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Rivista di etica e scienze sociali / Journal of Ethics & Social Sciences

 

 

Nel presente articolo s’intende presentare una breve sintesi dei risultati di una ricerca esplorativa condotta presso un’azienda polacca, di media grandezza, sulla struttura delle motivazioni del lavoratore nel processo produttivo. È noto come la pdfmotivazione sia definita come consistente nell'influenzare (eccitare, stimolare) il comportamento umano attraverso stimoli definiti, che generano impulsi positivi decisivi per l’azione umana. L’analisi delle motivazioni riguarda, con ciò, anche la valutazione del potere (in senso lato) che viene esercitato sulla condotta individuale al fine di condizionarne lo sviluppo, in vista del raggiungimento di obiettivi dati. Un largo spettro di meccanismi interni sono coinvolti nella motivazione:

- preferenze per un'attività piuttosto che un'altra,capacità e potere di reazione,
- persistenza attiva in conformità con un percorso organizzato mentre si perseguono obiettivi importanti.

Essere motivati nell'azione è parte della natura della condotta umana; alcuni attori sociali sono stimolati all'azione da "qualcosa" e altri sono, invece, frenati dalla stessa cosa. Alcuni attori sono pigri o passivi e non è possibile forzarli all'azione. Altri continuamente sviluppano ed esigono oltre i limiti delle proprie possibilità. Dell’ampia sfera di tali fenomeni motivazionali si cercherà di parlare in questo articolo.

Spesso, la ricerca teorica sui bisogni lavora su uno schema siffatto: un individuo che ha soddisfatto qualcuno o tutti dei suoi bisogni avverte il senso di soddisfazione; questa soddisfazione, a sua volta, stimola l’efficienza e promuove la volontà di concorrere al raggiungimento di bisogni successivi. Graficamente, il rapporto potrebbe descriversi così:

Worker >> satisfaction of needs >> satisfaction >> efficiency

Questo significa che in generale potremmo aspettarci che un lavoratore soddisfatto lavorerà più efficientemente. Ma della motivazione è possibile dare molte definizioni, dovute indubbiamente alle nomenclature e alle concettualità che le differenti teorie possono mettere in gioco. Originariamente, il termine motivazione deriva dalla parola latina movere. Perciò, etimologicamente, il concetto di motivazione è strettamente connesso con quello di energia, quella particolare forma di stimolazione dell’azione umana.

All’interno del sistema del lavoro e dell’impegno professionale, è possibile dire che la motivazione al lavoro è un processo attraverso il quale un individuo è attivato verso il soddisfacimento dei suoi bisogni per un più lungo periodo di quello che egli avrebbe comunque fatto, attraverso il compimento e la piena realizzazione dei compiti organizzativi connessi con il lavoro da effettuare e portare a compimento1. Le seguenti due condizioni devono essere soddisfatte per la creazione del processo motivazionale: il risultato deve essere riconosciuto dal soggetto come essere utile;il soggetto deve essere convinto che la probabilità di compiere il risultato, sotto alcune date circostanze, è positivo2.

Secondo la Encyklopedia organizacji i zarządzania3: “la motivazione è un ipotetico processo interno atto a regolare le attività che possono condurre al compimento di un risultato definito (fine)”. Questo risultato può esprimersi, ovviamente, in vari modi: come un cambiamento di circostanze esterne, come un cambiamento di una delle proprie disposizioni interne o cambiamento di una delle situazioni. Abbiamo visto che ci vogliono due condizioni affinché il processo di motivazione possa aver luogo: la valutazione soggettiva dell’utilità dell’azione e una probabilità maggiore di zero di raggiungere il risultato.

Un risultato può essere considerato vantaggioso (in modo valutabile per un individuo) se esso contribuisce a ridurre una definita fatica (tensione, sforzo). La dimensione dell’utilità dipende dal posto che essa occupa nella gerarchia degli obiettivi individuali, allo stato attuale, come pure dalla difficoltà di realizzazione.

Possiamo distinguere preliminarmente due tipi di motivazioni: la motivazione positiva (una tipica indicazione è il desiderio) condizionante il puntare “a” (certi obiettivi positivi) e la motivazione negativa, condizionante l’evitabilità di certe conseguenze (per esempio l’avversione o la paura). I più importanti caratteri della motivazione sono:

- direzione – si tratta dei desideri e delle aspirazioni stimolanti il compimento di obiettivi desiderati o per evitare quei fini che generano timori;
- tensione – la stimolazione di desideri e paure causa eccitazione, cambiamenti nel comportamento energetico (potere in crescita o decrescita),
- connessione con emozioni – stati emozionali positivi o negativi a seconda della realizzazione degli obiettivi.

