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Rivista di etica e scienze sociali / Journal of Ethics & Social Sciences

pdf1. L'intento di questo nostro studio è quello di evidenziare, in generale, l'importanza dello studio nell'Ordine dei Predicatori (Domenicani) e, in particolare l'attenzione data a questo tema negli ultimi Capitoli Generali dell'Ordine. Non intendiamo offrire uno studio esaustivo ma soltanto riprendere quei punti che ci sembrano più importanti e che possono favorire una comprensione più larga possibile della sua importanza, del suo senso teologico e delle preoccupazioni dell'Ordine, oggi, a questo riguardo. Pertanto, il nostro è un compito modesto che, per ragioni di tempo e di spazio, dovrà attenersi all'essenziale. I Capitoli Generali non hanno altra funzione che quella di rendere attuale il carisma di San Domenico; lo fanno stimolando i membri dell'Ordine, indicando delle nuove vie da seguire e correggendo con metodi nuovi e possibilmente efficaci le mancanze esistenti. Nel nostro caso, precipuamente, quelle mancanze che hanno una relazione con il ministero dello studio. Affinché ci sia una maggiore chiarezza, riteniamo in primo luogo importante incominciare il nostro discorso trascrivendo parte di ciò che dicono le Costituzioni dell'Ordine domenicano a riguardo. Ricordiamo che, per quanto si è desiderato restare fedeli alla lettera dei testi e alle menti dei Padri Capitolari e Maestri dell'Ordine, la nostra rimane sempre un'interpretazione possibile e non ha la pretesa di dire l'ultima parola sull'argomento.

2. Il libro delle Costituzioni e Ordinazioni dei Frati predicatori (LCO) è chiaro in proposito: "San Domenico, innovando, ha inserito nell'ideale dell'Ordine lo studio in vista del ministero della salvezza" e per questo motivo, "il nostro studio deve avere di mira", "principalmente", "l'utilità delle anime e dei nostri prossimi". Non solo. Aggiunge il testo: "Mediante lo studio i frati" contemplano la "multiforme sapienza di Dio e si preparano per il servizio dottrinale in seno alla Chiesa tenendo presente tutti gli uomini" (LCO 77§§ I-II). Lo studio in vista della predicazione e salvezza delle anime è stato sufficientemente reso evidente da Humberto di Romans (5° Maestro Gegerale dell'Ordine, 1200-1277) nelle sue Istruzioni per i predicatori. In questo testo leggiamo: "La scienza del predicatore". Per quanto riguarda la scienza, dovendo il predicatore ammaestrare gli altri, essa va considerata indispensabile. Per questo di certuni si dice, a loro condanna: "Pretendono di essere dottori nella legge, senza capire né quel che dicono né quel che danno a intendere". Spiega inoltre quale tipo di scienza dovrebbe possedere il predicatore e ne mostra sei tipi: anzitutto la scienza delle sacre Scritture...; altra scienza necessaria è quella delle creature...; un'altra scienza è quella della storia... e insieme la scienza dei misteri della Chiesa...; altra scienza è la scienza della discrezione...; infine, la scienza dello Spirito Santo (Parte II, IX).

3. Il Capitolo Generale dei Priori Provinciali di Bologna (1999)1 ricordando le parole del Maestro Tommaso de Vio O.P., "detto il Gaetano" (1469- 1534) , ricorda la necessaria armonia che deve esistere tra lo studio e la povertà, tra lo studio e la vita comune, come condizione indispensabile per una collaborazione di tutti i membri dell'Ordine al suo rinnovamento; infatti, dice il Gaetano: "Che altri si vantino dei loro privilegi... quanto a noi, il nostro Ordine si consideri finito se non sarà la teologia a raccomandarci". La riforma dell'Ordine sarà possibile, diceva ancora, dove "vita comune in povertà e nello studio" si troveranno insieme2. Dopo aver ricordato le parole del Maestro Timothy Radclyffe (*1945) in La perenne sorgente della speranza. Lo studio e l'annuncio della Buona Novella, il Capitolo prende atto dal fatto che l'Ordine "sta riscoprendo l'importanza degli studi come sorgente di speranza e come elemento essenziale del (suo) rinnovamento". Dal punto di vista pratico, il Capitolo ringrazia le Provincie che inviano i frati presso le istituzioni di studio dell'Ordine (Angelicum, Friburgo) e raccomanda "nuove forme di collaborazione"3 tra questi istituti e altri centri di studi dell'Ordine. Ringrazia i benefattori, rettori e professori per il loro aiuto e lavoro; elogia l'Istituto di teologia ecumenica di Bari e si congratulano con i professori dell'Ècole Biblique di Gerusalemme4. Inoltre, raccomanda il "rinforzamento" di istituzioni come l'Istituto a Multan in Pakistan, il Seminario San Carlo a Nagpur in India, e l'Istituto dell'UST( Università S. Tommaso di Manila) per le Religioni e le culture dell'Oriente. Il Capitolo raccomanda che il Maestro dell'Ordine organizzi "un Congresso per tutto l'Ordine dedicato al dialogo con le grandi religioni del mondo"5. Altresì, il Capitolo affronta, la questione della "missione intellettuale in Africa", la questione dell'Istituto Pedro di Cordoba" e il problema dei "nuovi movimenti religiosi".

Impossibile prendere in considerazione tutta la riflessione del Capitolo; tuttavia, non si può non considerare la questione dei "nuovi movimenti religiosi" con la "tentazione del sincretismo" che li caratterizza e che costituisce una "vera sfida alla predicazione domenicana". I frati devono essere formati al dialogo interreligioso e questo dovrebbe avvenire, soprattutto, dove in cristianesimo è minoranza o le "religioni non cristiane sono dominanti". A questo riguardo, il Maestro dell'Ordine dovrà promuovere Congressi che abbiano come scopo il dialogo tra "le grandi religioni del mondo"6. Il Capitolo ricorda l'importanza dell'istituto Pedro di Cordoba e "le diverse sfide che sono legate all'incontro della teologia con i problemi sociali e culturali del continente americano"7. Finalmente, il Capitolo affronta la questione di internet come "nuovo territorio di evangelizzazione". L'accento, dal nostro punto di vista, senza dimenticare la sfida delle religioni non cristiane e dei problemi sociali ed economici, ricade sulla necessaria collaborazione tra i vari Istituti e Centri di Studi dell'Ordine, sul loro rafforzamento, sulla preparazione di nuovi insegnanti. Il Capitolo lamenta però, "il ruolo giocato di alcuni dei suoi [dell'Ordine] membri nelle ingiustizie dell'inquisizione"; dal punto di vista dei padri capitolari, riconoscere il dramma dell'inquisizione, comporterebbe il "purificare la nostra memoria e impegnare l'Ordine a una ricerca della verità, lasciando a Dio il giudizio delle persone"8.

