Managing as if Faith Mattered, tratta in modo organico ed originale – forse unico nel suo genere - il tema del rapporto tra spiritualità e direzione aziendale, ispirandosi al ricco patrimonio della tradizione sociale cristiana.
Tuttavia, non siamo di fronte ad un saggio di letteratura manageriale “eterodossa” 1 quale potrebbe essere una lettura interpretativa del mondo degli affari di tipo religioso, né ad un trattato sulla dimensione etica dell’economia, ma, al contrario, ad un testo di business management, caratterizzato da numerosi richiami applicativi ed una robusta fondazione teorica.
Infatti - e questa forse costituisce la vera novità del libro - le argomentazioni dei due Autori sono rigorosamente articolate all’interno del perimetro organizzativo aziendale e si rivolgono a dirigenti e imprenditori, utilizzando il loro stesso linguaggio tecnico, nel rispetto di una visione sistemica della dimensione aziendale che va oltre la ricerca meramente strumentale del profitto
Leggendo il testo e accantonando per un momento la pur legittima esitazione nei confronti di due apparenti outsiders quali Helen J. Alford O.P. e Michael J. Naughton 2, il lettore - presumibilmente, ma non necessariamente, un manager di fede cattolica - sarà sorpreso nel riscontrare un originale percorso logico, corredato da una profonda familiarità con le dinamiche organizzative e le tecniche direzionali tipiche delle moderne realtà industriali, finanziarie e commerciali.
Gli Autori, infatti, dimostrano di conoscere a fondo il complesso e articolato sistema aziendale, descrivendo e qualificando, sul piano metodologico e nei confronti della tradizione sociale cristiana, praticamente tutte le principali funzioni manageriali, dai sistemi di organizzazione industriale (vedi le riflessioni sul Job design nel Cap.4), alla gestione delle risorse umane (vedi le strategie retributive trattate nel Cap.5), per concludere con gli Employee Stock Ownership Plans (trattati al Cap.6) e le più recenti strategie di Relationship Marketing e Quality Function Deployment (v. Cap.7).
Ne risulta quindi un libro particolarmente efficace per la riuscita consonanza tra pensiero cattolico e cultura d’impresa, che tuttavia non si esaurisce in un originale saggio di direzione aziendale ma va oltre, inducendo il lettore ad almeno due ordini di considerazioni, che potremmo sintetizzare nelle seguenti questioni:
1. Esiste un rapporto possibile tra la dimensione spirituale (tipicamente privata) e il comportamento manageriale (comunemente di relazione ovvero con caratteristiche sociali);
2. Quali possono essere le relazioni tra i principi del pensiero sociale cristiano e la teoria economica delle moderne organizzazioni d’impresa.
Gli Autori dedicano i primi tre capitoli del libro alla fondazione teorica del bisogno d’integrazione tra fede e ambito professionale, rilevando come, al pari d’altre connotazioni inerenti alla persona, quali la razza, il sesso e il pensiero politico, la dimensione spirituale sia spesso relegata, opportunisticamente, nell’ambito della sfera privata in modo da inibire potenziali infiltrazioni morali sui processi decisionali e, in ultima analisi, sui risultati aziendali.
Tale cultura dominante - segnalano gli Autori - esplica un effetto riduttivo nel manager, inibendone la piena realizzazione personale sul piano sociale, cognitivo e spirituale almeno quanto l’archetipo opposto, rappresentato da coloro i quali testimoniano la propria fede in modo esplicito e manifesto, esclusivamente al di fuori degli ambienti professionali in cui operano, vivendo così una mera religiosità di superficie.
Il superamento di tale condizione limitata e limitante non avviene però, nel pensiero degli Autori, attraverso una semplice ricetta di tipo prescrittivo, fondata sul richiamo a dei generici valori etici e morali, bensì mediante una costante tensione verso le virtù cardinali della tradizione cristiana cui il manager può ispirarsi per ristabilire una vera armonia tra il proprio lavoro e la personale dimensione spirituale: Prudenza, Giustizia, Temperanza e Coraggio.
Sul piano teorico poi, Alford e Naughton, affrontano la questione del rapporto tra fede e attività economica esponendo le problematiche di tipo etico e sociale tipicamente risultanti dalla natura strumentale delle teorie dello shareholder e dello stakeholder, e, dopo una rigorosa revisione critica dei due menzionati approcci teorici, suggeriscono una rilettura dei moderni sistemi economici fondata su nuovi e alternativi modelli d’impresa, ispirati ad un principio di management socialmente responsabile e finalizzato al Bene Comune.
In conclusione, dal messaggio esplicito degli Autori, traspare con forza che le forze competitive sottostanti le dinamiche del mercato e le leggi finanziarie demandate al governo dell’impresa, non possono essere elevate al rango di guida dell’azione umana, pur condizionandone concretamente lo svolgimento. Al contrario, i principi della solidarietà, della sussidiarietà, della supremazia del lavoro sul capitale e della destinazione universale dei beni, possono e debbono concorrere ad umanizzare la comunità professionale, finalizzando le dinamiche economiche e le decisioni d’impresa al conseguimento del Bene Comune e dello Sviluppo Umano.
Management, Sviluppo Umano e Bene Comune rappresentano quindi le keywords di un’auspicata edizione italiana del lavoro di Alford e Naughton, cui va riconosciuto il merito di rivolgersi in modo efficace e originale al manager come persona e come attore di un disegno ambizioso ed esaltante: quello di creare valore non solamente per l’azienda ma per la propria comunità e per tutta la società civile, rendendosi artefice di un cambiamento virtuoso dei propri comportamenti professionali allo scopo di orientarli verso uno sviluppo economico equo, solidale e socialmente responsabile.
NOTE
1 Da alcuni anni, un certo filone di letteratura manageriale ama ispirarsi ai principi e paradigmi comportamentali di origine eterodossa, quali la matematica (vedi la teoria dei giochi applicata al business), la filosofia orientale (vedi Sun Tzu, l’arte della guerra), la strategia militare (primo tra tutti Von Clawsevitz), e la storia della politica (es. Machiavelli).
2 Diamo un breve sguardo al curriculum dei due autori. Helen Alford O.P. insegna alla Facoltà di Scienze Sociali dell’Università Pontificia S.Tommaso d’Aquino dove riveste l’incarico di Decano; dopo il Master in Engineering ha conseguito un PhD in Engineering e Management presso l’Università di Cambridge e si è occupata, durante e dopo il dottorato, di cellular manufacturing, e human-centered design. Michael Naughton, invece, associa al suo dottorato in Teologia un qualificato Master in Business Administration ed insegna presso la Graduate School of Business dell’Università S.Thomas (St.Paul, MN) dove si occupa prevalentemente dei rapporti tra pensiero sociale cattolico e il mondo dell’impresa.