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Rivista di etica e scienze sociali / Journal of Ethics & Social Sciences

pdfNel messaggio che Benedetto XVI ha inviato [in ottobre 2010] ai partecipanti alla 46° Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, è evidenziato il bisogno «di una nuova generazione di cattolici impegnati in politica». Non è per nostalgia che la Chiesa oggi sente la necessità di chiamare all'impegno per il bene comune i suoi fedeli, ma perché si scopre priva di quelle figure che nel recente passato hanno saputo con intelligenza e passione mediare tra vangelo, valori cristiani e azione politica. Una privazione che provoca a riandare con la memoria agli anni Trenta e Quaranta del Novecento quando il cattolicesimo francese espresse figure altamente significative per la vita della Chiesa e del mondo quali furono teologi come Y. Congar, M.-D. Chenu, J. Daniélou, o filosofi del calibro di G. Marcel, E. Mounier e J. Maritain. Quest'ultimo, riuscendo a rivisitare in un percorso del tutto originale il pensiero di san Tommaso d'Aquino, fece dell'idea di persona e dell'impegno per la democrazia uno dei suoi cavalli di battaglia. Seppe con ciò indicare un'idea di azione politica propria per il credente che trovò la sua sintesi in quel documento fortemente programmatico che fu Umanesimo integrale. Uno scritto che si incastonava in una serie di altri scritti che visti nell'insieme offrono al lettore della sua opera una vera e propria traccia di percorso umano e cristiano, quindi politico e spirituale, tuttora valida per il nostro futuro. Alla sua morte, avvenuta il 20 aprile 1973, Jacques Maritain lasciò, oltre a questa "valle di lacrime", una eredità di pagine che, spaziando dalla filosofia all'arte, dalla teologia all'etica sociale, dalla mistica alle riflessioni sulle più recenti teorie biologiche, costituivano nell'insieme un patrimonio di pensiero ineguagliabile. Il mondo della cultura e ogni uomo o donna che credeva nell'impegno politico e sociale del cristiano si rese conto di aver perso un maestro.
Il Concilio Vaticano II, a cui anche Maritain aveva in certa maniera contribuito con i suoi scritti, mise in moto nel sentire del cattolicesimo una profonda ansia di rinnovamento che venne in certo qual modo ad aggiungersi a quella che di là a poco avrebbe infiammato le Università di mezzo mondo col movimento del Sessantotto. Gli anni che seguirono furono anni di fervore innovativo dove, almeno nell'orbe cattolico, si volle ripensare l'azione politica del credente. In questo contesto, che qualcuno ha chiamato di "crisi del cattolicesimo", e che in effetti si caratterizzò come un tempo di incertezze accompagnate da forti polemiche, si volle ripensare il rapporto tra fede e politica, e si volle farlo anche partendo da una rilettura delle pagine lasciate in eredità da J. Maritain. Per l'Italia un'importante iniziativa che spingeva in questa direzione partà da Ancona, ovvero dalla città dove nel 1964 era nato il Circolo Culturale Jacques Maritain e che, l'anno stesso della morte del filosofo francese, si impegnò a organizzare un convegno internazionale che rileggesse il contributo da lui apportato al pensiero politico contemporaneo. Nelle fasi di preparazione del Convegno, Roberto Papini, allora giovane docente di Scienza politica all'Università di Trieste, fu come colpito dall'intuizione che fosse necessario andare oltre il Convegno stesso per dare vita ad una fondazione permanente, che fosse capace di tenere vivo lo studio sul rapporto tra ragione e mistica, poi ampliato a quello tra "persona" e "democrazia", cosà cari a Maritain. Vennero in tal modo a porsi quelle premesse che nel 1974 avrebbero portato alla costituzione dell'Istituto Internazionale Jacques Maritain, della cui storia parla, allo scadere dei suoi trentaquattro anni di attività , lo storico francese Jean-Dominique Durand nel suo documentatissimo: Un laboratorio per la democrazia. L'Istituto Internazionale Jacques Maritain 1974-2008, pubblicato nel 2009 dalla casa editrice bolognese Il Mulino.