4. Il Capitolo di Providence (2001)9 oltre a riprendere e approfondire le questioni trattate al Capitolo di Bologna del 1999, ci offre un'importante e fondamentale studio sulla questione dello studio nell'Ordine domenicano. In Misericordia Veritatis è innanzitutto ricordato che lo studio fu da sempre "legato alla missione apostolica dell'Ordine e alla predicazione della parola di Dio", anche per questo "non dovrebbe essere considerato in maniera pragmatica" cioè, come un "mestiere", ma come "parte della dimensione contemplativa" e "elemento cognitivo della vita domenicana"10. Anche se la compassione e misericordia di Dio ha molteplici manifestazioni "è mediante lo studio e la 'misericordia della verità' che esse toccano il mondo attraverso il carisma domenicano" secondo il moto di San Tommaso "contemplari et contemplata aliis tradere"11. È mediante lo studio che il domenicano "risponde all'appello di "coltivare l'inclinazione degli uomini verso la verità" e si rendono consapevoli che gli uomini e le donne sono "capaci di conoscerla"12. Si può dire che è per mezzo dello studio che il domenicano abbraccia "le crisi umane, le necessità, le aspirazioni e le sofferenze dell'umanità" e che è in questo modo che lo studio si unisce alla "misericordia"13. Insomma, lo studio permette al domenicano di condividere "il gaudium et spes" e "il luctus et angor"14 degli uomini. Ciò che caratterizza lo studio domenicano sono le sue "quaestiones disputatae": per mezzo di esse sono affrontate le questioni più rilevanti della vita degli uomini e donne del nostro tempo, senza "cedere tuttavia alla disperazione" che potrebbe derivare dalle loro "ambiguità"15. Alla crisi della "questione di Dio" fa eco la "perdita della dignità umana"; così, lo studio domenicano cerca di cogliere il legame "tra queste due questioni" (Dio e dignità umana) e non separa "la questione fondamentale di Dio" dalla questione della pace e della giustizia. In realtà, questo studio si presenta come "servizio" dovuto all'umanità sofferente: "È del tutto impossibile allo studio domenicano trascurare la questione fondamentale di Dio, la storia della salvezza... dal servizio cui ci porta il Vangelo"16.

In Misericordia Veritatis vediamo come lo studio domenicano è "anamnetico", cioè, una realtà capace di riconoscere i fallimenti del "passato" senza lasciare, nonostante tutto, di celebrare "le ricchezze e i successi"17 di quelli che ci hanno preceduto. Non solo. La tradizione intellettuale domenicana comprende la tradizione della morale "in termine di virtù", "la fiducia nella ragione e nel ruolo del dibattito", la "felicità che consiste nella visione di Dio" come "fine ultimo" dell'esistenza umana. Questa tradizione è ancora un'affermazione di "umiltà di fronte al mistero di Dio". Tale umiltà serve da "guida" e porta il domenicano ad affrontare e vincere le difficoltà "di là da ogni ideologia"18.

La "propentio ad veritatem" e il coltivare della "misericordia" che animano lo studio domenicano "sono un modo di vivere che affonda costantemente le sue radici in una vita contemplativa e comunitaria19. Nella filosofia, il domenicano trova una via che lo aiuta "a scoprire la radice di una verità e ci mostra come ciò che è stato è vero". In quest'ambito della sua ricerca il domenicano si sente particolarmente responsabile nei confronti dell'eredità lasciata da "San Tommaso"20. Comunque, è certo che l'Ordine domenicano è un Ordine di predicatori e i suoi studi non ambiscono a formare degli "intellettuali" ma, anzi, dei "predicatori" che possono compiere la loro missione in un mondo moderno e "plurale". E ciò implica che nel suo studio, il domenicano deve essere attento "al dialogo"21. Questo dialogo - necessario in una società pluralista - non deve portare, tuttavia, alla perdita della "passione per la verità ultima e per lo studio". Infatti, "il dialogo implica un approfondimento della nostra identità e una vulnerabilità, al fine di poter ascoltare gli altri e sentire il loro dolore"22.

L'Ordine - oggi - ha bisogno di "predicatori-teologi" capaci di non "dare risposte facili" ma di porre delle "domande difficili, ispirate dalla passione per la verità"23. Da questa constatazione derivano alcune conclusioni inevitabili: primo, che lo studio implica "una conversione del cuore, una metanoia che renda prioritario, ancora oggi, questo ministero"; in secondo luogo, che l'Ordine necessita, nei suoi Centri di Studi, "di professori qualificati"; in terzo luogo, che l'Ordine ha esigenza di candidati "maturi e muniti di lauree"; in quarto luogo, che l'Ordine ha bisogno di presbiteri che si "dedichino allo studio e alla predicazione" e che abbiano, allo stesso tempo, il "dominio delle varie lingue" e che possano "dedicarsi a esse". Ancora, l"Ordine ha bisogno di una "pianificazione" che renda possibile la collaborazione tra i suoi vari Istituti e di "programmi" destinati a risolvere questioni di ordine "economico" e incrementare il numero "degli studenti nei nostri Centri di Studio". Finalmente, è urgente una formazione "integrale" che permetta di vedere nella "scuola di teologia" un luogo "comunitario di ricerca e di vita"24. In ogni caso, la Misericordia Veritatis non ha potuto fare a meno di costatare, da una parte che attualmente "la tradizione accademica intellettuale domenicana è molto richiesta" ma che, dall'altra parte, "l'Ordine è minacciato dal dover abbandonare quest'aspetto prezioso e precipuo della sua missione"25.

5. Il Capitolo di Cracovia (2004)26 riprende sostanzialmente i dati in precedenza ricordati e ordina che i reggenti degli studi, tenendo presente la situazione delle loro Provincie, preparino un rapporto "sulla preparazione dei futuri professori". Dal punto dei vista pratico, tra le sue raccomandazioni merita attenzione la preoccupazione per la situazione delle "biblioteche"27 dell'Ordine.

Per quanto riguarda specificatamente lo studio nella tradizione domenicana, sono messi in evidenza alcuni elementi che non possono essere dimenticati: in primo luogo, lo caratterizza una forte "interdisciplinarietà"; cioè la necessità che i vari campi di studio collaborino insieme in vista di una finalità comune e di un arricchimento reciproco. Viviamo - ricorda il Capitolo - in tempi (postmoderni) dove si "contesta" alla ragione la sua capacità di raggiungere la verità, dove vi è "l'assolutismo delle verità parziali" e non mancano i "riduzionismi filosofici". Inoltre, il nostro tempo è marcato da una contrapposizione "conflittuale" tra le "culture". Tutto questo tende a oscurare la ricerca della "verità" e mette in pericolo sia "la pace", sia la "comunione". Tuttavia, si deve costatare come "l'integrazione dei vari campi del sapere" propria del modo di studiare dell'Ordine abbia portato in passato - e potrebbe portare anche oggi - a "una notevole contribuzione al pensiero"28.

