza di qualche difetto della loro efficacia, bensì in conseguenza dell'abbondanza della potenza e della perfezione nella bontà di Dio. La Provvidenza comunica le sue perfezioni, anziché supplire ai difetti.

Nel racconto dell'Hexameron - le opere dei sei giorni - l'autore del Genesi scrive:

"Dio creò l'uomo a sua immagine, a immagine di Dio lo creò, maschio e femmina li creò"; e più avanti aggiunge: "Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l'uomo che aveva plasmato. Il
Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, tra cui l'albero della vita in mezzo al giardino e l'albero della conoscenza del bene e del male" 14.

Dio consegna l'uomo alle sue proprie capacità decisionali nel realizzare buoni consigli; senza abbandonarlo nei momenti di smarrimento, egli è presente con interventi salutari in situazioni precarie, rischiose, compromesse.

Conviene dunque concepire l'azione della Provvidenza in termini di cooperazione, più che di rivalità. Fin dall'antichità, filosofi e teologi, pur riferendosi a credenze assai diverse, quando hanno attribuito a Dio una provvidenza, l'hanno sempre paragonata alla prudenza umana. Osiamo dire che dal pensiero sorto dai convincimenti biblici, provvidenza divina e prudenza umana si associano per alleanza, in modo che la creazione si trasformi in storia della salvezza.


2. Conviene prendere moglie, sciegliendola a sorteggio?

I moralisti non hanno mancato di mettere in risalto la leggerezza con la quale molti uomini scelgono il loro stato di vita o il loro mestiere.

"Cosa tanto vana e futile è l'umana prudenza! E attraverso tutti i nostri progetti, i nostri consigli, le nostre precauzioni, la fortuna mantiene sempre il suo possesso degli eventi" 15.

"Tacco di scarpa. Oh, come è ben tornito! Ecco un bravo operaio! Quanto è ardimentoso quel soldato!" Ecco l'origine delle nostre inclinazioni e della scelta delle condizioni di vita 16.

"La cosa più importante in tutta la vita è la scelta del mestiere: il caso ne dispone. La consuetudine fa i muratori, i soldati, i conciatetti" 17.

Certo, non è il caso di accusare Johannes Kepler di precipitazione e avventatezza nelle sue decisioni. Si era lungamente preparato nel Seminario luterano di Tubinga ad abbracciare la carriera di astronomo (1589 - 1594). In una lettera indirizzata ad un confidente, Kepler espone la sua lunga deliberazione in vista di discernere, tra undici candidate, quale sarà la sua eletta, per prenderla come moglie in seconde nozze.

Il primo matrimonio con la vedova Barbara Mueller, figlia di un ricco mugnaio, era stato infelice. Quando si sposarono nel 1597, egli aveva 26 anni.

Presto delusa nelle ambizioni di entrare a far parte del mondo di Corte, la moglie non aveva tardate ad accorgersi che la protezione dell'Imperatore Rodolfo II di Asburgo non garantiva né favori onorifici, né prestigio mondano, né grossi vantaggi economici.

Sopraffata da un temperamento depressivo si ammalò. La coppia aveva avuto cinque figli, due dei quali deceduti in tenera età. Nel 1611, alla morte di un terzo figlio, la moglie di Kepler impazzì e poco dopo morì.

Quarantanovenne, con un figlio e una figlia a carico, Johannes si diede alla ricerca di una seconda moglie. Finirà per sposare la quinta delle undici candidate, Susanne Reuttinger, una ragazza orfana di ventiquattro anni, alla fine dell'ottobre 1612, a Eferding presso Ratisbona.

"Laddove in una competizione dall'esito incerto sarebbe stata sconfitta dal buon nome della famiglia e dalla dignità di aspetto della quarta, quest'ultima (la quinta) la superò per la dote discreta ma sopratutto per la sua capacità di amare, per il suo atteggiamento umile, sobrio, incline all'operosità, per l'affetto dimostrato ai miei figli" 18.

