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Rivista di etica e scienze sociali / Journal of Ethics & Social Sciences

 

 

1) Introduzione

La Conferenza di Rio de Janeiro del 1992, nonostante le difficoltà che continua ad incontrare per la sua piena attuazione, ha il merito di aver lanciato una sfida alla comunità internazionale ponendo una serie di interrogativi sui quali definire strategie per armonizzare tutela dell’ambiente e sviluppo economico. Le indicazioni fornite da diversi studiosi confermano che i tempi sono ormai maturi per intraprendere la strada dell’eco-efficienza cioè un uso più razionale ed efficiente delle risorse. L’attuale contesto produttivo è tuttavia contraddistinto da una netta divaricazione tra obiettivi economici e compatibilità ambientale.pdf

Le aree di progettazione dell’eco-efficienza (Fig. 1) sono:

1. Lo sviluppo e la progettazione del sistema prodotto-processo;

2. La gestione ed il miglioramento dei sistemi di produzione;

3. L’innovazione delle tecnologie di processo e fabbricazione.

Per gestire le risorse in modo efficiente è indispensabile introdurre strategie basate su prodotti e processi progettati per minimizzare l’impatto sull’ambiente, ma in primo luogo è necessario intervenire sul contesto culturale esistente, ove permangono ancora diffidenze ed incomprensioni. Le imprese dovranno impegnarsi in un cambiamento radicale, passando da una percezione dell’ambiente come costo, a una visione dell’ambiente come fattore strategico di vantaggio competitivo.

Pur essendo lontano dal traguardo ottimale, il nostro Paese sta percorrendo la strada della certificazione anche se le principali difficoltà s’incontrano soprattutto sotto il profilo culturale in quanto sussiste la compresenza, sulle stesse tematiche, di normative volontarie (EMAS ed ISO) e leggi statali (VIA) non perfettamente in sintonia in quanto perseguono finalità diverse.

 Obiettivo eco-efficienza

 studi gomes 1

Fig.1: Fonte: Galgano & Associati, aprile 2000

 

Sino ad una ventina di anni fa, non esistevano delle norme volontarie gestionali perché le uniche presenti riguardavano il prodotto. Al contempo, le leggi si limitavano a definire i limiti di emissione.

Solo a partire dagli anni ’90, inizia l’azione convergente che si svilupperà in tre aree sinergiche:

1. Il settore della qualità per il quale ad oggi non esiste un provvedimento ad hoc specifico 1;

2. Il settore ambiente, per il quale i provvedimenti specifici si ispirano alla logica del sistema di gestione ambientale ISO 14001 2 ed EMAS;

3. Il settore sicurezza il quale presenta il più alto livello di normazione 3.

Un'ulteriore elemento di complessità che si aggiunge al panorama delineato è la consapevolezza che, per procedere all'attuazione delle politiche ambientali e di conservazione della natura, necessitano sempre di più ingenti risorse pubbliche e private che devono essere sottratte ad altri scopi. Pertanto, risulta fondamentale determinare quanto e come il benessere della società aumenti in attuazione di un determinato progetto. A questo fine è necessario identificare e misurare i suoi benefici e costi sociali in rapporto a quelli di altri progetti.

Lo strumento principale di valutazione è l'Analisi Costi-Benefici (ACB) che ha assunto rilevanza anche in campo ambientale e viene, tra l'altro, richiesto espressamente per l'attuazione dei nuovi Regolamenti sui Fondi Strutturali promossi dall'UE (artt. 25 e 26 del Regolamento 1260/99).

Sulla base di queste premesse il principio di comparazione si soffermerà solo su tre metodologie d'intervento:

1. La Valutazione d’Impatto Ambientale (VIA), e la sua naturale evoluzione: la Valutazione strategica ambientale (VAS);

2. L’Analisi Costi-Benefici (ACB);

3. L’ecogestione e l’audit ambientale.

A complemento della terza metodologia, verrà illustrato un caso-studio: l’esperienza significativa del Comune di Varese Ligure, dove la popolazione, condividendo gli sforzi perseguiti dall’Amministrazione Comunale, ha permesso il raggiungimento di eccellenti risultati gestionali.

 

2) La Valutazione d’impatto ambientale (VIA) ed il suo percorso evolutivo

La ricerca si è riversata su più fronti per definire una possibile ed armonica gestione tra questioni economiche ed ambientaliste.

Trae spunto dall’esperienza americana sviluppatasi verso la fine degli anni ’60 4, con gli studi d’impatto ambientale.

In Europa la valutazione d’impatto ambientale (VIA) si affermò rapidamente alla fine degli anni ’70, sviluppando proprie forme in Danimarca, Francia, Germania Federale, Svezia e in forma più semplificata nel Regno Unito, Olanda, Spagna , Belgio ed Austria.

Secondo gli studiosi di questo specifico settore, gli studi d’impatto sono l’espressione di una società che non intende rinunciare ad espandersi economicamente e socialmente, ma che per tale obiettivo non è disposta a rinunciare alla qualità ambientale. Inoltre, detti studi rappresentano uno strumento al servizio di una politica non di pura conservazione, ma di sviluppo quali-quantitativo gestito, correntemente definito “sostenibile”.

