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Rivista di etica e scienze sociali / Journal of Ethics & Social Sciences

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Gli avvenimenti di inizio d’anno che hanno colpito Charlie Hebdo ci hanno confrontati con i due protagonisti più estremi dello scontro tra religione e Stato in Europa. L’Islam, consapevole della crescita del proprio peso politico, e la Francia consapevole (fino allo spasimo) della propria tradizione di repubblica laica.

Fatto estremamente tragico: da un parte, la pretesa di difendere la religione con la morte dell’infedele aggressivo, e dall’altra il mancante senso del limite nel ridicolizzare le religioni islamica, ebraica e cristiana fino ai limiti della volgarità più offensiva per i credenti.

Ma come è possibile una simile situazione nel cuore stesso dell’Occidente? Come è possibile lo scontro di due (pur diverse) intolleranze nell’epoca della glo-balizzazione e nei territori di più avanzata tolleranza ideologica, quale appare l’Europa ufficiale ?

Forse è il momento di ripensare paca-tamente, comunitariamente e da diversi punti di vista cosa significhi e cosa implichi per l’oggi e per il futuro quel lungo processo culturale che è sfociato nello stato giuridico attuale che chiamiamo laicità dello Stato.

1. Il termine ‘laicità’ esprime una attitudine personale o collettiva di neutralità, di equidistanza che nella realtà in questo campo è quasi impossibile. E’ evidente che di religione non si può parlare come di matematica: è un problema sul quale ogni persona ha una propria posizione - almeno occulta o meglio implicita o forse inconscia - e conseguentemente la metodologia degli studiosi quando ne parlano deve essere molto accurata.
Il tema laicità in Europa implica poi un giudizio sul nostro passato di 2000 anni e ancor di più una presa di posizione per il futuro, per le future generazioni.

Tutto questo rende il campo di ri-flessione estremamente complesso e quindi da percorrere con attenzione sia intellettuale che per i riflessi su altre persone che venissero coinvolte in qualche modo.

2. Vorrei però avanzare l’ipotesi che se abbiamo una responsabilità di fronte alla future generazioni, la abbiamo anche allo stesso titolo verso le passate generazioni. In realtà la memoria del passato influisce potentemente sul nostro modo di pensare e agire di oggi e quindi anche sull’eredità che passiamo a coloro che verranno dopo di noi (anche al di là dei nostri diretti discendenti).

La citazione da Ortodossia di Chesterton mantiene un suo nucleo di verità:
«È ovvio che la tradizione non è altro che la democrazia estesa nel tempo. È dare credito al consenso dell’intera comunità delle voci umane piuttosto che a qualche isolata testimonianza. La tradizione può essere definita come un’estensione del diritto di rappresentanza. Tradizione significa dare il diritto di voto alla più oscura delle classi, quella dei nostri predecessori».

Io aggiungerei che tra l’altro, le generazioni passate non sono meno reali che quelle future (queste non esistono ancora e quelle non esistono più), per quanto si possa ragionevolmente dire che il passato non possiamo più cambiarlo (se non nei racconti) mentre abbiamo una reale possibilità di influenzare il futuro. Ma tra gli impliciti doveri che ci assumiamo ricevendo tutti i beni e benefici dalle generazioni precedenti, credo che appartenga anche il dovere di riflettere su di essi prima di rischiare di buttare il bambino con l’acqua sporca. A questi beni (almeno probabili) appartiene la religione e la sua variegata presenza sociale.

In questo senso i cambiamenti di ‘tolleranza democratica’ degli Stati europei (ad es. certi ‘diritti civili’ come i matrimoni gay) non possono essere sempre presentati auto-maticamente come un progresso necessario. Per parlare di progresso è necessario sapere (anche) da quale valori e situazioni di fatto vogliamo separarci (questo lo si deduce spesso da situazioni di sofferenza) e verso quali valori e situazioni reali vogliamo indirizzarci.

3. Comunque mi sembra essenziale tener presente che lo Stato non è tutta la società civile, e che uno Stato ed una società possono essere a loro volta più stretti di una cultura. Tra i popoli germanici, ad es., esistono diversi Stati di lingua tedesca, ma di cultura e società civile differenziate. Le popolazioni della Germania del Sud spesso scherzosamente etichettano ancora i tedeschi del Nord come ‘i prussiani’ (militaristi, centralisti, protestanti…). Ne segue che le élites sociali e quelle politico-statali potrebbero in parte non coincidere, o almeno le tendenze profonde nei due campi potrebbero non corrispondere.

