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Rivista di etica e scienze sociali / Journal of Ethics & Social Sciences

 

Nella sua opera Utz affronta il problema controverso e quanto mai attuale del rapporto tra etica ed economia, e presenta l'etica dell'economia cattolica confrontandola da una parte con le teorie economiche classiche "non valutative", e dall'altra con l'etica teologica di orientamento evangelico.

Non è lontano il tempo in cui si affermava che l'economia, come la politica e la sociologia, sono delle scienze autonome che hanno delle loro leggi con cui non devono interferire né la morale né la religione. Tale posizione in realtà presupponeva spesso dei principi filosofici inespressi sulla interpretazione della realtà, sull'uomo, sul valore dell'esperienza e della conoscenza umana. Oggi si avverte invece da più parti la necessità di dare un fondamento etico all'economia come anche alle altre scienze e discipline che interessano la vita e il rapporto dell'uomo con la natura, ma rimane il problema di stabilire su quali principi e su quali presupposti teoretici vada fondata in modo soddisfacente una tale etica.

Utz dichiara fin da principio che l'etica da cui muove il suo trattato è quella finalistica di S. Tommaso d'Aquino, che permette nel modo più adeguato di passare da norme umane universalmente valide alla soluzione corretta di problemi pratici concreti. Tale teoria si basa soprattutto sui seguenti principi:

1)occorre una teoria della conoscenza che permetta di indagare con oggettività ogni singola azione umana secondo il suo oggetto e i suoi scopi. Tale conoscenza è secondo il nostro autore quella che procede in modo astrattivo, la quale inizia con un'analisi empirica sull'oggetto e lo scopo dell'azione, per giungere a collocare questo scopo nel quadro generale del senso della vita umana e a definire così ciò che è conforme alla natura dell'uomo.

2) Nell'intimo di tutto ciò che esiste si trova una finalità, e conoscerla è possibile solo a un'etica finalistica fondata ontologicamente.

3) Le azioni umane hanno sempre uno sfondo morale, anche quando il loro oggetto immediato non è di natura morale.

Su questi presupposti viene impostato lo studio scientifico dell'economia, che parte da questa definizione preliminare: l'economia è la totalità di quelle azioni tramite cui l'uomo utilizza i beni materiali per soddisfare i suoi bisogni vitali e culturali, in vista del suo perfezionamento. E poiché l'uomo è un essere sociale che dipende dall'aiuto del prossimo e che deve coordinare il soddisfacimento dei suoi bisogni con quello degli altri, l'economia diventa economia sociale, cioè utilizzazione cooperativa dei beni materiali per soddisfare questi bisogni.

Utz distingue diverse modalità di studio dell'economia, e le presenta nel loro progressivo avvicinamento a una considerazione etica di questa disciplina:

1)la teoria classica dell'economia, che è di tipo avalutativo. Essa ha come modello l'economia di mercato in cui lo scambio dei prodotti garantisce un utilizzo il più possibile parsimonioso e redditizio dei fattori di produzione.

2)L'economia politica, che indaga sulle connessioni tra l'economia e il contesto sociale e politico in cui devono essere compiute e valutate le decisioni economiche.

3)La riflessione ontologica, la quale studia empiricamente il comportamento dell'uomo, il suo rapporto con il lavoro, la proprietà, il denaro, ecc., e considera filosoficamente questi dati empirici per stabilire col metodo astrattivo quale comportamento può essere definito "secondo natura".

4) La considerazione etica dell'economia, che determina le norme dell'agire morale. Tali norme vanno ricavate dall'esperienza, ma non possono essere fissate unicamente in modo empirico; esse muovono dall'orientamento finalistico della natura umana: ogni azione economica è sottoposta all'approvazione o alla condanna etica a secondo che essa favorisca od ostacoli il raggiungimento del fine dell'uomo, che è il suo perfezionamento. Questa riflessione viene compiuta a diversi livelli, partendo dalla considerazione di principi quali il rapporto tra il bene comune e il bene privato, per arrivare ad affrontare in concreto i problemi dei rapporti di lavoro, la formazione dei prezzi e così via.

