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Rivista di etica e scienze sociali / Journal of Ethics & Social Sciences

(1474-1566)

Apologética Historica Sumaria

 

IV. Elogio degli indi

Di come tutte le nazioni possono essere condotte alla civiltà.

...Da questi esempi antichi e moderni chiaramente appare non esservi nazioni nel mondo, per rozze e incolte, selvagge e barbare che siano, che non possano essere persuase, guidate e condotte a tutto buon ordine e civiltà, e farsi domestiche, tranquille e trattabili, se si usasse abilità e arte e si seguisse quella via che è propria e naturale agli uomini, specialmente cioè per via d'amore e mansuetudine, dolcezza e allegria e se si cerca soltanto questo fine. La ragione di ciò è (e la espone Tullio nel libro I De legibus), perché tutte le nazioni del mondo sono uomini, e di tutti gli uomini e di ciascuno di essi vi è una sola definizione, ed essa è che sono razionali: tutti hanno il loro intelletto e la loro volontà e il loro libero arbitrio, essendo formati a immagine e somiglianza di Dio; tutti gli uomini hanno i loro cinque sensi esterni e i loro quattro interni, e si muovono per i medesimi oggetti di questi; tutti hanno i principî naturali o semi per intendere e per apprendere e sapere le scienze e le cose che non sanno, e questo non soltanto in quelli di buona inclinazione, ma si trovano anche in quelli che per costumi depravati sono malvagi, tutti si rallegrano del bene e sentono piacere di ciò che è gustoso e allegro e tutti respingono e aborrono il male e si irritano dello sgradevole e di ciò che nuoce loro. [...]Così che tutta la stirpe degli uomini è una, e tutti gli uomini quanto alla loro creazione e alle cose naturali sono simili, e nessuno nasce istruito; e così tutti abbiamo necessità di essere da principio guidati e aiutati da altri che nacquero prima. Di modo che quando si trovano nel mondo alcune popolazioni così selvagge, sono come la terra non coltivata, che produce facilmente erbacce e spini inutili, però ha dentro di sé tanta virtù naturale che lavorandola e coltivandola, dà frutti commestibili, sani e utili. ... A quanto detto non contraddice il fatto, che talvolta accade, che vediamo qualche uomo mentecatto, inabile e incapace di dottrine: perché questo è per un errore della natura, che non convennero di concerto le costellazioni e cause naturali quando quell'uomo veniva generato, e per questa mancanza restano inceppate le facoltà di quell'anima finché sta nelle carni, sì che non può usare di esse per produrre opere ragionevoli ….. Da ciò segue necessariamente essere impossibile, di una impossibilità totale, che una intera nazione sia tutta inabile, o di così poco e barbarissimo giudizio e di così bassa e scarsa ragione da non sapersi governare e da non poter essere indotta, attratta e istruita in qualche buona dottrina morale, e specialmente istruita nelle cose della fede, il considerarla così, come altrove abbiamo provato.

E ciò basta come scusa delle genti di queste terre che si trovassero vivere disperse e isolate e non in comunità che abbiano forma di città, e delle altre che non vivono in villaggi né grandi né piccoli, bensì vivono vagabonde senz'ordine come selvaggi, se se ne trovassero di tali, come se ne sono trovate alcune poche sulla costa del mare di terraferma, che chiamiamo la Florida, delle quali si parlerà Dio piacendo più avanti; e che non per ciò cessano di essere uomini razionali e riducibili a ordine e ragione, se non che ancora non hanno cominciato, e permangono in quel primo stato rozzo in cui stettero tutte le altre nazioni prima che vi fosse chi le potesse istruire.

XII. Della barbarie

Da tutto quello che si è detto si deduce che gli Stati degli indi uguagliarono, e anche superarono, tutti gli antichi nelle buone leggi e nei costumi.

Tutto questo [cioè che gli indi non sono meno civili dei popoli del mondo antico] rimane ben chiaro, provato e dimostrato, e anche se non avessimo messo in pulito tutto questo trattato; se non che in tutto il mondo, al tempo dell’antico paganesimo, vi furono infinite popolazioni, quanto agli atti dell’intelligenza, molto meno ragionevoli di queste; e in quelli della volontà ebbero costumi più orribili e furono depravate con vizi peggiori; e ciò basterebbe perché coloro, che con tanta temerità e colpa forse inespiabile le hanno infamate, fossero confusi e in se medesimi si vergognassero di se stessi e si confessassero, e tutti coloro che lo sapessero li stimassero come delatori bugiardi. Tanto più come si è visto, con tanti confronti e comparazioni, nell’usare più ordinatamente degli atti della ragione e di quelli della volontà con meno scorie di malizia o cattiveria, sono superiori a molte altre quasi innumerevoli popolazioni. Tutto questo, come si è detto ripetute volte, per la maggior parte; e tutte senza escludere nessuna di questo mondo così vasto com’è, essere universalmente di ingegno buono e naturale e di volontà disposte per essere attratte e imbevute in ogni buona dottrina morale e non meno nella nostra religione cristiana, anche se alcune popolazioni, per alcuni rispetti non siano ancora giunte alla perfezione di organizzazione e ordinamento politico che abbiamo raccontato di molte, e abbiano certi costumi corrotti dei quali, insomma, naturalmente e con attività umana, e più e meglio con la predicazione evangelica, possono guarire. [...]

Tanto meno ragione c’è dunque, perché ci meravigliassimo dei difetti e dei costumi incivili e sregolati che trovassimo in queste nostre popolazioni indiane, e perché le disprezzassimo per questi, poiché non soltanto molte, e anzi tutte le più del mondo furono assai più perverse, irrazionali e depravate e nell’ordinamento pubblico e in molte virtù e beni morali molto meno morigerate e regolate; ma noi stessi, nei nostri antecessori, fummo assai peggiori, così nell’irrazionalità e nella confusione politica come nei vizi e costumi brutali, per tutta la rotondità di questa nostra Spagna, secondo rimane dimostrato in molte parti più su. E così, diamo fine a questo libro, e al nostro Dio immensi ringraziamenti per averci concesso giorni di vita e forze e aiuto, per vederlo terminato…

Traduzione italiana da  "Storia proibita degli spagnoli nel Nuovo Mondo" a cura di Alberto Pincherle, Feltrinelli Milano. Prima edizione 1959

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