La secolarizzazione –concetto e fenomeno analogo a laicità - è per gli Stati europei un processo giuridico e patrimoniale iniziato sostanzialmente nel XVII secolo e proseguito fino al XX.Laicità delle Stato invece è la separazione dalla Chiesa, tipica dopo la rivoluzione francese, ma anche negli USA alla loro fondazione. Sottrazioni dei suoi beni economici, restrizione dall’insegnamento sotto controllo ecclesiastico, allontanamento delle maggioranze elitarie (ma progressivamente anche popolari) dalla fede dei padri e della osservanze legate ad essa.

La laicità di una società è molto simile a quella della cultura: di fatto è controllata dalle élites e trasmessa ‘verso il basso’ attraverso la scolarizzazione e i mass media.

4. "Laicità dello Stato " ha significato diverso, sia dottrinale che concreto, nei vari paesi dell'UE. Esempio ne è la versione tedesca della Carta dei diritti fondamentali nell’edizione del 2010.

Dal Preambolo in diverse lingue:
“Consapevole del suo patrimonio spirituale e morale, l'Unione si fonda sui valori indivisibili e universali della dignità umana, della libertà, dell'uguaglianza e della solidarietà...”

Ma in tedesco è restato il testo primitivo espunto nella versione finale su richiesta del governo francese:
“In dem Bewusstsein ihres geistig-religiösen und sittlichen Erbes gründet sich die Union auf die unteilbaren und universellen Werte der Würde des Menschen, der Freiheit, der Gleichheit und der Solidarität…”

E.-W. Böckenförde (Diritto e secolariz-zazione. Dallo Stato moderno all’Europa unita. La nascita dello Stato come processo di secolarizzazione, Laterza, 2007) Dà di “secolarizzazione” una definizione semplice: è il distacco di un ambito o di un’istituzione “dall’osservanza e dal potere clerical-spirituale”. È anche un processo storico antico quanto l’idea di Stato, a partire dalla lotta per le investiture, le guerre di religione, passando per Hobbes. Ma dissolto il legame con Dio, supplente dell’unità statale divenne l’ideale di nazione, che adesso sta mutando (per non dire sgretolandosi) a causa della globalizzazione e della supremazia internazionale dei diritti dell’uomo. Cosa può tenere ora unito lo Stato liberale? La conclusione è che lo Stato secolarizzato si deve rifare a presupposti esterni, non può generare da sé le condizioni per la propria esistenza. In questo consiste il noto “teorema di Böckenförde”, al quale Habermas risponde in “Tra scienza e fede”.

A sua volta Jean Baubérot (Laïcitè 1905-2005, entre passion et raison, Le Seuil, 2004) definisce la laicità contemporanea attraverso tre aspetti: lo Statoè secolarizzato, la libertà di credenza e di culto è garantita e le credenze sono uguali tra di loro. Insiste però che ciascuno insiste piuttosto su l’uno o l’altro di questi tre aspetti: il laicista sulla secolarizzazione, il credente sulla libertà di coscienza ed infine chi aderisce a credenze minoritarie sull’uguaglianza tra tutte le credenze.

Quello che è certo è che in UE esistono attualmente diversi tipi di laicità. Si pensi alle Chiese di Stato di Inghilterra e nei paesi scandinavi, al laicismo francese accanto alla tassa di culto della Germania Federale, o alla situazione ‘sospesa nell’indefinito’ dell’Italia.

5. Sembra però che la religione come istanza di aggregazione sociale, potrebbe essere favorita legittimamente dallo Stato laico. Il problema invece nasce quando la religione interferisce anche indirettamente con le decisioni degli organi statali. Inoltre, la funzione di aggregazione sociale può diventare problematica quando si hanno religioni contrapposte, come si sta realizzando con l’immigrazione mussulmana in UE.

Da qui la necessità di accordi tra autorità religiose e statali. Soprattutto diffi-cile, psicologicamente e sociologicamente, in quanto parte dei cittadini sono parte delle due società.

Si può giungere, sul piano economico, nei riguardi delle comunità religiose ad accordi di favore come per le ONG, ma concordati non imposti per decreto. Perché le religioni sono enti speciali, ideologici e quindi non sono equiparabili a imprese assistenziali o addirittura commerciali. Piuttosto sono paragonabili a partiti politici, sindacati, fondazioni umanitarie come Human Rights Watch e Amnesty International.

