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Rivista di etica e scienze sociali / Journal of Ethics & Social Sciences

Testi 1

 

PREMESSA

pdfIn un’ottica aristotelico-tomista lo scopo dell’etica non è sapere cosa è buono e giusto, ma è diventare buoni e giusti attraverso il concreto l’agire:

“Poiché dunque la presente trattazione non mira alla contemplazione come le altre (infatti, noi [in etica] ricerchiamo non per sapere che cosa è la virtù, bensì per diventare buoni, giacché altrimenti la nostra ricerca non avrebbe alcuna utilità), è necessario esaminare ciò che riguarda le azioni, per sapere come dobbiamo compierle” (Aristotele, Etica Nicomachea, Lib.II c. 2 1103b26-28, corsivi aggiunti)

Come filosofo e come piccolo imprenditore sono sempre rimasto colpito e stimolato da questa tesi, la quale propone un’etica che deve essere strutturalmente costituita da principi e da azioni concrete. Questa prospettiva, se presa seriamente, significa che:

- un’etica sociale che enuncia solo definizioni o precetti: così fanno quei docenti che vogliono spiegare agli imprenditori come realizzare un’azienda etica, senza però averla mai realizzata loro stessi;
- d’altro canto un agire che voglia essere imprenditorialmente responsabile resta velleitario e cieco se non si colloca entro un orizzonte teorico adeguato.

Alla luce di questa prospettiva, proporrò una riflessione sull’attualità dell’etica sociale divisa in due sezioni:

- una parte teorica dove mostrerò che il problema fondamentale che l’etica oggi deve fronteggiare è quello del Sistema Tecnico-Economico, che con la sua logica auto-accrescitiva permea ogni settore della società [1-2];
- una parte pratica in cui si propongono azioni concrete che vanno realizzate se si vuole uscire dall’insostenibile orizzonte in cui ci troviamo immersi [3-4].

 

1. I PRINCIPI E IL PROBLEMA FONDAMENTALE

Oggi l’etica sociale deve essere innanzitutto consapevole che il problema fondamentale alla luce del quale deve proporre le proprie riflessioni è quello del Sistema Tecnico-Economico1. Questo “concetto” non va banalmente confuso con gli oggetti tecnologici (ad es. un computer) che sono, casomai, i suoi prodotti.

Il STE si può così indicativamente definire:

- un sistema è un insieme di elementi tutti connessi tali che una variazione su uno implica una variazione su tutti.
- il Sistema Tecnico-Economico (STE) è un sistema composto essenzialmente da tre elementi:

A) la produzione-lavoro
B) i consumi-bisogni
C) l’istruzione-ricerca scientifica

In tale sistema infatti ogni elemento influenza gli altri dato che:

- una a nuova produzione (ad es. lo smartphone) fa nascere nuovi bisogni (il desiderio di essere connessi con tutto) che causano nuove scoperte (la rete 5G) o, viceversa, una nuova scoperta (ad esempio la modificabilità del DNA) implica la nascita di nuovi bisogni (prevenire malformazioni) che inducono a nuove produzioni (cliniche in cui poter fare tali interventi sul genoma) [A ↔ B ↔ C];
- la nascita di un nuovo bisogno (ad es. esser sicuri che i nostri dati siano salvati) implica la ricerca su nuovi strumenti (ad esempio bande dati sempre più potenti) che poi portano alla produzione di nuovi oggetti (server che ospitano i nostri dati in Cloud) o, viceversa, la produzione di nuovi oggetti (ad esempio i robot) implica una modifica nell’istruzione (per cui serviranno sempre più ingegneri informatici) che possa garantire di soddisfare a valle i consumi dei beni prodotti [B ↔ C ↔ A],
- una nuova scoperta (ad es. l’entanglement nella meccanica quantistica) può portare a nuove produzioni (sistemi di sicurezza innovativi) per soddisfare nuovi bisogni (maggior sicurezza) o, viceversa, nuovi bisogni (ad es. consumare in modo da preservare l’ambiente) portano a nuove produzioni (di auto elettriche) che richiederanno nuove competenze scientifiche (nel campo delle batterie) [C ↔ A ↔ B].
Tutto questo per dire che in questo sistema non c’è un inizio e una fine, ma ogni elemento influenza gli altri simmetricamente e transitivamente.