In secondo luogo, la "compassione intellettuale" propria dell'Ordine può portare a una "lucida" visione "della cultura attuale" e delle sue "contraddizioni". Con tutte le loro forze, i figli di San Domenico dovrebbero "coltivare l'inclinazione degli uomini verso la verità"; perciò, una "seria formazione intellettuale unita alla fiducia nella ragione umana" sembra oggi particolarmente importante. Uno dei campi dove una preparazione adeguata si rivela importante è quello del dialogo "critico" con "il pensiero attuale" e le "diverse tradizioni religiose".

In terzo luogo, il Capitolo mette in luce l'importanza della filosofia in generale e della "metafisica" in particolare; dal suo punto di vista, "la questione della metafisica è una luce ancora oggi necessaria per la comprensione e l'orientamento dell'umanità" e aiuta a "stabilire delle basi solide in ambito antropologico, epistemologico, etico e nell'ambito dell'antropologia della religione". Detto in un altro modo, "la filosofia può fornire gli strumenti per un'analisi critica dell'evoluzione sociale, politica ed economica della società"29.

In quarto luogo "la tradizione intellettuale dell'Ordine" (nel suo modo di studiare) ha sempre mantenuto un carattere "comune" e non individuale, così come il "rispetto per l'autonomia della filosofia e della teologia". San Tommaso rimane come modello di questo studio e seguirlo su questa strada non implica un riduzionismo di tipo "manualistico" del suo insegnamento ma ci spinge ad affrontare le nuove questioni, le questioni pertinenti al nostro tempo: è necessaria un'integrazione tra il pensiero contemporaneo e il pensiero di San Tommaso. In questo modo, "la nostra stessa predicazione sarà rafforzata" e compirà la sua funzione di "rendere presente il mistero di Cristo", "nel quale abita la pienezza della sapienza"30. La conclusione proviene da Sant'Alberto Magno e sembra essere realmente il cuore del pensiero dei padri capitolari: "In dulcedine societatis quaerere veritatem"31.

6. Il Capitolo di Bogota (2007)32. I Capitoli dell'Ordine non sono dei momenti a se stanti separati e di rottura con ciò che è stato detto e affrontato anteriormente. Nella loro missione di correggere e rendere attuale il carisma originario, riprendono sempre ciò che è stato proposto nei Capitoli precedenti. A questa regola non sfugge il Capitolo di Bogota che inizia riprendendo le analisi fatte nel Capitolo di Cracovia, mettendo a fuoco le caratteristiche e le contraddizioni del mondo contemporaneo, vale a dire, il relativismo, la sfiducia nei confronti della ragione, il fondamentalismo e "l'assolutizzazione di verità parziali"33. L'Ordine, ricorda il Capitolo, vuole compiere la sua missione nella Chiesa e per questo ha bisogno di "intraprendere la via di uno studio rigoroso"34 e deve avere una "strategia" per i suoi studi, ossia per il rafforzamento della "vita intellettuale" che prenda in considerazione la situazione "attuale". Prioritario per questa "strategia" sarebbe una chiarificazione "sulla natura delle varie istituzioni di studio dell'Ordine" e il loro rapporto con le istituzioni "provinciali"35. Anche se in questa materia non si deve dimenticare la responsabilità dei vari Priori Provinciali, portare avanti tale "strategia" è compito diverso che coinvolge il "Maestro dell'Ordine con il suo Consiglio Generale" e "il Capitolo Generale"36; inoltre, deve in primo luogo, poter contare su delle persone "specializzate"; in secondo luogo, avere delle "risorse" (umane ed economiche) che permettano la realizzazione del suo progetto; in terzo luogo, essere provvisto di "Centri di Studi specializzati" e "qualificati nelle diverse discipline"37.

Tra le petitio troviamo quella di una "regolare riunione tra i vari Reggenti di studi dell'Ordine" e il "Socio - del Maestro - per la vita intellettuale"38. L'Ordine è erede di una ricca tradizione intellettuale che si manifesta, in modo particolare, nell'opera di San Tommaso. È da San Tommaso che può venire lo stimolo per affrontare le nuove sfide culturali ed esistenziali con "intelligenza e saggezza"39. Nell'Ordine domenicano la ricerca o lo studio sono inseparabili dalla preoccupazione per "l'unità dell'Ordine e della Chiesa"40. I figli e le figlie di San Domenico studiano e agiscono "in medio Ecclesiae". In una Chiesa divisa ideologicamente i figli di San Domenico possono trovare in Santa Caterina un esempio "durevole" di passione per "l'unità della Chiesa". Una commissione che cerchi "la verità nell'amore" coordinata dal Maestro dell'Ordine, può aiutare a superare le "tensioni teologiche"41 esistenti, e indicare vie nuove in questo senso.

Conclusione: l'Ordine può offrire "un modello responsabile, critico e fraterno del dibattito nella Chiesa". Anche in vista di questo si deve vigilare perché i suoi Centri siano Centri di "eccellenza" dentro la "Chiesa"42.

7. Il Capitolo di Roma (2010)43 riafferma ciò che è stato detto ed proposto nei Capitoli di Providence, Cracovia e Bogota44. In primo luogo ricorda che la tradizione e la predicazione nell'Ordine domenicano esigono oggi "una nuova riflessione alla luce della fede" e non possono restare a livello di "ripetizione" di ciò che è stato detto e pensato45. In secondo luogo, che è compito dei vari reggenti di studio "promuovere l'impegno intellettuale", valutare dal punto di vista economico ciò che è necessario perché ciò avvenga, presentare un "progetto" a tale riguardo e fomentare una maggiore "collaborazione" in questo campo, e prevedere o promuovere delle "strutture" che servano a questa finalità e che rendano effettivo il "ministero intellettuale"46.

Il Capitolo ordina che si crei una Commissione per la promozione degli studi dentro l'Ordine, composta dal "Socio del Maestro per la vita intellettuale", da un rappresentante "delle istituzioni accademiche sotto l'immediata giurisdizione del Maestro dell'Ordine", e "altri membri nominati dal Maestro"47. I compiti di questa Commissione possono essere così elencati: un piano che permetta una condivisione delle "risorse finanziarie e umane" dell'Ordine, "la promozione e formazione di futuri professori", la "revisione della Ratio studiorum Generalis Ordinis Fratum Praedicatorum". I lavori di questa Commissione dovranno avere inizio alla fine di giugno del 201148.

Tra le raccomandazioni troviamo un rilancio dell'affermazione che, le varie istituzioni dell'Ordine (di studio), abbiano un'effettiva "collaborazione" e che i professori possano essere assunti anche per "tempo determinato"49. Inoltre, il Capitolo raccomanda uno scambio e un confronto tra le varie istituzioni sotto l'immediata giurisdizione del Maestro dell'Ordine50 e un lavoro di "individuazione" di possibili professori per queste istituzioni51. Infine, che la PUST includa l'analisi "SWOT"52 nella sua pianificazione.

