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Rivista di etica e scienze sociali / Journal of Ethics & Social Sciences

pdfLe donne nella terza e quarta età sono nella popolazione italiana le piu bisognose di “cure” e di “care” nei prossimi venti anni.

A questa conclusione è giunto il Gruppo di Studio sulla equità di accesso alle risorse sanitarie del Comitato Nazionale di Bioetica in base all’analisi delle condizioni psicofisiche e socio-sanitarie della terza e quarta età. Il documento “Le condizioni di vita della donna nella terza e quarta età: aspetti bioetici nella assistenza socio-sanitaria,” è stato varato all’unanimità dal CNB il 18 luglio scorso.

Sono riportati in esso dati che mettono in evidenza l’estrema precarietà e debolezza di questa fascia di popolazione, comparata con il genere maschile ed è espresso il caldo invito a farsene carico.

Alla luce dei dati ISTAT e CENSIS, riportati nel testo, appare chiara la rilevanza di questo tema. Ne riportiamo alcuni a titolo di esempio, sottolineando fino da ora che le donne con oltre sessantacinque anni di età rappresenteranno nei prossimo trenta anni circa il 25 % di tutta la popolazione italiana: Nel 1990 le donne che raggiungevano i 65 anni avevano una speranza di vita di 19 anni (gli uomini di 15 anni). Oggi (2010) le donne di questa età hanno 22,1 anni di speranza di vita (18,3 gli uomini), e si prevede che nel 2020 tale speranza raggiungera a 65 anni i 23,3 anni per le donne e i 19,4 per gli uomini.

Questi dati già ci danno l’idea della futura consistenza del gruppo. Ancora di piu se si considera che nel 1990 l’indice di vecchiaia (rapporto fra le persone di oltre 65 anni e quelle al disotto sdei 14 anni) era 80 per gli uomini e 120 per le donne, oggi è di 118,5 per gli uomini e 172,6 per le donne, e nel 2020 si prevede sara rispettivamente di 139,5 e 195,6.

Le persone oltre 65 sono oggi 12.085.158 su una popolazione italiana di circa sessanta milioni di abitanti. Di queste, 7.013.040 sono donne e 5.072.118 gli uomini. Fra 20 anni si calcola che le donne “over 65” saranno piu del 20% (piu di 12 milioni di donne) della popolazione italiana, che potra superare con gli immigrati i 63 milioni. Si ritiene poi che le donne che nascono adesso abbiano una aspettativa di vita superiore ai novanta anni. Fra cento anni avremo un numero rilevante di donne centenarie.

La scienza medica è stato il principale fattore dell’allungamento della vita umana (innanzitutto con lo sviluppo della neonatologia e della pediatria della prima infanzia, che hanno tagliato massicciamente la mortalita e morbilità infantile, poi con la caduta della mortalità materna per parto, passata in Italia da una donna ogni trecentocinquanta partorienti nel 1936 ad una su diecimila oggi). Grande importanza poi ha avuto il progresso della oncologia e della cardiologia chirurgica e medica nella cura di patologie che rappresentano ancora la maggior causa di morte nella donna anziana. La medicina è attualmente impegnata a “dar vita” agli ultimi anni della nostra esistenza, che assorbono già oggi la parte maggiore delle risorse sanitarie.

Questa fascia di popolazione ha pero ancora grandi problemi sia dal punto di vista fisico-psichico che da quello economico-sociale. Accanto alla incidenza di deficit cognitivi e patologie dell’umore, che incidono molto piu nella donna che nell’uomo, esistono problemi legati alla solitudine, alla vedovanza e ad alte soglie di povertà.

Problemi non sufficientemente riconosciuti dalle strutture politiche ed economiche, ma che incidono notevolmente sulle famiglie e sulla difficoltà di accesso alle limitate risorse sanitarie e allo scarso impegno di ricerca per migliorare la qualità di vita psichica e relazionale della donna in questa età.

Da qui l’impegno del Comitato Nazionale di Bioetica.

L’attuale Comitato Nazionale di Bioetica (che scadrà nel prossimo dicembre) è un organo consultivo del Governo, e produce documenti di vario tipo, fornendo pareri che cercano di raccogliere il pensiero dei suoi componenti, che a loro volta si avvalgono oltre che dell’esperienza (ciascuno nella propria disciplina) del confronto fra valori ed idee. E’ un organo che si avvale di componenti appartenenti a varie discipline, con differenti punti di riferimento ideologico e politico.

I documenti quindi sono di per se non definitori e soprattutto non definitivi, ma offrono pareri, materiale di riflessione e di studio, a chi ha il compito di prendere decisioni operative.

I temi discussi non sempre rispondono a specifici quesiti, ma spesso nascono dalla sensibilita dei singoli membri che possono costituire un gruppo per affrontare un determinato argomento, non solo effettuando una ricerca bibliografica accurata, ma anche facendosi aiutare da “esperti” esterni.

