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Rivista di etica e scienze sociali / Journal of Ethics & Social Sciences

 

Parte I

Agli inizi degli anni Novanta l’UNDP (United Nations Development Programme) pubblica il primo rapporto sullo sviluppo umano che, accogliendo e sistematizzando i risultati di un ampio e complesso dibattito, segna il passaggio da una concezione meramente quantitativa del benessere di un paese, basata sul reddito e sulla ricchezza materiale, ad una che tiene conto anche di altri fondamentali aspetti della qualità della vita. In particolare, lo sviluppo umano viene definito come "un processo di ampliamento della gamma di scelte della gente", e si riferisce non soltanto alle tre opzioni fondamentali relative alla "possibilità di condurre una vita lunga e sana, di acquisire conoscenze e di accedere alle risorse necessarie a un tenore di vita dignitoso", ma riguarda anche la libertà politica, la garanzia dei diritti umani e il rispetto di se stessi 1. In tal senso, il concetto di sviluppo umano, rifacendosi alle nozioni di functioning e capability introdotte dall’economista Amartya K. Sen 2, comprende sia la formazione delle capacità umane (ad esempio migliorare la propria salute, le proprie conoscenze, ecc.), sia la possibilità di un uso effettivo di tali capacità una volta acquisite.

Una riflessione sulle possibilità di scelta concesse o negate ai singoli esseri umani in determinati contesti economici, sociali e culturali, vuole essere la chiave di lettura attraverso la quale ripercorrere e interpretare i risultati ai quali chi scrive è pervenuto attraverso una ricerca sociologica realizzata su un campione di 154 minorenni (69 maschi e 85 femmine) che esercitano la prostituzione nel territorio di Puerto Plata, località turistica situata nella costa settentrionale della Repubblica Dominicana 3. L’analisi dei percorsi di vita dei soggetti intervistati consente infatti di mettere in luce in primo luogo in quale misura il loro coinvolgimento nella prostituzione sia determinato dall’estrema limitatezza (se non addirittura mancanza) di "possibilità di scelta", e, in secondo luogo, in che modo l’esperienza di prostituzione stessa restringa ulteriormente la gamma di opzioni alternative. In altri termini è necessario prendere in considerazione le condizioni di partenza che hanno impedito uno sviluppo umano armonioso dei soggetti considerati (stato di indigenza, scarso accesso ai servizi di base, bassa scolarizzazione, disgregazione familiare ecc.) e, al tempo stesso, gli effetti devastanti sulla loro salute fisica e mentale provocati dalla vita di strada, al fine di individuare strategie di intervento per una loro riabilitazione e reinserimento nella società.

Ma non solo. Adottare la prospettiva delle scelte permette di inserire il complesso fenomeno del prostituzione minorile all’interno della più ampia problematica relativa ai rapporti Nord/Sud del mondo e di interrogarsi criticamente sulle pesanti responsabilità dell’Occidente nel determinare le condizioni di sottosviluppo dei paesi del cosiddetto Terzo Mondo (responsabilità palesi, del resto, nel caso del turismo sessuale).

Che lo sfruttamento sessuale dei minori costituisca una grave violazione dei diritti umani è chiaramente sancito dalla "Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia", approvata dall’ONU nel 1989, la quale negli articoli 34 e 35 stabilisce che gli Stati firmatari devono adottare ogni adeguato provvedimento a livello nazionale, bilaterale e multilaterale al fine di proteggere il minore da ogni forma di violenza e di sfruttamento sessuale (compresa la produzione di materiale pornografico e l’induzione alla prostituzione) e di contrastare il rapimento, la vendita e il traffico di minori a qualsiasi fine (compreso quello sessuale).

