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Rivista di etica e scienze sociali / Journal of Ethics & Social Sciences


Lagioia 1

 

 

 

pdfLa voce Peste all’interno dell’Encyclopédie ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers di Diderot e D’Alembert è curata da Louis de Jaucourt e si sviluppa in tre ambiti disciplinari distinti che, per il sistema figurato delle conoscenze umane dell’opera, toccano la Medicina (nella sezione dedicata alla Ragione, filosofia, scienza della natura), la Storia Antica e Moderna (nella sezione dedicata alla Memoria, storia civile) e la Storia della Medicina (nella sezione dedicata alla Memoria, storia naturale).1

L’apertura evocativa («Ecco questo male che diffonde terrore ovunque, male che il cielo nella sua furia ha inventato per punire i crimini della terra») si inserisce nella modalità classica della sezione storica (antica e moderna). L’espediente retorico del lungo racconto attraverso i luoghi e i tempi in cui il morbo si è sviluppato permette all’autore di maggiormente distanziare quella che è la dimensione mitica dall’evidenza della scienza (medicina) che osserva i corpi e applica, attraverso le conoscenze del tempo, i rimedi possibili a mitigarne la severità. Louis de Jaucourt (1704-1779) è stato un medico e accademico francese e uno dei più grandi collaboratori dell’Encyclopédie. Ha prodotto oltre 17.000 voci che costituiscono il 20% dell’opera muovendosi dal campo scientifico, medico, storico a quello letterario, geografico e politico. Insomma un grande compilatore. Appartenente all’aria moderata del gruppo degli enciclopedisti, mitigò gli attacchi anticlericali e concentrò il suo impegno alla stesura di voci essenzialmente di ambito scientifico. Notevole, per le ricadute socio-politiche, fu la voce che dedicò alla schiavitù manifestando la sua condanna cosa che pur maturata in diversi contesti non era scontata.2

«Non dipingerò i rigori di questi climi, dove questa crudele figlia della dea Nemesis, discende sulle sfortunate città. Questo grande distruttore nacque dai boschi avvelenati dell'Etiopia, dalla materia impura del grande Cairo e dai campi puzzolenti di eserciti di cavallette, ammucchiati e putrefatti in innumerevoli numeri. Gli animali sfuggono alla sua terribile rabbia, mentre solo l'uomo funge da preda. Disegna una nuvola di morte sulla sua casa colpevole, che i venti miti e benefici hanno abbandonato. Tutto quindi è un disastro. […] il commercio non porta più la sua utile assistenza; l'erba cresce nelle strade vuote; le dimore degli uomini si trasformano in luoghi peggiori dei deserti selvaggi; nessuno si fa vedere, tranne qualche sfortunato colpito dalla frenesia che spezza i suoi legami e che fugge dalla casa fatale, la dimora fatale dell'orrore. La porta, che non è ancora infetta, non osa girare sui cardini, teme la società, gli amici, i genitori, anche i figli di casa. L'amore spento dalla sfortuna dimentica il tenero legame e il dolce impegno del cuore sensibile; il firmamento e l'aria che animano ogni cosa sono infettati dai tratti della morte; ognuno ne viene colpito a turno, senza ricevere né cure né saluti definitivi, e senza che nessuno ordini la sua triste bara: così la disperazione nera stende la sua ala funeraria sulle città terrazzate, mentre per completare la scena della desolazione»3

Immagini particolarmente evocative quelle rappresentate nella voce di de Jaucourt. Desolazione, affetti spezzati, morti senza conforto. Mancano persino le bare e la possibilità di darne degna sepoltura. Una sensazione di funerea disperazione si estende ovunque. La società teme gli effetti funesti di tale piaga che colpisce anche il commercio e quindi la vitalità economica di una nazione. Diremmo, alla luce dell’esperienza odierna della pandemia, che l’affresco presentato dall’enciclopedista, sia quanto mai attuale sotto la dimensione materiale e anche sotto gli aspetti più delicati della sensibilità umana. La forza della voce, a mio avviso, al di là dell’incipit ancestrale e della narrazione dei fatti con il racconto delle pesti più significative avvenute nella storia, risiede proprio in questo passaggio volutamente citato per esteso. Il morbo cattivo, la peste, non è un fatto nuovo quindi. La storia, la medicina, le scienze umane, la osservano da secoli e ne scrivono nelle forme più varie.4

