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Rivista di etica e scienze sociali / Journal of Ethics & Social Sciences

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Cari amici ,
Ringrazio di cuore il Dottor Sergio Marelli, Direttore Generale della FOCSIV per aver avuto la bontà di invitarmi a questo Seminario di studio su Aiuti e crisi economica mondiale, modello di sviluppo o sviluppo del modello? affidandomi l’introduzione generale ai lavori. Il tema è piuttosto ampio ed impegnativo. Spero di non deludervi accennando a alcune questioni che ad esso sono connesse e collegate.

 

1. In sintonia con il messaggio della dottrina sociale della Chiesa, il punto che mi sembra sia necessario affrontare per primo è quello relativo all’affermazione della dignità e della centralità della persona umana, cioè del primato della persona sulle istituzioni, sia economiche che politiche. Esse esistono per la persona e per la sua integrale promozione e non viceversa. A questo proposito, vale la pena di far parlare il Compendio della dottrina sociale della Chiesa che, con esemplare chiarezza, afferma: “La persona umana va sempre compresa nella sua irripetibile ed inalienabile singolarità. L’uomo esiste, infatti, anzitutto come soggettività, come centro di coscienza e di libertà, la cui vicenda unica e non paragonabile ad alcuna altra esprime la sua irriducibilità a qualunque tentativo di costringerlo entro schemi di pensiero o sistemi di potere, ideologici o meno. Questo impone anzitutto l’esigenza non soltanto del semplice rispetto da parte di chiunque, e specialmente delle istituzioni politiche e sociali e dei loro responsabili nei riguardi di ciascun uomo di questa terra, ma ben più, ciò comporta che il primo impegno di ciascuno verso l’altro e soprattutto di queste stesse istituzioni, vada posto precisamente nella promozione dello sviluppo integrale della persona”(131). Pertanto, nell’individuazione di un paradigma interpretativo che possa esprimere al meglio il pensiero della

Chiesa Cattolica sul tema delle istituzioni economiche e politiche, ritengo che il più significativo e fecondo di promettenti implicazioni sia quello del primato della persona umana. Se vogliamo tradurre in termini di cultura sociale, economica e politica questa prospettiva, si deve affermare che le istituzioni trovano la loro finalità nella promozione e nella difesa dei diritti fondamentali della persona umana. Nel paragrafo N. 388 del Compendio, si afferma: “Nei diritti umani sono condensate le principali esigenze morali e giuridiche che devono presiedere alla costruzione della comunità politica. Essi costituiscono una norma oggettiva che sta a fondamento del diritto positivo e che non puo essere ignorata dalla comunità politica, perché la persona le è ontologicamente e finalisticamente anteriore: il diritto positivo deve garantire la soddisfazione delle esigenze umane fondamentali”.

2. Solo se alla base poniamo un’adeguata visione della persona umana e dei suoi diritti fondamentali, abbiamo la reale possibilità di individuare il bene comune e di operare per esso. Se qualcuno di voi ha la pazienza e la disponibilità di scorrere le pagine delle encicliche sociali, si accorgerà che il bene comune è costantemente richiamato e proposto. Qualche volta, si ha, invece, l’impressione che questa voce sia stata derubricata dall’agenda della vita economica e politica e sia scomparsa dal vocabolario della gente, piu propensa a parlare, perlopiù in termini individualistici, di benessere piuttosto che di bene e di bene comune. La dottrina sociale, che usa il salutare criterio di non seguire la moda, ma la verità, continua a proporlo con forza ed insistenza, descrivendone il profilo con queste parole: “Il bene comune non consiste nella semplice somma dei beni particolari di ciascun soggetto del corpo sociale. Essendo di tutti e di ciascuno e e rimane comune, perche indivisibile e perché soltanto insieme è possibile raggiungerlo, accrescerlo e custodirlo, anche in vista del futuro. Come l’agire morale del singolo si realizza nel compiere il bene, cosi l’agire sociale giunge a pienezza realizzando il bene comune. Il bene comune, infatti, puo essere inteso come la dimensione sociale e comunitaria del bene morale” (Compendio, 164).

3. “La cura del bene comune – afferma ancora il Compendio – impone di cogliere le nuove occasioni di ridistribuzione di ricchezza tra le diverse aree del pianeta, a vantaggio di quelle più sfavorite e finora rimaste escluse o ai margini del progresso sociale ed economico” (N. 363). E queste occasioni sono offerte nel contesto della globalizzazione, il fenomeno dei nostri tempi, che è una sfida, che ha un significato piu largo e piu profondo di quello semplicemente economico, poiche nella storia si è aperta una nuova epoca, che riguarda il destino dell’umanità. Il Compendio, in oltre trenta paragrafi, tratta dei problemi che la globalizzazione ha creato nel mondo d’oggi, come, per esempio nel mercato, nel lavoro, nel sindacato, nel lavoro agricolo e nella riforma agraria, nella difesa dei diritti umani, nell’ambiente con la relativa crisi ecologica globale.