Il tema affrontato dal Gruppo “Equità di accesso alle risorse sanitarie”, aveva l’obiettivo di calare le problematiche etiche su temi della vita di tutti i giorni, implicava, cioè , da una parte affrontare argomenti di “bioetica del quotidiano”, e dall’altra rispondere alla “sete e fame di giustizia” che rappresenta la motivazione dell’impegno politico, nel caso specifico quella che viene oggi definita la “biopolitica”.

Il documento che ne è derivato si differenzia quindi dalla maggior parte dei documenti del CNB su cui si è oggi concentrata l’attenzione degli stessi mass-media e che trattano piu spesso temi di “bioetica di frontiera”, ad es. la manipolazione della vita umana all’inizio e alla fine dell’esistenza.

Si è cercato cioè di vedere quale fascia di popolazione dovesse essere maggiormente presa a carico dalla comunita sociale al fine di poter usufruire delle risorse che la scienza medica e la biopolitica mettono via via a disposizione.

Questo non vuol dire che ad esempio le malattie rare, che interessano relativamente poche persone, non debbano essere al centro dell’attenzione bioetica, ma si vuole anche segnalare come, accanto a programmi scientifici che consentano di debellare via via un crescente numero di patologie, non vengano trascurate situazioni di sofferenza ampiamente diffuse, spesso per mancanza di presa in carico di stati di disabilita gia oggi trattabili.

Un altro punto importante sottolineato dal documento è stato quello di tener conto delle varie situazioni in cui si trova ogni singola persona.

Si tratta infatti di valutare lo stato di salute tenendo conto del genere e dell’età, ma di porre alla medicina non una metodologia egualitaria di intervento, bensi una specifica attenzione empatica ai reali bisogni di ciascuno, in vista non solo di “riparare patologie”, ma di far sentire le persone il piu possibile felici. In questo senso equita non equivale ad uguaglianza.

Basta l’esperienza clinica quotidiana per vedere quale differenze esistano fra un adulto ed un anziano, ad es. osservando nei nostri ospedali ed ambulatori le code per ottenere una visita o le modalita di seguire il consiglio di un medico o le sue prescrizioni farmaceutiche.

Dobbiamo sapere che i deficit di memoria, rilevante nella quarta età, sia che interessi nomi propri (compresi quelli dei familiari), date, orari, ecc., fino a difficolta cognitive (le varie forme di dementia), quelli sensoriali (sordità, deficit nella vista), o motori (il Parkinson nei suoi vari aspetti), e specialmente i disturbi dell’umore (su cui spicca la depressione), incidono principalmente sulla donna, sulla sua vita relazionale ed affettiva, in modo crescente con l’età.

Il disfacimento delle coppie, il ritardo nella procreazione, la tendenza al figlio “unico e tardi”, la difficoltà economica dei figli di farsi carico degli anziani in eta avanzata e con deficit biologici, aggravano ancor piu ed in modo crescente le problematiche di vita quotidiana nella donna, spesso incapace di “gestire il quotidiano”.

In questo ha giocato fino ad oggi la differenza di eta nel matrimonio e l’aspettativa di vita nettamente inferiore nell’uomo. Cio comporta che per 6-8 anni la donna anziana è destinata a vivere sola e, per quanto sia piu mentalmente equipaggiata a gestire questo stato, cio senza dubbio accresce la sua difficoltà a “muoversi” nel sistema sanitario e ad usufruirne secondo i suoi bisogni.

Esiste poi il problema psicologico della solitudine. Attualmente su 7.013.040 donne oltre i 65 anni, quasi la metà (3.247.690 ) sono vedove, cui si aggiungono 588.482 nubili e 110.153 divorziate. Le coniugate (3.066.710) ovviamente diminuiscono percentualmente con il passare del tempo. Prolungandosi ulteriormente, la vita, specialmente nelle donne, si verificherà un aumento di donne disabili e sole, se l’attuale concezione di vita familiare non sara rafforzata e se non vi saranno interventi specifici da parte della politica socio-sanitaria. Si tenga anche presente che la disabilità, secondo una elaborazione del CENSIS dell’anno 2005, colpisce principalmente le donne.

Il “confinamento individuale” (il ricovero in strutture sanitarie) colpisce dopo i 65 anni 11 donne su 100 (6 uomini), la “disabilita nelle funzioni” 15 donne su 100 (9 gli uomini), difficoltà di movimento 12 donne e 6 uomini, difficoltà di vista ed udito 5 donne e 3 uomini.

Anche se patologie croniche, se si eccettuano le malattie cardiache (14,6% negli uomini rispetto al 10,7% nelle donne), l’ulcera gastrica e duodenale (8,3% sull’uomo e 5,9% nelle donne) ed ovviamente la patologia prostatica, sono nettamente superiori nelle donne: osteoporosi (40% nelle donne e 7 nell’uomo), artriti ed artrosi (61% sulle donne contro il 42% negli uomini) patologie che comportano difficoltà e dolori nei movimenti, che isolano ulteriormente la donna. L’84% delle donne di questa età rispetto al 78% degli uomini denuncia infatti una malattia cronica.