Eppure, proprio la voce “medica” della peste, che precede subito quella storica appunto, nel lungo esame sui sintomi, le possibili cause, i rimedi della farmacopea, chiudeva con toni abbastanza arrendevoli: «On doit conclure de tout ce qui a été dit sur la peste, que cette maladie nous est totalement inconnue quant à ses causes et son traitement ; que la seule expérience ne nous a que trop instruit de ses funestes effets». De Jaucourt riprendeva dalle auctoritates i passaggi più significativi che meglio si prestavano alla dotta divulgazione su un fatto quanto mai complesso che coinvolgeva, come abbiamo accennato, non solo la medicina classica ma anche la religione e il mito. Il medico Teobaldo Loveto nel suo Tractatus de curatione morbi pestilentialis (1630), richiamando le conoscenze del tempo e riflettendo sulle cause per le quali si genera la peste ne ricordava tre.

La prima riguarda l’uso eccessivo di cibo non buono (corrotto), quindi un riferimento all’alimentazione e alla conservazione dei prodotti. La seconda causa, per il medico, è da ritrovare nell’area putrida che respirata produce nell’uomo la peste. Su questo, precisa, non solo contribuiscono le guerre con l’esposizione dei cadaveri e quindi la loro putrefazione ma anche gli animali che la portano in giro e diventano quindi essi stessi vettori. La terza, particolarmente suggestiva, è da ricercarsi nei Cieli, in particolare nella posizione di alcuni pianeti “cattivi” quali Saturno e Marte.5 È evidente che ancora una volta, pur imputata agli astri, la piaga arrivi da luoghi spesso poco conosciuti o mitizzati.6

 


Un veleno sottile

Le fonti utilizzate dall’enciclopedista sono alcune tra quelle classiche e quindi muovendosi dalla trattatistica del XVII secolo, Raymund Minderer, De pestilentia liber unus veterum et neotericorum observatione constans, Frédéric Vander Mye, ‎De morbis et symptomatibus popularibus Bredanis, arriva alle sue contemporanee di Richard Mead, Breve ragionamento sopra il contagio pestilenziale e Ludovico Antonio Muratori, Del governo della peste. Nella prima voce, inserita sotto il cappello della medicina, si ricorda che è «una malattia epidemica, contagiosa, molto acuta, causata da un veleno sottile, diffuso nell'aria, che penetra nel nostro corpo e produce bubboni, antrace, esantemi e altri sintomi».7 Lo stesso bibliotecario del duca di Modena, Muratori, all’inizio del suo trattato ritornava sul tema degli spiriti velenosi diffusi nell’aria che entrati nei corpi li uccidono in pochi o molti giorni.8 De Jaucourt si allinea alla tradizione della trattatistica medica che sulle cause mantiene sospesa la valutazione:

«Cause. Questo punto è molto difficile da affrontare: tutti gli autori hanno scritto su questo argomento, ma non abbiamo nulla di certo su questo articolo. Abbiamo fornito un numero infinito di congetture; alcuni hanno insistito sulla coagulazione; gli altri sull'infezione generale o locale, che agisce sugli stati d'animo del nostro corpo. Ma ciò che è più singolare è che tutti sono obbligati a riconoscere che la peste agisce in modo molto diverso su quelli dei paesi da cui nasce, rispetto a noi altri».9

Il morbo quindi muta rispetto al paese d’origine che per il nostro, come per il pensiero comune, è l’Oriente. Muratori parla anche della Cina e della Turchia collegandone la diffusione ai climi umidi e ai venti che nell’aria spingono ad ovest il contagio. Medesima posizione che ritorna nell’enciclopedista.

La parte medica è ricca di informazioni riprodotte puntualmente e nel dettaglio: i sintomi, i possibili rimedi e le sospensioni di giudizio rispetto a questioni ancora non chiare. Particolarmente suggestivo è il passaggio in cui si riconosce che l’epidemia non colpisca tutti in maniera indistinta. Molti sono coloro che per una sorta di predisposizione naturale non vengono contagiati. Ci sono popolazioni, continua il nostro, che convivono con le epidemie che ciclicamente si ripresentano.