Tocca allo storico valutare equamente il peso esercitato rispettivamente sia dalla mentalità del tempo che dalla condizione personale del Nostro. I curatori della versione italiana citata della lettera riassumono, a nostro parere troppo sbrigativamente, il resoconto della "sorprendente" deliberazione kepleriana:

"Tra mille dubbi, turbamenti religiosi, influenze astrali, preoccupazioni igieniche, considerazioni economiche e fisiognomiche, e qualche raro slancio di simpatia, il grande scienziato esamina ben undici candidate" 19.

Parecchi fatti e testimonianze documentano che nel corso dei suoi due matrimoni il Keplero fu un uomo sensibile e un marito premuroso. I disagi e contrasti familiari dei primo matrimonio spiegano, tuttavia, la parte rilevante avuta dal denaro nelle sue perplessità ed esitazioni prima delle seconde nozze. Come motivo determinante del suo allontanamento della terza candidata, dà questo: "I garanti di quella donna, ostentando falsamente le sue ricchezze, urtarono il mio temperamento, che ha orrore dalle chiacchiere" 20.

Invece, come uno dei motivi che inducono a preferire la quinta, dà i seguenti: "E mi piacque in lei la condizione di orfana e di abbandonata, che nell'altra avrei disprezzato; infatti la sua solitudine non comportava il timore di sobbarcarsi parenti poveri" 21.

Ci interessa più direttamente il giudizio di Kepler sulla propria sorte. Si riteneva fortunato o sfortunato? Secondo quali criteri? Un passo della lettera è particolarmente significativo in merito:

"Incolpare la fortuna è un modo di dire. Significa soltanto che questa beffa non ha alcuna vera causa. E, per la verità, se non esiste una causa, lo stesso scherno non ha ragione di esistere. Infatti, quale persona ragionevole potrebbe disprezzarmi?  Eppure ci sono negli ambienti femminili personaggi dementi e morbosi che annoverano questa vicenda nel numero degli insuccessi; pertanto, se di scherno si tratta, è dovuto all'inesperienza, non soltanto mia, ma di tutti gli uomini" 22.

 La vicenda alla quale il Kepler allude fu una disavventura toccatagli in rapporto alla terza candidata.

"La giovane era stata allevata in un modo che corrispondeva alle mie esigenze. Con sorprendente prontezza abbracciò i miei figli: era il segno manifesto di un confidenza già sbocciata. Ma proprio a causa di questa precipitosa concessione di fiducia, mentre badavo sopratutto ad una cosa, cioè a garantire una promessa reciproca, non ebbi l'accortezza di salvaguardare i miei interessi personali.

Infatti affidai alla futura madre i miei figli, che più tardi fui costretto a riprendermi, pagandole la spesa per il mantenimento" 23.

Astronomo, nonché astrologo, Johannes Kepler è anche teologo luterano. Conosce bene la casistica morale delle "sortes consultiores et divisoriae" 24. Esamina perciò la sua coscienza:

"Mi domando se è stata una mia colpa o il volere di Dio a permettere una simile beffa. Sarebbe empio attribuire agli astri questi avvenimenti, che accaddero senza responsabilità della natura o mia, né agli astri sono ricollegabili" 25.

Colpiscono la moderazione e l'equità della sua valutazione della situazione:

"Lo confesso, il mio cuore era ancora ardente, bramava sostituire con un nuovo amore la perdita recentissima. Tuttavia nulla intraprendo per pura passione" 26. Ammette la sua inesperienza nella "precipitosa concessione di fiducia"; non calca, però, la mano su ciò che avrebbe potuto giudicare come cattiva fede da parte della ragazza.

"Il resto è colpa della sorte. Un anno prima la brava ragazza si era promessa ad un altro uomo, che nel frattempo era fuggito come un dissoluto: aveva avuto un figlio da un'amante, e per questo ritenne giusto di poter essere abbandonato"  27.