Pertanto gli studi d’impatto sono classificabili sulla base di una “cultura della previsione” che studia l’ambiente come un sistema di relazioni: la modifica del sistema di relazioni ad opera dell’incontro con un agente esterno.

La brevità della definizione racchiude argomenti estremamente complessi in quanto i tematismi che afferiscono agli studi d’impatto sono di diversa natura: fisico-biologici, economici, giuridici, sociali ecc.

L’obiettivo principale dello studio è quello di valutare modalità e dati relativi alla modifica del sistema di relazioni per opera dell’incontro tra l’agente – esterno al sistema – definito agente impattante, ed una componente del sistema, cioè il bersaglio, che ne risulta modificato: tale azione costituisce un impatto ambientale.

Con la riforma dei fondi strutturali 5, da parte dell’Unione Europea, è stato rivisto il concetto di VIA sulla base degli obiettivi fissati dal Trattato d’Amsterdam del 1997, tra cui “lo sviluppo armonioso equilibrato e sostenibile delle attività economiche, l’elevato livello di protezione dell’ambiente ed il miglioramento di quest’ultimo”.

La nuova metodologia di approccio alle problematiche di tipo ambientale ha evidenziato il carattere di trasversalità, assumendo la denominazione di Valutazione Strategica Ambientale (VAS).

L’azione vede il coinvolgimento di tutti i soggetti istituzionali referenti a livello centrale ed a livello territoriale (principio del partenariato) mediante il contributo delle diverse professionalità operanti sul territorio, per le rispettive materie.

 

Da tale sinergia emergono le valutazioni della componente naturalistico-ecosistemica e di quella paesaggistico-culturale, scandite da tre fondamentali momenti:

1. La valutazione ex ante che precede e accompagna la definizione dei Piani e dei Programmi operativi di cui è parte integrante;

2. La valutazione intermedia considera i primi risultati degli interventi, la coerenza con la valutazione ex ante, la pertinenza degli obiettivi e il grado di conseguimento degli stessi, la correttezza della gestione finanziaria nonché la qualità della sorveglianza e della realizzazione ;

3. La valutazione ex post destinata ad illustrare i risultati conseguiti e specificatamente l’impiego delle risorse, l’efficacia e l’efficienza degli interventi, la coerenza con la valutazione ex ante, infine utili indicazioni per l’attuazione di politiche di coesione territoriale economica e sociale.

Finalità ultima della VAS è quindi la verifica complessiva della rispondenza dei piani di sviluppo 6 e dei programmi operativi 7 in funzione degli obiettivi fissati dallo “sviluppo sostenibile “ dell’impatto ambientale (Fig. 2).

studi gomes 2

Fig.2: Fonte: Ministero dell'Ambiente, 1999

 

3) L’Analisi costi-benefici

La cultura della “previsione” ha portato a sviluppare una serie di metodologie, prima tra tutte quella definita analisi costi-benefici (ACB), che nella sua forma tradizionale costituisce il bilancio consolidato di una azione mediante la sommatoria dei suoi effetti positivi e negativi espressi in termini monetari 8.

L'ACB rappresenta un mezzo molto versatile di valutazione che comprende tutti gli aspetti fondamentali di un progetto, dai costi di esecuzione agli impegni di gestione e mantenimento, ai costi di eventuale smantellamento e, per tutte queste fasi, le ricadute occupazionali. Infatti con il programma per la tutela e la conservazione ambientale denominato LIFE II, l'Unione Europea ha introdotto l'ACB inquadrando l'operatività del progetto in ricadute socio economiche evidenti come la creazione di nuovi posti di lavoro.

Per quanto detto, si può notare come l'ACB rappresenti l'asse portante di una operazione di project financing in quanto consente di valutare l'auspicabilità di un progetto confrontandone i costi e i benefici arrecati.

Come facilmente si può intuire, non sempre un progetto può avere ricadute economicamente valutabili ed apprezzabili, basti pensare a costi e benefici in funzione dell'aumento o riduzione dell'inquinamento. In questi casi l'analisi può diventare difficile e ingombra di errori. Il fattore limitante di tale metodologia va ricercato nell’assoluta mancanza di attribuzione di variabili economiche ai c.d. “beni liberi” quali acqua, aria, salute, paesaggio ecc., che non si prestano ad una quantificazione (principio della res nullius).

L'applicazione dell'ACB alle questioni ambientali non è priva di problemi, specialmente per quanto concerne i benefici. E' per questa ragione che vengono adottati strumenti decisionali affini come la valutazione d'impatto ambientale o l'analisi di efficacia, per misurare i benefici attesi dai progetti ambientali. Le decisioni sono normalmente assunte considerando solo i costi direttamente imputabili alle attività o gli impatti fisici (danni) in termini quantitativi provocati all'ambiente.

Obiettivo primario dell'ACB è quello di mostrare l'effetto netto di un progetto sul valore della produzione e su altri flussi di "benessere". Il criterio base da consolidare è che il valore dei beni e servizi prodotti sia in definitiva aumentato focalizzando l'attenzione sulle seguenti fasi:

a) Identificazione dei vari effetti del progetto o programma proposto;

b) Quantificazione in termini fisici di questi effetti;

c) Valutazione dei benefici in termini monetari;

d) Presentazione delle informazioni rilevanti in modo ragionevolmente lineare, così che siano chiaramente evidenziate le ipotesi importanti che sottostanno all'analisi e le implicazioni di queste ipotesi per le conclusioni dello studio.