In Repubblica Dominicana, dopo la ratifica della Convenzione, è stato promulgato nel 1994 il Código para la protección de niños, niñas y adolescentes, che ha come obiettivo quello di tutelare i minori creando le condizioni affinché possano svilupparsi fisicamente, mentalmente e socialmente in maniera armoniosa. Di fatto, però, una cultura del rispetto dei diritti dell’infanzia stenta ancora a diffondersi, soprattutto tra gli strati più poveri della popolazione, dove sono particolarmente frequenti i casi di abuso sessuale e maltrattamento a danno di bambini e adolescenti. Anche a livello istituzionale si riscontrano tuttora pesanti responsabilità nella mancata applicazione del Código, e gli stessi rappresentanti delle forze dell’ordine si rendono non di rado protagonisti di gravi violazioni dei diritti dei minori.

Per quanto riguarda la prostituzione minorile, che, secondo uno studio del 1992 dell’UNICEF coinvolge circa 25.000 minori in tutto il paese 4, il governo dominicano ha spesso assunto una posizione ambigua soprattutto nell’ammettere il legame tra tale fenomeno e quello del turismo sessuale. Non va dimenticato, infatti, che il turismo rappresenta uno dei settori trainanti dell’economia e che gran parte della promozione turistica della Repubblica Dominicana ha fatto leva esplicitamente, così come accaduto per altre località dei Caraibi, sugli stereotipi "dell’esotico" e del "paradiso sessuale".

L’intento del presente articolo vuole essere quello di focalizzare l’attenzione su alcuni elementi emersi dallo studio sul campo tenendo ben presente che il fenomeno della prostituzione minorile presenta caratteri di estrema complessità e problematicità. Troppo spesso, infatti, come risulta chiaramente dalla letteratura di riferimento, nell’affrontare questo argomento si cede alla tentazione di spiegazioni riduzionistiche che restituiscono una visione banalizzante e slegata dagli specifici contesti socio-economici e culturali. Il primo passo sarà quello di esaminare il problema della povertà e le sue implicazioni, per poi ricostruire sinteticamente i contesti familiari e il rapporto degli intervistati con il sistema scolastico. Infine si ripercorrerà l’esperienza della prostituzione illustrandone brevemente gli scenari tipici e il ruolo del turismo sessuale.

Così come per il concetto di sviluppo umano, anche per quanto riguarda quello di povertà, l’UNDP ribadisce la necessità di un approccio multidimensionale che tenga conto non solo del reddito o del consumo, ma anche della possibilità di vivere un’esistenza lunga, salutare, creativa, libera, dignitosa. In linea generale, le caratteristiche della povertà, oltre ai bassi livelli di reddito, consistono in una serie di tratti riscontrabili empiricamente tra i quali vi sono le maggiori dimensioni dei nuclei familiari, la tendenza a sposarsi precocemente, gli elevati indici di fecondità, la diffusione di famiglie incomplete o ricostituite, il basso livello di istruzione, la precarietà occupazionale, ecc 5.

Come è noto, nel corso degli anni ’80, ridenominati in modo significativo "decade perduta", si è verificata in tutti i paesi dell’America Latina un’acutizzazione della povertà, per effetto della crisi economica, della forte inflazione, dell’aumento vertiginoso del debito estero e delle relative politiche di aggiustamento del Fondo Monetario Internazionale. In Repubblica Dominicana, la carenza di politiche sociali per controbilanciare quelle di aggiustamento ha determinato un notevole peggioramento delle condizioni di vita delle fasce più deboli della popolazione, tanto che nel 1993, secondo stime governative, il 60% circa delle famiglie dominicane viveva in condizioni di povertà 6.

Solitamente, la prostituzione è concepita come un problema tipico della povertà e ciò risulterebbe confermato dal fatto che tutti i tratti caratteristici sopra menzionati risultano presenti nelle famiglie di origine degli intervistati. Non c’è dubbio che la mancanza di risorse economiche sia tra i fattori principali che favoriscono l’ingresso nella prostituzione, ma l’analisi non può arrestarsi a questo motivo di fondo, a meno di non voler affermare che tutte le persone che vivono in condizioni di miseria finiranno prima o poi per prostituirsi. E’ necessario infatti approfondire il vissuto dei soggetti coinvolti e mettere in luce quell’insieme di circostanze intra ed extra familiari, di esperienze e di eventi traumatici che, innestati in un contesto di deprivazione, impediscono ogni altra scelta alternativa.