La parte storica riporta essenzialmente il racconto di tre eventi pestilenziali noti ma ne dimentica altri che per l’Europa sono stati particolarmente significativi. Partendo dalla peste di Atene del 430 a.C. narrata da Tucidide, Diodoro Siculo e Plutarco si arriva a quella nota come peste nera che colpì il continente europeo a partire dal 1346. Decimata la popolazione inglese e francese, il contagio, sottolinea il cavaliere de Jaucourt, era partito dalla Cina. Un vapore ardente e puzzolente aveva infettato l’aria e attraversato le distanze così importanti per i viaggiatori del tempo ma così fragili nella diffusione del morbo. Passa in silenzio, stranamente, la peste di manzoniana memoria del 1630 ben raccontata dal medico Alessandro Tadino (1580-1661) nel suo Ragguaglio dell’origine et giornali successi della gran peste pubblicata nel 1648.10 La voce storica si chiude con la peste di Marsiglia: «La dernière peste qu'on ait vue en Europe, est celle de Marseille en 1720 et 1721. Elle enleva dans cette seule ville environ cinquante mille personnes ; la mémoire en est encore récente».11

Passaggi particolarmente significativi quelli presentati dall’enciclopedista de Jaucourt e, pensando all’oggi, ricchi di spunti e considerazioni per nulla banali. Se le riflessioni mediche, in piena accoglienza positiva dei progressi dell’osservazione scientifica e delle avanguardie ad essa collegate, rassicurano l’autore della voce del dizionario12, non sono taciuti dubbi e perplessità rispetto all’origine del morbo, ad alcune modalità di diffusione dell’epidemia e ai rimedi messi in campo per combatterne gli effetti nefasti. Se da un lato l’elemento superstizioso che collegava, nei diversi racconti di peste, l’evento nefasto a volontà punitive delle divinità, da quelle antiche a quelle moderne, pare essere solo evocato come appare nell’incipit della voce nella sezione storica, dall’altro frequenti sono i passaggi in cui lo smarrimento dei soggetti, di fronte alla crudeltà di tale evento, domina rispetto allo slancio positivo scientista.
«Alcuni morirono per mancanza di aiuto, e altri, sebbene fosse stata prestata grande cura; non fu trovato alcun rimedio che potesse alleviarli, perché ciò che faceva del bene ad alcuni danneggiava altri; finalmente il contagio ha raggiunto coloro che assistevano i malati, ed è questo che ha prodotto il disastro più grande»13

Quello che Cipolla aveva definito “nemico invisibile” è rimasto, nell’immaginario collettivo anche della contemporaneità, tale. De Jaucourt, chiudendo la voce del dizionario, ricordava al lettore l’abbondanza di letteratura sul tema quasi a commento di un eccesso di produzione, di pareri e di ipotesi che risultavano poco utili ai fini del superamento di una piaga che con una contabilità triste presentava ciclicamente il suo conto. Considerazione, anch’essa, quanto mai significativa e interessante rispetto all’oggi verso una scienza necessaria ma anche limitata. Muovendosi nel labirinto dei trattati il medico enciclopedista attraverso la sua voce, ancora una volta particolarmente evocativa, tenta di consigliare al lettore rimedi utili al contenimento:

Il semble que le meilleur moyen de se garantir de la peste, serait de fuir de bonne heure les lieux où elle règne. Si cela n'est pas possible, il faut tâcher de se séquestrer dans un domicîle convenable, bien aéré, y éviter, autant qu'on peut, toute communication au-dehors ; vivre sans frayeur, user d'acides, en particuliers de citrons, se gargariser de vinaigre, s'en laver le corps, les hardes, etc. purifier l'air des appartements par la vapeur du bois et des baies de genièvre, user d'aliments opposés à la pourriture, et pour boisson de vins blancs acidules par préférence aux autres.14

Ultima declinazione di peste è quella chiamata Peste d’Orient nella sezione di Storia della medicina. Le auctoritates sono quelle di Evagrio e Procopio di Cesarea e l’evento raccontato è quello noto come la peste di Giustiniano diffusasi tra il 541 e il 542.15 A ricorrere sono i medesimi interrogativi che, espressi nella dimensione evenemenziale, diventano il metodo enciclopedico. Lo smarrimento della popolazione, l’osservazione dei fenomeni (dai sintomi alle possibili cure), i pareri dei medici e gli insuccessi delle terapie, le ipotesi sulla diffusione dell’epidemia in alcune categorie. Il corpo è osservato, diventa il laboratorio per eccellenza e la dimensione religiosa appare sempre meno pertinente. La fiducia riservata alla medicina non è illimitata e l’evento del passato, pur spoglio di tutta la dimensione leggendaria, è guardato con inquietudine e timore.