Le fasi sono le stesse per ogni tipologia di progetto, ma quando vengono applicate a progetti ambientali emergono una serie di problemi.

Per quanto riguarda le prime due fasi, dai progetti ambientali scaturisce una grande varietà di benefici: la loro identificazione e valutazione richiede la conoscenza dei processi sia fisici che biologici e delle risposte economiche a questi effetti, spesso misurabili solo attraverso attività di monitoraggio.

Anche la terza fase presenta delle difficoltà. I benefici e i costi delle attività del settore pubblico dipendono dalla disponibilità a pagare degli individui. Quando i beni implicati vengono scambiati in mercati chiaramente competitivi, allora i prezzi di mercato si misureranno con la disponibilità a pagare per l'ultima unità consumata, e l'area sottostante la curva di domanda rappresenta la disponibilità totale a pagare.

Nel caso dei progetti ambientali può non esistere sempre un mercato e, quindi, non è possibile riferirsi ad indicatori di mercato. Questo tipo di problema introduce l'uso dei c.d. "prezzi ombra" e dei metodi indiretti di valutazione che si richiamano al concetto di disponibilità a pagare, o meglio la disponibilità dei consumatori a pagare per i servizi derivanti dall'impiego di determinate risorse. In altre parole, anche se non esiste un prezzo di mercato questi servizi possono essere indirettamente valutati in termini monetari in quanto il consumo comporta, in ogni caso, almeno i diversi costi connessi allo svolgimento di determinate attività. Diverse sono le metodologie suggerite in letteratura per giungere alla corretta valutazione di questi costi e, successivamente, alla costruzione della curva della domanda del bene.

Nonostante i contributi originali desunti dalle esperienze nazionali ed internazionali, l'ACB restava, e resta, uno strumento inadatto ad affrontare le diverse problematiche che afferiscono al concetto di “qualità della vita”.

Tale limite è dovuto, in primo luogo, alle difficoltà di ordine dialettico tra gli esperti delle discipline afferenti alle scienze sociali e quelli delle scienze naturalistiche; in secondo luogo, dagli interessi contrapposti dalle lobby di settore (ambientaliste e industriali).

 

4) Ecogestione e audit ambientale.

L’impostazione tradizionale dei sistemi di protezione dell’ambiente è prevalentemente basata sul principio “comando e controllo”.

Tale principio viene esercitato mediante la produzione di leggi, regolamenti o atti amministrativi che, oltre a definire le specifiche tecniche, ne garantiscono l’applicazione mediante le autorizzazioni, i controlli e le sanzioni.

Questo tipo di politica ambientale non ha sinora contribuito a definire una metodologia – idonea a chiarire le possibili azioni concrete per l’attuazione dello “sviluppo sostenibile” in termini generali – integrata nelle strategie aziendali di settore.

Il mondo dell’industria ha vissuto l’approccio alle problematiche ambientali in modo conflittuale, quasi fosse un vincolo esterno, percepito come fonte di costi aggiuntivi senza alcun ricavo.

Dal canto suo, la Pubblica Amministrazione ha prodotto gran parte della normativa ambientale al fine di rimediare situazioni compromesse, più che per la prevenzione.

La risposta nel ricercare ed utilizzare strumenti di mercato innovativi è giunta nel 1992 con l’istituzione del sistema comunitario di ecogestione e audit, nonché di sistemi di standardizzazione in materia di sistemi di gestione ambientale 9.

La standardizzazione nel campo della gestione aziendale si è affermata in anni recenti nel settore della qualità, mediante le norme ISO 9000 e il concetto della qualità globale.

L’introduzione di questi sistemi può considerarsi una vera rivoluzione copernicana, in quanto da una impostazione tradizionale secondo cui il controllo della qualità veniva effettuato ex post, si è passati all’applicazione della qualità a tutte le fasi del processo produttivo, fino alla fase della commercializzazione e del servizio al cliente. La nuova visione globale del processo ha consentito agli operatori di poter inserire nell’analisi del processo produttivo anche le problematiche ambientali.

Sicuramente l’iniziativa più rappresentativa che funge da modello base è costituita dalla norma del BSI (British Standard Institute) n.7750, relativa a sistemi di gestione ambientale.

Questa norma codifica l’impostazione sistematica della gestione ambientale in una organizzazione di qualsiasi natura, ispirandosi a quanto stabilito dalle norme ISO 14001 nel campo della qualità. La norma BS 7750 è stata preparata in concomitanza con il regolamento comunitario sull’ecogestione e audit con cui è possibile rilevare diversi punti comuni 10.

Gli standard ambientali, quali ISO14001 e BS7750, sono strumenti volti a definire un quadro di riferimento per la costituzione di sistemi procedurali e documentali tendenti a rendere efficiente ed efficace la gestione delle fasi di processi produttivi che interagiscono con l’ambiente.

Aspetto peculiare della certificazione è rappresentato dalla comunicazione, intesa nel duplice aspetto: interno ed esterno 11. Mediante la comunicazione interna, la certificazione persegue l’obiettivo di legittimare e riconoscere l’efficacia dell’attività svolta dal management, dalla proprietà e dall’intera azienda, nonchè l’efficienza dell’attuazione del sistema. Nei confronti dell’esterno, la certificazione ambientale ha lo scopo di dimostrare che le iniziative svolte non sono un puro esercizio teorico, ma possono essere verificate da un soggetto esterno.

