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Rivista di etica e scienze sociali / Journal of Ethics & Social Sciences

pdfL’economia consumistica vive del ricambio delle merci, e prospera quanto più cresce la quantità di denaro che passa di mano. Il denaro passa di mano ogni volta che i prodotti di consumo vengono trasportati alla discarica. Di conseguenza, in una società di consumatori la ricerca della felicità passa normalmente dalla centralità accordata al fabbricare o acquistare le cose alla centralità accordata allo smaltire le cose: e cosi dev’essere se si vuole che il prodotto interno lordo continui a crescere1.

Il presente contributo desidera raccontare brevemente un lungo lavoro di ricerca2, teso ad indagare il rapporto tra la vita delle imprese e la felicità delle persone.

La partenza è: che cosa è la felicità ? Come è possibile rendersi conto leggendo qualsiasi contributo a proposito, è praticamente impossibile definire tale stato; si può, però, pensare che sia più facile indicare chi sia un uomo felice: egli è colui che percepisce di avere portato alla pienezza maggiore e possibile la sua umanità . Per parlare di felicità , quindi, occorre capire quale sia l’uomo che abbiamo presente. Il paradigma che abbiamo tenuto presente in questa ricerca è la persona: l’uomo è persona, cioè un soggetto che si vede plasmato dalle sue scelte, dalle relazioni e dalla storia in cui vive.

Ci dobbiamo chiedere se oggi la società aiuti a costruire persone felici. La promessa di felicità non è mai stata cosi diffusa nella storia dell’umanità come oggi; la si incontra ad ogni angolo della strada; ma approfonditi studi affermano che questa promessa è disattesa. Come la citazione di apertura suggerisce, l’uomo che viene proiettato a smaltire più che a fabbricare o acquistare è frutto della società dei consumatori che cresce rigogliosa finché riesce a rendere perpetua la non-soddisfazione dei suoi membri, e dunque la loro infelicità , per usare il suo stesso termine3. Infatti, questa struttura distrugge i due elementi portanti della persona: le relazioni4. e il rapporto con il tempo5. , inteso come storia che porta a pienezza l’uomo e il suo progetto strutturale.

La vita delle imprese mostra le stesse lacune; l’impostazione neoliberista della scuola di Chicago, paradigma che ha governato il panorama manageriale sia a livello teorico che a livello pratico, impone all’impresa di pensare solo alla crescita del suo valore (cioè alla crescita del valore delle sue azioni) nel breve periodo; la storia delle crisi che hanno toccato l’economia mondiale in modo sempre più grave fino a quella attuale, ci dimostra che questo approccio è perdente. L’impresa deve coltivare le relazioni con i propri stakeholder (portatori di interesse) e deve creare ricchezza stabile per il lungo periodo; cioè, curare le relazioni e abitare responsabilmente la storia.

Questo è il vedere della ricerca. Dobbiamo passare al giudicare. Le fonti studiate nella nostra ricerca sono state la scrittura e il magistero sociale della Chiesa. Nella Bibbia ci siamo concentrati sull’opera lucana, individuando una pagina in particolare molto significativa. Nella parabola comunemente chiamata Il ricco epulone e il povero Lazzaro, viene raccontata una profondissima mancanza di giustizia proprio nell’uso dei beni. Ma la prospettiva di fondo che può essere sottolineata è che tutto questo avviene per una mancanza di attenzione alla fraternità . Dal luogo dove si trova il ricco, Abramo viene chiamato per tre volte padre, senza che questi rifiuti tale appellativo. Se colui che banchettava lautamente avesse guardato al povero come a un fratello, adesso non sarebbe nei tormenti e si potrebbero salvare anche i suoi fratelli di sangue.

Nel magistero sociale, abbiamo seguito una pista molto feconda: in molte occasioni i papi, nelle loro encicliche, prospettano la vita dell’economia e delle aziende come una vita di famiglia, dove, appunto possa essere coltivata la fraternità . Il percorso si è compiuto nell’ultima enciclica sociale, la Caritas in Veritate, dove Benedetto XVI propone le parole carità , gratuità e fraternità come centrali per ridefinire la vita dell’economia e per ricostruirne il fondamento etico, a partire dal mercato, inteso come luogo di incontro di persone dove vivere forme di solidarietà e fiducia reciproca.

A partire da queste indicazioni c’è bisogno di delineare una nuova antropologia che possa davvero far uscire il mondo delle aziende dalla crisi in cui è piombato. La prospettiva, come già sottolineato da approfonditi studi6 , può essere trovata nella scuola napoletana del ‘700, in particolare nell’opera di Antonio Genovesi. Secondo questo studioso, l’uomo si caratterizza essenzialmente per la reciprocità e il mercato può essere il luogo della mutua assistenza, purchè venga coltivata una virtù essenziale: la fede pubblica, cioè la percezione certa che la vita delle persone in una società è una vita legata alla vita degli altri e che ognuno dipende sempre dall’altro: l’esito decisivo di tutto questo è che la felicità ha una natura assolutamente relazionale e nasce principalmente dal far felici gli altri. E’ un passaggio antropologico molto importante, perchè prende una via radicalmente diversa da quella iniziata da Adam Smith che vedeva l’uomo come caratterizzato dalla propensione a scambiare beni e oggetti. In questa attività l’individuo deve essere protetto dalla forza e dalla prepotenza dell’altro; per questo il mercato diviene il luogo dove difendersi dal volto del vicino. Per Smith la relazionalità non trova spazio nel mercato, ma solo nella vita privata.