Ricapitolando, rileviamo nell'animo di Keplero due convincimenti complementari strettamente intrecciati tra loro:

- da una parte, non si deve lasciare nulla al caso nella propria sorte. Dio ci ha dato l'intelligenza e il cuore perché conosciamo noi stessi e gli altri, e ciò affinché

ci rendiamo responsabili della nostra sorte;

- dall'altra, se non conviene tirare a sorte, non occorre nemmeno dar prova di presunzione. Occorre tener in conto la parte delle circostanze, senza pretendere di sostituire in tutto la nostra prudenza alla divina Provvidenza.

"Nelle tue mani sono i miei giorni" 28.

"Nel grembo si getta la sorte.

ma l'esito dipende tutto dal Signore" 29.

"A questo punto io, reso più accorto, affrontai le ultime trattative - rimanevo infatti tre candidate sulle undici - con riservatezza: ora finalmente le rivelo a Voi" 30.

Susanna Reuttinger diede tre figli e tre figlie a Kepler. Due figlie e un figlio morirono in tenera età. Nonostante questi lutti, il secondo matrimonio fu felice. Ma fino al 1630, anno in cui Kepler mori all'età di 59 anni, non smise di viaggiare, allo scopo di farsi pagare gli arretrati dall'Imperatore Mattia II, poi da Wallenstein, sballottato dalle vicende della Guerra dei Trent'anni.


3. Meglio affidarsi alle statistiche, anziche alla Divina Provvidenza?

"Chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un'ora sola alla sua vita? (Matteo, 6,27).

Domattina sarò ancora vivo? La credenza nella mia sopravvivenza nel futuro prossimo non è una verità di ragione a priori, ma risponde ad una certezza probabile modestamente fattuale. Tutta la nostra vita è in qualche modo una continua scommessa sulla nostra sopravvivenza.

Si fa risalire comunemente la nascita del calcolo delle probabilità all'anno 1654, allorché Pascal e Fermat (1601 - 1665) risolsero problemi di giochi di azzardo in serie successive di partite a carte e con dadi 31. Però, senza avere un'idea più esatta del contesto e una conoscenza più precisa delle probabilità.
Due osservazioni sono opportune al riguardo:

1. il calcolo delle probabilità è stato introdotto grazie ad una innovazione, rispetto alla semplice analisi combinatoria che l'aveva preceduto. Quest'ultima viene applicata al conteggio di numeri ottenibili con il lancio di due o più dadi. Il calcolo delle probabilità per parte sua, considera tutti i casi equipossibili: ad esempio le tre possibilità di ottenere 6 con il lancio di due dadi (5+1, 4+2, 3+3), oppure se si tiene conto dell'ordine di due lanci successivi, i 5 casi di uguale possibilità (5+1, 4+2, 3+3, 2+4, 1+5);

2. il calcolo delle probabilità era stato preceduto sin dall'Antichità da una logica del probabile, nell'accezione di "plausibile", che riguardava le eventualità frequenti, oppure quelle rare. Si trattava di una logica delle anticipazioni tramite inferenze sul futuro, cioè di previsioni. Aveva applicazioni pratiche nei contratti detti "aleatori", i quali hanno per particolarità di stipulare lo scambio di beni soggetti a deperimento. Molti contratti di compravendita rientrano in questa categoria, a causa delle condizioni di trasporto e delle scadenza della consegna delle merci. In particolare le assicurazioni marittime che apparirono nel Mediterraneo fin dai Greci 32.

Le osservazioni precedenti illustrano come la teoria delle probabilità, lungi dal ridursi a un calcolo, apriva la via a una nuova razionalità più ampia 33. Pascal crea forme inedite di inferenze, sulla base dell'esame di un risultato ricercato per concludere a partire da quale tempo ci saranno altrettante probabilità di guadagnare che di perdere il vantaggio scontato. Procedendo per via recursiva, determina le condizioni di una scommessa ragionevole.