 

4.1) I sistemi di certificazione ambientale.

Il limite riscontrabile nella norma ISO14001 è che, contrariamente all’EMAS, non prevede che l’azienda debba rendere disponibile al pubblico un documento che presenti il proprio sistema di gestione e prestazione ambientale. La norma richiede che venga valutata la possibilità di comunicare all’esterno su argomenti ambientali e che venga registrata la decisione.

I due schemi si differenziano in particolare per quanto riguarda l’analisi iniziale e la dichiarazione ambientale. Infatti l’EMAS richiede esplicitamente che l’impresa produca un’analisi ambientale iniziale.

Essendo entrambi gli schemi strumenti di natura volontaria, ogni impresa deve valutare se per la propria realtà sia più conveniente ottenere una delle due certificazioni/registrazioni, oppure se ottenerle entrambe, passando dalla certificazione secondo la norma ISO 14000 per arrivare alla registrazione EMAS del sito produttivo.

Stando alle indicazioni della Comunità Europea (decisione Commissione del 14 aprile 1997), i due iter possono diventare passi successivi di uno stesso percorso. La decisione infatti definisce in dettaglio quali requisiti richiesti dal regolamento EMAS sono soddisfatti da quanto previsto dalla norma ISO 14001, guidando l’integrazione ai fini della registrazione EMAS del sito.

I vantaggi legati alla realizzazione del sito ambientale:

  • monitoraggio della normativa ambientale
  • controllo della conformità a leggi e regolamenti
  • maggiore competitività
  • efficienza organizzativa
  • migliore immagine aziendale nei confronti di clienti, investitori, pubbliche amministrazioni
  • facilitazioni nell’ottenere permessi e autorizzazioni
  • risparmio di materie prime ed energia
  • possibilità di ottenere assicurazioni a prezzi inferiori
  • miglior controllo dei costi ambientali
  • riduzione del rischio d’incidenti

 

TAB.1: Confronto tra ISO 14001 e Regolamento EMAS 

  ISO 14001 EMAS
Ente emanante Ente di normalizzazione (mondiale) Organo politico (europeo)
A cosa si applica Organizzazione Sito produttivo
A chi è rivolta Alla struttura interna All’esterno (dichiarazione ambientale)
Comporta Impegno a rispettare le leggi Garanzia di rispetto delle leggi

TAB.2: Costi di adesione alle norme volontarie 

  ISO 14001 EMAS
Servizi di consulenza esterna (analisi ambientale, progettazione Sistema) X X
Personale interno da destinare alla gestione ambientale, compresa la formazione X X
Investimenti per miglioramenti ambientali X X
Spese di certificazione X  
Convalida della dichiarazione ambientale da parte dell’Ente verificatore   X
Registrazione del sito   X



Le imprese italiane, pur essendo lontane dall’optimum, secondo un sondaggio dell’Istituto di certificazione Tuv, dimostrano interesse per questo tipo di approccio. Sulle 170 risposte inviate, il 66% ha dichiarato di essere certificato su più sistemi gestionali; e di questi il 37% ha affermato di puntare all’integrazione. Certo, la percentuale è piuttosto bassa, ma la certificazione ambientale in Italia è un fenomeno recente, ancora poco diffuso (vedasi Tabella 3).

I dati della ricerca Tuv fanno emergere che il 58% delle imprese con sistema gestionale plurimo ha scelto la certificazione simultanea, principalmente per anticipare i tempi (33%) e ottimizzare le risorse (32%). Ma affrontando notevoli difficoltà, legate soprattutto alla complessità degli argomenti (50%), alle competenze richieste (27%) ed alla lunghezza dei tempi (20%).

La stragrande maggioranza (75%) delle aziende che hanno scelto l’integrazione, simultanea o meno, si è dichiarata soddisfatta della scelta. Tuttavia emerge un dato inquietante: tra una serie di aziende interpellate ma non ancora certificate, l’82% lo farà solo sul settore qualità, il 15% sceglierà anche quello ambientale, il 3% introdurrà la gestione della sicurezza.

E’ importante sottolineare, in considera-zione delle attuali leggi statali in materia di gestione della qualità (come quella sull’HACCP Hazard Analysis and Critical Control Points – D.Lvo 155/97), il tentativo di trovare un collegamento tra tali leggi e le norme volontarie attuative, al punto da fare riferimento diretto alle ISO per l’applicazione dei sistemi integrati.

L’intenzione – almeno secondo gli osserva-tori del settore – è arrivare al punto che la legge non contenga più procedure per assicurare la qualità, la sicurezza sul lavoro o la protezione dell’ambiente, ma rimandi alle norme volontarie esistenti. Un primo esempio di questa sinergia potrebbe essere la seconda versione dell’EMAS, che prevede come sistema di gestione ambientale (SGA) il riferimento esplicito alla norma ISO 14001.

 

4.2) Il Regolamento n. 1836/93 (Environmental Management and Audit Scheme – EMAS).

Tale Regolamento si propone di promuovere un’impostazione che riconosca e valorizzi il ruolo autonomo dell’impresa, in un regime di trasparenza nei confronti del pubblico.