Ma vorrei ricordare l’esigenza principale che, a proposito della globalizzazione, il Servo di Dio Giovanni Paolo II ha segnalato nel suo Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del 1998 “La sfida insomma è quella di assicurare una globalizzazione della solidarietà, una globalizzazione senza marginalizzazione”, una solidarietà che deve esistere tra le generazioni, come aggiungeva Giovanni Paolo II, nel suo discorso alla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali (11 Aprile 2002): “In passato la solidarietà tra le generazioni era in molti Paesi un atteggiamento naturale da parte della famiglia; oggi è diventato anche un dovere della comunità”. La solidarietà tra le generazioni richiede che nella pianificazione globale si agisca secondo il principio dell’universale destinazione dei beni, che rende illecito moralmente e controproducente economicamente scaricare i costi attuali sulle future generazioni: illecito moralmente perche significa non assumersi le dovute responsabilità, controproducente economicamente perché la correzione dei guasti è più dispendiosa della prevenzione (Compendio N. 367).

4. Come tutti voi ben sapete, il bene comune è connesso all’esercizio di puntuali responsabilità che riguardano tutti i cittadini, e, soprattutto, di precise responsabilità della politica. La dottrina sociale afferma che il bene comune è la ragion d’essere dell’autorita politica (cf. Compendio, 68). A questo punto, non posso non fare un riferimento veloce a quello che è un tema trattato con crescente attenzione nella dottrina sociale; mi riferisco al tema delle istituzioni e della democrazia, anche della democrazia economica. A questo riguardo, permettetemi di far uso delle parole del Compendio: “Un’autentica democrazia non è solo il risultato di un rispetto formale di regole, ma è il frutto della convinta accettazione dei valori che ispirano le procedure democratiche: la dignita di ogni persona umana, il rispetto dei diritti dell’uomo, l’assunzione del bene comune come fine e criterio regolativo della vita politica. Se non vi e consenso generale su tali valori, si smarrisce il significato della democrazia e si compromette la sua stabilità”. Il paragrafo termina con queste significative affermazioni: “La democrazia è fondamentalmente un ordinamento e, come tale, uno strumento e non un fine. Il suo carattere morale non è automatico, ma dipende dalla conformita alla legge morale a cui, come ogni altro comportamento umano, deve sottostare: dipende cioè dalla moralita dei fini che persegue e dei mezzi di cui si serve” (408).

5. Un altro punto a cui vorrei accennare è il rispetto della legalità. Essa è negata ogni volta che individui, gruppi o istituzioni - anche le istituzioni pubbliche -, si comportano in maniera difforme rispetto alle regole poste, cioe ogni volta che sostituiscano le ragioni della forza alle ragioni del diritto. Ma la legalità è violata anche ogni qual volta che le regole imposte con la legge non sono funzionali al bene dell'individuo ed al bene comune, ma sono espressione di interessi particolari e, pertanto, non sono in grado di assicurare una vera ed effettiva giustizia. La caduta della legalità comporta la crescita della sopraffazione e dalla sopraffazione e produce l’indebolimento del senso di appartenenza alla comunita, l’affievolirsi delle solidarieta, l’insorgere di conflittualita più o meno estese, il disaggregarsi del corpo sociale, l’illanguidirsi della pace. Evidentemente, è difficile parlare di legalita senza stigmatizzare il vizio della corruzione, che mina lo sviluppo politico e sociale di tanti popoli. Anche qui desidero fare un riferimento al Compendio della dottrina sociale della Chiesa: “La corruzione distorce alla radice il ruolo delle istituzioni rappresentative, perchè le usa come terreno di scambio politico tra richieste clientelari e prestazioni dei governanti. In tal modo, le scelte politiche favoriscono gli obiettivi ristretti di quanti possiedono i mezzi per influenzarle e impediscono la realizzazione del bene comune di tutti i cittadini” (n. 411). Si tratta di un male che affligge egualmente nazioni ricche e nazioni povere, paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo, Stati totalitari o autoritari e democrazie. La corruzione nei pubblici uffici e nei servizi pubblici, nella misura in cui sottopone a taglieggiamenti e a vere estorsioni l’erogazione di quanto dovuto al cittadino, disattende ogni regola di giustizia affermando la logica del piu forte. Essa è caratterizzata da un effetto moltiplicatore, perche induce inesorabilmente ad una cultura dell’illegalità nella misura in cui l’individuo, per poter concretamente esercitare i diritti e godere delle liberta garantitegli dall’ordinamento, è indotto ad atti di corruzione. La dottrina sociale della Chiesa sottolinea l’urgenza di promuovere una cultura della legalità. Mette cioè in evidenza come non solo sia necessario che individui ed istituzioni conformino il proprio agire a regole, e che queste regole rispondano a principi di giustizia; ma segnala come sia, prima ancora, necessario formare ad una sensibilità e ad una pratica della legalità. In effetti una formale adesione, nei comportamenti individuali, alle giuste regole poste dal legislatore, puo non essere sufficiente ad assicurare quella legalità che è necessaria alla convivenza. L'esperienza insegna che la forza del diritto non è riposta solo nel timore della sanzione. In ogni tempo ed in ogni luogo, la criminalità non è stata dissuasa dalla sussistenza di norme penali, da forze di polizia, da giudici, da prigioni. La forza del diritto è innanzitutto riposta nell’intima adesione di ciascuno alla regola posta dalla legge morale; nella rispondenza - per dir cosi - della norma esterna, legale, alla norma interna, di coscienza; nella sensibilità dell’individuo che agisce tenendo presenti non solo i propri interessi, ma primariamente gli interessi del destinatario della propria azione sociale. Per questo, ci vuole una quotidiana opera di educazione alla legalita, alla quale devono contribuire i fedeli laici e anche le associazioni di ispirazione cristiana.