"Se non convenisse far nulla se non per il certo, non si dovrebbe far nulla per la religione, perché essa non è certa. Ma molte cose si fanno per l'incerto, i viaggi per mare, le battaglie! Dico dunque che non bisognerebbe far nulla del tutto, perché nulla è certo; e che nella religione vi è più certezza che non nella convinzione che noi vedremo la giornata di domani: ma è certamente possibile che non la vediamo. Non si può dire altrettanto della religione. Non è certo che essa sia; ma chi oserebbe dire che è certamente possibile che essa non sia? Ora, quando si lavora per il domani, e per l'incerto, si opera con ragionevolezza; perché si deve lavorare per l'incerto, per la regola della probabilità che è stata dimostrata" 34.

Nei decenni che seguirono la morte di Pascal (1662) e quella di Fermat (1665), Christian Huygens (1629 - 1695) e Wilhelm Gottfried Leibniz (1646 - 1716) Furono i principali eredi delle loro ricerche sulla probabilità: anche loro, interessati all'analisi dei giochi, la svilupparono ben al di là dei giochi d'azzardo, fino ad inquadrarla nella più ampia prospettiva dei giochi di ragionamento. La probabilità è intesa come grado di possibilità di una eventualità scontata. Ma la plausibilità ("ratio opinandi"), nella logica del giudizio pratico, deve essere completa: la nostra attesa ("expectatio") comporta una "spes vincendi", la speranza di un guadagno, e il "metus perdendi", il timore di una perdita. La speranza ha per oggetto i soli esiti vantaggiosi, mentre l'attesa riguarda l'insieme di tutti gli esiti possibili.

La Logica di Port-Royal dava, inoltre, una regola ispirata alla considerazione pascaliana delle scommesse: "Al fine di giudicare ciò che si deve fare per ottenere un bene, o per evitare un male, occorre non soltanto considerare il bene e il male in sé ma anche la probabilità che avvenga o non avvenga; e guardare geometricamente la proporzione che tutte queste cose hanno tra di esse" 35. La comparazione e la composizione delle poste in gioco deve farsi in una duplice dimensione, confrontando due rapporti, quello della eventualità e quello dei risultati.

Il primo ad aver afferrato la portata della regola della divisione della posta in gioco per i giocatori quando un torneo di partite è interrotto prima della vittoria finale di uno dei giocatori fu Christian Huygens (1629 - 1695), il quale redasse nei primi mesi del 1656 il trattato De rationciniis in ludo aleae (Dei ragionamenti nel gioco dei dadi) 36. Pur senza disporre di tutte le informazioni utili sul metodo pascaliano delle partizioni, nelle conversazioni con persone che frequentavano Pascal, Huygens capì precocemente che le scommesse costituivano il ragionamento probabilistico per eccellenza, e che esse consistono in inferenze con conclusioni temporali. Si tratta, infatti, di determinare a partire da quale momento lo scommettitore ha almeno altrettante probabilità di vincere che di perdere. Poi la probabilità di vincere non varia uniformemente durante lo svolgimento delle partite. Però, chi scommette ragionevolmente è costantemente guidato dalla valutazione dell'"expectatio geometrica" - che oggi chiamiamo "speranza matematica" -, la quale è misurata dal prodotto del vantaggio scontato per la probabilità di ottenerlo.

A questo punto, la prospettiva si radicalizza: l'esito finale diventa la morte, e il vantaggio scontato la sopravvivenza. I calcoli della sorte si trasformano in calcolo sul destino. Per nascita appartengo a classi di individui nati nello stesso anno. A quale età ci saranno in una data classe un numero di deceduti uguale a quello dei sopravvissuti?