L’analisi dei contesti familiari di provenienza ha permesso di disegnare, in tutta la sua complessità, un quadro di relazioni caratterizzato prevalentemente da processi di disgregazione più o meno traumatici, abbandoni, formazione di nuove unioni, instabilità o assenza delle figure di riferimento e alti livelli di conflittualità. I dati mostrano infatti che al momento della ricerca solo il 27% dei genitori risultava unito e che i processi di separazione sono avvenuti soprattutto nei primi cinque anni di vita dell’intervistato. Ciò indica che la fase di socializzazione primaria è stata segnata, nella maggioranza dei casi, dall’assenza di uno o entrambi i genitori, con conseguente instabilità delle figure di riferimento e discontinuità affettiva. In particolare, l’abbandono da parte della madre, vissuto e rappresentato con drammaticità, sembra aver avuto, secondo le parole degli stessi intervistati, effetti devastanti sullo sviluppo della loro personalità, quali profonda insicurezza emotiva, disorientamento, bassa autostima e senso di vuoto.

Va comunque precisato che nella maggioranza dei casi le famiglie di provenienza degli intervistati non erano fondate su un matrimonio formalmente riconosciuto. Alcuni studi sulla famiglia dominicana mettono in evidenza che, a causa dei processi di secolarizzazione in corso e della mancanza di forti sanzioni sociali nei confronti della convivenza, il tipo di unione predominante nel paese non è il matrimonio, civile e/o religioso, ma l’unione di fatto. Ciò spiega in parte la diffusione del fenomeno delle separazioni e l’alta percentuale (27% dato nazionale) di familias matrifocales, guidate cioè da una donna, soprattutto fra gli strati più poveri della popolazione, dove è forte l’influenza di una cultura tradizionale estremamente sessista (machismo) 7.

Lo studio del clima familiare ha aggiunto un’ulteriore informazione di fondamentale importanza per comprendere il complesso di relazioni affettive in cui sono cresciuti i soggetti intervistati. Soprattutto nel caso delle ragazze, i numerosi riferimenti all’ambiente familiare hanno permesso di ricostruire uno scenario costituito da frequenti episodi di maltrattamento fisico e psicologico (vi sono anche tre casi di abuso sessuale perpetrato da familiari), da forti tensioni, da alcoolismo e mancanza di comunicazione, mentre nel caso dei ragazzi il clima familiare si caratterizza per un minore livello di conflittualità. Per ciò che concerne, inoltre, le relazioni con i genitori, si rileva che mentre la madre resta comunque un punto di riferimento più stabile, il padre risulta essere una figura abbastanza assente nell’universo affettivo degli intervistati, e viene spesso descritta mettendone in evidenza il carattere severo e violento, l’incapacità di comunicare e la frequenza delle relazioni extraconiugali.

L’espulsione precoce dal sistema educativo (il 92% del campione ha lasciato definitivamente la scuola) e i bassi livelli di scolarizzazione raggiunti (il 58% delle ragazze, contro il 36% dei maschi, non ha completato nemmeno la scuola elementare) costituiscono altri due tratti distintivi del vissuto dei minori intervistati. Per ciò che riguarda le ragazze, i principali motivi di abbandono della scuola risultano essere i problemi in famiglia (32%) e l’unione e/o l’arrivo di un figlio (29%), mentre per i ragazzi emerge tra tutti l’esigenza di lavorare per apportare un aiuto economico alla famiglia (48%), e, secondariamente, il disinteresse per lo studio (17%).