8. Le Relationes de statu Ordinis dei Maestri Generali. Il nostro studio rimarrebbe incompleto se non prendessimo in considerazione le Relatio de statu Ordinis che costituiscono, a nostro parere, un'importante fonte per un'analisi più completa sulla questione dello studio nell'Ordine domenicano. I Maestri hanno più di qualsiasi altro, almeno dal punto di vista teorico, la possibilità di avere uno sguardo sull'insieme dell'Ordine e, quindi, di comprendere e giudicare sulle questioni più urgenti. La Relatio statu Ordinis, presentata dai Maestri prima ed in occasione dei Capitoli Generali, è allegata al testo degli Atti dei relativi Capitoli Generali.

9. In occasione del Capitolo di Bologna (1999). La Relatio statu Ordinis di Timothy Radclyffe, per ciò che ci riguarda è alquanto breve, tuttavia sostanziosa: "Abbiamo bisogno di rinnovare fortemente la vita intellettuale dell'Ordine". Dal suo punto di vista, alcune cose dovevano essere prese in considerazione: in primo luogo, "Abbiamo bisogno di assicurare che ai giovani frati sia dato il tempo e il sostegno per gli studi di specializzazione; in secondo luogo, "abbiamo - così si esprime il Maestro - urgente bisogno di frati preparati in teologia dogmatica, studi biblici e dialogo interreligioso"; ancora, in terzo luogo, "La Chiesa rivolge il suo sguardo all'Ordine perché sia fedele al suo impegno in teologia e filosofia"; quindi, "abbiamo bisogno di frati, possibilmente ben qualificati, per la missione dell'Ordine"; in quarto luogo, "Abbiamo bisogno di sviluppare eccellenti centri intellettuali in ogni regione dell'Ordine in cui si sta insegnando nei livelli più alti"53.

Il Maestro mostra, di là dalle difficoltà, una visione piuttosto positiva della situazione: ricorda, da una parte, d'essere "inondato da richieste di vescovi per la fondazione di nuove facoltà e università"; dall'altra parte, all'inizio della sua Relatio osserva "Siamo allo stesso tempo forti e fragili. È chiaro che siamo profondamente toccati dalle crisi sociali, economiche e spirituali che attualmente coinvolgono molti paesi e culture... Nonostante tutto ciò, direi che la mia impressione in generale sia di una nuova vita e speranza. Dopo anni difficili sembra che siamo a una svolta"54. Lo studio non esiste senza una stretta relazione con la missione dell'Ordine nel suo complesso; cioè, esiste e si giustifica in funzione di una più qualificata predicazione. Allora, la questione fondamentale è, per il Maestro quella della predicazione del Vangelo alla quale si trova legata la questione dello studio: "Come stiamo predicando il Vangelo oggi? Questo è forse il problema fondamentale che dobbiamo affrontare. Noi abbiamo la più attraente vocazione che si possa immaginare: condividere la buona novella di Dio". Dopo aver ricordato, non senza una forte dose di realismo, che la cosa non è semplice e che sono i Provinciali - forse - i primi a percepire questo, riafferma la sua visione positiva. La sua parola "finale" può essere riassunta in questa breve e consistente frase: "Spero che durante questo Capitolo potremo discutere i modi per sostenerci e incoraggiarci reciprocamente"55.

10. Il Capitolo Generale elettivo di Providence (2001). Lo stile del Maestro Carlos Alfonso Azpiroz Costa è indubbiamente diverso da quello del P. Maestro Timothy Radclyff. Parliamo, evidentemente, non solo del modo di governare, ma anche di presentare le situazioni. La diversità dello stile non indica però, diversità di vedute. Anzi, possiamo parlare di complementarietà, nel senso che l'accento ricade su delle situazioni diverse, ma ugualmente importanti; ed è così che si completano. Dal suo punto di vista di Aspiroz Costa la questione da dovere affrontare è quella di "Rivitalizzare la nostra tradizione intellettuale"; tuttavia, perché questo possa aver luogo, è necessario che ci sia un "dialogo in seno all'Ordine"56.

Da quanto riusciamo a capire, per dialogo intende un dibattito che porti a una presa di coscienza della questione e che renda tutti responsabili nei suoi confronti. Il Maestro Generale insiste molto sulla nostra "tradizione" intellettuale, ne spiega il senso ed esposne le ragioni per conservarla: "Questa tradizione ha un'importanza enorme in un mondo spesso tentato dal pessimismo intellettuale, dal dubbio che si possa raggiungere la verità, o perfino da un brutale fondamentalismo... Abbiamo bisogno dello stimolo del dialogo per comporre una teologia che rifletta la profondità della nostra tradizione e l'ampiezza dell'Ordine oggi"57. Tuttavia, come è stato ricordato in precedenza, la missione intellettuale, anche in questo caso, non esiste separata e non può essere trattata senza nessun vincolo con la predicazione: "La Parola di Dio è la fonte e il contenuto della nostra predicazione, è il nostro pane quotidiano; perciò formare esperti biblici, dovrebbe essere una priorità di tutte le entità dell'Ordine"58.

Queste constatazioni però non bastano e il Maestro è ancora del parere che, in primo luogo, "Il rinnovo della nostra missione intellettuale deve essere fondato sulla formazione dei frati alla nostra tradizione teologica e filosofica"; inoltre, che è necessaria una maggiore collaborazione tra i vari Centri di Studi anche al fine di stabilire le priorità. "C'è una tensione tra il bisogno di ogni entità ad avere dei centri di vita intellettuale e il bisogno di ogni regione ad avere dei centri di specializzazione... Dobbiamo evolvere verso facoltà meno numerose ma col massimo grado di specializzazione"59. Non solo, il Maestro considera anche le difficoltà affrontate e da affrontare per trovare dei professori per i grandi centri di studi dell'Ordine, spesso in quelle sotto l'immediata giurisdizione del Maestro dell'Ordine: "Essi fanno parte della missione intellettuale dell'Ordine. Ringrazio tutti i frati che insegnano in questi centri, e le province che li liberano generosamente per questa missione. È stato spesso difficile identificare i frati che potessero essere liberati da altri impegni per andare a insegnare all'Angelicum, a Friburgo, all'École Biblique o per lavorare presso la Commisione Leonina"60.

Nonostante tutte queste considerazioni, al Maestro sembra non sfuggire una questione che, dal nostro punto di vista, precede tutte le altre e cioè: "La prima priorità consiste nel rinnovare la nostra fiducia: fiducia nel Vangelo che predichiamo, e fiducia nel predicarlo in nuovi modi. Dobbiamo avere fiducia nel coinvolgerci nei dibattiti della nostra società e della nostra Chiesa, certi che il Vangelo e la nostra tradizione domenicana hanno il loro contributo da offrire, e che questo sarà ben accetto"61.

