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Rivista di etica e scienze sociali / Journal of Ethics & Social Sciences

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12 szaniszló 1

 

12 szaniszló Lo scorso anno 2020, in occasione del pensionamento della Professoressa Ingeborg Gabriel, Direttrice dell'Istituto di Etica Sociale presso la Facoltà di Teologia dell'Università di Vienna - con la quale ho avuto l'onore di collaborare in diversi progetti CEEPUS, nonché nell'Associazione di etica sociale dell'Europa centrale e orientale (Vereinigung für Sozialethik in Mitteleuropa, Wissenschaftliche Gesellschaft für den fachlichen Austausch zwischen den Ländern Mitteleuropas, zwischen akademischer Sozialethik, sozialer Bidung und Sozialarbeit) — sono apparse diversi studi che fanno riferimenti a lei.

Prima di tutto il classico Festschrift presso Vanderhoeck & Ruprecht sotto il titolo Menschenrechte und Gerechtigkeit als bleibende Aufgaben. Beiträge aus Religion, Theologie, Ethik, Recht und Wirtschaft (Klissenbauer et al. 2020). Il titolo stesso di questa raccolta rimanda a un tema che per la professoressa Gabriel è stato tra ipiù importanti per la sua ricerca accademica. Allo stesso tempo, un altro libro di quasi 300 pagine della professoressa Gabriel appena emeritata è stato pubblicato da casa editrice Echter con il titolo Ethik des Politischen. Grundlagen-Prinzipien-Konkretionen (Ingeborg 2021). Questa opera indica gli output teorici e pratici che la nostra ricercatrice vorrebbe lasciare come riferimento, soprattutto a tutta la generazione di studenti che hanno lavorato con lei per molto tempo. Si tratta di una sintesi di articoli già pubblicati, ma aggiornati rispetto alla situazione attuale, dove, come si ammette, manca ancora una maggiore riflessione sul problema della violenza nello spazio politico (p. 6).

Ciò che I. Gabriel intende per etica politica è evidenziato nei singoli capitoli di questo libro: i diritti umani, la democrazia e la nazione; principi socio-etici come misura politica (azioni di individui e di istituzioni) e la parte finale, dove si tratta di migrazioni, guerra al terrore e programma alimentare mondiale, ma anche ponti tra economia e politica. Dopo aver introdotto questo problema, Gabriel vuole concentrarsi sul principio di persona, solidarietà e bene comune, nonché sulla sostenibilità dello sviluppo della società, ma aggiunge anche il principio di riconciliazione, che ritiene essere centrale per lo spazio politico.

Una delle idee centrali di cui si occupa la nostra Autrice per risolvere i problemi etici del mondo moderno è il fatto che, nonostante le tensioni e i problemi che accompagnano lo sviluppo della democrazia nell'Europa centrale e orientale dopo la caduta della cortina di ferro del blocco sovietico, l'Europa non è caduta in un nuovo conflitto militare dopo la seconda guerra mondiale. Tuttavia, gli attuali problemi sociali nazionali e internazionali sono caratterizzati da una significativa dose di pessimismo sulle capacità e sulle opzioni politiche (p. 5).

Nell'introduzione, Gabriel pone ad Hannah Arendt domande sul fatto che ci siano obiettivi in campo politico su cui possiamo orientarci in modo affidabile. E aggiunge che anche se esistessero, resterebbe la domanda se essi sono universali e capaci essere comunicati. In poche parole, esistono principi morali universali nella politica? L'Autrice risponde affermativamente e crede nella riconciliazione sociale, nella pace in generale, nella coesione sociale, in un buon tenore di vita e in un possibile alto livello di giustizia come bene senza tempo e geograficamente indipendente (p. 13). Tuttavia, la globalizzazione non la riempie di gioia, poiché manca uno sviluppo verso un bene comune globale e si nota anche la mancanza di una politica coordinata a livello globale (p.16).