«Questa piaga durò quattro mesi a Costantinopoli, dapprima con sufficiente benignità; ma poi con tale furia, che il numero dei morti salì a diecimila in un giorno. All'inizio furono sepolti con cura, ma alla fine tutto cadde nell'ultima confusione: i servi non avevano padroni, e i ricchi non avevano servi che li servissero. In questa città afflitta, si vedevano solo case vuote, i negozi e le botteghe non erano più aperti; tutto il commercio di sussistenza stesso era annientato». 16

Non c’è più tempo per la pietà riservata alla morte. Troppi i cadaveri per darne cristiana sepoltura. Il passaggio epidemico sconvolge il quotidiano, scombina l’ordine cetuale così che il servo e il padrone diventano insignificanti categorie. Case vuote e negozi chiusi. La miseria domina su tutto. Riprendendo Procopio l’enciclopedista cinicamente commenta tale desolazione ricordando che i più sfortunati hanno lasciato la loro triste vita, mentre quelli che vivevano in modo disordinato sono ritornati, superata la peste, a vivere come erano soliti.

La voce enciclopedica, nella sua tripartizione tematica, pare voler consegnare al lettore di oggi, che vive immerso in una forma severa di epidemia, non solo l’esperienza del passato ma una riflessione ampia sulle medesime questioni. La medicina del presente, perfezionata e necessaria, mostra i suoi limiti e la sua complessità. Certamente Louis de Jaucourt non si risparmia nel mostrare tutti i progressi di una disciplina che rimane centrale in questa discussione. Non c’è dubbio che il dialogo lo si possa realizzare solo con l’evidenza del dato empirico e l’ascolto della storia delle civiltà. Nel sistema figurato delle conoscenze la posizione della storia civile segue ormai un percorso diverso da quello della storia religiosa ed ecclesiastica. Del resto la voce Histoire curata da Voltaire nell’Encyclopédie richiamava tale distinzione e ai fatti religiosi riservava il carattere di rispettabilità muovendosi lui però su sentieri di verità.17

Le domande sull’origine dell’epidemia, sulle forme di diffusione e sulla tenuta dei soggetti sembrano essere molto attuali. La fiducia riservata all’uomo e alle sue azioni, ieri come oggi, mostra un disagio preoccupato.

 

Vincenzo Lagioia

 

NOTE:


1 La bibliografia sull’Encyclopédie e sul ruolo delle discipline all’interno dell’opera è imponente. Senza pretesa di esaustività si rimanda a J. Proust, Diderot et l’Encyclopédie, Paris 1962; R. Darnton, L'aventure de l'Encyclopédie, Paris 1982; W. Tega, L’unità del sapere e l’ideale enciclopedico, Bologna 1983; Id., Arbor scientiarum. Enciclopedie e sistemi in Francia da Diderot a Comte, Bologna 1984; il classico H. Blumenberg, La leggibilità del mondo, trad. it., Bologna 1984; M. Groult (éd.), L’Encyclopédie ou la création des disciplines, Paris 2003; il numero speciale di «Corpus», 51 (2006), a cura di F. Guénard, F. Markovits, M. Spallanzani, L’ordres des renvois dans l’Encyclopédie; P. Quintili, Illuminismo ed Enciclopedia, Roma 2003.
2 Si veda per approfondire J. Haechler, L'Encyclopédie de Diderot et de Jaucourt: essai biographique sur le chevalier Louis de Jaucourt, Paris 1995; L. Delia, Crime et châtiment dans l'Encyclopédie. Les enjeux de l'interprétation de Montesquieu par de Jaucourt, in «Dix-huitième siècle», n. 41 (2009), pp. 469-486; W. Raupp: JAUCOURT, Louis, Chevalier de, in Biographisch-Bibliographisches Kirchenlexikon (BBKL), Band 36, Bautz, Nordhausen 2015, pp. 650-657.
3 Encyclopédie ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers, Neufchatel, chez Faulche, tome XII, pp. 456 et ss., en ligne https://gallica.bnf.fr. (la traduzione è mia).
4 Sulla peste la bibliografia è altrettanto notevole. Ricorderò alcuni titoli più significativi legati a tematiche specifiche. Sull’impatto della peste nelle città italiane di età moderna, tra medicina, religione e politica sanitaria (utile anche per tutta la bibliografia precedente): J. Henderson, Florence Under Siege. Surviving Plague in an Early Modern City, New Haven-London 2019. Per un profilo medico sulla peste: S.K. Cohn, Cultures of Plague. Medical Thinking at the End of the Renaissance, Oxford 2010. Sulle reazioni della politica e della società europea alle pesti: C.M. Cipolla, Contro un nemico invisibile. Epidemie e strutture sanitarie nell’Italia del Rinascimento, Bologna 1976; Id., Il pestifero e contagioso morbo. Combattere la peste nell’Italia del Seicento, Bologna 1981; J.-N. Biraben, Les hommes et la peste en France et dans les pays européens et méditerranéens, Paris 1976; A. Pastore, Crimine e giustizia in tempo di peste nell’Europa moderna, Roma 1991; G. Benvenuto, La peste nell’Italia della prima età moderna. Contagio, rimedi, profilassi, Bologna 1995; J. Stevens Crawshaw, Plague Hospitals. Public Health for the City in Early Modern Venice, Farnham 2012. La peste nella letteratura: C. Geddes da Filicaia, Peste. Il flagello di Dio fra letteratura e scienza, Firenze 2005; B. Hobart, La Peste à la Renaissance. L’imaginaire d’un fléau dans la littérature au XVIe siècle, Paris 2020. Peste e religione: P. Martin, Les religions face aux épidémies. De la peste à la Covid-19, Paris 2020.
5 In Raccolta di avvertimenti et Raccordi per conoscere la Peste, Venezia, Presso Combi, 1682, pp. 17-18.
6 Sulla medicina astrologica si veda il saggio di C. Pennuto, La medicina astrologica: nascite, pesti e giorni critici, in Interpretare e curare. Medicina e salute nel Rinascimento, a cura di M. Conforti, A. Carlino, A. Clericuzio, Roma 2013, pp. 55-76.
7 Encyclopédie ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers, cit., p. 452.
8 L.A. Muratori, Del governo della peste, Modena, Per Soliani, 1714, p. 2.
9 Encyclopédie ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers, cit., p. 452 (la traduzione è mia).
10 Si veda per approfondire G. Alfani, Plague in seventeenth-century Europe and the decline of Italy: an epidemiological hypothesis, in «European Review of Economic History»,17/4 (November 2013), pp. 408-430
11 Encyclopédie ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers, cit., p. 457. Sulla peste di Marsiglia si veda G. Buti, Colère de Dieu, mémoire des hommes. La peste en Provence 1720-2020, Paris 2020.
12 Sul ruolo della conoscenza scientifica nel pensiero illuminista si veda R. Porter (ed.), Medicine in the Enlightenment, Amsterdam-Atlanta 1995; E. Tortarolo. L’Illuminismo, Roma 1999, pp. 63-88; O.P. Grell, A. Cunningham (eds.), Medicine and Religion in Enlightenment Europe, Aldershot 2007; anche gli aggiornamenti presenti in V. Ferrone, Il mondo dell’Illuminismo. Storia di una rivoluzione culturale, Torino 2019.
13 Encyclopédie ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers, cit., p. 456.
14 Ibidem.: «Sembra che il modo migliore per evitare la peste sarebbe fuggire presto dai luoghi in cui regna. Se questo non è possibile, dovresti cercare di sequestrarti in una casa adatta e ben ventilata, per evitare, per quanto possibile, ogni comunicazione all'esterno; vivi senza paura, usa gli acidi, in particolare i limoni, fai i gargarismi con l'aceto, lava il corpo, i vestiti, ecc. purificare l'aria degli appartamenti dai vapori del legno e delle bacche di ginepro, utilizzare cibi contrari al marciume, e bere vini bianchi aciduli a preferenza di altri.»
15 Su questo, per approfondire, si veda K.L. Lester (ed.), Plague and the End of Antiquity: The Pandemic of 541-750, Cambridge 2006.
16 Encyclopédie ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers, cit., p. 458.
17 « Il y a l'histoire des opinions, qui n'est guère que le recueil des erreurs humaines ; l'histoire des Arts, peut-être la plus utile de toutes, quand elle joint à la connaissance de l'invention et du progrès des Arts, la description de leur mécanisme ; l'Histoire naturelle, improprement dite histoire, et qui est une partie essentielle de la Physique. L'histoire des événements se divise en sacrée et profane. L'histoire sacrée est une suite des opérations divines et miraculeuses, par lesquelles il a plu à Dieu de conduire autrefois la nation juive, et d'exercer aujourd'hui notre foi. Je ne toucherai point à cette matière respectable», in Encyclopédie ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers, cit., tome VIII, p. 220.

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