Nel corso del suo primo soggiorno a Parigi (1672 - 1676), Wilhelm Gottlieb Leibniz ricevette del Duca di Roannez, che era stato amico di Pascal e conosceva le sue ricerche sulle probabilità, un problema così formulato: "Tra 64 uomini, 36 sono morti nell'intervallo di 10 anni; quanti sono morti in ciascun anno dell'intervallo decennale?" Certo, la morte dei deceduti è avvenuta in circostanze determinate; al fine del calcolo, tuttavia, supponiamo che i 64 uomini erano di eguale forza e salute e che la morte li ha sorteggiati come se avesse giocato a dadi. Si pensa allora alla soluzione aritmetica; in 5 anni, 18 sono morti; in 3 anni e mezzo, 12. Ma Leibniz si accorge dell'errore: "La difficoltà viene dal fatto che il primo anno alcuni dei 64 sono deceduti, quindi il numero di coloro che moriranno il secondo anno sarà più piccolo. Infatti da un numero minore di soppravvissuti, moriranno sempre un numero minore negli anni successivi". In altri termini, non c'è stato un numero costante di decessi nei dieci anni del decessi formano dunque un progressione geometrica decrescente con la ragione costante


      64 - x    

         64      


x essendo il numero dei morti durante il primo anno. Supponiamo che 8 siano morti nel primo anno ne rimangono 56. Il tasso di mortalità, che, secondo la nostra supposizione iniziale, sarà costante durante i dieci anni, è di 8/64, = 1/8. Una tavola di mortalità che darebbe una soluzione quasi soddisfacente al problema del Duca di Roannez sarebbe la seguente:  

Anni 10°
sopravvissuti all'inizio di ogni anno 64 56 49 43 38 34 31 29 28 28
decessi durante l'anno 8 7 6 5 4 3 2 1 0 0

Con questa tavola di mortalità, si illustra l'evoluzione "demografica" di un gruppo di 64 individui che in dieci anni passa da 64 individui a (64 - 36) = 28 individui 37.

Attorno agli anni 1680, Leibniz condusse un insieme di richerche sulle rendite vitalizie che presentano un grande interesse per il proposito del presente studio. Queste ricerche vengono riassunte nell'Essay de quelques raisonnements nouveaux sur la vie humaine et le nombre des hommes 38. La nozione di "speranza di vita" emerge insieme all'avvento della demografia e della statistica, che ai loro inizi hanno avuto una gestazione ed una crescita comuni.

Una forma particolare di controllo aleatorio si era imposta e diffusa a partire dal Cinquecento: il contratto di rendita che concede annualmente una somma di denaro, o derrate, o altri beni, per la durata della vita del creditore "vitaliziato", fu dapprima sospetta ai moralisti e ai giuristi, perché poteva facilmente prestarsi a celare un prestito di denaro ad alto interesse. La bolla del Papa Pio Quinto "Cum Onus" (16 gennaio 1659), che riordinò l'intera materia delle rendite, escluse drasticamente la liceità della rendita vitalizia giudicata pratica usuraia. Dalla gravosa divergenza tra dottrina e pratica nacque una durevole spaccatura tra giuristi e moralisti, che segnò la storia della seconda scolastica.

Nel contesto della difesa delle rendite vitalizie, già diffuse malgrado censure ed interdetti, si elaborò il concetto di "speranza di vita", per contribuire a fissare condizioni di equità nella stipulazione dei vitalizi.

Nell'opuscolo citato Leibniz procede con tentennamenti. Cerca di abbozzare una relazione tra

la durata presumibile della vita di un uomo che ha raggiunto una data età e quella dei suoi coetanei in una certa collettività. Però occorre distinguere due nozioni diverse: vita presumibile o speranza di vita da una parte, e dall'altra vita media. Nel caso di una collettività, si può definire la longevità del gruppo come la media delle longevità individuali, pur restando che la longevità dell'ultimo sopravvissuto costituisce il limite superiore della longevità in questo gruppo.