Nel primo capitolo, Gabriel sviluppa gradualmente l'idea dei diritti umani, prima interdisciplinare, poi dal punto di vista della Chiesa cattolica e del loro rapporto con le religioni. Successivamente, si concentra sulla democrazia di oggi, nonché sull'importanza della nazione e sui pericoli del nazionalismo. In seguito la nostra Autrice si occupa dell'approccio all’“Ipoteca” del comunismo nel contesto europeo e successivamente del rapporto tra religione e politica, soprattutto nelle nuove condizioni geopolitiche. Nell'ultima parte di questo capitolo, Gabriel discute il ritorno della religione in politica e cerca di ridefinire il rapporto tra queste due aree. Se ne occupa partendo in modo esaustivo dalla teoria dei diritti umani, del suo sviluppo e del problema della loro accettazione. Inoltre, ritorna alla definizione storica dei diritti umani e delle loro fondamenta premoderne (p. 38). Questo modo di procedere la aiuta a sottolineare l'importanza dei diritti umani oggi, soprattutto per la loro accettazione da parte di altre religioni e tradizioni culturali (p. 42). In questa sezione, c'è un commento molto importante riguardo alla moralità e il diritto, vale a dire che viene esposta l'opinione che il diritto ha il suo fondamento nella moralità dei cittadini di una comunità politica, e che la giustizia è intesa come una praxis continua e individuale, cioè come virtù (p. 45). Per quanto riguarda i diritti sociali, la sua posizione è estremamente critica e sottolinea il loro abbandono da parte delle istituzioni responsabili proprio con la caduta del regime comunista a favore dei diritti partecipativi e dei diritti liberi dell'individuo (p. 48). Secondo lei, per rispettare i diritti umani fondamentali, sarà necessario cambiare la politica per renderla più convincente (p. 50).

Sorprendentemente, nel paragrafo sui diritti umani e la Chiesa cattolica, l'autrice ripercorre solo la storia moderna del rapporto della Chiesa e ricorda in particolare la Rivoluzione francese e il rifiuto dei papi del XIX secolo verso una tale interpretazione dei diritti umani (senza alcuna menzione di Bartolomé Las Casas e la famosa disputa di Valladolid). A questo punto, ci sembra che l'autrice sia molto soggetto a qualche interpretazione di questa parte della storia (Langner). Personalmente, ci manca una visione più obiettiva di Papa Leone XIII, in particolare l'enfasi sulla sua innovativa enciclica Rerum Novarum. La personalità di questo papa ha molto di più da dire sulla crisi del XIX secolo che la semplice posizione critica dei suoi inizi in questo difficile ufficio (Cfr. Szaniszló 2015, 101–120). Anche la valutazione di Papa Pio XI ai tempi del nazismo non sembra molto equilibrata (pp. 53-55). Fortunatamente, questa valutazione non continua la tendenza di alcuni circoli verso Pio XII. In questa fase, ci manca l'aspetto ecumenico per sottolineare gli stessi processi, ad es. nelle chiese protestanti (Gbiorczyk 2011, 118–127). Al contrario, l'interpretazione dell'ancoraggio teologico dei diritti umani è qui molto solida (p. 59). L'ultima parte di questo paragrafo offre anche spunti molto stimolanti per il potenziale della Chiesa nella lotta per il rispetto dei diritti umani (pp. 63–65).

Il paragrafo seguente, che tratta in particolare del processo di accettazione della dottrina dei diritti umani da parte di chiese e religioni, offre una chiara spiegazione delle possibilità di giustificazione teologica ed etica per un appropriato dialogo interreligioso e l'etica religiosa in quanto tale (pp. 70–79). Nel descrivere l'ethos, Gabriel sottolinea che il bene morale e i diritti sono profondamente legati a un luogo particolare e, attraverso l'internalizzazione, diventano virtù, norme e valori praticati. Lo scontro odierno di diverse civiltà, tuttavia, è anche una lotta per l'universalità e la validità dei diritti umani (pp. 68-69). L'etica delle religioni è anche l'etica dell'azione, che guarda non solo a questo mondo, ma anche al giudizio finale dell'uomo (p. 72). Gabriel aggiunge che i diritti umani sociali in particolare possono creare un terreno comune (common ground) tra la cultura secolare dei diritti umani e tutte le religioni monoteiste sotto forma di un importante ethos di giustizia (p. 75). La possibilità di contatti interculturali e interreligiosi oggi sta nel ripensare le proprie regole basate sulla religione. In questo senso, i diritti umani, in quanto forte idea giuridica di modernità, rappresentano un metro di misura per le culture giuridiche religiose. Comprenderli come una questione critica delle proprie idee etiche e legali è una sfida per tutte le religioni (p. 77). Allo stesso tempo, Gabriel suggerisce uno stato laico (religiosamente neutrale) come il modo migliore per condurre gli affari pubblici e il diritto alla libertà di religione (p. 79).