E’ necessario fare in proposito due considerazioni generali. La prima riguarda la diffusione delle unioni precoci in Repubblica Dominicana. In base a quanto rilevato da recenti studi governativi, le donne giungono al matrimonio o all’unione prima degli uomini, ad un’età media di 19 anni, e tale tendenza è inversamente proporzionale al livello di istruzione raggiunto 8. Tra gli strati più emarginati della popolazione l’età media si abbassa ulteriormente, con il risultato di unioni spesso instabili e di breve durata 9. Nel campione intervistato il 73% delle ragazze ha già avuto un’esperienza di convivenza non andata a buon fine (oltre all’incomprensione, le ragazze indicano tra i motivi di separazione i frequenti maltrattamenti fisici, l’alcoolismo, i tradimenti e l’induzione alla prostituzione) e il 30% circa è già madre di almeno un figlio.

La seconda considerazione riguarda invece la diffusione del lavoro minorile. Innanzitutto va precisato che il lavoro minorile non è solo una conseguenza della povertà, ma ne è anche causa: nel momento in cui il minore, pressato dalle necessità economiche, abbandona la scuola per svolgere un qualche tipo di attività produttiva (spesso in condizioni di precarietà, sfruttamento, bassa qualifica e scarsa remunerazione), si preclude definitivamente la possibilità di raggiungere la preparazione culturale o professionale per accedere ad un impiego migliore (circolo vizioso della povertà). In secondo luogo bisogna tenere presente che il lavoro minorile è fortemente valorizzato nella società dominicana poiché sancisce il passaggio dalla fase adolescenziale alla "vita adulta", e che le culture latino-americane sono fortemente promotrici del lavoro minorile poiché ritengono possa essere una strategia di prevenzione della devianza giovanile.

Prima di dar conto dell’esperienza di prostituzione è opportuno tratteggiare ora gli scenari tipici della vita di strada in Repubblica Dominicana. Sintetizzando, si può distinguere tra una modalità di prostituzione "formale" (o "tradizionale"), gestita da terze persone e praticata in locali e postriboli di vario tipo (casas de cita, centros cerveceros, cabaret, bares, cafeterías, night-clubs, ecc.) e una "informale", diffusa principalmente nelle strade, nelle spiagge, nei grandi complessi alberghieri e in tutti i luoghi frequentati da turisti 10. Mentre il primo tipo riguarda esclusivamente le donne e una minoranza di ragazzi omosessuali, la modalità di prostituzione "informale" vede coinvolti giovani di entrambi i sessi. Paradossalmente, nonostante il locale costituisca un luogo di sfruttamento e violenza, la presenza dei gestori riesce a garantire alle ragazze un certo grado di protezione e controllo, mentre in strada i rischi e la pericolosità risultano di gran lunga maggiori, essendo i ragazzi esposti ad abusi ed aggressioni non solo da parte di clienti e criminali, ma anche della polizia. Quest’ultima infatti, lungi dal porsi in un ottica di sostegno o di tutela del minore, adotta un comportamento duramente repressivo nei confronti dei ragazzi di strada, che sono sistematicamente oggetto di arresto arbitrario, e che non di rado vengono derubati, picchiati e insultati dagli stessi poliziotti.

Il primo elemento emerso con forza dalle testimonianze raccolte è una differenziazione in base al genere, che caratterizza in maniera netta e profonda non solo l’esperienza di prostituzione in sé, ma anche l’immagine di se stessi e il modo di rappresentarsi. Nella cultura dominicana la prostituzione è considerata socialmente un’attività di esclusiva competenza femminile, e ciò spiega le molte resistenze ed ambiguità nel definire quella maschile. L’esperienza sul campo ha mostrato infatti che quest’ultima non si articola secondo moduli facilmente riconoscibili e risulta assai difficile ricostruire un "percorso tipico" di ingresso, in quanto gli stessi attori coinvolti sembrano talvolta non avere una percezione chiara del proprio ruolo e dei rischi in cui incorrono.