Dal punto di vista puramente demografico, il significato della durata presumibile della vita risulta da una duplice coincidenza:

- della vita presumibile con la longevità media, per un individuo;

- della media della longevità possibile per un individuo e la media della longevità in una popolazione.

La novità dei ragionamenti alla quale accenna Leibniz consiste nell'uguaglianza di una media probabilistica e di una media statistica. Tale uguaglianza veniva giustificata de Leibniz grazie ad una "ipotesi fondamentale", che egli formulava in questi termini:

"Qualsiasi età è ugualmente fatale per la natura umana", formula che ha per enunciato equivalente:

"Qualsiasi durata possibile di vita ha il medesimo peso nel calcolo della media" 39.

Oggi uno studente iscritto nella Facoltà di Economia e Commercio o di Scienze Attuariali si destreggia nell'operare con le nozioni di vita media e di speranza di vita. Leibniz faceva parte dei pionieri che disponevano delle sole tavole di mortalità per i loro calcoli, senza alcun supporto biologico né sanitario; e sopratutto non era stata ancora introdotta la considerazione delle sottigliezze e della complessità della nozione di "speranza di vita", che solo la sua funzione assiomatica ha finito per far apparire semplice ed elementare.

Non seguiremo qui la storia assai affascinante delle vicende che hanno segnato le tappe dell'elaborazione di questa nozione 40. Torniamo piuttosto ad alcune riflessione sui rapporti fra prudenza umana e Provvidenza divina:

1. La razionalità degli scambi monetari ed economici implica ragionamenti sulla nostra temporalità, aspetti essenziali della quale sono la durata della nostra vita e la scadenza della nostra morte;

2. L'universale e l'individuale entrano in rapporti sia complementari che contrari in tutte le previsioni. Perciò i chiarimenti metodologici scartano le congetture indeterminate che sono legate a circostanze individuali: per essere esatti e soddisfacenti, debbono sacrificare l'esattezza e la completezza. La Provvidenza divina è probabilmente molto più abile della prudenza umana nel conciliare le complementarità e le contrarietà, ciò che Liebniz chiamava le "compossibilità" 41;

3. La questione delle rendite vitalizie da morale era diventata ai tempi di Leibniz problema politico e affare di Stato. I calcoli inesatti di rendite e i metodi empirici di credito generavano un deficit cronico in quasi tutti i paesi europei. In uno degli ultimi scritti sull'argomento, Leibniz innova mostrando che lo sconto creditizio è un meccanismo generale di anticipazione, comune a tutti i tipi di rendite vitalizie 42. Quest'ultime termine temporale e quelle versate a perpetuità, che sono falsamente pensate come perenni. Nessun bene sfugge all'universale consunzione del tempo; qualunque bene ha un valore attuale che dipende anche dal suo futuro valore 43. La temporalità economica è irreversibile come il destino.


4. Conclusioni

Concludiamo le nostre riflessioni sulla sorte, sul destino e sulla Provvidenza. Ci conviene, nelle nostre speranze, fare maggiore affidamento sulle statistiche, che sulla divina Provvidenza?

- Le nostre conoscenze statistiche non formano un sapere che sarebbe sottratto a Dio onnisciente 44. Ci sono pure ragioni di vedere nelle statistiche la trasformazione di osservazioni a posteriori in previsioni a priori, grazie alle quali la prudenza delle deliberazioni umane partecipa ai disegni del governo divino del mondo e del genere umano.

Leibniz propone una figura suggestiva: accanto al giurista assicuratore, che aiuta a stipulare le condizioni nei contratti di rendite, colloca la figura del "funzionario-profeta", accreditato nella Repubblica 45. E' la versione secolare della storia patriarcale di Giuseppe e dei suoi fratelli 46.

"Qual'è dunque l'amministratore fedele e saggio che il Signore porrà a capo della sua casa, per distribuire in tempo opportuno il frumento?" 47.