A questo punto, e solo a questo punto, Utz affronta il problema del rapporto tra etica e religione, o più precisamente la possibilità di impostare teologicamente un'etica economica all'interno della religione cristiana. Lo fa mettendo a confronto l'etica teologica di orientamento evangelico con quella di orientamento cattolico, e imposta questo confronto sulla diversa interpretazione che viene data nelle due confessioni religiose del rapporto tra fede e ragione. Prendendo in esame le teorie di diversi autori di ispirazione evangelica (Gerhard Weisser, Arthur Rich, Siegfried Katterle, Helmut Thielicke, Eilert Herms) si può constatare che in genere nell'etica economica evangelica viene rifiutato il diritto naturale e la possibilità di dare valutazioni sulle azioni umane in campo economico e sociale in base a criteri di giustizia o di valore fondati sulla sola ragione. La norma per dirigere le decisioni e le azioni concrete che devono essere compiute vengono ispirate da ragioni e principi di fede, che vanno messi direttamente in rapporto con i dati empirici, senza una mediazione metafisica e senza ricorrere a norme assolute o a principi universali ricavabili per via di astrazione dalla ragione umana. Quando la teologia evangelica fa riferimento a valori etici e a ciò che è razionale, lo fa sempre in riferimento a determinati contesti storici o a determinati ambiti culturali, e per razionale intende ciò che è conforme alle scienze empiriche.

L'etica dell'economia di orientamento cattolico si fonda invece sul principio dell'armonia tra fede e ragione, e sulla fondamentale capacità che la ragione umana mantiene, sebbene indebolita dal peccato originale, di riconoscere le norme morali naturali a partire dall'essenza dell'uomo. La fede aiuta e innalza la conoscenza umana sul piano soprannaturale, le permette di accettare le norme soprannaturali del comportamento umano (la chiamata alla vita eterna, il comandamento dell'amore del prossimo, le norme ecclesiastiche, ecc.), ma presuppone la facoltà dell'uomo di riconoscere naturalmente le norme che sono conformi alla sua natura e che vanno liberamente scelte. La metafisica che soggiace alla morale cattolica è dunque quella che rende possibile distinguere per via di astrazione l'essenza universale delle azioni e il loro fine partendo dalle loro manifestazioni individuali. Tale morale comporta la facoltà di conoscere oggettivamente il fine ultimo delle azioni e i mezzi per la sua corretta e concreta realizzazione, nonché la capacità di orientarsi verso tale fine e di scegliere liberamente ciò che è conforme ad esso da parte della coscienza e della volontà umana.

In questo consiste la differenza fondamentale dell'etica dell'economia cattolica nei confronti di quella evangelica, come anche rispetto a quegli economisti secondo i quali la politica economica sottostà solo alla conoscenza economica oggettiva. Anche se l'etica cattolica e quella evangelica si incontrano quasi sempre quando si tratta di giudicare alla luce della rivelazione situazioni economico-sociali concrete, quali il lavoro come mezzo di produzione o il problema del Terzo Mondo, la morale cattolica fonda i suoi giudizi critici su principi ordinatori (proprietà privata e destinazione universale dei beni, solidarietà e sussidiarietà) che intendono valere per una teoria del diritto naturale e per cercare un ordinamento economico di validità universale, anche se l'applicazione di questi principi può variare in ragione delle diverse situazioni culturali e storiche, come è il caso della valutazione dell'interesse in un'economia concorrenziale quale è la nostra, nei confronti di un'economia stabile come era quella medioevale.

Le valutazioni che Utz compie sui diversi sistemi economici e le soluzioni che propone a proposito dei problemi riguardanti la proprietà privata, la produzione di beni e la retribuzione del lavoro, il giusto prezzo e il profitto, vengono dunque impostate soprattutto su questi presupposti teoretici:

la possibilità di fondare l'economia su una conoscenza oggettiva e astrattiva, che permette di individuare ciò che vi è di essenziale nei fenomeni di carattere economico,
il riconoscimento del diritto naturale, fondato su norme universalmente valide che possano determinare ciò che è conforme alla natura umana e che è il presupposto indispensabile per una dichiarazione universale dei diritti dell'uomo,
e l'interpretazione finalistica dell'etica che permette di classificare e giudicare le attività dell'uomo in base alle loro concrete finalità e al fine ultimo dell'agire umano. In questo modo si giustifica la dottrina sociale della Chiesa, come l'insieme di quei principi e giudizi che sono conformi alle verità rivelate della fede cristiana, ma che chiedono di essere riconosciuti, accolti e applicati da tutti gli uomini, perché conformi anche alla natura e alla ragione umana.

Questa interpretazione dell'etica economica, esposta con chiarezza e rigore, dovrebbe essere presa in considerazione con attenzione non solo da chi segue diversi principi filosofici o diverse confessioni religiose, ma soprattutto da chi dentro la Chiesa cattolica si appella a motivi di fede per misconoscere i diritti della ragione e per affermare che una dottrina sociale della Chiesa non dovrebbe esistere, perché basta il Vangelo a guidare i cristiani nella vita sociale e nelle loro attività economiche.

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