Un altro tema importante dell'etica politica di Gabriel è la democrazia. Alla luce di molte rivoluzioni recenti, osserva che i regimi antidemocratici sono considerati non solo repressivi, ma violano anche la dignità umana (p. 80). Tuttavia, il numero delle democrazie nel mondo è piuttosto in calo, perché non sono in grado di realizzare i desideri spesso utopici dei loro cittadini. Tuttavia, è proprio la debolezza della democrazia come tirannia della maggioranza (Alexis de Tocqueville) che può essere superata dai diritti umani costituzionalmente sanciti come diritti fondamentali che vincolano sia i governanti che i governanti (p. 82). Tuttavia, per rafforzare la democrazia, sarà necessario essere convinti che questo sistema aiuta davvero a sviluppare i suoi cittadini. Gabriel è alla ricerca di un sistema economicamente adatto per la democrazia che aiuti i diritti sociali, e riflette anche sul governo mondiale della democrazia per evitare un programma orientato solo a livello nazionale (p. 94). Infine, l'Autrice richiama l'attenzione sullo sviluppo del rapporto tra cristianesimo e democrazia. Alla critica di Papa Benedetto XVI secondo cui la democrazia odierna è strettamente legata al relativismo, Gabriel, risponde sottolineando il rapporto positivo tra democrazia e tutela dei diritti umani e la possibilità di sottoporre costantemente leggi più appropriate al cristianesimo (p. 96).

Nel prossimo paragrafo I. Gabriel affronta il concetto di nazione e nazionalismo. È turbata dall'ascesa del nazionalismo nelle culle della democrazia. Per Gabriel la nazione come istituzione è definita in modo piuttosto particolare, ma eticamente dovrebbe essere orientata all'universalità (p. 99) e si concentra sul nazionalismo negativo piuttosto che sul patriottismo (p. 106). Ma è qui che vediamo un restringimento delle possibilità: o abbiamo a che fare con chimere per rafforzare la coscienza nazionale, o ci ritroviamo con una società multinazionale che è anche estranea a molti. A questo punto, vorremmo anche richiamare l'attenzione sull'approccio positivo alla nazione come gruppo importante sulla via dei raggruppamenti transnazionali, come ha mostrato papa Giovanni Paolo II con l'aiuto del filosofo Józef Tischner (Cfr. Szaniszló 2019, 6–12). Tuttavia Gabriel crede nel futuro della nazione, ma è favorevole ad uno stato sovranazionale che protegga meglio i cittadini dai cosiddetti Stati svantaggiati (p. 110). Questo ragionamento etico sembra molto ben gestito ed è impressionante, nonostante le sue possibilità utopiche. Nel nostro lavoro vorremmo procedere con il metodo dei cosiddetti passaggi più lenti come ad es. un raggruppamento regionale di stati (il cosiddetto Visegrad Quattro) o principalmente l'Unione Europea e la sua protezione dei suoi stati e cittadini (compresi i lavoratori migranti).1