Il libro è articolato in cinque densi capitoli che ripercorrono la storia dell'Istituto presentandone al contempo l'attualità . Vi si uniscono a mo' di corona un'appendice composta da nove sezioni che, oltre all'elenco dei Presidenti e dei Vice-Presidenti, dei membri del Consiglio di Amministrazione e di quello Scientifico, aggiunge il lungo elenco di dossier, convegni, seminari, corsi e cicli di lettura di cui l'Istituto Internazionale è stato protagonista nei tre decenni e mezzo della sua vita. Professore di Storia contemporanea all'Università di Lyon (Francia), consultore del Pontificio Consiglio della Cultura, già consigliere culturale dell'Ambasciata di Francia presso la Santa Sede e ex-direttore del Centre culturel Saint-Louis de France, Jean-Dominique Durand propone un libro che all'agilità della scrittura unisce la capacità di tratteggiare in un quadro più che esaustivo la storia dell'istituzione di cui è stato vice-presidente dal 2006 al 2009. L'Istituto Internazionale Jacques Maritain, che ebbe nel ricordato Roberto Papini il suo motore, non avrebbe mai potuto prendere vita «senza l'appoggio e la partecipazione della signora Grunelius» (p. 35), la cui volontà di aderire all'iniziativa di fondazione dell'Istituto fu determinante. Antoinette Grunelius, convertita al cattolicesimo assieme al marito da J. Maritain, conservava nella sua casa-castello di Kolbsheim, in Alsazia, la biblioteca, l'archivio e i manoscritti del Circolo Tomista che Maritain aveva fondato nel 1961. Durand ricorda che la signora alsaziana alla proposta fondativa di Papini non fece riserve dirette, ma, «ricettiva e prudente», rinviò Papini al domenicano George Cottier, futuro Maestro di Sacro Palazzo di Giovanni Paolo II, e che allora risiedeva nel convento di Ginevra. Il padre Cottier, il cui nome è leggibile nella lista dei soci fondatori dell'Istituto (p. 203), si mostrò al fine molto interessato al progetto e dette il suo autorevole avvallo.
L'atto fondativo dell'Istituto Internazionale Jacques Maritain venne siglato a Gallarate presso l'Istituto di Filosofia dei Gesuiti, ma quello che esso sarebbe diventato lo si poteva intuire anche solo tenendo conto delle competenze dei membri del primo Consiglio scientifico: enumerava «sei filosofi, tre giuristi, due storici, due teologi, due studiosi di letteratura, un sociologo, un economista e uno specialista di pedagogia» (p. 39). Tutti loro, oltre che rappresentanti di una congerie cosà diversa di discipline, lo erano anche di un altrettanto variegato numero di nazionalità . Se dominavano gli italiani, erano presenti anche francesi, svizzeri, spagnoli, venezuelani, cileni e addirittura un americano (pp. 203-205). L'Istituto fin dall'inizio si caratterizzò dunque per una vocazione internazionale e interdisciplinare e tale, conferma Durand, è restato il suo intento nel corso del tempo. Non è ovviamente possibile enumerare nello spazio di una semplice recensione le mille sfumature che l'Autore, con il tocco di chi ha vissuto dall'interno buona parte della storia dell'Istituto, riesce con finezza a presentare. Tuttavia è importante evidenziare che fin dai suoi primi atti si attivò all'interno dell'Istituto un serrato confronto tra le diverse linee di indirizzo che venivano a prendere corpo, tutte tese a comprendere il giusto utilizzo del pensiero di Maritain, nel chiaro tentativo di rendere l'istituzione appena fondata capace di fare ciò che Maritain aveva fatto col pensiero di Tommaso d'Aquino, ossia garantire una fedeltà al pensiero ispiratore senza privarsi di una propria libertà di giudizio e di intervento (p. 36). Tensioni che in certo modo richiamavano quelle che contrapposero l'idea tutta italiana di dar vita all'Istituto Internazionale Jacques Maritain ai membri del già esistente Jacques Maritain Center, allocato presso l'Università Notre Dame, nell'Indiana (USA). Il centro americano infatti aveva ricevuto l'approvazione dello stesso Maritain, che pensava di far loro raccogliere e pubblicare la sua Opera Omnia. Le cose però cambiarono alla morte di Raïssa Maritain, avvenuta il 4 novembre 1960, per il semplice fatto che la sua sepoltura avvenne a Kolbsheim, presso la tenuta dei coniugi Grunelius, cosa che non privò Maritain dal continuare a prestare una leale collaborazione con il Centro di Notre Dame. Durand è bravo a raccontare con brevità di sintesi e acutezza di prospettiva, le diatribe che ben presto si aprirono tra le istituzioni che vennero a contendersi l'eredità del maestro. Da una parte stava la residenza di Kolbshein in Alsazia, il luogo dove riposano i corpi dei due Maritain, e dove i coniugi Grunelius conservano presso di sé gli scritti e la biblioteca del filosofo. Vi era poi Tolosa, dove Jacques Maritain si era a suo tempo ritirato presso la comunità dei Piccoli Fratelli, quindi il Jacques Maritain Center of Notre Dame, e in ultimo il gruppo italiano di Ancona guidato da Roberto Papini, il tutto a costituire quasi una premessa di quello che accadrà all'eredità culturale del filosofo dopo la sua morte.