In linea generale, la figura maschile corrispondente alla prostituta è quella del sanky-panky, ossia di colui che intrattiene rapporti sessuali con turisti (uomini e/o donne) al fine di trarne benefici economici. Considerando il forte disprezzo e la discriminazione della cultura machista nei confronti dell’omosessualità, si comprende perché i soggetti intervistati abbiano ammesso con difficoltà e reticenza di avere relazioni sessuali anche con uomini stranieri: la maggior parte di essi, infatti, tendeva a rappresentarsi piuttosto come un "conquistatore" di donne, ricalcando lo stereotipo del macho latino, negando perfino di ricevere un corrispettivo in cambio delle proprie prestazioni sessuali. Inoltre la parola sanky si carica di una forte connotazione negativa, poiché ad essa vengono associati tutta una serie di comportamenti considerati devianti (furto, uso di droga, bisessualità, ecc.). Per tali ragioni la maggioranza degli intervistati tendeva a prendere le distanze da questo modello pur adottando di fatto simili comportamenti. Tutti i sanky intervistati, di età compresa tra i 16 e i 20 anni, svolgevano un qualche tipo di attività lavorativa nell’ambito del settore turistico (animatori degli hotel, bagnini, personale alberghiero, venditori, ecc.) e, nonostante i bassi livelli di scolarizzazione, non di rado parlavano più di una lingua straniera.

Il fatto che i sanky pratichino la prostituzione saltuariamente all’interno del loro ambiente lavorativo e spesso, a differenza delle ragazze, senza un’esplicita richiesta di denaro, costituisce forse l’aspetto più pericoloso e ambiguo della prostituzione maschile, poiché rende particolarmente difficile approntare programmi di intervento.

Va sottolineato, tuttavia, che la prostituzione viene praticata più o meno occasionalmente anche da molti niños y adolescentes de la calle, ossia da quei minori che, avendo rotto i legami familiari, vivono in strada in condizioni di particolare pericolosità, guadagnandosi da vivere attraverso una serie di attività più o meno legali (accattonaggio, lavoretti precari, furto, ecc.). Nel corso della ricerca, è stata rilevata la presenza di un gruppo di ragazzini lustrascarpe (limpiabotas), di età compresa tra i 10 e i 15 anni, dediti alla prostituzione con turisti stranieri 11.

Nel caso delle ragazze, la chiara percezione di sé e la conseguente autorappresentazione in termini di "prostitute", hanno consentito di tracciare un percorso tipico che pur tra molteplici varianti e sfumature descrive efficacemente i motivi e le circostanze di inizio. L’ingresso nella prostituzione è strettamente legato alla definitiva espulsione dal nucleo familiare. In genere si tratta, come già analizzato precedentemente, di una fuga da una situazione altamente conflittuale, spesso caratterizzata da maltrattamenti e violenze, che spinge a un’unione precoce in condizioni di immaturità e impreparazione. La successiva separazione in circostanze più o meno traumatiche e l’eventuale presenza di figli da mantenere senza il sostegno del compagno, aumenta lo stato di angoscia e disperazione e rende facilmente vulnerabili di fronte alla prospettiva di un "guadagno facile". In questo momento di difficoltà gioca un ruolo chiave l’incontro con una "amica" (in genere un’intermediaria) la quale, facendo leva sulle necessità economiche della ragazza e sulla sua ingenuità, la conduce in un locale (talvolta dietro compenso da parte dei gestori) e la inizia alla vita di strada.

Una volta entrata a far parte della realtà della prostituzione, con i suoi stili di vita e le sue norme, si inizia un processo di progressivo isolamento e di rottura delle relazioni interpersonali precedentemente stabilite. La mancanza di fiducia negli altri e la durezza delle esperienze vissute quotidianamente spingono all’adozione di comportamenti aggressivi e individualisti, che hanno l’effetto di aumentare ulteriormente le distanze con le altre coetanee "non coinvolte". Quanto più la ragazza va cambiando l’immagine di sé, tanto più tende ad autoemarginarsi dal "mondo rispettabile" e a percepire il rifiuto e la stigmatizzazione sociale. Inoltre, la bassa autostima riduce notevolmente la capacità di influire sul corso della propria vita, tanto che, in bilico tra fatalismo e rassegnazione, le possibilità di cambiamento vengono così affidate a fattori esterni (la speranza di incontrare tra i clienti un "uomo buono", uno straniero, o il verificarsi di un evento miracoloso).