Obiettivo principale del Regolamento è il miglioramento costante dell’efficienza ambientale delle attività industriali da conseguirsi mediante:

1. L’utilizzazione da parte delle imprese dei metodi di gestione ambientali più avanzati (introduzione di politiche, programmi e sistemi di gestione aziendali);

2. La valutazione periodica e sistematica delle performance ambientali;

3. L’informazione oggettiva e verificata dal pubblico su politiche, programmi stabiliti e risultati conseguiti. 

TAB.3:  Incremento delle certificazioni  in Italia secondo le  norme ISO e EMAS

Anno ISO 9001/2 ISO 14001 EMAS
          1991                        163                                                                              
1992 353    
1993 825    
1994 1628    
1995 3123    
1996 5326 20  
1997 8729 49 1
1998 13977 106 12
1999 21427 247 25

NB: Alla data odierna il numero delle certificazioni ISO14001 è di 1030, per l’EMAS è di 68.

Elemento caratteristico del Regolamento, oltre al fatto di non fissare livelli predeterminati di rendimento ambientale da raggiungere 12, è rappresentato da un adeguato livello di integrazione con i sistemi nazionali command and control, anche se l’idea stessa di concepire un sistema di autoregolamentazione nasce da una crisi dei sistemi autorizzativi tradizionali. (Fig. 3).

studi gomes 3

 

Fig.3: Il sistema di ecogestione e audit della Comunità Europea. 

Fonte: B.DELOGU, M.DUBINI e P.GIUIUZZA op. cit. 

L’adesione al sistema comunitario di ecogestione e audit avviene su base volontaria, volta a promuovere costanti miglioramenti dell’efficacia ambientale delle attività industriali mediante:

1. Attuazione di politiche, programmi e sistemi di gestione dell’ambiente in relazione ai loro siti e valutazione della loro efficacia;

2. Trasmissione al consumatore , attraverso uno schema prefissato e codificato, di tutte le informazioni necessarie circa l’atteggiamento ecologico assunto dall’impresa.

Il sistema sta raccogliendo in Europa un generale consenso. In Italia 13 i siti registrati EMAS erano 68, al mese di giugno 2001.

Il miglioramento delle performances ambientali e dei rapporti con pubblico ed istituzioni, oltre ad offrire un indubbio vantaggio competitivo alle imprese che aderiscono, contribuisce a garantire la massima trasparenza dell’informazione ai consumatori riguardo l’impatto ambientale dei prodotti.

La crisi di tali sistemi, in termini di eccesso di burocratizzazione e di dirigismo statale nei confronti delle attività d’impresa, costituisce il motivo ispiratore dei vari strumenti alternativi tra i quali si colloca anche il sistema di ecogestione e di audit ambientale.

Il punto d’incontro tra i due sistemi, quello autorizzativo tradizionale e quello volontario di autoregolamentazione, deve necessariamente percorrere la strada della semplificazione e dell’ottimizzazione delle risorse impiegate nelle varie attività di certificazione, assicurando il principio della garanzia dell’interesse pubblico nella salvaguardia ambientale.

E’ possibile, a questo punto, mettere in relazione l’audit ambientale con i controlli di tipo regolamentativo basati su verifiche analoghe alla procedura di valutazione dell’impatto ambientale (VIA) ed alla procedura di controllo di attività industriali a rischio.

Come già illustrato in precedenza relativamente al sistema VIA , si auspica per il futuro una integrazione dei metodi, tale da costituire la base per l'utilizzo dell’audit ambientale applicato ad una filiera di produzione, contestualmente alla messa a regime di un nuovo impianto o alla creazione di un nuovo stabilimento.

 

4.3) Analisi di un caso studio. L’esperienza del Comune di Varese Ligure: dalla Certificazione ambientale ISO 14001 alla registrazione EMAS.

Al riguardo merita essere menzionata l’esperienza dell’Amministrazione comunale di Varese Ligure, in Liguria, la cui popolazione ne ha condiviso lo sforzo realizzativo nonché l’eccellente risultato.

Il territorio comunale è uno tra i più estesi dei “piccoli Comuni” italiani (13.785 ettari con 2500 abitanti circa nel 1998). L’occupazione interessa i settori agricolo, turistico, dell’artigianato e dei servizi.

Varese Ligure ha mantenuto la sua identità culturale senza subire degrado ambientale, situazione favorita da mancanza di industrie, corretta programmazione urbanistica, elevato senso civico degli abitanti.

L‘ambiente è stato, dal 1990 in poi, l’architrave su cui si sono basati tutti i programmi delle varie attività comunali:

Conseguenze:

  • recupero del centro storico del capoluogo, citato dal WWF come esempio di sviluppo sostenibile;
  • approvazione di un Piano Regionale di Gestione eco-compatibile;
  • rilancio dell’agricoltura con il passaggio da un’attività assistita (costante nelle aree interne), che si limitava ad un utilizzo sociale degli aiuti europei, a vera impresa economica e miglior qualità della vita con nuove motivazioni per l’imprenditore agricolo.

La chiave di volta che ha reso possibile il salto di qualità è stata l’introduzione del metodo biologico attuato da nuove cooperative (coltura dei campi e zootecnia)che operano col metodo biologico. Tale metodo ha attecchito senza difficoltà tra gli agricoltori di Varese, culturalmente non abituati ad usare fertilizzanti chimici.