11. Il Capitolo Generale dei Definitori a Cracovia62. Nella sua Relatio il Maestro Aspiroz Costa prende spunto dal Capitolo di Providence che in Misericordia Veritatis ha offerto a tutto l'Ordine un testo "preciso e prezioso", che continua a essere una "importante fonte d'ispirazione"63 per tutti. Prende atto dal fatto che nell'Ordine (nelle Provincie) "esiste realmente una cura particolare nei confronti dei centri di studi" e che ciò non si produce "senza sacrifici umani ed economici"64. In molte Provincie, incluse quelle che hanno sofferto a causa della mancanza di vocazioni, nascono nuovi Centri di Studi; ciò vuol dire "che esistono nuovi sforzi con l'intento di rinnovare la vita intellettuale e che sono nuove anche nelle proposte"65. Anche le Provincie che non hanno un numero sufficiente di studenti e professori propri "offrono in forma sussidiaria degli elementi originali della nostra tradizione dottrinale nei loro centri"66 di studio.

Il Maestro ricorda che non mancano iniziative positive e ne enumera alcune. Le iniziative che riguardano "l'insegnamento a distanza via internet", che abbia come riferimento "non soltanto gli studenti domenicani, ma anche quelli non domenicani"; con l'incremento delle vocazioni, in certe Provincie, si cerca "di rinnovare il corpo docente"; si cerca di superare il momento della "sfiducia e si passa a quello di nuove iniziative"; non mancano gli sforzi per ottenere "i fondi"67 necessari per la manutenzione dei centri di studi.

Dal punto di vista del Maestro, ci troviamo davanti a due questioni che sembrano contraddittorie: da una parte, "siamo (come domenicani) visti come chi può offrire un valido e prezioso contributo intellettuale alla vita della Chiesa"; però, dall'altra parte, "non mancano delle difficoltà quando si tratta di offrire i "titoli" o accettare "l'affiliazione" dei centri di studi o Facoltà ecclesiastiche". In molti casi, "i titoli sono limitati agli studenti destinati al presbiterato". Davanti a questo quadro, si domanda il Maestro, quale cammino "dobbiamo seguire"68, cioè, cosa portare avanti? Innanzitutto il Maestro ricorda che "è importante per l'Ordine tenere vari centri di studi in tutte le regioni secondo le lingue più usate nell'attualità" in modo che "i nostri giovani possano essere formati nella tradizione domenicana". Poi, osserva, che è compito "del Reggente di studi, in ogni entità, essere il primo animatore della vita intellettuale" e assicurare "sostenere quelli che studiano perché non cadano nell'individualismo"69. La conclusione più importante, dunque, sembra essere la seguente: anche con i progressi enumerati "La vocazione intellettuale di un domenicano deve essere promossa". Questo però non è tutto. Il Maestro ricorda anche che "L'evangelizzazione in campo intellettuale è un servizio alla Chiesa e al mondo, ed a questa vocazione siamo chiamati in modo particolare". Perciò, termina, si deve essere attenti al fatto che molti (purtroppo) "finiti gli studi istituzionali, si dedicano in tal modo all'attività pastorale che a volte studiano poco o semplicemente non studiano"70.

12. Il Capitolo di Bogotà. Nella sua Relatio il Maestro Aspiroz Costa parte da tre brevi ma importanti osservazioni: in primo luogo, afferma la necessità e l'esistenza di una "ecclesiologia" compatibile con l'essere domenicani; in secondo luogo, tenendo presente il primo punto, dice di vedere "nella Commissione per la Predicazione e nella Commissione per il Dialogo interreligioso" un aiuto per l'approfondimento della nostra ecclesiologia. In terzo luogo, ricorda le parole del Papa Benedetto XVI che nel presentare la figura di San Tommaso dice: "È riuscito con evidente sapienza a instaurare un confronto fruttuoso tra il pensiero arabo ed ebraico del suo tempo"; così, dice ancora il Papa, "è considerato un maestro sempre attuale del dialogo con le diverse culture e religioni"71.

Con queste premesse, il Maestro passa subito a delle osservazioni che riteniamo importante riprendere: in primo luogo egli osserva "che molti studiano, ma senza uno scopo preciso"; al contrario nel caso domenicano lo "studio è una missione ed esiste in funzione della missione"; in secondo luogo, ricorda il fecondo rapporto instauratosi tra i "domenicani della Spagna e i teologi di Salamanca": i primi offrivano degli elementi per "la riflessione e lo studio" mentre i secondi "offrivano elementi dottrinali solidi e profondi per la predicazione dei primi". Un'altra osservazione di rilievo è questa: esiste, dice il Maestro "un divorzio tra gli attuali professori e l'eredità della tradizione dell'Ordine"; l'Ordine è nato in medio Ecclesiae e ciò deve portare il domenicano, dal "di dentro del cuore della Chiesa", a interrogarsi su "come aiutare la Chiesa a rispondere alle provocazioni del mondo attuale"72.

Ancora tre osservazioni meritano d'essere fatte73: la prima consiste nel fatto che il Maestro vede "delle contrapposizioni e conflitti ideologici dentro l'Ordine"; la seconda riguarda la funzione e responsabilità sia dei Reggenti di Studi, sia dei Priori Provinciali riguardo allo "studio". Finalmente, ricorda il problema della comunicazione all'interno dell'Ordine. Sono tutte delle realtà che, al tempo della Relatio guardavano ancora a una soluzione positiva. La parola "finale" del Maestro e che, dal nostro punto di vista, riassume tutte le sue preoccupazioni e gioie è questa: "Chiedo al Capitolo... come un'esortazione a tutto l'Ordine perché comprenda l'importanza prioritaria della nostra presenza accademica a Roma, a Friburgo e a Gerusalemme"74.

13. Il Capitolo di Roma (2010)75. Subito dopo aver ricordato le lettere degli ultimi Maestri dell'Ordine sul tema dello studio e del ministero intellettuale, così come il documento Misericordia Veritatis, il Maestro Aspiroz Costa va immediatamente al centro di ciò che, a nostro modo di vedere, costituisce il primo punto dei temi principali (non unico) della sua Relatio: lo studio non come attività individuale, nel senso di isolata, ma piuttosto comunitaria. Le sue parole a questo riguardo sono chiare: "Importanza del nostro dedicarci allo "studio" come attività personale e comunitaria". E a questo proposito, anch'egli cita Sant'Alberto Magno: "In dulcedine societatis quaerere veritatem". Evidentemente, questo non è tutto. Il Maestro ricorda le parole di Alfonso X Re di Castilla (1221- 1284): "Studio è uno stare insieme - vuol dire: in comunione - di Maestri e Discepoli in un determinato luogo con la volontà di imparare e sapere" (conoscere)76.