Un’ultima riflessione riguarda il turismo sessuale. Le testimonianze raccolte mostrano in maniera inequivocabile lo stretto legame esistente tra tale fenomeno e la prostituzione minorile, in particolar modo nel caso dei ragazzi sanky la cui clientela è costituita esclusivamente da turisti. Dalle parole dei soggetti intervistati il rapporto con il turista sessuale emerge in tutta la sua problematicità, sia nel suo aspetto di sfruttamento e violenza, sia in quello più sottile e sfuggente di dipendenza. Lo straniero rappresenta spesso ai loro occhi l’unica possibilità di uscire dalla condizione di miseria, di lasciare la prostituzione e di viaggiare fuori del paese. In questo senso la relazione di subordinazione che viene a crearsi sembra riprodurre su piccola scala quella che vincola il Sud al Nord del mondo.

Alcuni studi presentati in occasione del "Primo Congresso Mondiale contro lo Sfruttamento Sessuale dei Minori" (Stoccolma, agosto 1996) hanno tentato di mettere a fuoco le possibili motivazioni di natura psicologica, sociale e culturale che favoriscono il turismo sessuale. In particolare si è fatto riferimento alla posizione di superiorità economica, alla sensazione di libertà dai vincoli sociali, alla mancanza di conoscenza della lingua e della cultura del paese ospitante, che rafforza pregiudizi e false convinzioni (come ad esempio quella secondo cui la popolazione locale ha meno tabù sessuali), a frustrazioni e insicurezze personali, al bisogno di "evasione", all’emancipazione della donna in occidente, ecc. Se da un punto di vista legislativo, notevoli progressi sono stati fatti negli ultimi anni in molti paesi occidentali attraverso l’introduzione del principio dell’extraterritorialità 12, che stabilisce la perseguibilità in patria di un cittadino che abbia commesso abuso su minori in un paese straniero, molto ancora resta da fare sul fronte della sensibilizzazione. Combattere il turismo sessuale significa in questa prospettiva lavorare intensamente sul piano della conscientizzazione dell’opinione pubblica del Nord del mondo, attraverso una seria critica agli stereotipi e atteggiamenti etnocentrici, educando al rispetto delle culture "altre" e promuovendo una reale conoscenza dei paesi del Terzo Mondo e della questione del sottosviluppo.

Concludendo, in questa breve presentazione del problema della prostituzione minorile a partire da un caso concreto, si è tentato di illustrare come le possibilità di scelta dei minori coinvolti, già pesantemente limitate al momento della nascita, si siano andate ancor più riducendo, fino ad annullarsi, con l’ingresso nel mondo della prostituzione. Una strategia concreta che miri all’ampliamento di tali possibilità di scelta, deve, a parere di chi scrive, da un lato intervenire sul minore stesso offrendogli assistenza e sostegno psicologico nonché occasioni di formazione professionale e culturale, dall’altro, coinvolgere l’intero contesto in cui è inserito (famiglia, scuola, forze di polizia, ma anche, paradossalmente, intermediari e gestori dei locali che svolgono un ruolo chiave nel mondo della prostituzione) per consentire quel processo di ricostruzione di un’immagine positiva di sé e di reintegrazione nel tessuto sociale.

Si auspica, infine, un maggiore impegno da parte della ricerca sociale nell’affrontare i problemi dell’emarginazione e del sottosviluppo, attraverso studi sul campo che siano di aiuto nell’identificare adeguati strumenti di intervento e nel portare alla luce il mondo sommerso di coloro che non hanno occasioni per far sentire la propria voce. In tal senso, la ricerca condotta in Repubblica Dominicana ha voluto dare un piccolo contributo alla conoscenza del fenomeno a partire dagli stessi attori coinvolti, nel pieno rispetto della loro dignità.