Alla descrizione di questa prima fase dell'Istituto, che potremmo chiamare fase fondativa, è di fatto dedicato il primo capitolo del libro, che è anche una buona base prospettica utile a cogliere criticamente quanto detto nei capitoli successivi, considerato che già in esso l'Autore riesce a far capire, pur tra le righe, come il pensiero di Maritain fosse un pensiero davvero fruttuoso e ricco di potenzialità , senza di che infatti non si spiegherebbe questa rincorsa a volerne essere a tutti i costi i custodi e i continuatori. L'atto costitutivo dell'Istituto Internazionale Jacques Maritain riconosce in effetti al filosofo francese il compito del faro; era al suo pensiero - recita l'art. 2 - che l'Istituto doveva rivolgere la sua opera per facilitarne lo studio e la diffusione, col promuovere ricerche sull'uomo, sulla cultura e la società , il tutto, appunto, «alla luce del pensiero e delle opere di Jacques Maritain». Altro compito per niente trascurabile che il nascente Istituto si assegnava era quello di costituire un centro di documentazione sull'opera del Maestro, e non ultimo di promuovere la collaborazione con altre istituzioni animate dagli stessi fini. Mantenere vivo lo spirito di Maritain e evitare di restare sclerotizzati in una lettura retrò del suo pensiero, ecco quanto volle tentare di fare fin da subito l'Istituto Internazionale Jacques Maritain. Per riuscirci esso scelse una linea chiaramente di frontiera non volendo essere «né un'associazione di amici del filosofo, destinata a perpetuarne il pensiero, né un gruppo di riflessione politica al servizio di un partito, né un'organizzazione confessionale, pur inserendosi in una dinamica vicina al cattolicesimo, né un movimento» (p. 191). Era piuttosto un centro di ricerca sganciato da una qualsiasi istituzione universitaria, un laboratorio di idee, un pensatoio che volendo tenere alto il valore dell'idea di persona, si opponeva alle deriva a cui la cultura contemporanea tendeva a destinare la dignità dell'essere umano. In sostanza - per usare le parole dello stesso professor Durand - «la vocazione dell'Istituto Internazionale Jacques Maritain è quella di essere un centro di dibattiti, di scambio d'idee, di formazione e di ricerca» (p. 115).