Il fondamento e "l'unità del nostro studio" - ricorda il Maestro - dev'essere cercato nella "Sacra Scrittura", "letta", "lodata", "studiata" e "annunciata nella predicazione". Il Maestro della nostra formazione intellettuale "continua a essere San Tommaso d'Aquino e - afferma con fermezza il Maestro - non è come la moda che viene e va". Detto questo, la Relatio ricorda che il Capitolo di Bogotà aveva ordinato la realizzazione di un "Congresso di Reggenti di studi" e ugualmente parlato di "una pianificazione strategica" la cui finalità sarebbe tra l'altro quella di "pensare, definire, rendere concreta una politica in materia di studi e che sia in grado di integrare le varie necessità dell'Ordine, mediante le Provincie e i Consigli sotto l'immediata giurisdizione del Maestro dell'Ordine"77. Dalle figure di San Tommaso e di Sant'Alberto Magno procede anche l'esempio di "un itinerario" che non si oppone allo studio; come afferma il Beato Giordano di Sassonia (1190- 1237, primo successore di S. Domenico come Maestro Generale dell'Ordine): "La regola dei frati predicatori è questa: vivere, discere et docere". Da tutto ciò segue la "necessità da parte dei fratelli di una maggiore disponibilità nel momento di compiere gli studi complementari". Anche su questo il Capitolo del 2007 aveva parlato quando ricordava la "necessità di una strategia" a livello di tutto l'Ordine. Questa responsabilità, insiste ancora il Maestro - e noi consideriamo che questo sia un altro punto importate della sua Relatio - "appartiene (anche) a ogni Provincia"78.

Un domenicano anche quando è più incline a una disciplina piuttosto che a un'altra dovrebbe restare "sempre disponibile ad altre possibilità". Questo eviterebbe ciò che il Maestro definisce "crisi" quando qualcuno deve dedicarsi a delle discipline non "scelte" previamente. Davanti alle necessità dei nostri tempi e rileggendo le "priorità che l'Ordine ha assunto nel 1977", il Maestro osserva l'urgenza di avere frati che si dedichino "alla filosofia, alla Sacra Scrittura e alla teologia". Le Provincie dovrebbero comprendere che sono ugualmente responsabili anche quando si tratta di "Centri di Studi sotto l'immediata giurisdizione del Maestro dell'Ordine" e rendersi disponibili alla richiesta di "professori per questi centri" di studio. Ecco la conclusione del Maestro: "Considero che sia imprescindibile, oggi, trovare una forma di collaborazione che permetta ai frati di insegnare sia nei Centri delle loro Provincie, sia in quelli sotto l'immediata giurisdizione del Maestro dell'Ordine". Anzi, "tra i diversi Centri delle Provincie"79. Occorre considerare che in molti posti ci siano le vocazioni ma mancano i mezzi economici per portare avanti un centro di studi proprio; per cui, visto le difficoltà - anche economiche - di fondare centri di studi propri, il Maestro domanda a tutto l'Ordine: "Come organizzare una politica che permetta lo scambio di professori e di mezzi economici in modo da rendere possibile, anche in futuro, la missione dell'Ordine?"80.

14. Conclusioni parziali. La conclusione dev'essere necessariamente parziale perché molti elementi e i molti studi sulla questione del luogo e del senso teologico nell'Ordine domenicano non possono in questo testo essere considerati. Questo significa che il nostro lavoro potrà, in futuro, essere arricchito con nuovi dati. Inoltre, sembra chiaro da quanto abbiamo visto che esiste nell'Ordine domenicano un "ministero" relazionato con lo studio. Ciò non può essere indicata come una novità del tutto domenicana o di San Domenico, dal momento che anche nel XIII sec. altre istituzioni ecclesiali si dedicavano allo studio. La novità si trova nel fatto che lo studio in questione è inteso come "strumento", e non come "fine", per il raggiungimento di un altro obiettivo, cioè, la "predicazione" e la salvezza delle "anime". Una predicazione che ha voluto essere fin dall'inizio "dottrinale", cioè, kerigmatica e rivolta ai misteri centrali della fede cristiana e cattolica e destinata a vincere una situazione di errore in materia di fede (le eresie) e, conseguentemente, la diffusa ignoranza religiosa che alimenta lo stesso errore. L'ispirazione di San Domenico nasce dal contatto con delle situazioni che richiamavano una ferma decisione su ciò che implica la formazione del popolo di Dio: di tutti i suoi membri, chierici e laici. L'Ordine nasce come un Ordine di predicatori e non mira alla formazione d'intellettuali, ed affianca, in questo, i vescovi che per "primi" hanno la missione di annunciare la Buona Novella al gregge affidato alle loro cure pastorali. Questo è un dato importante per quanto riguarda la comprensione dello studio e delle origini stesse dell'Ordine domenicano: lo studio che rende solida la predicazione, così come gli altri aspetti della vita regolare domenicana come i voti, la vita comune, il silenzio e l'orazione corale, oltre ad essere indirizzati a un unico scopo, non sono mai in contrapposizione alla Chiesa. L'intuizione di San Domenico contempla le necessità del suo tempo e ottiene un'approvazione pontificia che la rende, in qualche misura, universale così com'è universale la Chiesa e la sua missione. In termini cateriniani, egli ha "assunto in medio ecclesiae la missione del Verbo". Da questo punto di vista, sentiamo forte il richiamo dei Capitoli Generali a uno studio non soltanto personale ma, anzi, che sia una forza comunitaria. Così com'è tutta la comunità dei fratelli che si dedica all'annunzio del Vangelo, allo stesso modo è tutta la comunità che si prepara per tale missione. Il "mistero della parola" implica ed esige "il ministero dello studio". Lo studio è opera e azione comunitaria, mai isolata. Oltre ad essere un momento imprescindibile della vita domenicana, non si trova tuttavia svincolato del suo sforzo nell'imitare la prima comunità cristiana (apostolica, ci troviamo davanti ad un Ordine canonicale), nella preghiera: è ricerca del volto di Dio nella vita ecclesiale, nell'uomo con le sue gioie e angosce, nel creato e in tutto ciò che esiste. È, quindi, preghiera e ascesi allo stesso tempo, parte integrante della spiritualità domenicana. La ricerca di una maggiore fedeltà a Dio e alla Chiesa suppone ed esige necessariamente lo studio.