Il sesto paragrafo è molto interessante, soprattutto per qualcuno che proviene dall'ex blocco sovietico. Trovare risposte ai danni del comunismo e allo stesso tempo il posto di questo sistema nella modernità europea è molto importante per la comprensione reciproca e anche per insegnare alle nuove generazioni un’etica sociale. Tuttavia, l'idea che il comunismo avesse anche i suoi vantaggi nello sviluppo della società dell'Europa orientale (p. 120) non è facilmente digeribile per tutti coloro che non solo hanno vissuto in questo sistema ma hanno anche sofferto e oggi devono affrontare le sue conseguenze nella natura e il carattere di una società post-comunista che ha scarso interesse per la riflessione o il pensiero più profondo, ma piuttosto cerca di arricchirsi rapidamente ad ogni costo, ed è anche molto caratterizzata dall'odio per il cristianesimo e il suo posto nella civiltà europea. Ci manca però un'analisi più ampia di elementi molto importanti della dottrina sociale della Chiesa, vale a dire la riconciliazione e il perdono nel senso del prof. Fazakas di Debrecen e soprattutto il drammaturgo e presidente ceco Václav Havel (p. 123-124), senza il quale il vero progresso della civiltà non è possibile (Cfr. Szaniszló 2017, 171–208). Anche le successive critiche all'etica sociale cristiana sembrano comprensibili dal punto di vista di Amor mundi d´Hannah Arendt, ma dimenticano la cosa più importante del progresso dell'uomo da un punto di vista teologico, e cioè l'amore come caritas. Questa attività cristiana ha una dimensione molto più ampia della semplice garanzia dei diritti sociali delle generazioni future, specialmente di fronte ad es. ad una pandemia come quella che l'umanità sta attualmente vivendo e che avrà un impatto estremamente forte sul miglioramento delle condizioni di vita della popolazione.

Nell'ultimo paragrafo della prima parte Gabriel cerca di prendere posizione sul ritorno delle religioni alla sfera politica. Si oppone fermamente all'idea che le religioni da sole abbiano portato alle guerre e indica le molte vittime delle guerre secolari della Rivoluzione francese risalenti alle guerre del XX secolo (p. 132). Tuttavia, nel cercare la giusta dose di società secolare, menziona anche l'importanza di cercare caratteristiche comuni delle religioni per la costruzione della pace (p. 134). D'altra parte, la sua visione della coesistenza di religioni e politica in una società secolare ci sembra molto unilaterale. Noi pensiamo piuttosto che l'opinione di Benedetto XVI sul relativismo della società odierna nell'affrontare i valori fondamentali della vita sociale è più che vera. La necessaria secolarizzazione della vita pubblica ha anche una radice cristiana: la desacralizzazione della società (Cfr. Szaniszló 2018, 36–42). Ma queste radici stanno iniziando a essere molto trascurate, persino ignorate o ribaltate (la richiesta di un diritto umano fondamentale all'aborto, all'eutanasia, ecc.). Quella che sembra essere la protezione dei diritti fondamentali diventa spesso un dettato ideologico incondizionato senza l'interesse ad alcuna discussione. Allo stesso tempo, tuttavia, concordiamo sul fatto che il diritto alla libertà religiosa è una pietra di paragone del rapporto tra religione e politica (p. 139).

Nella seconda parte del suo libro, Gabriel tratta i principi socio-etici come misura politica. Innanzitutto delinea il principio della persona soprattutto dal punto di vista della libertà. La persona che agisce deve essere il centro di ogni etica e soprattutto dell'etica politica (p. 147). La nostra Autrice aggiunge che il focus dei documenti ecclesiastici in epoca moderna dall'enciclica Mater et magistra (MM 219) e da Gaudium et spes (GS 25) ha gradualmente posto l'accento sulla persona anziché sulla “collettività”. A poco a poco, si muove verso il libero arbitrio e la libertà di azione e vede principalmente i problemi dell'ideologia marxista, che nega la libertà in quanto tale. Il lato negativo della libertà, a sua volta, indica una realtà che la dottrina sociale cattolica chiama “Strutture di peccato” (p. 151). Secondo Gabriel i diritti di libertà così come la libertà politica della comunità sono, ultimo ma non meno importante, di un carattere che consente la libertà personale, anche come posizione contro la schiavitù (p. 153).