Per la prasseologia, il problema della motivazione diventa particolarmente importante quando applicato ai lavoratori in azienda, soprattutto per le mansioni più manuali. Infatti, il problema è che uno fa volentieri quanto deve fare; non solo perché deve essere fatto, ma anche perché prende piacere nel farlo e così migliora significativamente il lavoro e mostra una maggiore generosità nel devolvere sé stesso in esso. La teoria delle motivazioni si occupa anche del livello dei professionisti, in quel particolare settore di studi del management nel quale si applicano alcune considerazioni di natura sociologica e psicologica per rimarcare l’analisi motivazionale in funzione di quella dei bisogni.

In modo elementare, nel calcolo delle motivazioni spesso si assegna un ruolo importante alla remunerazione del lavoratore. Praticamente, se il lavoratore possiede le attitudini per raggiungere determinati risultati e a fronte di queste vede corrisposto una remunerazione adeguata, allora la motivazione, quasi come una logica conseguenza, trova piena soddisfazione.

È bene subito chiarire che l’automatismo “alta retribuzione / maggiore motivazione” presenta aspetti assai complessi, e non si lascia ridurre a regole semplicistiche. In particolare, come questa indagine metterà in rilievo, la scala della motivazione dipende non solo dai fattori dipendenti dall’impresa ma anche da fattori esterni al suo raggio d’azione. In tal senso, possiamo assumere l’incidenza della motivazione come un vettore di un sistema di forze dove la direzione e l’intensità sono di solito definite da alcuni fattori che, spesso, rientrano nella sfera della percezione soggettiva del lavoratore, e non possono essere determinati completamente sulla base unica di criteri oggettivi, come la retribuzione4.

Secondo J. Reykowski, le seguenti regole devono essere prese in considerazione per regolare il rapporto fra motivazione e remunerazione5:

- principio di proporzionalità – accrescere la retribuzione non sempre stimola la motivazione. Se la retribuzione, invece, non cresce, allora la motivazione potrebbe ridursi;
- principio del valore aspettato – la retribuzione crescente deve corrispondere a o eccedere il valore aspettato. Una retribuzione incrementa sotto questo valore riduce la motivazione in conseguenza del disappointment;
- principio della disponibilità limitata, siccome la stessa retribuzione s’incrementa per tutti i lavoratori ha un basso valore di gratificazione di un aumento retributivo per solo alcuni lavoratori;
- principio della distanza psicologica – maggiore è l’intervallo di tempo che trascorre fra la realizzazione del compito e la retribuzione e più debole sarà l’influenza di quest’ultima sul lavoro;
- principio della corretta orientazione – il fatto che il lavoratore realizza la relazione fra il suo lavoro e la retribuzione ricevuta ha una significativa influenza sulla motivazione. E’ impossibile se il sistema di retribuzione è troppo complicato.

L’indagine compiuta procede dal controllo di un nucleo di ipotesi ritenute fondamentali:

1. L’applicazione di misure che sollecitano motivazioni positive è, in generale, più efficace e presenta dei vantaggi complessivi che sostanziano l’impegno del lavoratore, rispetto alle motivazioni negative;
2. Il contesto sociale nel posto di lavoro influenza l’efficienza del lavoratore e favorisce la predisposizione all’impegno, mentre la creazione di un clima di tolleranza nel luogo di lavoro e fra i gruppi di impiegati abilita la libera creatività e l’espressività volte a far crescere la motivazione in vista del raggiungimento dei risultati;
3. Un erroneo sistema di controlli del lavoro limita l’innovazione e l’iniziativa dei lavoratori.