Un altro richiamo da parte degli ultimi Capitoli Generali riguarda il fatto che l'Ordine ha dato origine in questi otto secoli di esistenza, a un modo d'essere che, per quanto riguarda lo studio, può benissimo essere considerato come tradizione. La tradizione dell'Ordine richiama allo studio e non può essere persa. Perderla significherebbe perdere parte dell'identità stessa dell'Ordine. Sono indicati alcuni elementi caratteristici di questa tradizione: una forte tensione nella ricerca della "verità", una fiducia nella capacità umana che può cercare e trovare la verità, un essere dedicati alla parola di Dio senza che le altre discipline teologiche o giuridiche siano messe da parte, uno studio interdisciplinare oltre che comunitario, una concezione morale fondata meno sulla legge e più sulla virtù, una visione profondamente realistica e allo stesso tempo, positiva in ciò che riguarda la vita e l'essere degli uomini, la capacità di affrontare con nuovi metodi le nuove questioni e, ancora, il saper fare tesoro dell'eridità del passato e svilupparla senza rotture ed in linea di continuità. Ciò implica, necessariamente, non una semplice ripetizione di ciò che è già stato detto e insegnato, ma una sua attualizzazione alla luce della fede e delle sfide provenienti dal mondo contemporaneo.

Non mancano alcune osservazioni sul fatto che le nuove generazioni, da una parte, cercano questa eredità e, dall'altra, sentono delle difficoltà quando si tratta di trovarla. Vi è stato un momento di rottura dove gli elementi della tradizione per ciò che riguarda lo studio sono stati lasciati nell'ombra e non sono stati abbastanza messi in rilievo. Questo perché lo studio può aver perso l'aspetto comunitario che aveva agli inizi, dato profondamente positivo, sia per chi si dedicava all'insegnamento, sia per chi si trovava direttamente coinvolto nel ministero della predicazione. In altre parole, la comunicazione tra queste due realtà: cattedra e contatto immediato con le persone nella predicazione diretta, si arricchiscono a vicenda. Erano e sono dei vasi comunicanti: a quelli che predicano il ricercatore offre delle risposte teologiche solide; ma le risposte teologiche non sarebbero possibili senza gli interrogativi suscitati dall'opera di evangelizzazione. In questo senso, troviamo nei Capitoli Generali e nelle parole stesse dei Maestri, un continuo richiamo all'esperienza dei teologi di Salamanca e i primi missionari in America.

La tradizione soffre sotto l'aspetto della continuità anche per un altro motivo che, forse, non è stato sufficientemente fatto notare dai Capitoli e dalle parole dei Maestri: manca il contatto con le fonti in molti casi. L'esempio più espressivo nell'ambito degli studi che l'Ordine possiede è la vita e l'Opera di San Tommaso d'Aquino. È stato detto che portare avanti la sua esperienza o questa tradizione non significa ripetere in continuazione ciò che è stato detto e insegnato, ma deve condurre a un approfondimento sempre aperto alle nuove questioni poste dal mondo pluralistico, relativista e anche violento e fondamentalista di oggi. Il problema però nasce dal fatto che la conoscenza, per esempio di Tommaso non sempre avviene con la lettura dei suoi testi e accompagnato da chi ha studiato le sue opere. Sono delle conoscenze che partono meno dalle fonti che dai suoi commentari. Ebbene, anche la questione non è stata posta in questi termini, non si trova mai una parola su come rendere accessibile alle nuove generazioni queste fonti. A questo aggiungiamo la mancata conoscenza diretta delle stesse fonti dell'Ordine domenicano, dove lo studio è inculcato e l'opera e la vita virtuosa (come testimoniano le leggende) di San Domenico è descritta. Senza questo contatto, diciamo fisico, con le opere della tradizione dello studio e del ministero intellettuale dell'Ordine, difficilmente il rinnovamento nella continuità potrà avvenire.

Un altro richiamo che può sorprendere è quello fatto dai Maestri sulle contrapposizioni esistenti dentro l'Ordine. Così come l'orizzonte della comunione ecclesiale non può sfuggire allo studio domenicano, l'unità dell'Ordine nemmeno può essere messa da parte. La ricerca dell'unità della Chiesa e di quella dell'Ordine sono parti integranti della stessa vocazione domenicana. L'Ordine, giova ricordare, è nato in una situazione di profonde divisioni all'interno della Chiesa. Con la predicazione, non solo la Chiesa, ma personalmente lo stesso San Domenico - che incarna il pensiero e le angosce della comunità ecclesiale -, intendeva porre rimedio a questa situazione di lacerazione. Le contrapposizioni non sono dovute, necessariamente, alla legittima diversità d'impostazione in ambito teologico ma, soprattutto, questo è l'elemento negativo, delle ideologie che emergono in questo ambito. Di quali ideologie si tratta non è specificato. È certo però che mettono non solo a dura prova l'unità dell'Ordine, ma della stessa Chiesa.

Un'ulteriore osservazione riguarda la necessità di una maggiore comunicazione e collaborazione dentro l'Ordine ed, inoltre, di una pianificazione, che renda plausibile, un progetto per la vita intellettuale o per il ministero intellettuale dell'Ordine. Questa esigenza e questo richiamo è presente in tutti i Capitoli, e nelle Relationes dei Maestri dell'Ordine non manca mai. L'unità dell'Ordine si realizza anche attraverso una politica di studio cha possa abbracciare e coinvolgere tutti i membri dell'Ordine. Non basta la comunicazione di queste mancanze e nemmeno la semplice presa di coscienza della sua esistenza. È necessario andare oltre e raggiungere quel senso di responsabilità che permetta alle Provincie e alle istanze superiori dell'Ordine di impegnarsi in uno stesso progetto: anche le Provincie sono responsabili e devono avere a cuore le istituzioni sotto l'immediata giurisdizione del Maestro dell'Ordine. Ciò avviene, per usare un'espressione del Maestro Aspiroz Costa quando, da una parte, si ha una maggiore mobilità o disponibilità all'itineranza che facilitino" la presenza - anche se per tempo limitato - dei diversi membri dell'Ordine nelle sue varie istituzioni; dall'altra, nella condivisione dei beni materiali. A volte ci sono delle situazioni dove abbondano le vocazioni, ma mancano i mezzi economici per attuare una politica di studio o rendere efficaci il ministero intellettuale dell'Ordine. Insomma, condivisione di personale e di mezzi economici.