Buona parte del libro, corredato per altro da una puntuale e chiarificatrice quantità di note bibliografiche le quali già da sole costituiscono un patrimonio prezioso per chi volesse approfondire ciò che maturava attorno e in parallelo al procedere dell'Istituto, è dedicato a descrivere come il proposito fondativo fu realizzato dai vari responsabili che si sono venuti ad avvicendarsi nella conduzione dell'Istituto, e il cui corredo totale di attività è minuziosamente appuntato nell'ottavo schema dell'Appendice (pp. 243-322). Scorrerne anche solo i titoli dà immediatamente l'idea dell'ampiezza di interessi che hanno accompagnato l'attività dell'Istituto Internazionale nei suoi anni di vita, ma permette anche di ritrovare i fili rossi che hanno legato tra loro questi 34 anni della sua attività , per altro raccontati con maestria di sintesi da Pietro Adonnino, Presidente dell'Istituto al momento della pubblicazione del volume, nella preziosa Prefazione che introduce al volume (pp. 9-17). I capitoli dal II al V si strutturano come un vasto affresco che, ripercorrendo con attenzione la storia dell'Istituto, non nasconde le tensioni e la differenza di percorsi che portarono al contendersi in successivi contrasti le diverse personalità che animarono nel tempo l'Istituto, espressione anche delle tensioni tra i differenti gruppi nazionali schiacciati a volte dalla supremazia, anche numerica, degli italiani. Se il II capitolo narra il nascere e il consolidarsi dell'intuizione di Roberto Papini (pp. 49-77), il III dipinge un esteso quadro sulla storia della diffusione dell'Istituto per il tramite della costituzione di "circoli" nazionali dediti allo studio e alla diffusione del pensiero di J. Maritain (pp. 79-114), mentre il IV "approfondisce" nel dettaglio il modo in cui l'Istituto ha realizzato e realizza il proprio mandato statutario, soffermandosi in particolare su quel fiore all'occhiello che è Centro di Documentazione (pp. 115-124), oltre che sui percorsi formativi messi via via in atto (pp. 125-127), sui contatti e gli scambi di collaborazione con la FAO e l' UNESCO (pp. 127-136), sulla Biblioteca, ossia sulla pubblicazioni di testi di e su Maritain, offrendo infine una panoramica sulle diverse riviste che fanno capo all'Istituto stesso (pp. 137-151). Chiude il libro il V capitolo che ha il compito di descrive con maggior precisione di dettagli l'adattamento dell'Istituto alle trasformazioni sociali in atto (pp. 153-189), tenendo però a precisare che «nonostante i cambiamenti, la sfida maggiore è rimasta la persona umana» (p. 153), un modo per affermare che l'Istituto si è mantenuto fedele alle sue motivazioni, che poi furono quelle di J. Maritain. Il libro di Durand ci offre insomma con il puntiglio dello storico la narrazione del percorso che dall'intuizione iniziale di Roberto Papini ha condotto alla nascita e al consolidamento di un vivo centro di pensiero maritainiano che, ad oggi, conta la collaborazione, oltre che con i propri centri nazionali, con ben 60 enti dipendenti da 22 stati distribuiti in tutti i continenti (se ne veda l'elenco a p. 128).
Leggere la storia dell'Istituto Internazionale Jacques Maritain come ricostruita da Jean-Dominique Durand è anzitutto leggere il percorso che il pensiero di Maritain ha fatto dopo la sua morte, ma è al tempo stesso anche un valido aiuto a ripercorrere in filigrana le tensioni intellettuali del cattolicesimo di quegli anni. Un cattolicesimo che sempre più ha dovuto confrontarsi con una società che si è gradualmente allontanata da un particolare sentire religioso, etico e politico, per degenerare in forme degradate di democrazia, fino a perdere il riferimento all'idea stessa di persona, due temi su cui, come noto, tanto aveva riflettuto Maritain. Il V capitolo del libro è in tal senso un'ottima chiarificazione offertaci per mettere a fuoco ciò di cui oggi ci dovremmo fare carico all'interno dei diversi saperi. Uno dei pilastri su cui si è retto e si regge l'Istituto è stato, in fedeltà a Maritain, il permettere «il ritorno al personalismo, dal duplice punto di vista dell'elaborazione teorica e della conoscenza di un pensiero che ha visto impegnati tanti cristiani del XX secolo» (p. 164). In effetti «l'uomo è davvero la preoccupazione centrale» (p. 188) di ogni epoca, e i sapienti del nostro tempo devono