Il “movimento” che caratterizza questo sistema che inizia a costituirsi con la rivoluzione industriale, è un auto-accrescimento esponenziale. La crescita esponenziale di popolazione, produzione, consumi, efficienza produttiva, e dunque di sfruttamento delle risorse naturali è infatti la cifra caratteristica della storia economica e sociale a partire dalla rivoluzione industriale del XIX secolo2, tanto che oggi ci troviamo a vivere immersi in un ambiente tecnico in cui, ovunque ci volgiamo, troviamo sempre nel nostro orizzonte oggetti tecnologici.

Si può rappresentare quanto detto con il seguente schema

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Per l’etica deve essere soprattutto chiaro che questo sistema non può essere indirizzato a dei fini perché ha come unico movente il suo auto-accrescimento. In poche parole: il Sistema Tecnico-Economico non si governa, ma piuttosto ci governa. Ormai la cosa è evidente anche nel linguaggio corrente, in cui tranquillamente si ammette che servono più ingegneri informatici che devono essere al servizio dei robot per garantirne il perpetuo funzionamento; oppure si afferma serenamente che oggi l’uomo è diventato oggetto della ricerca scientifica e prodotto dell’industria genetica.

 

2. IL CONTESTO E IL COMPITO

La crisi legata al Covid-19 ha mostrato ancora una volta la logica del Sistema Tecnico-Economico. Da un lato, la repentina diffusione del Covid 19 è dovuta essenzialmente all’interconnessione di ogni parte del pianeta, che ha permesso un andamento esponenziale e globale dei contagi. Dall’altro, il STE non solo pone un problema (diffusione repentina di virus) ma trova anche la sua soluzione: tutti siamo infatti giustamente lieti della scoperta di un vaccino da parte della ricerca scientifica, che ora viene prodotto dall’industria che ha sovvenzionato le ricerche, e che tutti noi speriamo di “consumare” quanto prima.

Il dramma del Covid-19 ha anche reso ancor più evidente come i tecnici e i politici siano al totale servizio del Sistema Tecnico-Economico, perché le loro decisioni sono necessariamente orientate a garantirne la sua continua crescita, senza nessuna vera libertà di scelta. Non è forse vero che durante il primo lockdown di Marzo 2020, almeno in Italia, i politici hanno fissato norme per garantire prima di tutto la prosecuzione del circolo produzione-consumo chiudendo, con il consenso di tutte le parti sociali, prima di tutto i luoghi “inutili” della cultura (musei, biblioteche) e della spiritualità (chiese, moschee, sinagoghe)? E non è forse vero che i politici, per le loro decisioni, sono ricorsi a tecnici (epidemiologi, medici, economisti) per avere da loro indicazioni tecniche cogenti sul contenuto dei provvedimenti più efficienti per limitare il rallentamento nel sistema tecnico-economico?

Ora, alla luce di questo orizzonte, il compito ineludibile a cui un’etica sociale deve attendere è combattere questo STE attuando le azioni concrete più adatte per disinnescarlo e aprire così i sui elementi (produzione, consumo, istruzione) verso un fine pienamente umano.

Qui però la parola “fine” va intesa in tutta la sua serietà. Indicativamente, il fine è ciò raggiunto il quale un’azione cessa: un moto che ha come fine la destinazione D, cessa quando raggiunge il punto D. Ora, si noti come il STE non è mosso da fini, perché l’auto-accrescimento continuo che lo muove non ha un punto raggiunto il quale questo cesserà di crescere. Anche ora, infatti, nonostante l’evidenza che un tale STE comincia a dare segni di cedimento3, si continua a proporre come scopo supremo la ripartenza verso una nuova e ulteriore crescita in-finita. In questo senso, STE rifiuta strutturalmente di pensare una sua “fine”, per cui il fine sembra implicare una modalità operativa capace di modificare e disinnescare la logica infinita del sistema.