Nel secondo paragrafo la nostra Autrice si occupa della solidarietà, che è per lei la base della coesione sociale e politica della società. Tutti i sistemi moderni devono trovare un equilibrio tra libertà e solidarietà (p. 155). Essa stessa però fonde uno degli slogan importanti della Rivoluzione francese, la “fratellanza”, con “solidarietà” e mostra la sua rilevanza per i movimenti socialisti e socialdemocratici. Dopo aver interpretato la teoria della solidarietà di Pesch e Nell-Breuning, Gabriel sottolinea l'importanza del movimento polacco di Solidarność (Solidarietà), dove il regime comunista chiaramente fallisce nel non combinare solidarietà con libertà. Tuttavia, la solidarietà ha anche una forte sfumatura religiosa e Gabriel difende il termine misericordia nei discorsi etici (p. 160). Nello spazio politico, Gabriel sostiene una cultura della solidarietà e la rapida attuazione della Carta sociale europea. Per questo sforzo, la nostra autrice chiede il rafforzamento delle istituzioni della società civile nazionale e internazionale, nonché delle chiese e delle società religiose, che dovrebbero creare fonti di solidarietà, una consapevolezza globale della solidarietà e il discorso della giustizia e assumere la difesa dei socialmente deboli (p. 163).

12 szaniszlóNel paragrafo seguente, Gabriel si occupa del bene comune citando l'enciclica di papa Francesco Laudato si´ all'inizio delle sue riflessioni come base par excellence del bene pubblico (p. 164). Storicamente, passa attraverso il discredito di questo termine da parte dei sistemi totalitari, fino alla sua rinascita da parte dell'etica sociale cattolica. Secondo Gabriel, senza la nozione di bene comune, non si può parlare di un luogo e di una funzione politica (p. 168). La realizzazione del bene comune presuppone quindi idee comuni di ciò che è giusto (p. 171). Il bene comune è anche un importante prerequisito per la pace (p. 174). Gabriel sottolinea anche la sostenibilità dello sviluppo della società con il termine giustizia ecologica e loda ancora una volta l'enciclica Laudato si´ (p. 178). Riguardo alle risorse naturali, la nostra Autrice parla anche della finitezza del mondo, che, come termine filosofico e teologico nella questione dell'ambiente, acquista una nuova importanza (p. 180). Parla poi del peccato ecologico (LS 51) dei paesi dell'emisfero settentrionale nei confronti dell'emisfero meridionale. Il nuovo modo di ricostruire la produzione industriale richiede un nuovo adattamento al sistema eco-sociale attraverso una nuova valorizzazione del bene comune, che include anche l'ambiente (p. 183). Mentre la privatizzazione delle risorse naturali di base le è assolutamente inaccettabile (p. 186).

L'ultimo paragrafo della seconda parte del libro si occupa della riconciliazione, soprattutto nel contesto della caduta del muro di Berlino. Lei stessa nota che l’epoca moderna rifiuta il ricordo e la riconciliazione a causa della sua visione della storia come progresso. Tuttavia, grazie a J. B. Metz, le opinioni iniziarono a cambiare (p. 191). Il nazionalismo, a sua volta, lavorava con la teoria della retribuzione e quindi la continuazione dei conflitti, e quindi la memoria selettiva non le era estranea. Persino le società religiose, secondo Gabriel, non erano disposte a lavorare sulla memoria e sulla riconciliazione (p. 192). Pertanto, fino ad oggi, c'è un vuoto nella comprensione politica della riconciliazione e del ricordo da un punto di vista teologico (p. 193). Gabriel affronta quindi subito il concetto di perdono. Nello spazio politico, questo si riferisce ai "crimini contro l'umanità". Tuttavia, una questione aperta rimane tra diritto e perdono (p. 194). Alle chiese e alle organizzazioni della società civile viene assegnato un importante ruolo etico nel sostenere la riconciliazione tra le nazioni (p. 196).

