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Rivista di etica e scienze sociali / Journal of Ethics & Social Sciences

 

 

M.K. Gandhi (1880-1948), SARVODAYA. Un’economia a servizio degli ultimi (1908)

 

Abbiamo visto nei tre capitoli precedenti che i principi economici generalmente accettati non sono validi. Se si agisce secondo questi principi, essi renderanno gli individui e le nazioni infelici. Il povero diventerà più povero e il ricco più ricco; nessuno dei due sarà più felice per questo.
Gli economisti non prendono in considerazione la condotta degli uomini, ma stimano la prosperità dall’ammontare della ricchezza accumulata e così concludono che la felicità delle nazioni dipende soltanto dalla loro ricchezza. Così appoggiano la crescente accumulazione di ricchezza attraverso il sempre maggiore lavoro nelle fabbriche. In Inghilterra e altrove le fabbriche si sono moltiplicate a causa della diffusione di queste idee. Molti uomini lasciano le loro fattorie e si concentrano nelle città. Abbandonano l’aria pura e fresca delle campagne e si sentono felici respirando l’aria sporca delle fabbriche. Come risultato, la nazione si indebolisce, ed aumentano l’avarizia e l’immoralità, e se qualcuno suggerisce misure per sradicare il vizio, i cosiddetti saggi sostengono che il vizio non può essere eliminato, che l’ignorante non può essere istruito tutto in una volta e che è meglio lasciare stare. Nell’avanzare quest’argomentazione, dimenticano che sono i ricchi ad essere responsabili per l’immoralità dei poveri. I poveri lavoratori faticano come schiavi per loro, giorno e notte, affinché essi possano essere riforniti dei loro oggetti di lusso. Non hanno un momento per sé, per l’auto-miglioramento. Pensando ai ricchi, anche loro vogliono diventare ricchi. Quando non vi riescono, si arrabbiano e diventano pieni di risentimento. Allora, nella loro rabbia, dimenticano se stessi e, avendo fallito nell’accumulare ricchezza con mezzi onesti, passano dalla disperazione all’inganno. Sia la ricchezza che il lavoro sono allora sprecati, poiché vengono utilizzati per promuovere la frode.

Il lavoro, nel vero senso della parola, è quello che produce articoli utili. Gli articoli utili sono quelli che supportano la vita umana. Supportare la vita umana vuol dire provvedere a cibo, abiti, ecc., in modo da dare la possibilità agli uomini di vivere una vita morale e agire correttamente durante la loro vita. Per questo scopo, le imprese industriali di larga-scala appariranno essere inutili. Cercare di acquisire ricchezza stabilendo grandi fabbriche porterà molto probabilmente al peccato. Molte persone ammassano ricchezze, ma solo poche ne fanno buon uso. Se il fare soldi conduce una nazione verso la sua distruzione, quel denaro è inutile. Al contrario, i capitalisti di oggi sono responsabili di diffuse e ingiuste guerre. La maggior parte delle guerre del nostro tempo sorgono dall’avidità di denaro.

Sentiamo gente dire che è impossibile insegnare ad altri il modo di migliorarsi, e il corso migliore sarebbe vivere così come si può e accumula- re ricchezza. Quelli che sostengono questi modi di vedere mostrano poca considerazione per i principi etici. Poiché la persona che dà valore ai principi etici e non cede all’avarizia ha una mente disciplinata; egli non si allontana dalla retta via ed influenza altri semplicemente con il suo esempio. Se gli individui che costituiscono una nazione non osservano i principi morali, come può la nazione diventare morale? Se ci comportiamo come vogliamo e poi puntiamo il dito su un vicino che sbaglia, come possono essere buone le conseguenze delle nostre azioni?

Vediamo così che il denaro non è altro che un mezzo che può favorire la felicità o la miseria. Nelle mani di un uomo giusto, può essere usato per coltivare la terra e far crescere i raccolti. I coltivatori troverebbero soddisfazione nel lavoro semplice e la nazione sarebbe felice. Nelle mani di uomini malva- gi, esso è usato per la produzione, ad esempio, di armi e porteranno la gente alla totale rovina. Di conseguenza soffrono sia coloro che producono le armi sia coloro che ne sono vittime. Vediamo, quindi, che non c’è altra ricchezza se non la vita. La nazione ricca è quella onesta. Questo non è il tempo per la mollezza. Ognuno deve lavorare secondo la propria abilità. Come abbiamo visto precedentemente negli esempi, se un uomo è inattivo, un altro deve lavorare il doppio. Questo è alle radici dell’inedia prevalente in Inghilterra. Ci sono uomini che fanno poco lavoro utile essi stessi a causa della ricchezza che hanno accumulato nelle loro mani, e così costringono altri a lavorare per loro. Questo tipo di lavoro, essendo improduttivo, non è vantaggioso per i lavoratori. Di conseguenza, il reddito nazionale risente di una diminuzione. Sebbene tutti gli uomini sembrino avere un impiego, troviamo, ad un esame più dettagliato, che un gran numero è disoccupato per forza. In più, sorge l’invidia, il malcontento mette radici e, alla fine, il ricco e il povero, il datore di lavoro e il lavoratore violano i confini della decenza nelle loro relazioni reciproche. Come il gatto e il topo sono sempre in disaccordo l’un con l’altro, così il ricco e il povero, il datore di lavoro e il lavoratore diventano ostili l’uno all’altro, e l’uomo, cessando di essere uomo, è ridotto al livello delle bestie.

 

NOTA:

Il testo è stato preso dall’edizione on-line dei “Quaderni Satyagraha”, n.6, 12/2004, editi dal CENTRO GANDHI - Associazione per la Nonviolenza ONLUS. 

L’originale inglese si trova in The Collected Works of Mahatma Gandhi, “Sarvodaya”, Vol. VIII (January-August 1908), Delhi, Publications Division, 1962, pp. 239-375).

 

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