6. Desidero ora soffermarmi su un altro punto, quello riguardante l’economia ed il mercato; punto assai attuale, in considerazione della vasta e pervasiva crisi finanziaria ed economica che vive il mondo in questo momento. Molti si ostinano a vedere in essa solo un temporaneo incepparsi di alcuni meccanismi tecnici, superabile con la messa a punto di strumenti piu adeguati. Personalmente, ritengo che una lettura piu onesta della crisi imponga di vedere che i meccanismi si sono inceppati perche coloro che li dovevano far funzionare operavano ad di fuori di ogni cornice etica. Tutti noi sappiamo che l’economia e le istituzioni economiche si occupano di quella dimensione della vita socio-relazionale dell’uomo che ricerca le possibilita di far fronte, in modo quantitativamente e qualitativamente apprezzabile, ai bisogni primari posti dalla sua esistenza nel mondo. Si situa in questa prospettiva la dimensione intrinsecamente etica dell’economia, sia come aspetto della vita pratica dell’uomo, che come scienza. Infatti, la persona umana è al centro della ricerca e della prassi economica, come piu volte ribadito nell’ambito del Magistero sociale della Chiesa, che è giunto a dichiarare l’uomo come “l’autore, il centro e il fine di tutta la vita economico-sociale” (Gaudium et Spes, 36). Il termine “persona” dice capacita di volere libero e consapevole; e quindi chiaro che il riferimento ad essa esige anche una considerazione dell’economia in cui l’etica appaia non con funzione semplicemente “limitativa” degli eccessi dell’economia, ma con un ruolo costitutivo della prassi economica e della stessa disciplina.

L’economia ha esplicitamente bisogno dell’etica, perche entrambe trovano il loro fondamento e la loro ragion d’essere nell’uomo, entrambe sono tese, secondo prospettive diverse, a comprenderlo in tutta la sua piena dignità. Non si tratta pertanto di istituire un semplice raccordo teorico, accademico, tra due discipline che scoprono le possibilita della loro reciproca interazione. Si tratta di riscoprire, invece, come solo nella considerazione previa delle domande e degli stimoli che l’etica sottopone di continuo all’economia (perche produrre? Quale determinata immagine dell’uomo sta dietro quel determinato modello di sviluppo? Cosa serve la finanza?), l’economia stessa non possa smarrire il suo fondamento, nel corso della sua sempre piu articolata elaborazione. In questa prospettiva, si colloca la posizione di molti studiosi di economia a livello internazionale e di molti organismi internazionali, i quali, riconoscendo che senza una considerazione dell’etica gia a livello di elaborazione della disciplina economica, si perverrebbe, oltretutto, a modelli inattuabili e inefficienti. In questa prospettiva, si puo affrontare il tema del mercato, anche di quello finanziario. La dottrina sociale non dice molte cose su di esso, ma se si fosse fatto tesoro della loro saggezza non saremmo giunti al punto in cui siamo arrivati. Essa afferma, prima di tutto, che il mercato è uno strumento e non un fine; uno strumento da usare bene e per il bene dell’uomo, dentro regole morali e un quadro giuridico adeguato. Il mercato quindi va regolato in primo luogo, perche non e giusto che tutti i beni passino da esso. Afferma la Centesimus annus: “Ci sono bisogni collettivi e qualitativi che non possono essere soddisfatti mediante i suoi meccanismi; ci sono esigenze umane importanti che sfuggono alla sua logica; ci sono dei beni che, in base alla loro natura, non si possono e non si debbono vendere e comprare” (n. 40). La persona umana non puo essere oggetto di mercato.

