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Rivista di etica e scienze sociali / Journal of Ethics & Social Sciences

 

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13 pagclass Si dice giustamente che l'economia abbia per fine specifico l'utile, ma per valutarne la portata, occorre precisarne il significato e il carattere.

L'utile che fa oggetto dell'economia è di carattere sociale; quando questo utile arriva all'individuo, si trasforma in bene, perché l'uso e il godimento è solo individuale, anche quando la fonte del bene sia di uso comune. Una fontana pubbpdflica è comune, ma l'uso e il godimento dell'acqua è di ciascuno di quegli individui che vi attingono.

L'oggetto dell'economia non è mai individuale, ma sociale perché l'individuo preso da solo, vivente da solo, operante da solo non esiste né può esistere; l'individuo è sociale, ed attua le sue facoltà, soddisfa le sue esigenze, attinge i suoi fini nella e per la società. L'economia si può distinguere in domestica, classista, nazionale, internazionale in quanto è studiata nei vari aspetti dei nuclei o dei cicli sociali, ma non può classificarsi come individuale per distinguerla da quella collettiva. A parte l'origine greca della parola economia (regola della casa), l'individuo in tanto può fissare le proprie norme nel regolare i suoi interessi personali in quanto egli stesso regola l'uso dei beni che arrivano alla sua portata. Ma nel fare ciò egli, volere o no, agisce come membro della società.

Ripreso dal volume : Luigi Sturzo, Politica di questi anni. Consensi e critiche (dal Settembre 1946 all'Aprile 1947), Zanichelli , Bologna 1954, pp. 186 -190.

Colui che, temendo scarsezza di zucchero, ne diminuisce il consumo per conservarlo in giorni peggiori, agisce in funzione di dati sociali. L'avaro che sottrae l'oro alla circolazione per metterlo nella sua cassa, offende la società alla quale impedisce la trasformazione di un oggetto utile (l ' oro) in un bene (casa, cibo, vestito, divertimento). Ogni atto individuale in materia economica è in funzione sociale; altrimenti non può classificarsi come atto economico. La posizione dell'individuo nel ciclo economico è sempre sociale fino all'ultimo atto, quando l'oggetto utile, per l'uso che se ne fa, viene trasformato in bene individuale: l'acqua estratta dal suolo, incanalata verso la fontana, messa a contatto con il pubblico arriva ad essere personalmente bevuta. Anche la casa che, abitata, è un bene collettivo per quei pochi o molti che vi stanno dentro, diviene per ciascuno degli abitanti il proprio bene. E così di seguito.

Qui è il punto nel quale la m13 pagclass 1aorale incide nella economia, quando l'individuo viene a domandarsi le ragioni e i limiti dell'uso dei beni; cioè quando si pone il problema dell'appropriazione.

Il furto è certo di sua natura utilitario; il ladro vuole arrivare al godimento di un bene per la via più corta; se l'economia fosse individualista, egli avrebbe risolto la quadratura del circolo, vivere impunemente alle spalle altrui. Ma egli deve subire le limitazioni poste dalla legge naturale, dalla legge religiosa, dal codice penale e dagli agenti di pubblica sicurezza. La sua economia è fallita perché è fallita la base morale su cui poggiava. Lo stesso per il frodatore, il rapinatore, il borsaro nero e tutta la gamma dei profittatori del prossimo. Il loro vantaggio personale, mancando di base morale, manca di base economica; è allo stesso tempo non-economia e immoralità.

Coloro che dicono che l'economia, avendo per oggetto l'utile, non è né morale né immorale, fanno un'affermazione equivoca, perché la parola economia vi è presa in due sensi diversi.
L'economia quale scienza astratta delle leggi economiche - che si usa anche presentare in formule matematiche come per mostrar la nelle sue leggi al di fuori dell'influsso umano - si applica al complesso materiale delle ricchezze ed energie sublunari come aventi proprio ritmo assoluto. Questa speculazione tende a trovare le leggi della economia da utilizzarsi poi nelle applicazioni pratiche, ma non esaurisce la scienza dell'economia, anzi può falsarla, se non tiene conto del fattore-uomo, il quale corregge, modifica e altera le leggi materiali della ricchezza, dirigendole tanto a fini individuali ed egoistici quanto a fini collettivi e politici.

