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Rivista di etica e scienze sociali / Journal of Ethics & Social Sciences

 

 

La centralità dell'uomo nella convivenza; la nobiltà del lavoro, la sua duplice fecondità: in ordine alla persona che lo svolge e in pdfordine all'oggetto in cui si concreta; la posizione di responsabilità di quanti operano negli organismi in cui si articola la vita sociale; la rimunerazione del lavoro secondo criteri di giustizia; l'esigenza di una gamma di corpi intermedi rispondente al grado di sviluppo di una civiltà; la regolazione dei rapporti umani, qualunque ne sia il contenuto, informata al principio della solidarietà operante nella verità, nella giustizia, nell'amore, nella libertà; il carattere naturale del diritto di proprietà privata sui beni anche produttivi: diritto a cui è immanente una funzione sociale; l'indispensabilità di un'autorità per una convivenza ordinata e feconda: autorità proveniente da Dio, avente come compito l'attuazione del bene comune, di cui è elemento essenziale e preminente il riconoscimento, la tutela e la promozione dei diritti fondamentali della persona; l'adozione del criterio di sussidiarietà nel disciplinamento dei rapporti fra singole persone e rispettive famiglie, corpi intermedi e poteri pubblici: tali si ritiene che siano le idee-madri nell'insegnamento sociale del Magistero della Chiesa.

Ora sorge il problema: siffatte idee sono posizioni del Magistero della Chiesa, assunte per indicazione di contingenze storiche diverse, l'una staccata dall'altra, ciascuna a sé stante, senza alcun nesso interiore fra esse? Oppure sono deduzioni da un unico principio fondamentale, interiormente legate le une alle altre da un filo logico, cosi da formare un sistema dottrinale unitario?

Non pochi si sono pronunciati e continuano a pronunciarsi per la prima alternativa. In ciò anche spinti dal fatto che il Magistero della Chiesa non si è mai proposto di elaborare, in materia sociale, un sistema dottrinale compiuto: i suoi interventi si sono verificati, come si è fatto cenno, all'occasione di problemi posti dall'evolversi storico; e si proponevano, almeno direttamente, di affrontare e risolvere quei problemi. Ed è pure opinione assai diffusa che in materia sociale il Magistero della Chiesa abbia seguito una linea di compromesso fra due dottrine contrapposte o, meglio, fra due gruppi di dottrine contrapposte: le dottrine che si ispirano al liberismo e le dottrine che si ispirano al marxismo.

Quando, ad esempio, nell'Enciclica Mater et Magistra si asserisce: «Anzi tutto va affermato che il mondo economico è creazione dell'iniziativa personale dei singoli cittadini, operanti individualmente o variamente associati per il perseguimento di interessi comuni» (Mater et Magistra, n.39), molti pensano che trattasi di una posizione a sfondo liberistico. Ma nel periodo successivo si aggiunge: «Però, in esso (nel mondo economico) per le ragioni addotte dai Nostri Predecessori, devono altresì essere attivamente presenti i poteri pubblici allo scopo di promuovere, nei debiti modi, lo sviluppo produttivo in funzione del progresso sociale a beneficio di tutti i cittadini»: qui è evidente, si osserva, il sorriso fatto alle correnti marxistiche. Si suole però aggiungere che il Magistero della Chiesa, edotto da un'esperienza due volte millenaria, sa cogliere dai vari sistemi il meglio e in ogni contingenza assume posizioni di saggio equilibrio: ma restano sempre posizioni di compromesso prive di contenuti dottrinali originali.

La verità invece è che le idee sopraesposte costituiscono un corpo dottrinale unitario e originale: fluiscono infatti tutte da uno stesso principio e sono le une intrinsecamente concatenate alle altre. «La Chiesa - si afferma nella Mater et Magistra - è portatrice e banditrice di una concezione sempre attuale della convivenza. Principio fondamentale in tale concezione è che i singoli esseri umani sono e devono essere il fondamento, il fine e i soggetti di tutte le istituzioni in cui si esprime e si attua la vita sociale: i singoli esseri umani visti in quello che sono e che devono essere secondo la loro natura intrinsecamente sociale e nel piano provvidenziale della loro elevazione all'ordine soprannaturale.

Da quel principio fondamentale che tutela la dignità sacra della persona, il Magistero della Chiesa ha enucleato, con la collaborazione di sacerdoti e laici illuminati, specialmente in questo ultimo secolo,' una dottrina sociale che indica con chiarezza le vie sicure per ricomporre i rapporti della convivenza secondo criteri universali rispondenti alla natura e agli ambiti diversi dell'ordine temporale e ai caratteri della società contemporanea, e perciò accettabili da tutti» 31.

Come emerge dal brano citato, gli elementi in virtù dei quali l'insegnamento della Chiesa in materia sociale si caratterizza e assurgepdf alla dignità di una dottrina, si possono ridurre a due: 1) l'uomo è persona; 2) e perché tale, è per natura sociale. L'uomo è persona; si pone quindi all'apice dell'universo e al centro della vita sociale: «persona significat quod est perfectissimum in tota natura, scilicet subsistens in rationali natura» ( Tommaso d’A., Summa Theologiae,I, q. 29,a.3).). Ma appunto perché persona, l'uomo è per natura un essere sociale: «sicut homo habet naturalem incinationem ad hoc quod veritatem cognoscat de Deo et ad hoc quod vivat in societatem. (ibd., I-II,q.94.a.3).

 


Cardinale Pietro Pavan (1903-1994)
Il testo è ripreso dall’articolo : ‘Le idee madri della dottrina sociale della Chiesa’, apparso in “La Scuola cattolica” XC(1962), pp.501-516

 

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