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Rivista di etica e scienze sociali / Journal of Ethics & Social Sciences

pdfIl 14 gennaio 2009 e stato presentato all'Angelicum di Roma il volume appena edito da Citta Nuova e scritto da Fabrizio Truini : La pace in Tommaso d'Aquino ( Roma 2008, pp. 525, € 34). La tavola rotonda e stata coordinata da Sergio Zavoli, noto giornalista impegnato, ed ha visto la partecipazione del teologo Francesco Compagnoni, del politico Giovanni Bachelet, dello storico Marco Impagliazzo (Presidente della Comunita di S. Egidio).

E' stato comune a tutti gli interventi la sottolineatura dell'importanza del concetto per Tommaso, anzi la centralita della pace nel suo pensiero teologico. Anche da un punto di vista strettamente materiale, colpisce la presenza del termine nell'opera dell'Aquinate: ben 1000 volte. Altro pensiero emerso dalle presentazioni e stato quello di rilevare che l'Autore negli anni non solo ha studiato accuratamente il proprio tema, ma si e impegnato nei movimenti che si impegnano per la pace nel nostro mondo.

Infatti il ponderoso saggio e stato scritto per l’interesse coltivato dall’Autore per le problematiche della pace, fin dalle tesi universitarie in Filosofia del diritto e poi in Teologia morale. L'impegno di F. Truini ha trovato poi un fondamentale slancio grazie alla biografia del profeta italiano della pace e della nonviolenza Aldo Capitini, scritta per la collana “I Maestri” delle “Edizioni Cultura della Pace” di Fiesole ed apparsa nel 1989.

Con lo stesso metodo d’indagine, l’A. ha ora voluto analizzare come il tema della pace avesse coinvolto nella vita, prima che nel pensiero, Tommaso d’Aquino, uno dei massimi rappresentanti della teologia cristiana medievale e anello fondamentale della cultura occidentale. Inquadrando la riflessione tommasiana nella sua vita personale e nelle sue opere, e scoprendone l’evoluzione all’interno della sua sempre piu ampia e approfondita ricerca (per la precisione 985 passi), l’A. ha potuto cosi offrire, attraverso un completo panorama antologico, una essenziale prospettiva storica, senza la quale la teologia della pace di Tommaso rimarrebbe una dottrina fredda e avulsa dal contesto culturale ed esistenziale, caratterizzato da conflitti aspri e all’apparenza inconciliabili. Non e un caso che i suoi contemporanei ne sottolineavano la novita (parola che allora per i suoi detrattori si coloriva di una connotazione negativa, come fosse una rivoluzione violenta): novita nei problemi, nell’ispirazione, nei metodi, nelle argomentazioni, nelle prove, nelle opinioni, che irradiava nuova luce, secondo la testimonianza di uno dei suoi primi biografi.

Gia la novita della sua scelta religiosa nell’ordine mendicante dei frati predicatori l’aveva proiettato nella lotta estrema tra i grandi poteri culturali e politici del suo tempo. Si pensi solo al fatto che il fratello Rinaldo - che in un primo tempo l’aveva rapito su ordine della famiglia e dell’imperatore per impedirgli la sua vocazione - fu poi giustiziato da Federico II, per essere insorto contro di lui dopo la scomunica papale. Non e un caso allora che a Tommaso si fanno risalire i fondamenti della dottrina di resistenza all’ordine ingiusto e al potere dominante.

Ancora giovane assistente di Alberto Magno a Colonia scriveva che i disordini popolari erano da attribuire all’irresponsabilita di coloro che comandano, eletti alle cariche pubbliche non con il consenso della popolazione, ma in base a criteri di familiarita anche se si e senza valore. Poi nella maturita, quando scrive che il regime politico migliore e quello misto tra monarchia, aristocrazia e democrazia, ribadisce che i re a causa del dominio esercitato, facilmente si trasformano in tiranni, e nega recisamente sulla base di una nuova lettura della Scrittura che Dio all’inizio avesse istituito alcun regno; optando chiaramente per la monarchia costituzionale, se non proprio, secondo alcuni, per la democrazia. Non solo ripete con Agostino che i regni, una volta soppressa la giustizia, sono dei latrocini, ma si azzardera a dire, nell’incompiuto commento alla Politica di Aristotele, che nella citta tanto maggiore sara l’ingiustizia quanto maggiori saranno le armi.

Forse non si hanno presenti queste espressioni, dal forte accento d’attualita, quando lo si giudica come il teologo della guerra giusta, in base alla famosa questione 40 della II-II della Summa Theologiae. Tale presa di posizione sintetizza tutta la dottrina tradizionale, in specie quella di S. Agostino, ed e alla base del moderno diritto internazionale; viene percio richiamata da tutti i pensatori fino ai giorni nostri e in particolare dalla dottrina sociale della Chiesa cattolica fino al Concilio Vaticano II. Tuttavia si deve avvertire il lettore, come d’altra parte risulta evidente dalla stessa posizione delle questioni all’interno della sua opera maggiore (la pace e frutto della carita, e la guerra va contro la carita), che tale questione s’inquadra in una prospettiva piu ampia, ben piu profonda, che e quella della pace.