La ricerca comprende lavoratori di funzioni differenti di una non menzionata impresa di produzione ed è stata portata a termine nel gennaio del 2002. E’ stato costruito un campione casuale di 30 interviste (ogni lavoratore dell’impresa ha avuto la stessa probabilità di essere intervistato). L’intervista è stata resa possibile dall’elaborazione di un questionario, nel quale oltre alle informazioni anagrafiche, oltre alle attitudini, sono state predisposte quel necessario corredo di informazioni che può portare all’investigazione sulle motivazioni. Le analisi del livello educativo dei lavoratori dell’impresa mostra che lo staff dirigenziale possiede un livello alto di educazione. La formazione universitaria del top management è seguita dai consueti livelli di studio per i lavoratori delle fasce basse e medie.

Ipotesi 1.

L’applicazione di misure positive sollecitanti il sistema delle motivazioni risulta più efficace e vantaggiosa per il coinvolgimento del lavoratore nelle finalità del processo produttivo; la remunerazione non è un impulso sufficiente per attivare il lavoratore.


Table 1.

tab1

Source: self-elaborated study.



Come mostrato dalla tavola sintetica dell’esito delle interviste, solo 2 persone hanno risposto di ritenere esclusivo il criterio che vuole la remunerazione il più importante impulso per la loro attività lavorativa. In 13 hanno risposto che, pur ritenendo importante la remunerazione, anche le relazioni socializzanti con i colleghi e i vicini rivestono un ruolo fondamentale. In 9 hanno affermato che lavorano perché le abilità professionali promuovono la propria autorealizzazione e questo dà a loro numerose motivazioni e la voglia di affrontare sempre nuove sfide. L’analisi dei risultati conferma che la remunerazione, per il 73% degli intervistati, non è l’unico fattore stimolante l’attività di lavoro. Le relazioni amichevoli con le altre persone, le nuove sfide e l’autorealizzazione sono motivazioni importanti. Altri fattori, non specificati nelle domande, influenzano la motivazione del 20% degli intervistati.

 

Table 2.

tab2

Source: self-elaborated study.



Occupiamoci dell’efficacia della direzione della motivazione. Il raggiungimento degli obiettivi professionali necessitano di motivazioni in grado di stimolare l’impegno. I lavoratori ritengono, per la maggior parte, che se la direzione di queste sollecitazioni è positiva, allora l’efficacia di esse è più duratura. Questo significa che l’alta remunerazione, il riconoscimento pubblico, o la promozione, sono elementi che migliorano e sostengono la motivazione, in misura molto maggiore rispetto all’attribuzione di penalità o alle varie iniziative di degradazione o punizione. Solo due persone hanno considerato gli impulsi negativi come più efficaci per la motivazione professionale di quelli positivi.

Il controllo dell’ipotesi 1 attesta la sua confermabilità. L’applicazione delle misure positive di stimolazione e motivazione risultano più efficaci nell’86% dei casi intervistati rispetto alle motivazioni negative. Il 73% delle persone sono dell’opinione che la retribuzione non è l’unico stimolo al lavoro e che esistono altri fattori determinanti, come un buon clima sociale di collaborazione ed ascolto reciproco, la possibilità di auto-realizzazione e l’elaborazione di sempre nuove sfide.

Ipotesi 2

Il clima di collaborazione che si respira nel posto di lavoro influenza l’efficienza e la disponibilità reciproca, e l’inserimento in una équipe tollerante e predisposta all’ascolto reciproco consente ai lavoratori di esprimersi liberamente, e contribuisce al miglioramento delle motivazioni in vista del raggiungimento dei progetti e degli obiettivi professionali.

Table 3.

tab3

Source: self-elaborated study.

In 26, fra gli intervistati, hanno risposto affermativamente alla domanda: “Pensi che le relazioni amichevoli con altre persone, l’aiuto reciproco e la gentilezza nel posto di lavoro influenzino l’efficacia del tuo lavoro e la tua iniziativa?” Prendendo in considerazione i risultati percentuali possiamo affermare che il 93% dei lavoratori intervistati ha risposto che una buona atmosfera di lavoro è un fattore importante che influenza l’efficacia della produzione professionale. Solo un intervistato è dell’opinione che le relazioni amichevoli non hanno alcuna influenza sull’efficacia professionale.


Table 4.

tab4

Source: self-elaborated study.


I fattori che positivamente influenzano il clima di lavoro sono, fra gli altri: tolleranza verso le diverse opinioni, la possibilità di sottoporre le proprie idee a tutti i membri, di qualsiasi grado, del reparto professionale, senza che queste vengano rifiutate con anticipo.