Chi dirà quali furono le parti rispettive di Giuseppe, dei fratelli, di Faraone e di Dio, in questa odissea biblica? E' stato osservato che si tratta del primo racconto biblico interamente "laico", senza clero, né prodigi, né manifestazioni sovrannaturali. 

Nella religione primitiva Dio ha fatto un demanio riservato, il quale viene simboleggiato dai due alberi associati, quello della vita e quello della morte, a quello della conoscenza del bene e del male 48. I rapporti dell'uomo con Dio sono guardinghi e senza familiarità, perché la sacralità è terribile e la rivalità predispone all'ostilità. La religione naturale è servile e il Dio della natura è terribile. 

Nella religione dell'Alleanza nascono e si sviluppano le promesse con le quali Dio fa dell'uomo un socio, che partecipa al suo disegno. Da ineluttabile fatalitàil destino si trasforma in storia, nella quale la prudenza non usurpa i segreti divini per effrazione ed appropriazione indebita; li penetra, invece, con intelligenza, grazie alle capacità previsionali delle quali Dio ha dotato gli uomini. Dio, dopo aver collocato l'uomo in mezzo a piante feconde, gli ha comunicato la scienza della fecondità 49

L'interdetto non apre altre prospettive che quelle dell'effrazione e della trasgressione. L'alleanza

apre le vie della ricerca e del ritrovamento. Percorse con rettitudine di mente e di cuore, sostituiscono alla rivalità la comunicabilità, l'interscambiabilità e la complementarità. 

"Se questa religione si vantasse di avere una chiara visione di Dio e di possederla scopertamente senza veli, sarebbe un combatterla l'affermare che nel mondo non si vede nulla che lo mostri con tale evidenza. Ma poiché essa afferma, al contrario, che gli uomini sono nelle tenebre e nella lontananza da Dio, che Dio si è nascosto alla loro conoscenza, e tale è il nome che Egli si dà nelle Scritture, Deus absconditus (Isaia, 45,15), e, infine, se essa si impegna egualmente a stabilire queste due cose: che Dio ha posto segni sensibili nella Chiesa per farsi riconoscere da quelli che lo cercano sinceramente, e che nondimeno li ha avvolti in tal modo che Egli sarà scorto soltanto da quelli che lo cercano con tutto il loro cuore" :

orbene, quale vantaggio possono trarre costoro allorquando, professando di non applicarsi a cercare la verità gridano che non c'è nulla che gliela mostri?" 50

 Persone legate da alleanza si lasciano cercare e si fanno trovare: ricerca e scoperta entrano come componenti nel disegno generale della Provvidenza.

 

 

Note

1Matteo 6,28-30; traduzione interconfessionale in lingua corrente LDC-ABLI

2 Kepler, Lettera per la scelta di una moglie, p10

3 ibidem, p.9

4 Questa lettera appena citata nelle note precedenti è stata tradotta in italiano a cura di Paolo Pelligra, Stampa Alternativa Millelire, 1992

5 Pascal, "Usage du triangle arithmétique pour déterminer les partis...." dans Oeuvres complètes de Pascal par les soins de Louis Lafuma, p.57

6 E.Coumet "La théorie du hasard est-elle née par hasard?" Annales, Economia, Societés, Civilisations 25, 1970

7 Il verbo "rabbatre" e il nome "rabat", presi in prestito dal lessico della prospettiva, servono a Leibniz per indicare le previsioni dei vitalizi: è una prima forma della gestione della temporalità economica.

8 Gli elementi di questo precetto da Pierre Hadot in Exercises spirituels et Philosophie antique (Paris, Etudes Augustiniennes, 1951), in particolare in Marco Aurelio ed Epitteto.

9 Isaia, 40, 21: "Ricorda tali cose, o Giacobbe, o Israele, poiché sei mio servo. Io ti ho formato, mio servo sei tu; Israele, non sarai dimenticato da me". Anche Isaia 19, 14.36

10Proverbi, XVI, 9

11 E' il titolo di un trattato teologico di Sant'Aselmo d'Aosta.

12Summa Theologica, prima pars, q.22, art.2 et 3; cf. anche Summa Contra Gentiles, lib.III, cap.64. 75 et 94; De Veritate, qu.5.