Nell'ultimo e terzo capitolo, intitolato "Konkretionen", Gabriel cerca di presentare le possibilità pratiche dell'etica sociale. Inizia con il fenomeno della migrazione come sfida politica che si pone tra i diritti umani, la democrazia e gli stati-nazione come tra le istituzioni politiche centrali della modernità, ma senza risposte etiche chiare (p. 203). Gabriel sottolinea una certa asimmetria, poiché non esiste il diritto di accettare migranti in un determinato paese (p. 204). Il nostro autore pur seguendo la teoria della Laudato si´ come casa comune (LS 93–95; p. 207), cita anche teorie che, oltre i diritti sociali e i diritti di proprietà, sottolineano anche il diritto della nazione all'autonomia, che consente la non ammissione di migranti che non si trovano in una situazione di emergenza (p. 209). Tuttavia, la sua ipotesi che i migranti vadano principalmente in paesi che rispettano l'ordine e la legge è molto idealistica. È interessante notare che Gabriel osserva che la migrazione non ha dimostrato di essere una forma efficace di riduzione della povertà (p. 214). D'altra parte, la sua visione della cosiddetta colpa storica delle nazioni sviluppate è, a nostro avviso, molto problematica (p. 215). Alla fine del paragrafo, Gabriel torna al termine di politica transnazionale, che, sebbene sembri molto utopica, è necessaria da un punto di vista socio-etico (p. 219).

Nel secondo paragrafo di quest'ultima parte, Gabriel affronta la questione della guerra al terrore. Essa stessa sottolinea il fatto che questa guerra, iniziata come rappresaglia per l'11 settembre 2001, ha effettivamente raggiunto solo una maggiore instabilità in Medio Oriente e una povertà e un caos ancora maggiori. Con tutti gli estremismi che hanno indicato Papa Giovanni Paolo II così come la maggior parte delle diplomazie europee e delle organizzazioni civili-religiose (p. 224). Tuttavia, la questione della guerra giusta viene ora sempre più sostituita da un'altra sulla trasformazione della guerra delle nazioni in una guerra di individui o gruppi. Non abbiamo ancora un concetto di protezione contro una simile guerra. Gabriel indica la moderna concezione teologica del conflitto come un rifiuto radicale della violenza (sebbene piuttosto sull'esempio di un documento della Conferenza episcopale tedesca piuttosto che sui documenti di Papa Giovanni Paolo II, p. 227). Molte azioni contro il terrorismo nel territorio di stati stranieri erano illegali e non etiche ma pochi commenti sono stati espressi su questo fatto (p. 228). D'altra parte, visioni diverse, come le "giustificazioni" o le interpretazioni dei jihadisti, sono, a nostro avviso, utopiche quanto le loro convinzioni. Ci vorrebbe anche un approccio molto più critico alla modernità in quanto tale. In ogni caso, queste considerazioni sono importanti per ulteriori discussioni.

Nell'ultimo articolo, Gabriel si occupa del programma alimentare mondiale e del suo significato etico, specialmente nelle aree in cui gli alimenti di base sono molto indisponibili (p. 237). Soprattutto nelle aree agricole, il nostro autore vede un problema, perché la maggior parte degli aiuti è concentrata nei grandi centri (p. 239). Allo stesso tempo, è impossibile per un agricoltore locale competere con le preoccupazioni alimentari globali, che tra l’altro inquinano l'aria, poiché devono trasportare il cibo su lunghe distanze (p. 242). La Dichiarazione dei diritti umani definisce anche il diritto a un'alimentazione adeguata (art. 25) come una parte importante dei diritti sociali. Questo è stato sostenuto all’ONU dagli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile nel settembre 2015. Anche Laudato si´ sostiene i piccoli agricoltori (LS 129). Tuttavia, secondo Gabriel, questi obiettivi possono essere raggiunti solo attraverso una politica nazionale e internazionale orientata al bene comune (p. 244). Mentre è presente la pratica di acquistare grandi aree per la cosiddetta produzione biologica e l'espulsione dei piccoli agricoltori e, naturalmente, la brevettazione di tale produzione (p. 246). Le organizzazioni ecclesiastiche e gli enti di beneficenza possono fare molto contro questa pratica non etica. La nutrizione mondiale come problema di giustizia (pane per tutti) deve anche guardare al consumo individuale eccessivo nei paesi sviluppati, che contribuisce a una società che semplicemente scarta molti prodotti e quindi danneggia la dignità umana di chi ha meno (p. 247). In pratica, tuttavia, esiste una virtù che dipende dal commercio equo e solidale e che risponde alla domanda su come nutrire gli affamati (p. 248). La risposta potrebbe essere la riscoperta del digiuno, anche il digiuno dai prodotti a base di carne (p. 249).