Infine un'ultima osservazione. I Capitoli parlano con frequenza delle diverse istituzioni di studio dell'Ordine come "centri di eccellenza" con un forte richiamo alle nuove sfide che ci vengano delle varie realtà dove l'Ordine si trova inserito. Purtroppo non è stato possibile prendere in considerazione nomi e descrivere le situazioni di queste istituzioni - e non sarebbe nemmeno importante farlo -; ci è sembrato che fosse ritenuto più urgente e necessario rendere evidente ciò che è comune; cioè, ciò che dovrebbe essere una preoccupazione condivisa e che riguarda tutti direttamente. Comunque, bisogna riconoscere che sia i Capitoli Generali che i Maestri dell'Ordine, di là delle difficoltà, si dichiarano sempre grati per lo sforzo che molti, compresi coloro che vivono situazioni precarie, fanno per portare avanti la tradizione del ministero intellettuale dell'Ordine. Quanto alle istituzioni che vogliono essere o diventare Centri di eccellenza, questo dipende sempre da una serie di fattori come, ad esempio, la conoscenza delle lingue, o la presenza di specializzazioni. Anche se l'indirizzo è di compiere i primi studi nei luoghi di origine, si parla di un invio ai grandi centri di studio dell'Ordine, della individuazione e preparazione tra i candidati dell'Ordine domenicano di coloro che potranno dedicarsi all'insegnamento, di un rinnovamento della ratio studiorum dell'Ordine, di incontri tra Reggenti degli studi con il Socio del Maestro per la vita intellettuale, del necessario supporto economico, senza dimenticare quanto oggi può essere utile per una maggiore collaborazione tra tutti i membri della famiglia domenicana, suore comprese. Così come abbiamo iniziato questa nostra breve ricerca con una citazione di Umberto di Romans, vogliamo ora concludere prendendo in considerazione ciò che il Beato Giordano di Sassonia ci permette di sapere su San Domenico e di come, personalmente, si sia dedicato al ministero intellettuale in vista della predicazione e della salvezza delle anime. Questo testo può aiutarci a comprendere meglio il modello di predicazione che aveva in mente San Domenico e, conseguentemente, il modello di studio che si può aspettare dall'Ordine domenicano. Nel suo Libello sulle origini dell'Ordine Domenicano (Libellus de initio Ordinis Fratum Praedicatorum, n. 7) egli afferma:

"E così, in questi studi sacri passò quattro anni, durante i quali con tanta assiduità e avidità beveva ai rivoli della Sacra Scrittura, che per la sete di imparare, passava le notti quasi insonni e quella verità che apprendeva con le orecchie, si sforzava conpdf la sua tenace memoria di renderla profondamente impressa nella mente. E le cose che imparava con tanta facilità data la sua intelligenza, le irrigava con i sentimenti della sua pietà, facendone germinare opere di bene... Inoltre, il Dio delle scienze, vedendo con quale fervido affetto egli accettava i suoi comandamenti e con quale devozione e buona volontà accoglieva la voce dello Sposo, gli concesse il dono di essere in grado non solo di bere il latte, ma di penetrare coll'intelligenza di un cuore umile l'arcano delle più difficili questioni e di digerire con sufficiente facilità le difficoltà di un più solido cibo"81.

 

1 Atti del Capitolo Generale dei Priori Provinciali dell'Ordine dei Frati Predicatori, celebrato a Bologna nel Convento Patriarcale di San Domenico dal 13 luglio al 4 agosto 1999. Sotto la presidenza del Maestro Generale del Medesimo Ordine Fr. Timothy Radcliffe, Curia Generalizia, Roma, 1999.

2 Idem. n. 62

3 Idem. n. 66

4 Idem. n. 64-67

5 Idem. n. 68-70

6 Idem. Anche Il n. 71

7 Idem. n. 72

8 Idem. n. 83. In tutto, la Commissione per la Missione Intellettuale dell'Ordine, ha riservato un totale di 22 paragrafi alle questioni riguardanti lo studio. Dato le molte cose trattate, ci siamo limitati a quelle che, dal nostro punto di vista, sembravano più importanti presentandole sinteticamente. I paragrafi vanno dal n. 62 al n. 83.

9 Atti del Capitolo Generale elettivo dell'Ordine dei Frati Predicatori celebrato a Providence (R.I., USA) nel convento San Tommaso d'Aquino dal 10 luglio all'8 agosto 2001, sotto la presidenza di Fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa, Maestro Generale dell'Ordine, Santa Sabina, Curia Generalizia, Roma, 2001.

10 Idem. n. 104-105

11 Idem. n. 106

12 Idem. n. 107

13 Idem. n. 108

14 Idem. n. 109

15 Idem. n. 111

16 Idem. n. 113

17 Idem. n. 114

18 Idem. n. 115

19 Idem. n. 116-117

20 Idem. n. 118-119

21 Idem. 121-122

22 Idem. 123

23 Idem. n. 124

24 Idem. n. 126-134

25 Idem. n. 135

26 Acta Capitoli Generalis Difinitorum Ordinis Praedicatorum, Cracoviae in Conventu SS.mae Trinitatis a die 28 iulii ad diem 17 augusti MMIV, Sub Fr. Carlo Alphonso Azpiroz Costa, Romae, Ex Curia Generalitia ad S. Sabinam.

27 Idem. n. 160

28 Idem. n. 128-129

29 Idem. n. 130

30 Idem. n. 131

31 Idem.

32 Acta Capitoli Generalis Priorum Provincialium Ordinis Praedicatorum, Bogotae celebrati, in Conventu Sanctti Dominici, a die 18 mensis iulii ad diem 8 mensis augusti MMVII, Sub fratem Carolo Alphonso Azpiroz Costa, Romae, Ex Curia Generalitia ad S. Sabinam MMVII.

33 Idem. n. 101

34 Idem. n. 107

35 Idem. n. 114

36 Idem. n. 121

37 Idem. n. 116

38 Idem. n. 118

39 Idem. n. 103

40 Idem. n. 104

41 Idem. n. 105

42 Idem. n. 106-107

43 In: http://www.op.org/

44 Idem. n. 83

45 Idem. n. 84

46 Idem. n. 53

47 Idem. n. 98

48 Idem. n. 102

49 Idem. n. 106

50 Idem. n. 109

51 Idem. n. 108

52 Idem. n. 118

53 Atti del Capitolo Generale dei Priori Provinciali dell'Ordine dei Frati Predicatori celebrato a Bologna..., Vita intellettuale, cit. n. 3

54 Idem. n. 3 e 1

55 Idem. n. 2

56 Atti del Capitolo Generale Elettivo dell'Ordine dei Frati Predicatori celebrato a Providence..., La missione intellettuale dell'Ordine,. cit. n. 2.3

57 Idem. n. 2.3.1

58 Idem.

59 Idem. n. 2.3.2

60 Idem.

61 Idem. n. 2.1.1

62 Acta Capituli Generalis Diffinitorum Ordinis Praedicatroum Cracviae... Vida intelectual y predicació,. cit. III

63 Idem. n. 17

64 Idem. n. 18

65 Idem. n. 20

66 Idem. n. 21

67 Idem. n. 23-28

68 Idem. 29

69 Idem. n. 30

70 Idem. n. 31

71 Idem. n. 70-72

72 Idem. n. 73-74. 79

73 Idem. n. 76-80

74 Idem. n. 85

75 In: http://www.op.org/

76 Idem. n. 52

77 Idem. n. 54-55

78 Idem. n. 56-57

79 Idem. n. 58-62

80 Idem. n. 66

81 In: P. Pietro Lippini, O.P., San Domenico visto dai suoi contemporanei. I più antichi documenti relativi al Santo e alle origini dell'Ordine Domenicano, ESD, Bologna, 1998, pp. 75-76

 

 

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