La domanda "la possibilità di sottoporre le tue idee e mostrare i tuoi talenti e le tue competenze incrementano il tuo impegno nel raggiungimento degli obiettivi professionali?" ha trovato risposta affermativa nell’ 85% dei casi. Nessuno ha risposto “no”, mentre 16 intervistati non hanno dato una particolare importanza a questo fattore.

Table 5.

tab5

Source: self-elaborated study.


Avendo analizzato questa tabella possiamo affermare che 27 intervistati (pari al 90% delle interviste complessive) lavorano in reparti “tolleranti”, nei quali prevale l’attenzione a rapporti interpersonali positivi.

Possiamo quindi concludere che l’ipotesi 2 ha trovato una piena conferma, sulla base dell’analisi dei risultati della ricerca. I risultati ottenuti mostrano che le relazioni interpersonali improntate alla positività nel posto di lavoro sono importanti come ben evidenziato dal 94% dei lavoratori. Dei lavoratori intervistati, l’84% sono dell’opinione che la possibilità di sottoporre liberamente le loro proprie idee o di mostrare le loro competenze aiuta e sostiene il proprio impegno professionale.

Ipotesi 3.

Un sistema di controlli eccessivo sulle attività professionali del lavoratore limita l’innovazione e il pensiero creativo.

Table 6.

tab6
Source: self-elaborated study.

 

La domanda "il controllo eccessivo e la limitazione continua nei momenti decisionali paralizzano la tua innovazione e il pensiero creativo?” ha trovato risposte positive complessivamente in 28 intervistati. Avendo analizzando la percentuale risultante possiamo affermare che l’eccessivo controllo è, nell’opinione del 96%, un fattore che paralizza la loro creatività e l’iniziativa creatrice. L’ipotesi 3 ha trovato conferma sulla base delle interviste eseguite. I risultati ottenuti mostrano che il controllo eccessivo esercitato dai superiori paralizza l’azione creativa e l’iniziativa per quasi il 97% degli intervistati.

La questione del controllo è centrale nella regolazione gestionale di un sistema produttivo professionale. Se nessun controllo viene esercitato, per esempio, i lavoratori potrebbero non sentire utile il proprio impegno. D’altra parte, un controllo eccessivo demotiva il lavoratore, ne frena l’iniziativa e il coraggio, fino a condurlo verso la disistima di sé. Gli effetti di tale gestione del controllo possono essere assai onerosi per un’impresa. Il controllo consisterà nella cooperazione fra il lavoratore e i suoi superiori e deve trovare in questo processo di controllo le fonti di una importante motivazione.

Le imprese moderne, impiegando un ben formato staff con un più alto senso della dignità personale devono aggiustare il livello di controllo a quei lavoratori che domandano auto-controllo più di un lavoro invece controllato. Una impostazione autocontrollata del processo produttivo abilita le persone a vedere i propri risultati, cioè, i successi e i difetti, giungere a conclusioni per il futuro e derivare soddisfazioni. La condizione di controllo continuativo esterno causa, invece, indifferenza nelpdf lavoratore.

In generale, l’ipotesi 3 fa riferimento agli impulsi che stimolano i lavoratori a essere attivi nel loro posto di lavoro. Per il 73% degli intervistati, la retribuzione non è il solo fattore determinante il proprio impegno professionale. L’incremento della retribuzione non è garanzia di una motivazione crescente, perché al giorno d’oggi i lavoratori vogliono realizzare anche i propri più alti bisogni. Per il 43% dei lavoratori intervistati, le relazioni interpersonali nel posto di lavoro sono più importanti della retribuzione. Essi prestano una particolare attenzione alla correttezza e alla trasparenza nei processi di gestione produttiva. L’appartenenza a un gruppo, il rispetto reciproco e la possibilità di partecipare nelle decisioni gestionali, li motivano in misura maggiore, rispetto alla remunerazione.



Note:
1 G. Bartkowiak, Psychologia zarządzania, Pg. 119-120.
2 J. Reykowski, Teoria motywacji w zarządzaniu, Pg. 23-24.
3 L. Pasieczny, Encyklopedia organizacji i zarządzania, Pg. 283-284.
4 Por. J. Penc, Motywowanie w zarządzaniu, WBSB, Cracow 1996, Pg. 210.
5 Por. J. Reykowski, Teoria motywacji w zarządzaniu, Warsaw 1975, Pg. 87-90.

 

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