È ammirevole quanti autori e opinioni offre la pubblicazione. D'altra parte, mi mancano molti autori dell'Europa orientale (ad esempio Václav Havel) così come altri importanti teologi della chiesa, per una discussione così necessaria. Nel complesso, però, vediamo un'importante retorica anticomunista (antitotalitaria), supportata da un giusto sforzo di ridistribuzione dei beni comuni, ma che ha difficoltà a trovare le risorse necessarie.2 A nostro avviso, questa pubblicazione, che non si legge affatto facilmente e fluentemente, è un contributo importante per comprendere lo sviluppo dell'etica sociale postconciliare e aiuterà sicuramente molti esperti nelle loro ulteriori ricerche.

 

Inocent-Mária V. Szaniszló

 

 

Bibliografia

Gbiorczyk, P. (2011), Christentum und Menschenrechte in Geschichte und Gegenwart, in Die nahe Not, die fremde Nähe, Diakonische Flüchtlingshilfe im Main-Kinzig-Kreis 1990-2010, Erlensee, pp. 118–127.
Ingeborg, G. (2021), Ethik des Politischen. Grundlagen-Prinzipien-Konkretionen, Echter, Wurzburg.
Klissenbauer, I. – Gassner, F. – Steinmair-Pösel, P. – Kirschlaeger P.G., eds. (2020), Menschenrechte und Gerechtigkeit als bleibende Aufgaben. Beiträge aus Religion, Theologie, Ethik, Recht und Wirtschaft, Vanderhoeck & Ruprecht, Unipress, Vienna University Press, vedi: https://www.vandenhoeck-ruprecht-verlage.com/
Szaniszló, I.-M.V. (2015), The Concept of Human Rights as an Answer to Religious Fundamentalism in Modern Democratic Society, «Journal for the Study of Religions and Ideologies» 14/42, Winter, pp. 101–120, ISSN 1583-0039,
Szaniszló, I.-M.V. (2017), Why the clear line drawn under the past after the Velvet Revolution in Czechoslovakia in November 1989, experienced by Slovak society, did not help the development of the Slovak Republic, in Z. Maros – D. Tomasevic (eds.), Pravda u bh društvu izazov temeljne ljudskosti, Zbornik radova Simpozij, Sarajevo, 26–27, rujna 2016, Katolički bogoslovni fakultet, Glas Koncila, , Zagreb, ISBN 978-9958-747-56-4 (Katolički bogoslovni fakultet), pp. 171–208., cfr. http://knjiznica.kbf.unsa.ba/
Szaniszló, I.-M.V. (2018), La sécularisation positive dans le cadre d´un dialogue des religions avec la société civile, «Oikonomia» 3, Ottobre, (17), ISSN 1720-1691, pp. 36–42.
Szaniszló, I.-M.V. (2019), Reflections on the Concept of the „Nation” in the speech of Saint John Paul II to the United Nations, «Oikonomia» 3 (Ottobre 2019) (18), ISSN 1720-1691, pp. 6–12.

 

NOTE

1 È lo scandalo dei lavoratori migranti invisibili durante la prima ondata della pandemia COVID-19 che non ci lascia inattivi riguardo al futuro dell'UE, cfr. https://sites.google.com/
2 Questo sforzo è stato portato dalla professoressa Gabriel nel periodo post-natalizio 2020 alla veemente polemica con il professore svizzero anche lui emerito Martin Rhonheimer, cfr. Was ist christlich-sozial? Debatte um Rhonheimer-Position geht weiter (Cos'è un sociale cristiano? Il dibattito sulla posizione di Rhonheimer va oltre), https://kath.net/ e reazione: M. Rhonheimer, Offener Brief von Martin Rhonheimer an Ingebor Gabriel:“Unkenntnis und Fehlinterpretationen“ (Lettera offerta da Martin Rhonheimer a Ingebor Gabriel: “Sconoscimento e interpretazione errati”), cfr. https://austrian-institute.org/

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