La pace, sognata dagli antichi profeti d’Israele e poi annunciata dal vangelo di Cristo, e l’orizzonte simbolico, in vista del quale Tommaso struttura il suo pensiero a livello ontologico, antropologico, e in particolare a livello etico. Lo rileva con acutezza i lo storico E. Gilson, secondo il quale un verso di Isaia - che recita: “JHWH ci donera la pace, perche compie in noi ogni nostra azione”(Is. 26,12) - dona a Tommaso la chiave interpretativa per chiarire il rapporto tra Dio e l’uomo, tra l’azione umana e quella divina. La pace infatti e il fondamento della sua concezione della provvidenza divina, come risulta dal commento ad Isaia e dalla Summa contra Gentes (III, 67) e quindi di tutta l’impostazione etica elaborata quasi alla fine della sua vita.

Ma prima ancora dell’ultima costruzione di etica teologica, che presenta a detta di tutti gli storici il suo contributo piu rilevante e innovativo, egli approfondisce la realta divina della pace commentando l’opera dello Pseudo-Dionigi De Divinis nominibus in un intero capitolo (l’XI°), in cui afferma che il nome di Dio e Pace. Dio -egli scrive - “congiunge tutto a se, in quanto dona a tutte le realta, anche alle piu infime creature e a cio che vi e di piu infimo in qualsiasi creatura, la capacita di godere della pace divina”.

Se tutto e grazia, e anche vero che tutto e pace: a questa persuasione egli e arrivato grazie alla lettura attenta delle lettere di s. Paolo, che gli rivelano che se la grazia e il primo bene, la pace e l’ultimo e definitivo. Quindi, sembra dire, sono di pari grado e rivestono la stessa importanza: Dio Autore dell’amore gratuito e nello stesso tempo l’Autore della pace.

Tommaso si distingue poi da tutta la tradizione, che sulle orme di Isaia ripeteva che la pace e effetto della giustizia. Non nega che in parte sia cosi, ma precisa che lo e solo indirettamente. E’ l’amore la causa prima e diretta della pace (S. Th. II-II, q.29, a.3), perche non segue la logica del dovuto, che al massimo puo generare la figura dell’alleato e del socio; ma quella del gratuito, che si rapporta all’altro come ad un amico.

A questo proposito viene giustamente ricordato che il motto “iustitia et pax” designava ai suoi tempi l’ideale religioso e il programma politico di papi, re e imperatori (Gregorio VII e IX, Luigi IX, Federico II), perseguito spesso pero con le armi, tanto che la Santa Sede, con i concili Lateranense III e IV, affianco a quella un’altra formula piu spirituale, e nello stesso tempo piu comprensibile dalla nuova societa mercantile: il negotium fidei ac pacis, l’opera della della fede e della pace.

Ebbene Tommaso non usa mai questa, e ridimensiona quella. E gli storici ci ricordano che nel regime di cristianita imperante, differenziarsi sulla gerarchia delle virtu, sull’agostiniano ‘ordine dell’amore’, non e era un puro diverbio accademico, ma significava una precisa scelta di valori culturali, di modelli di vita, in una parola la ricerca di una nuova civilta. Tanto e vero che l’ordine non e piu inteso in senso statico o giuridico, quanto in senso dinamico e politico, come l’azione di ordinare, ossia come atto etico chiamato a unificare le dimensioni interiori e personali con quelle esteriori mondane e storiche, grazie a tutte le virtu: certamente anche la giustizia, in particolare quella economica, ma soprattutto la prudenza-provvidenza politica. L’amore - dice Tommaso, richiamando la lezione aristotelica dell’amicizia- deve ispirare e promuovere la politica e favorire in particolare il pactum pacis, su cui allora si fondava la convivenza delle citta comunali, perche al culmine e dilectio socialis, amore politico.

Si puo dunque ritenere che nella concezione tommasiana la pace radicata nell’amore si contrapponga non tanto alla guerra, quanto all’odio e alla violenza. La patientia, che oggi noi, edotti da Gandhi, possiamo tradurre con nonviolenza, e il segno piu grande della virtu del coraggio, cosicche le persone piu forti e pacifiche non sono gli eroi di guerra, ma i martiri perche per amore di Dio e dei fratelli non rifuggono dalla morte. (S. Th. II-II, q. 123, a. 5).

Ecco dunque perche la Pace e il nome piu appropriato per Cristo: come viene chiamato da s. Paolo, e ripetuto continuamente da Tommaso, Cristo e la nostra pace. Egli con la sua passione di pace, quale hostia pacifica, unisce tutti gli uomini in un solo corpo, la Chiesa, che ha la missione di “annunciare il vangelo della pace”, di celebrare con l’eucaristia “il sacramento della pace”, e di operare nella carita affinche tutti raggiungano “la felicita della pace” in Gerusalemme, visione di pace, cioe di Dio. Si puo ricordare infine la formula trinitaria nella quale Tommaso tutto racchiude: “Grazie alla pace di Cristo, nello Spirito Santo che e Spirito di pace, noi siamo riconciliati al Padre” (De divinis nominbus, c.XI, n. 923).

 

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