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Rivista di etica e scienze sociali / Journal of Ethics & Social Sciences

pdfLa Caritas in Veritate (2009) di papa Benedetto XVI è un’Enciclica sociale fondamentale che mi pace ricordare, in primis, come Enciclica “aperta”. Ciò, perchè sono convinto che “si presti” a più letture ed interpretazioni. Trattasi comunque di un documento corposo, lucido ed approfondito sulla realtà socio-economica attuale, che s’inserisce come contributo pregnante nella Dottrina Sociale della Chiesa (DSC). Più propriamente ed esplicitamente si rifa alla Populorum progressio (1967) di Paolo VI, ma spazia su un’amplissima gamma di problematiche, di ordine vuoi socio-economico, vuoi antropologico-teologico.

A mio avviso, mostra anche delle particolarità, sia rispetto all’Enciclica di papa Montini, sia e più in generale rispetto alla sua collocazione in una DSC, cui - per cosi dire - siamo maggiormente abituati, incentrata sul ruolo “fondativo” e “complementare” dei quattro principi della responsabilità, solidarietà, sussidiarietà, reciprocità.

Come noto, la Populorum progressio perseguiva un approccio alla “questione sociale” come aspetto della distribuzione territoriale/mondiale dello sviluppo socio-economico, riguardandolo contestualmente dipendente, da un lato, dalle scelte d’investimento effettuate dalle imprese nella loro responsabilità e, dall’altro, da quelle dell’intervento pubblico determinate sul piano della solidarietà.

Papa Giovanni Paolo II aveva ribadito tale impostazione sia nella Laborem exercens (1981), che nella Sollicitudo rei socialis (1987), ma aveva poi “cambiato rotta” nella Centesimus anno (1991), allorche - per cosi dire - il “pendolo” si era maggiormente “spostato” verso il ruolo del mercato, peraltro “accompagnato” dal ruolo del principio di sussidiarietà.

Completata in un periodo di grave crisi finanziaria ed economica mondiale, la Caritas in Veritate non poteva non dare ad essa ampio spazio, ciò che puntualmente si ritrova; è tuttavia, sul piano propositivo, troviamo una certa “distanza” dai problemi concreti della gente, in particolare quanto ai paesi ricchi, oggi “investiti” dalla crisi non meno di quelli poveri, mentre si tratta di problemi meno drammatici.

In effetti, facendo in proposito un discorso da economista generale, troviamo nell’Enciclica, da un lato, lo “spostamento” verso l’”economia del dono” e, dall’altro, una versione del “principio di reciprocità” da riguardarsi (anch’esso) come “scelta unilaterale”.

In tale prospettiva, mi sembra anche che risulti alquanto sacrificato il “principio di solidarietà”, inteso nella sua forma universalistica, nonche il ruolo dello stesso “principio di responsabilità”.

Certo, in una visione più ampia – rispetto a quella dell’economista generale, ma eticamente motivato e credente, come lo scrivente –, troviamo nelle proposizioni dell’Enciclica molto e molto di più. Non solo, ma si puo anche dire che, alla luce di un’interpretazione estensiva ed analogica delle stesse, le osservazioni prima fatte possono essere in generale accolte ed “incorporate”. D’altro canto e conclusivamente, non è detto che alla Caritas in Veritate non possa non seguire un’altra Enciclica sociale dell’attuale Pontefice nella quale, stanti le diverse “spinte” rivenienti da una realtà socio-economica cambiata, si addivenga ad un migliore contemperamento dei quattro principi-base sopra richiamati che ritengo costituiscano l’impalcatura complessiva “irrinunciabile” della DSC.

 

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