La scelta del biologico è stata il primo passo che ha portato prima all’ISO 14001 nel settembre 1999, poi all’EMAS nel dicembre 1999.

L’Amministrazione di Varese Ligure, grazie ad un contestuale concorso di risorse umane assai motivate, ha visto partecipare le proprie componenti sociali con una crescita culturale virtuosa per tutti.

Le scuole hanno dato un valido contributo con programmi innovativi di educazione ambientale. E’ stato effettuato uno studio sul fiume con il concorso del WWF. Inoltre sono stati sperimentati su terreni agricoli innesti e messe a dimora di varietà di mele della zona.

La cittadinanza ha ben risposto all’invito della raccolta differenziata con una percentuale del 15%, producendo la metà dei rifiuti pro-capite di una città come Genova: 280 Kg/anno.

Termini come audit, prevenzione, monitoraggio, riesame, formazione dei dipendenti, comunicazione e partecipazione al pubblico sono diventati di uso comune, al punto che l’esperienza del Comune di Varese è servita e serve come modello e campo scuola ad altre Amministrazioni.

Il Comune di Varese Ligure ha ritenuto la certificazione ISO come propedeutica all’EMAS, poichè con la prima si è meglio organizzata la macchina comunale puntando sull’efficienza dei soggetti sia politici che tecnici, facendoli operare con metodiche a livello europeo. Con la seconda si è sviluppato di più il senso della comunicazione e della partecipazione al pubblico, della valutazione e dell’immagine “Varese”.

Soprattutto per il ritorno d’immagine a fini turistici, la registrazione sulla Gazzetta Europea delle certificazioni ISO e EMAS potrà attrarre persone che vorranno optare per località in grado di offrire una buona qualità ambientale. Da sottolineare come parte del merito della crescita è di tutta la collettività locale, resa partecipe e corresponsabile dell’iniziativa.

I motivi di forza di tale processo sono ascrivibili:

  • alla comunicazione al pubblico della politica e dell’analisi ambientale, vissuta non solo in maniera formale;
  • al controllo semestrale da parte dell’Ente certificatore, cui deve sottoporsi il Comune, cosa che non gli consente di rimanere inattivo, pago del primo successo ottenuto;
  • alla formazione dei dipendenti, che consente agli stessi di acquisire una sempre maggiore professionalità;
  • alle scuole, che trattano l’educazione ambientale come materia a pieno titolo, consentendo agli studenti di trasferire in famiglia le conoscenze acquisite;
  • al turismo. Ambienti naturali protetti, centri storici e prodotti biologici possono attrarre il turista durante l’intero corso dell’anno, non solo nel periodo di punta del mese di agosto, consentendo flussi turistici costanti nel tempo. Una località turistica in effetti costituisce una particolare attività industriale che deve tener conto di risorse disponibili limitate e deperibili; pertanto richiede una precisa, attenta, oculata strategia per uno sviluppo effettivamente sostenibile.

I benefici che possono trarre le pubbliche amministrazioni dal modello di gestione sin qui descritto è traducibile in:

1. chiarezza e trasparenza

2. esatta documentazione di tutti gli atti espletati

3. precisa definizione di ruoli (chi fa cosa e come lo fa)

4. seguire modelli di buona amministrazione riconosciuti a livello internazionale

5. ridurre errori, costi, sprechi, insomma far bene le cose

6. eliminare mentalità vecchie che sono freno all’innovazione.

L’esperienza di Varese Ligure insegna che qualunque Ente pubblico può raggiungere buoni risultati se esistono condizioni favorevoli che si basano su determinati punti di forza come:

  • forti motivazioni nei vari co-attori di tutto il processo, con sforzi convergenti
  • grande sforzo di comunicazione all’interno e all’esterno
  • convinzione che chi parte deve arrivare, sarebbe controproducente interrompere le cose iniziate
  • grande motivazione a creare nuove regole
  • consapevolezza che eventuali costi (spese per consulenza, enti di certificazione, ore/lavoro da parte del personale dipendente sottratte ad altri compiti, ecc) si tradurranno in investimenti di grande utilità per l’Ente.

 

5) Considerazioni finali

Le politiche Ambientali sono caratterizzate dall’impiego di notevoli risorse finanziarie sia nel settore pubblico che nel settore privato, risorse che vanno sottratte ad altri utilizzi.

In particolare, il settore privato è critico riguardo la definizione ed attuazione di tali politiche, per l’alta incidenza dei costi che deve sopportare e che non corrispondono in modo ottimale, per quantità e qualità, all’offerta dei prodotti finali.

Dal conto suo, la Pubblica Amministrazione incontra notevoli difficoltà nel destinare in modo efficace le risorse finanziarie per il miglioramento ambientale in periodi di crescenti restrizioni fiscali e di difficoltà economiche sia nazionali sia, per taluni aspetti, “globali”.

La ricerca di un possibile punto d’incontro fra questioni economiche ed ambientali inizia verso la fine degli anni 60, con gli studi d’impatto ambientale. Tali formulazioni portarono gradualmente a definire le teorie di uno sviluppo diverso: uno “Sviluppo Sostenibile” .

Successivamente, sul finire degli anni 70, gli studi si orientarono a valutare i possibili meccanismi di misura dei benefici e dei costi sociali assunti con la denominazione Analisi Costi Benefici ( ACB).