necessariamente e senza ritardi prendere a cuore l'urgenza del tema dell'uomo, o per dirla Giancarlo Zizola citato nella stessa pagina, farsi carico dell' "urgenza umana". La lettura del libro fa emergere con evidenza la capacità che l'Istituto ha avuto, anche grazie all'apporto del suo cuore pulsante, ovvero il Centro di Documentazione, di modulare le sue ricerche e i suoi convegni sulle tematiche più contemporanee del panorama culturale europeo e internazionale, muovendo riflessioni nel campo dell'arte, dell'epistemologia, dell'etica, della filosofia politica, della sociologia, dei diritti umani, della povertà e via dicendo, ma avendo, appunto, sempre al centro di ogni intervento o proposta la persona umana. Ciò spiega anche perché il Centro Documentazioni, fin da quando al suo inizio occupava uno spazio demaniale dell'Abbazia di Praglia, fu composto dei tre Dipartimenti di Filosofia, di Scienze Sociali e Politiche e di Studi economici (p. 116). La volontà invece di rimarcare la dimensione internazionale propria dell'Istituto è confermata dalla scelta delle sedi per i diversi Congressi e Convegni, che si sono divisi tra i diversi paesi europei, dell'America del Sud e del Nord, compreso il Canada, fino a spingersi in Asia Minore andando ad Istanbul. La preoccupazione di Durand nel rimarcare il carattere internazionale dell'Istituto di cui racconta la storia è evidente in ogni capitolo, ma egli deve purtroppo ammettere che la dimensione internazionale «mostra alcune debolezze» come ad esempio «la duplice assenza [nel Consiglio dell'Istituto] dell'Africa e dell'Asia» (presenza ridotta a due persone nel Consiglio scientifico [un indiano e un coreano]), come è per altro debole la presenza femminile, assente addirittura dal Consiglio dal 1979 (p. 81) dopo le avvenute dimissioni di Nora Possenti (dimissioni ricordate a p. 56).
La lettura attenta del volume reca in aggiunta a questa notevole mole di contributi una serie di notizie note certo agli studiosi, ma utili per chi voglia iniziare ad avvicinarsi all'opera magistrale di Jacques Maritain. Ne è un esempio il venire a conoscenza della storia travagliata dell'edizione dell'Opera Omnia che, per volontà dello stesso Maritain, non doveva prevedere un'edizione critica facendo fede l'ultima edizione di ciascuna sua opera (pp. 53-55). Una storia editoriale, quella dell'edizione delle opere di Maritain, che prima sottotraccia e poi in modo eclatante porta alla chiarificazione tra le due linee iniziali dell'Istituto, quella della signora Antoinette Grunelius che esigeva una puntigliosa fedeltà all'opera del Maestro e quella di chi, ritenendosi fedele alle grandi intuizioni di Maritain, desiderava l'apertura verso nuovi orizzonti (p. 57). Il testo di Durand non fa mistero nel mostrare come oggi l'Istituto sia in una fase del tutto nuova, sia perché sta scomparendo la generazione di «coloro che, direttamente o indirettamente, hanno conosciuto Maritain e hanno vissuto i grandi cambiamenti del Concilio Vaticano II» (p. 148), sia perché nonostante l'incredibile serie di attività svolte dall'Istituto in varie parti del mondo esso non ne ricava «grande eco sui mezzi di comunicazione» (p. 151), mettendo cosà sul tappeto il dovere di risolvere la comunicazione mediatica e che ha portato l'Istituto ad aprire nel 2000 una propria pagina web (www.maritain.org). La parte narrativa del libro si chiude infine con quattro pagine dedicate al bilancio delle attività dell'Istituto, un bilancio che l'Autore ha scelto di modulare su tre registri (pp. 192-195). Quello sul come far giungere alla posteriorità il pensiero di J. Maritain e di cui l'Istituto non ha niente da rimproverarsi essendo tutto sommato riuscito a mantenere vivo il suo pensiero (p. 192). Quello della dimensione internazionale delle attività dell'Istituto, esso pure riuscito nei suoi fini anche grazie alla sua sede romana, che per altro ha sede nello stesso luogo del Centre d'Etudes Saint Louis de France che fu fortemente voluto da Maritain quando era ambasciatore della Francia presso la Santa Sede (p. 45). Infine si analizza il registro che considera le pubblicazioni via via realizzate nelle diverse lingue dell'Istituto (che lo ricordiamo sono francese, italiano, spagnolo, inglese), e anche in questo caso Durand afferma con sicurezza che «la sfida è stata vinta» (p. 194).