6. Nel futuro prossimo cosa si può prevedere a livello di UE generale? Il Trattato di Amsterdam 1997, nella dichiarazione n. 11, dice:
“L’Unione rispetta e non pregiudica lo status di cui le Chiese e le associazioni o comunità religiose godono negli Stati membri in virtù del diritto nazionale" (cf però il sito http://www.olir.it Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose)

Ed il Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea ( 2012) all’ art.17 recita:
“1. L'Unione rispetta e non pregiudica lo status di cui le Chiese e le associazioni o comunità religiose godono negli Stati membri in virtù del diritto nazionale.
2. L'Unione rispetta ugualmente lo status di cui godono, in virtù del diritto nazionale, le organizzazioni filosofiche e non confessionali.
3. Riconoscendone l'identità e il contributo specifico, l'Unione mantiene un dialogo aperto, trasparente e regolare con tali Chiese e organizzazioni.”

Mi sembra molto opportuno, per evitare disagi e dolori, tenere presente le differenze tra paesi di tradizione cattolica, protestanti, misti. Come anche tener presente il grado diverso di secolarizzazione della società civile (quindi dei membri attivi delle religioni) nei diversi paesi.

L’Italia causa la presenza del Vaticano è un caso particolare. Sia per la storia (e questo è un tratto comune con la Francia successiva alla rivoluzione) sia per la vicinanza dei due poteri. Il potere vaticano è solo morale (o politico, che dir si voglia) dato che è la sede centrale di una comunità religiosa che supera il miliardo di aderenti in ogni parte del mondo. Quindi il suo agire supera per risonanza ampiamente i confini nazionali italiani.

7. Un’ultima notazione. In un epoca di progressiva globalizzazione, non solo economica e finanziaria, ha ancora senso rivestire il termine Stato di tutto quanto vi si è incrostato sopra da quando la rivoluzione francese ha lanciato l’identità tra nazione e Stato (centralizzato, burocratico, sovrano…) ? Una nazionalità europea non sarebbe più attuale e funzionale? Questo non toglierebbe le peculiarità culturali della nazione (separata dalla Stato), in quanto esse potrebbero essere ben rappresentati dalle regioni culturali. Catalogna, Baviera, Scozia,Veneto,

In questo senso sparirebbe (se non è già parzialmente scomparso) del tutto lo ‘Stato etico’ attuale che tende a centralizzare tutta la vita sociale dei suoi cittadini. Lo fa attraverso una forma di agnosticismo etico (e religioso) che divinizza i ‘diritti civili’, cioè le richieste dei più diversi gruppi di pressione, ma che dispongono di potere soprattutto mediatico.

8. I contributi che presentiamo ci sembrano ben assortiti. Dopo due interventi giuridici, sia a livello di UE che a livello soprattutto italiano, abbiamo due casi storici emblematici. Quello di Malta – piccolo paese tradizionalmente molto cattolico, in via di rapidissima secolarizzazione- e quello di Francia – grande paese paladino da sempre in Europa (e non mondo?) di un laicismo militante. I due autori sono entrambi religiosi domenicani, ma con formazione ed esperienze molto diverse, e quindi con risultanze diversificate.

Le speranze risposte in un ‘nuovo uma-nesimo’ dalla Chiesa italiana sono in fondo una risposta alla laicizzazione progressiva della vita nazionale.

Mentre il contributo di R. Rybka sulla laicità nei cattolici documenti più universali vuole indicare le tappe della risposta cattolica alla secolarizzazione (i due documenti sono separati da 30 anni di esperienze), sia indicare alcune linee guida per il futuro.

Va aggiunto a questi il contributo di M. Prodi che sottolinea una delle funzioni po-sitive della religione nello Stato secolarizzato a livello sociale concreto e storico.

La pagina classica che proponiamo è desunta da un’opera di Luigi Sturzo che a cavallo delle seconda guerra mondiale ha rappresentato, sul piano storico e teorico, quanto di più organico e aperto avesse la teoria di un impegno dei cattolici in politica.pdf

Non so cosa Sturzo pensasse di Maritain, ma Chiesa e Stato e Per Umanesimo Integrale furono scritti negli stessi anni e la loro influenza si sovrappose all’interno dei movimenti sociali cattolici.

Ai lettori di verificarele convergenze ed anche le differenze soprattutto gli aspetti innovativi per un futuro, quello odierno che pur sembra così diverso da quello dei due importanti filosofi politici.

 

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