13 pagclass 2Il positivismo, in tutti i rami delle scienze pratiche, ha cercato di abolire il fattore-uomo, sia trascurandolo sia considerandolo come valore materiale o riducendolo a un numero di statistica. Così ha abolito la categoria morale che è strettamente collegata alla nozione di uomo. Ma la realtà concreta si vendica del positivismo, rimettendo l'uomo nella sua posizione di creatore della società negli aspetti sociologici, economici e politici. Il fattore materiale, quale che esso sia, non è che un condizionamento dell'attività umana, sia condizionamento positivo sia negativo. Ma anche il condizionamento negativo serve a creare nuove energie dirette a superarlo.

Le due guerre mondiali hanno rovinato l'economia di quasi tutti i paesi; pertanto l'uomo si sforza di ricostruirla con i rottami rimasti dopo l'infernale ciclone.

Chi mai pensò che la Germania vinta nel 1918 avrebbe potuto affrontare una seconda mondiale nel 1939 e condurla per quasi sei anni contro tutto il mondo? La volontà umana supera le leggi del condizionamento materiale anche in economia. Questo valore è morale nel senso che dipende dalla libera scelta dell'uomo, e può pertanto essere un bene o un male, o parte bene e parte male, perché la morale incide anche sulla economia in tutti i suoi vari aspetti collettivi.

Se un gruppo di persone si uniscono, per carpire una sorgente d'acqua dal fondo del vicino allo scopo di innaffiare il proprio orto, producono certo un utile particolare ma questo è in radice inficiato di immoralità.

Se un paese muove guerra per togliere un territorio o una colonia al popolo che la possiede legittimamente, anche con l'idea di migliorarla, può avere il fine di utilità, ma esso è inficiato in radice da immoralità. Così l'atto economico è limitato dalla morale perfino nella intenzionalità dei suoi autori, prima ancora di essere posto in essere. Le intenzioni possono essere buone e lo scopo vantaggioso; l'atto economico non sarà più tale, se nella sua attuazione sarà inficiato da azioni di natura immorale, quali lo sfruttamento della mano d'opera, la cattiva esecuzione dell'opera, l'abuso delle risorse materiali e del denaro preso a prestito e così di seguito. Passo a passo che l'uomo agisce, sia esso il ministro della economia di uno stato, sia l'imprenditore, sia l'operaio, sia il proprietario, nel violare la morale viola anche le leggi economiche, pur facendo atti singoli che presentino caratteri di utilità.

Così, tanto nella progettazione e finalità di qualsiasi attività economica, che nella sua attuazione e infine nell'uso individuale di essa, la morale vi interferisce, sia subiettivamente perché l'uomo operante è allo stesso tempo termine dell'utile e del bene; e sia oggettivamente, in quanto l'economia, quale norma dell'utile, contiene in sé la ragione morale dell'utile stesso nella contemperata ragione sociale della sua produzione e del suo uso.

All'opposto, quante volte si abusa della materia riducibile e ridotta a bene utile per una comunità (sia questa anche estesa quanto il mondo che oggi forma in certi rami un complesso economico inscindibile), la lesione della morale reca insito il danno alla stessa economia.

È questo uno dei problemi più interessanti della sociologia, che dovrebbe essere studiato a fondo, essendo ad esso legate, sul piano internazionale, le crisi dell'economia mondiale e le guerre ricorrenti.

12 marzo 1947. (pubblicato in «Il Popolo» il 14 marzo).

 

 

Luigi Sturzo

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