Inoltre va sottolineato come le ricerche attorno al cosiddetto paradosso della felicità mostrano che la qualità della vita relazionale genuina (nel senso di non-strumentale) è quella che più pesa (anche rispetto al reddito) nella stima del benessere soggettivo delle persone7.

L’uomo nuovo capace di sostituire l’homo oeconomicus8. deve essere essenzialmente un uomo relazionale.

Questa conclusiva acquisizione ci consente di passare all’agire: desideriamo proporre un modello di vita e di studio dell’impresa che tenga conto di tale prospettiva. Certamente sono da tenere positivamente in conto due grandi approcci che la business ethics propone: la responsabilità sociale dell’impresa9. e la Stakeholder Theory10. , elaborata in particolare da E. Freeman. Rimandiamo agli studi specifici per una riflessione approfondita. Ciò che ci preme sottolineare è che sono narrazioni della vita delle aziende capaci di studiare l’impatto delle scelte dell’azienda sulla struttura relazionale delle persone, e quindi sulla capacità del mondo produttivo di creare felicità .

Vorremmo, però, presentare un modello ancora più radicale. La strada che si propone è il personalismo11. Abbiamo mostrato come il deficit antropologico si rifletta sulle aziende. E’ lecito, quindi, domandare conto all’impresa nel suo complesso delle scelte operate e si può evidenziare come le scelte stesse costruiscano in un modo preciso la vita, la vocazione, l’identità della stessa, in un processo che vede l’impresa nascere, crescere e confrontarsi con un ambiente in una storia determinata. La nostra ricerca ha, cosi, costruito un modello, definito Personalismo aziendale, che vuol leggere la storia e le relazioni che l’impresa vive e sa costruire come fondanti. Abbiamo, cosi, letto l’opera di Mounier come se parlasse dell’impresa, che via via cresce e si autocomprende con i sette passaggi proposti dal filosofo francese12. Il guadagno essenziale che si è ottenuto è poter guardare all’impresa come parte di un mondo molto più grande di lei, e che essa stessa contribuisce a costruire. L’universo edificato insieme agli altri attori contribuirà a delineare le strutture portanti dell’impresa, in una dinamica in cui ognuno coopera a svelare e plasmare il volto dell’altro. La solidarietà con l’ambiente che lapdf circonda è decisiva per la crescita, lo sviluppo e l’autocomprensione dell’impresa.

La soddisfazione più grande è stata verificare sul campo la validità di tale modello: lo studio di tre casi ha permesso di evidenziare come il Personalismo aziendale aiuta a valutare l’eticità o dell’impresa nel suo complesso o di una sua scelta particolare o dell’agire dell’imprenditore.

NOTE:

1 Z. BAUMAN, L’etica in un mondo di consumatori, Editori Laterza, 2010, pag. 119.
2 Si tratta delle tesi di dottorato in Sacra Teologia discussa presso la FTER, il 16 Aprile 2010, dal titolo Felicità e strategie d’impresa. Persona, relazionalità e d etica d’impresa, in attesa di pubblicazione. Il metodo seguito è il classico vedere, giudicare, agire.
3 Z. BAUMAN, Consumo, dunque sono, Editori Laterza, 2010, pag. 59.
4 Il mondo dello smaltire è il mondo dell’accentuazione smodata dell’individuo e delle sue presunte esigenze; i legami stessi sono il primo bene che si deve essere sempre in grado di smaltire. Per questo Bauman parla di società liquida.
5 Il processo di smaltimento richiede di potersi concentrare solo sull’adesso, perché tra un attimo ciò che abbiamo non ci sarà più.
6 Mi riferisco in particolare a L. BRUNI, La ferita dell’altro. Economia e relazioni umane, Il Margine, 2007.
7 L. BRUNI, La ferita dell’altro. Economia e relazioni umane, Il Margine, 2007, pag. 129.

8 In letteratura l’homo oeconomicus ha due essenziali caratteristiche: è un individuo centrato sulla propria autorealizzazione, sul proprio interesse; ed è un individuo che opera sul mercato luogo di puro e impersonale incontro tra domanda e offerta, senza possibilità di tener conto dell’incontro con l’altro (cfr . F. FILIBERTI, L’homo oeconomicus, in Povertà e mercato globale, a cura di F. FILIBERTI, Pardes Edizioni, 2004, pag. 77-79. Per una descrizione dell’homo oeconomicus cfr. anche I. SANNA, L’identità aperta, pag. 101 e ss., Queriniana, 2006.)

9 Cfr. ad esempio L. SACCONI (a cura di), Guida critica alla responsabilità sociale e al governo d’impresa, Bancaria Editrice, 2005.

10 Cfr. ad esempio il contributo iniziale di tale autore: R.E. FREEMAN, D.R. GILBERT, Strategic management. A Stakeholder Approach, Pitman, Marshfield, 1988

11 Prendiamo come testo di riferimento E. MOUNIER, Il personalismo, Ave, Sesta edizione, 1980.

12 Cfr E. MOUNIER, Il personalismo, Ave, Sesta edizione, 1980, il cui primo capitolo ha come titolo Le strutture dell’universo personale con sette paragrafi:
1. L’esistenza incorporata.
2. La comunicazione.
3. La conversione intima.
4. L’affrontare.
5. Liberta sotto condizione.
6. La dignità suprema.
7. L’impegno.
E’ interessante notare come i sette passaggi siano alternativamente uno interno e uno esterno, fino ad arrivare alla scelta finale, all’impegno.

 

 

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