13Summa Theologica, I, 22, 2 ad 2m.

14Genesi, 1, 27 e 2, 8-9.

15Montaigne, I saggi, I, 14.

16 Pascal, I Pensieri, frammento 126, nell'ed. di Adriano Bausola, p.449.

17 Ibidem, (I Pensieri), frammento 127, p.449.

18 Kepler, Lettera per la scelta di una moglie, nella versione italiana citata nella nota 4), p.19

19 Ibidem, Presentazione, pp.6-7

20 Ibidem, p.18

21 Ibidem, p.19

22 Ibidem, p.16

23 Ibidem, pp16-17

24Summa Theologica Secunda Secundae, q.95, a.8

25 Kepler, Lettera per la scelta di una moglie, nella versione italiana citata nella nota 4 P.17

26 Ibidem, p.16

27 Ibidem, p.17

28Salmo, 30, 16

29Proverbi 16,33

30 Kepler La lettera per la scelta di una moglie p.26

31 Pascal, Lettres de Pascal à Fermat sur la Règle des Partis dans Oeuvres Complètes, par les soins de Louis Lafuma (Coll. L'Intègrale, Par Le Seuil, 1963), pp.43-49. Pensieri, Opuscoli e Lettere di Pascal, a cura di Adriano Bausola e Rema Tapella (Rusconi, 1978) non dà le opere matematiche né scientifiche di Pascal.

32 I.Hacking, The Emergence of Probability, Cambridge, 1975

I.Hacking, The Taming of Chance, Cambridge, 1975

33 L.Daston, Classical Probability in the Enlightenment, Princeton University Press, 1988

34 Pascal, I Pensieri, frammento 452, nell'ed. a cura di Adriano Bausola, Rusconi, 1978, pp.578 - 579

35 Arnauld e Nicole, La Logica o l'arte di pensare, parte IV, cap...., edizione a cura di Clair e Girbal, p.353

36 Ernest Coumet, "Sur 'le calcul des Jeux de hasard' de Huygens: dialogues avec les mathématiciens français (1655 - 1657)", dans Huygens et la France, Paris, Vrin, pp.123 - 138

37 G.W.Leibniz, L'estime des apparences (21 manuscrits de Leibniz sur les probabilités, la théorie des jeux, l'espérance de vie) texte établi et annoté par Marc Parmentier, Paris, Vrin, 1995, pp.133 - 139

38 ibidem, pp.339 - 367

39 ibidem, pp.341

40 A.Hald, A History of Probability and Statistics and their Applications before 1750, New York, 1989

41L'estime des apparences, p.11 et p.33 -34 (notes 105 - 106)

42 L'estime des apparences, manoscritto XIV; commentaires pp.367 - 371; texte pp.371 - 381

43 Ibidem, pp.391-399: cf. l e riflessioni di Marc Parmentier sulla "mathématisation de la temporalité économique".

44 Il censimento del popolo da parte di Davide fu considerato un grave abuso di autorità (2 Samuele, 24). Però, era stato preceduto dai due censimenti di Mosè voluti da Dio (Numeri, 1, 17: 2,34; 26; 1-56) e seguito dai censimenti al ritorno dall'esilio (Esdra, 2; Neemia, 7, 5-72)

45L'estime des apparences, manoscritti X e XI: cf.p.16 e p.293

46Genesi, capitoli 39, 46

47Matteo, 24, 25; Luca, 12, 42

48Genesi, 3, 22

49Genesi, 2, 15

50 Pascal, Pensieri, (nella versione di Adriano Bausola), frammento 335, p.519

 

Vedi anche "La finanziarizzazione dell'economia e la crisi odierna"

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