In secondo luogo, perche ci sono bisogni che il mercato non riesce a soddisfare. Scrive la Centesimus annus: “Il libero mercato è lo strumento piu efficace per collocare le risorse e rispondere efficacemente ai bisogni. Ciò tuttavia, vale solo per i bisogni che sono “solvibili”, e per quelle risorse che sono “vendibili”, in grado di ottenere un prezzo adeguato. Ma esistono numerosi bisogni umani che non hanno accesso al mercato. E’ stretto dovere di giustizia e di verità impedire che i bisogni umani fondamentali rimangano insoddisfatti e che gli uomini che ne sono oppressi periscano” (n. 34).

In terzo luogo, perche ci sono persone che non riescono, per carenze congenite, per povertà o per privazioni vissute durante la vita ad accedere ai beni necessari. La Centesimus annus ricorda che “Prima ancora della logica dello scambio degli equivalenti e delle forme di giustizia, che le sono proprie, esiste un qualcosa che è dovuto all’uomo perche e uomo, in forza della sua eminente dignita” (n. 34).

In quarto luogo, perche ci sono beni che appartengono a tutti e che è bene che rimangano di tutti.

In quinto luogo, perche il mercato e una gara, ma una gara particolare. Quando termina una gara di corsa e se ne fa un’altra, i concorrenti si rimettono sulla stessa linea di partenza. Chi ha vinto la gara precedente parte alla pari di tutti gli altri. In economia, non è cosi: chi ha vinto una gara parte avvantaggiato dalla gara precedente.

7. Mi avvio alla conclusione, riprendendo il tema della crisi che stiamo vivendo che, ritengo, dobbiamo superare con una rinnovata speranza. La speranza rende liberi. Concedere dei mutui-casa sapendo della probabile insolvibilita dei contraenti; vendere questi mutui-casa dentro prodotti finanziari che passano di mano in mano per motivi speculativi, impacchettare questi prodotti finanziari dentro fondi di investimento collocati in borsa senza far trasparire la loro “tossicità” … tutto questo potrebbe sembrare fiducia nel domani, speranza, ma in realtà si tratta di strumentalizzare la speranza, di volerla in qualche modo dominare e sfruttare. Si è speculato sulla speranza. Una banca che vende, nelle modalità suddette, un rapporto fiduciario con una famiglia (perche in questo consiste un credito per l’acquisto della casa) credo si possa dire che specula sulla speranza. Abbiamo la sensazione che, in questi ultimi tempi, sia stata corrosa quella speranza che nasce dalla realtà e dalle vere relazioni umane, dal lavoro e dalla fiducia, dalla conoscenza vicendevole e dalla solidarietà vissute come vocazione. Questo faceva la solidita della nostra speranza: il lavoro visto come vocazione; il credito visto come espressione di fiducia e il finanziamento per rendere possibile una vocazione. Questo apriva il nostro cuore alla speranza, perche ci poneva in ascolto di qualcosa che non nasceva da noi, ma che ci interpellava da fuori o, meglio, dal davanti. Qualcosa che ci veniva incontro.

Ora che le grandi banche, abituate a concedere prestiti sulla base di dati di rating, senza aver visto mai in volto colui che richiede il credito, sono in crisi o sono puntellate, indirettamente o direttamente, dagli Stati, si riscopre la vecchia banca dislocata sul territorio, le casse rurali e le banche di credito cooperativo, che concedono i prestiti conoscendo la persona, la sua famiglia e la sua storia. Oggi, molte piccole e medie imprese, soprattutto artigianali, sono in difficolta, ma ci sono duepdf tipi di imprenditori. Quelli rampanti e spregiudicati, figli della mentalita della crescita indefinita, dell’indebitamento allegro e del guadagno nel breve termine, e quelli del buon senso antico, con i piedi per terra, che trattano i dipendenti come familiari e che possono contare su una solidarieta e una partecipazione allargata. I primi falliscono, i secondi, anche se a gran fatica, reggono. Ora si scopre l’importanza del microcredito, dei laboratori artigianali che garantiscono i posti di lavoro anche nelle difficolta e fanno da ammortizzatori sociali. Ecco alcuni esempi di fiducia, di collaborazione, di solidarieta che ci danno speranza perche sono animati dalla speranza. Tutto questo mi fa pensare che questo momento di crisi debba essere anche il momento della speranza.

1 Intervento del Cardinale al Seminario: "Aiuti e crisi economica mondiale. Modello di sviluppo o sviluppo del Modello", organizzato dalla FOCSIV il 25 aprile 2009 all'Angelicum di Roma.

  

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