Non è scopo della presente nota dare un contributo statistico, o una sintesi su numerosi studi scientifici di geriatria ed in particolare della ginecologia, oggi ribadita come medicina di genere che abbraccia tutte le stagioni di vita femminile, ma e importante che si richiami l’attenzione sulla donna anziana. Analogamente il contributo del CNB non vuole e non puo essere altro che un documentato grido di allarme, che chiama a raccolta chi si impegna per una maggiore giustizia distributiva in favore dei piu deboli.

Il problema infatti non è solo quello di combattere malattie e sofferenze, e di aumentare la durata della vita, adottando tutti gli accorgimenti che la scienza ci offre, ma occorre anche consentire ad ogni persona di usufruirne per “vivere felice”.

Per questo occorre dare agli anziani offerte differenziate, tenendo conto anche che la societa di oggi accresce incertezze, instabilita e conseguente disagio non solo nei giovani.

Altro aspetto importante sottolineato dal documento è l’individuazione delle problematiche di ogni singola persona.

Piu avanza l’età si allarga infatti la differenza fra cio che sono i bisogni e le capacita di reagire agli eventi fra una persona e l’altra. Non si puo piu fare in medicina cio che si è fatto in economia con la classificazione dei popoli secondo il “reddito medio”. Come dice il premio Nobel per l’economia Krugman, se in un bar di New York entra a prendere un caffe Bill Gates, immediatamente il reddito medio del gruppo di persone presenti nel locale sale alle stelle, ma nessuno dei presenti accresce il suo reddito.

Questo esempio ci ripropone il tema della equità, e nello stesso tempo la necessita che ci siano strumenti socio-sanitari (il termine è di per se ambiguo, dato che la relazione, il rapporto sociale, è già inserito nel termine “sanitario”, che implica la salute in senso olistico ) atti a rispondere a bisogni ed a desideri di ciascuno.

Se è vero infatti che la felicità non è legata, oltre ad un certo livello, all’incremento del guadagno, essa è pero spesso legata a “desiderare cio che già si possiede”. La società di oggi è ancora legata alla visione dell’homo oeconomicus, in cui si misura il benessere della persona su quanto piu puo consentirsi di aumentare i suoi consumi, e di uno Stato, dall’aumento di produzione.

Tornando pero al tema concreto di “cosa poter fare” per una maggiore equità di accesso alle risorse, il documento in oggetto propone la figura del “case manager”, all’interno di piani assistenziali individualizzati. Si tratta di sensibilizzare il personale medico e infermieristico ad una medicina che tenga conto oltre che dell’età e del genere, anche della modalità con cui ciascuno si pone rispetto alla ricerca di una vita piu serena e felice, assicurandosi che i servizi si orientino a rispondere all’intera gamma dei bisogni della persona.

Nello stesso tempo è bene si rilevino nuove professioni che facciano da tramite ad esempio deistituzionalizzando gli interventi in favore dei disabili psichici e motori, migliorando i rapporti fra ricoveri e cure familiari e territoriali, aiutando l’anziano sano (non e vero che la vecchiaia sia di per se malattia,”Senectute non ipsa morbus est!”).

La figura del Case Manager prevista nel Piano Nazionale del 2005, come punto di riferimento per i malati soli, non è un “servizio alla vecchietta” di stile boy-scout, non è una ennesima espressione della burocratizzazione dei servizi agli anziani. Non si sostituisce ne alle reti amicali e parentali, ne si trasforma in una “badante a ore”, ne pretende di dare chiare direttive sul piano organizzativo, come super-esperto di relazioni umane. E persona che accompagna, che percepisce bisogni e desideri, che aiuta a trovare una strada nell’ingarbugliato mondo dei servizi sanitari.

Il Care Manager è quello che Baden Powell indicava ai suoi Capi dei Boy-Scout: “Non siate cartelli indicatori, ma persone che si mettono in cammino a fianco del ragazzo”.

L’indicazione che ci da questa relazione è quindi un invito ad operare una scelta etica in favore per questa fascia di popolazione, seguendo quanto affermava Amartya Sen sul tenore di vita. Questo dipende da problemi di maturare e sviluppare lepdf funzioni (funzioning) e di capacità (capabilities) e non è un problema di opulenza, di utilità e di possesso di merci.

Certo, la mancanza di alcuni beni economici fondamentali compromette la fioritura dell’esistenza umana (life flourishing). In loro assenza la miseria impedisce di essere liberi (nel concetto marxista di liberta dai bisogni), ma risolto questo, esistono beni relazionali che, specialmente nell’anziano, danno senso alla sua esistenza e soprattutto al gusto di vivere e sperare.

 

 

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