I principi applicativi si basavano sull’utilizzo delle metodologie derivanti dalla VIA o dall’analisi di efficacia.

La formulazione finale considerava criteri direttamente imputabili alle attività, o agli effetti fisici. Pertanto le stime dei benefici servivano come indici per comprendere i conseguenti progetti ambientali alternativi, pur mantenendo i metodi già standardizzati.

Obiettivo primario dell’ACB è mostrare l’effetto del progetto sul valore della produzione e su altri flussi di benessere, cioè l’aumento del valore dei beni e dei servizi prodotti.Il limite di questa procedura è legata alla necessità dell’esistenza di un mercato con degli speciali indici di domanda e offerta.

Il mancato successo dell’applicazione dell’ACB può essere individuato nella netta separazione dei modelli economici da quelli ambientali: un progetto non sempre può avere ricadute economicamente valutabili, basti pensare ai costi ed ai benefici connessi con l'aumento o la riduzione dell'inquinamento. In questi casi l'analisi può essere di estrema complessità.

Nel corso degli anni 90, sono state formulate due nuove metodologie di analisi :

  • la valutazione strategica Ambientale (VAS)
  • i sistemi di certificazione ( ecogestione e audit ambientale).

Tali metodologie sono caratterizzate da un principio di trasversalità che vede il coinvolgimento di tutti i soggetti istituzionali referenti a livello centrale e territoriale, mediante il contributo delle diverse professionalità specialistiche, per le rispettive materie.

Da tale sinergia emergono le valutazioni della componente naturalistico-ecosistemica su quella paesaggistico-culturale in armonia con i piani ed i programmi definiti dall’UE.

I sistemi di certificazione, ecogestione ed Audit ambientale si collocano come una risposta positiva in favore del comparto produttivo.

Esso si è reso consapevole dei danni che ha prodotto e che potenzialmente potrebbe produrre, al punto che ha inserito i diversi tipi di problematiche che potrebbero influenzare l’Ambiente in tutto il processo di filiera.

Il dato rilevante del sistema di certificazione è il principio di responsabilità etica del lavoratore sia all’interno della struttura che nei confronti del sistema sociale che viene sviluppato tramite la comunicazione ambientale.

Il Ministero dell’Ambiente ha promosso e sostenuto il Programma Agenda 21 locali 14. Tale iniziativa è indirizzata a tutti gli Enti locali e gli Enti di gestione che si siano già impegnati o intendano impegnarsi in tale direzione.

Le Agende 21 locali rappresentano una linea di intervento oggi all’avanguardia per la pianificazione dello sviluppo sostenibile a livello locale.

Il processo di Agenda 21 locale, derivato dalla Conferenza di Rio del 1992, ormai consolidato e convalidato dall’esperienza di numerose realtà locali europee e nazionali, si articola in una serie di passi.

In primo luogo è essenziale individuare una piattaforma di intervento a livello locale, che porti alla costituzione di un Forum rappresentativo dell’intera cittadinanza da coinvolgere in tutte le fasi del processo. Esso è attuato attraverso una strategia d’intervento e la successiva individuazione delle priorità ambientali, frutto di un’attenta analisi dello stato dell’ambiente locale.

In tale contesto, viene introdotto un sistema di gestione ambientale (SGA) secondo le procedure EMAS (Eco-Management and Audit Scheme) e ISO 14001 (International Standard Organization). All’interno di realtà organizzative quali possono essere gli Enti, detto sistema viene sviluppato con l’obiettivo di valutare e promuovere miglioramenti costanti dell’efficienza ambientale delle organizzazioni stesse.

Il nuovo regolamento europeo sull’adesione volontaria delle organizzazioni al sistema comunitario EMAS, detto EMAS II, prevede che questo schema comunitario, a tutt’oggi riservato in Italia solo alle attività produttive, possa essere applicato anche alle pubbliche amministrazioni, come da tempo avviene in Inghilterra e come prossimamente avverrà in Italia.

Inoltre, l’adozione di un SGA certificato EMAS può diventare strumento efficace di comunicazione con il pubblico e con altri soggetti, poiché uno dei requisiti minimi previsti consiste nella necessità di redigere e rendere pubblica una dichiarazione ambientale.pdf

In conclusione, anche sulla base dell’esperienza offerta dal Comune di Varese Ligure, è possibile affermare che i tempi sono ormai maturi per l’applicazione di una metodologia integrata delle istanze economico-sociali e quelle ambientalistico-conservatrici.

Ciò di cui la società è tuttora carente è una cultura multidisciplinare, che si scontra con la formazione unicamente di tipo specialistico.

L’auspicio, per il futuro, è che le nuove generazioni possano avvicinarsi a tali problematiche con senso razionale, più che su base istintiva, per garantire i principi di efficienza ed efficacia dell'azione.