Ricco di note storiche utilissime, ben capace di mostrare al lettore le difficoltà incontrate per tenere in piedi un Istituto che poteva rischiare, come testimonia l' attacco a mezzo stampa del medievalista Franco Cardini, di essere uno strumento di propaganda per il partito cattolico al potere allora in Italia anziché un mezzo di promozione culturale (pp. 65-66), il testo di Durand è determinato nel ricordare come al centro del lavoro dell'Istituto debba rimanere il valore della persona e la ricerca per una sempre migliore vita democratica. Pur cosà pulsante del racconto dei successi riportati dall'istituzione che ha contribuito a mantenere, il Durand non è però, a mio giudizio, sufficientemente attento a spiegare i motivi delle diverse criticità che ne hanno travagliato la storia. Perché gli attacchi al pensiero di Maritain in Argentina (p. 82)? Perché non spiegare ad esempio con maggior dettaglio l'influenza, non certo trascurabile, della signora Antoinette Grunelius nella fondazione dell'Istituto? Perché non è data motivazione della scarsa presenza dell'Istituto in Africa, che di fatto è presente solo in Senegal e Uganda (p. 92)? Per quale motivo la sua assenza pressoché totale nel continente Oceanico, visto che «la Australian Maritain Association [...] non è mai stata attiva» (p. 108)? Perché quella "rete di fraternità intellettuali" che doveva collegare il centro dell'Istituto Internazionale Jacques Maritain alle sue periferie nazionali, non ha davvero funzionato? Ecco quindi che mentre il testo di Durand offre allo studioso una buona storia documentaria, esso mette ben poca attenzione critica a questa storia, col rischio di celebrare, e giustamente, l'Istituto senza però aiutare a capire come migliorarne la presenza nel panorama intellettuale attuale, come renderlo più efficace in un contesto sociale e politico cosà chiaramente privo di un'etica, di una metafisica, dove la democrazia corre non pochi pericoli e la persona è degradata a oggetto. Nonostante queste note critiche vorrei tuttavia chiudere con un sincero ringraziamento all'autore per averci offerto un documento preziosissimo, e proprio perché ritengo importante e attualità il messaggio che è stato da lui lanciato, vorrei anche pregarlo di completare questa storia con un volume aggiuntivo, il quale, dibattendo gli aspetti critici della vita dell'Istituto Internazionale Jacques Maritain, ci aiuti ancora meglio a capire come il pensiero di Maritain possa tornare a parlare in una società malata di senso dello Stato, dove si sta avanzando verso un liberalismo sempre più feroce, in cui sono i deboli a soccombere, dove l'etica biologica è soggiogata dalla pura tecnica. Sarebbe interessante perché oggi più di sempre, come ricorda nella Prefazione Pietro Adinnino, è «urgente interrogarsi sul modello di sviluppo liberista che ci ha guidati in questi anni ed anche sulla difficoltà crescente di governare le nostre società multiculturali» (p. 17). Viviamo in un deficit etico e culturale di grave livello, e allora la speranzapdf non può che essere quella che un Centro di elaborazione incentrato sulla persona come quello dell'Istituto Internazionale Jacques Maritain ci aiuti sempre meglio e con sempre maggior efficacia a comprendere come sia possibile, partendo dall'idea di persona costruire un società più equa, più giusta, più cristiana. Come insomma aiutarci a elaborare una società che si fondi sul meta-principio della persona, che poi fu il tema forte delle linee guida dell'Istituto dal 1998 al 2001 (p.153).
Mi si permetta infine un'ultima considerazione, questa volta relativa alla necessità di convincere l'editoria, e penso in specifico a quella cattolica italiana, a ristampare con nuove traduzioni, nuove introduzioni e nuovi apparati critici, alcune fondamentali opere di Maritain, un compito di cui l'Istituto dovrebbe farsi urgente carico avendo a suo vantaggio tutta la forza del suo prestigio.

 

 

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