Nel secondo articolo, il legame fra il turismo sessuale e la prostituzione minorile nella Repubblica Dominicana sarà trattato in maniera più dettagliata.

 

 

NOTE 

1 DP, Rapporto sullo sviluppo umano. Come si definisce, come si misura, Rosenberg & Sellier, Torino, 1992, pp.19-27.

2 Cfr. A.K. Sen, Choice, Welfare and Measurement, Blackwell, Oxford, 1982 (trad. it. A. Sen, Scelta, benessere, equità, Il MuUNlino, Bologna, 1986) e A.K. Sen, Commodities and Capabilities, North Holland, Amsterdam, 1985.

3 Tale ricerca è stata argomento di tesi di laurea in Metodologia delle Scienze Sociali presso la Facoltà di Sociologia dell’Università degli Studi di Roma "La Sapienza".Nota metodologica. Il campione intervistato (non statisticamente rappresentativo) è formato da adolescenti e preadolescenti di età compresa tra i 10 e i 20 anni con esperienza di prostituzione. La rilevazione dei dati ha richiesto un periodo di permanenza nel territorio di Puerto Plata di sei mesi (aprile-ottobre 1998) e un costante e faticoso lavoro di osservazione nei luoghi della prostituzione per comprendere gli stili di vita, i rapporti di potere, il gergo, i comportamenti delle persone coinvolte. Un notevole investimento personale di risorse psicologiche in termini di adattamento e di empatia, è stato fondamentale per conquistare credibilità e fiducia da parte dei soggetti da intervistare e degli intermediari. Considerando la delicatezza e la complessità dell’argomento trattato, nonché la giovane età dei soggetti intervistati, si è scelto di utilizzare come strumento di rilevazione l’intervista focalizzata, ossia un tipo di intervista non direttiva condotta su temi specifici, in virtù delle sue caratteristiche di flessibilità ed adattabilità. I dati raccolti sono stati sottoposti sia ad analisi quantitativa (analisi del contenuto), sia ad analisi qualitativa (per temi). L’interazione fra i due livelli di analisi, attraverso continui rimandi reciproci, ha consentito di attutire e completare la schematicità e la freddezza del dato, che pur offre una sintesi efficace e necessaria, e di recuperare la ricchezza e le potenzialità descrittive delle testimonianze raccolte

4 Silvestre, E., Rijo, J., Bogaert, H., La Neo-prostitución Infantil en República Dominicana, UNICEF-ONAPLAN, Santo Domingo, 1992.

5 Duarte, I., Gomez, C.J., Ariza, M., Perfiles de los menores en circunstancias especialmente difíciles en República Dominicana, UNICEF-IEPD, Santo Domingo, 1992.

6 ONAPLAN, "Focalización de la pobreza en la República Dominicana", in Informe Población, n.11, diciembre 1997.

7 ENDESA-96. Encuesta Demográfica y de Salud, Santo Domingo, 1996.

8 IEPD-CDC, ENJOVEN-92. Encuesta Nacional de Jóvenes, Santo Domingo, 1992, pp.17 e 40.

9 E’ stato osservato in proposito che quando una giovane rimane incinta tende ad unirsi immediatamente con il padre del bambino tanto che in Repubblica Dominicana il fenomeno delle ragazze madri "single" è molto contenuto. Cfr. IEPD-PROFAMILIA, Madres Adolescentes en la República Dominicana 1996, Santo Domingo, 1997, pp.29-30.

10 Cfr. O’Connell Davidson, J., Sanchez Taylor, J., Child Prostitution and Sex Tourism. Dominican Republic, ECPAT, Bangkok, 1996.

11 Per motivi di spazio, non si può dar conto diffusamente in questa sede della problematica dei minori di strada e di quanto emerso in relazione ad essa nel corso dell’indagine.

12 In Italia, il 3 agosto 1998 è stata approvata la legge n.269 "Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù", che stabilisce tale principio nell’articolo 10 (Fatto commesso all’estero). 

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