 

Bibliografia

1. M. BRESSO: L’economia ecologica, Roma, Nis, 1994

2. B. DELOGU, M. DUBINI, P. GIUIUZZA: Gestire l’ambiente, Milano, Pirola, 1996

3. EC - European Commission: Application of environment impact assessment and methodology, Brussels, EC, 1996

4. G. GUERINI: risorse naturali, ambiente e crescita industriale, Roma, ed. Kappa, 1991

5. OECD - Organisation for Economic Cooperation and Development: The economic appraisal of environmental projects and policies: a practical guide, Paris; OECD, 1995

6. P. SCHMID DI FRIEDBERG, G. MALCEVSCHI: Guida pratica agli studi d’impatto ambientale, Milano, Il sole 24 ore, 1998

7. UNEP - United Nations Environment Program: Environment Impact Assestment, NY, UNEP, 1996

8. F. ZANGHIERI: La comunicazione ambientale e l’impresa, Bologna, Il Mulino, 1998

 

NOTE

 1 Il punto di riferimento per i sistemi di qualità restano le norme della serie Iso9000, per le quali si attende una revisione ove è già evidente un avvicinamento alle norme ambientali e della sicurezza; il quality management process model è infatti molto simile a quello dell’Iso14001.

2 La norma volontaria relativa alla gestione ambientale è la ISO14001 inserita complessivamente nella nuova versione del Regolamento EMAS. Gli elementi di armonizzazione tra i due sistemi sono l’analisi ambientale preliminare e l’analisi dei rischi, i requisiti legali, la gestione delle emergenze e la comunicazione.

3 Pur non esistendo una norma ISO specifica, la BS8800 è una linea guida che integra il sistema di gestione della salute e sicurezza ambientale di lavoro con il sistema di gestione aziendale.

4 Gli Stati Uniti, considerati un Paese leader dello sviluppo tecnologico, risentono, tra l’altro, di una tradizione culturale che presenta forti contraddizioni come:

- la scoperta della dinamica accelerata della società moderna, e le problematiche derivanti, come delineate da Tocqueville;

- il rifiuto di una società esclusivamente tecnologica e la tendenza a cercare rifugio in una natura incontaminata;

- la grande tradizione dei parchi nazionali risalente alla seconda metà del XIX secolo, nonché la nascita dei primi movimenti “conservazionisti” già attivi negli anni ‘20;

- la consapevolezza del ruolo innovativo del Paese ma anche dell’esaurimento dei “grandi spazi”.

Si consiglia P.SCHMIDT DI FRIEDBERG, S.MALCEVSCHI Guida pratica agli studi di impatto ambientali, Milano, Il Sole 24 Ore, 1998;

UNEP - United Nations Environment Program, Environmental Impact Assestement, NY, UNEP,1996;

OECD  –  Organism for Economic Co-operation and Development, The Economic Appraisal of Environmental Projects and Policies,:a pratical guide, Paris, OECD, 1995;

EC - European Commissione, Application of Environment Impact Assestement and metodology, Brussels, EC, 1996.

5 Nel 1975 fu creato il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) dopo l’adesione di Gran Bretagna, Irlanda, e Danimarca alla Comunità Europea . Il Fondo riceveva una dotazione annuale di bilancio del 95%, destinato ad azioni comunitarie a sostegno alle misure di politiche comunitarie ed alle misure di politiche regionali degli Stati membri . Successivamente sono stati istituiti il Fondo Sociale Europeo (FSE), il Fondo Europeo per le strutture Agricole (FEOGA) e da ultimo il Fondo di Coesione. Obiettivo primario di questi Fondi è di promuovere uno sviluppo competitivo ed una crescita, da ridurre il più possibile la disparità regionali esistenti. I nuovi regolamenti dei Fondi strutturali sono stati fissati nel documento AGENDA 2000, per il periodo 2000-2006.

6 Il riferimento è relativo al Piano di sviluppo del Mezzogiorno (Psm) 2000-2006.

7 Programmi operativi (Po) per le Regioni Obiettivo 1 e i Documenti unici di programmazione (Docup) per le regioni Obiettivo 2.

8 Per i collegamenti della VIA con l’analisi economica costi-benefici si veda:

- G. QUERINI, Risorse naturali, ambiente e crescita industriale, Roma, ed Kappa, 1991;

- M. BRESSO, L’economia ecologica, Roma, Nis, 1994.

9 B.DELOGU, M.DUBINI, P.GIUIUZZA, Gestire l’ambiente, Milano, Pirola, 1996.

10 La Commissione europea sulla base dell’ art. 12 del Regolamento n.1836/93 (sistema EMAS) ha recentemente riconosciuto la validità della norma BS 7750 come criterio applicativo del sistema EMAS. Stesso trattamento è stato effettuato al sistema standard irlandese 15310 ed a quelli spagnoli UNE 77/801/94 e UNE 77/802/94.

11 A cura di F.ZANGHIERI, La comunicazione ambientale e l’impresa, Bologna, Il Mulino, 1998.

12 Questo aspetto della non predeterminazione è l’elemento caratteristico contestato principalmente dagli operatori che utilizzano in via esclusiva e prioritaria, il sistema VIA per le analisi ambientali.

13 In Italia l’organismo competente per l’esecuzione dei compiti previsti dal Regolamento 1836/93 è il Comitato Ecolabel-Ecoaudit-Sezione EMAS Italia, c/o ANPA, Roma.

A livello europeo è possibile avere informazioni consultando il sito web http://europa.eu.int/en/comm/dg11/emas.htm

14 Vedasi al riguardo il documento “Carta delle città europee per un modello urbano sostenibile” approvato dai partecipanti alla Conferenza Europea sulle città sostenibili – Alborg (Danimarca) 27 maggio 1994. 

 

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