 

3.4 AZIONI E FINI

Questa breve analisi resterebbe un vuoto e astratto esercizio se, come detto all’inizio, non le si affiancassero anche azioni concrete che permettano, in qualche modo, di andare verso il “disinnescamento” del STE. Ne proporrò solo alcune, che io stesso sto cercando di praticare, e che sono ispirate a una triplice distinzione proposta da Adriano Olivetti, il quale teorizzò e realizzò la sua azione imprenditoriale tenendo presente non solo il profitto, ma tre finalità essenziali dell’impresa ovvero l’elevazione materiale, sociale e culturale del territorio in cui opera:

“Può l'industria darsi dei fini? Si trovano questi semplicemente nell'indice dei profitti? Non vi è al di là del ritmo apparente, qualcosa di più affascinante, una destinazione, una vocazione anche nella vita di una fabbrica? Possiamo rispondere: c'è un fine nella nostra azione di tutti i giorni. [...] La fabbrica di Ivrea, pur agendo in un mezzo economico e accettandone le regole, ha rivolto i suoi fini e le sue maggiori preoccupazioni all'elevazione materiale, culturale, sociale del luogo ove fu chiamata ad operare,” (Adriano Olivetti, Discorso del 1955 agli operai di Pozzuoli, Edizioni Comunità, Roma-Ivrea, 2012, p. 56)4

 

Piano economico

Sul piano economico materiale è urgente cambiare il criterio con cui si misurano le performance delle imprese o delle nazioni. In questo senso il PIL risulta oggi non solo insufficiente, ma anche fuorviante, perché non cattura tanti aspetti fondamentali di una realtà che voglia davvero migliorare la qualità della vita o la felicità dei suoi stakeholders. Ormai in merito esistono tantissime opzioni di misura alternative: si tratta solo iniziare ad usarle davvero5.

Sempre a livello economico, soprattutto in Italia, va posto come prioritario il tema della denatalità, che, con la crisi del Covid-19, ha subito un ulteriore decremento negativo6. Nessuna economia può reggersi se la popolazione continua a diminuire7.

Infine, l’Italia possiede il maggior numero di siti Unesco al Mondo (55, al pari della Cina8) e un patrimonio enogastronomico di valore assoluto: con questo capitale difficilmente si spiega il sesto posto mondiale come entrate turistiche nel 20189. Il turismo è una risorsa che crea e diffonde benessere, bellezza e cultura, in cui si deve investire maggiormente.

 

Piano Sociale

Su questo piano, l’etica deve recepire e diffondere quelle pratiche di responsabilità sociale d’imprese e/o di sviluppo sostenibile10 e benefit corporation11, che sempre più stanno entrando nel tessuto economico e politico delle nazioni.

Nel 2015 l’ONU ha inoltre fissato diciassette obiettivi da raggiugere entro il 2030, che riguardano il miglioramento del pianeta a tutti i livelli, tra i quali ricordo: lotta alla povertà, energia pulita e accessibile, riduzione delle disuguaglianze, realizzazione di città e comunità sostenibili, preservazione della vita sulla terra.

Chiunque propone un’etica per il futuro deve iniziare a realizzare per primo delle azioni che vadano verso questa direzione12.

 

Piano Culturale

A livello educativo, occorre diminuire la distanza tra la cultura e l’ambito lavorativo- produttivo. La dimensione del fare in è davvero fonte reale di insegnamenti anche a chi studia materie apparentemente solo teoriche (scientifiche o letterarie che siano). Ma allo stesso tempo, la dimensione del lavoro va vivificata e ampliata nelle sue prospettive evitando che si chiuda in un agire acritico che disprezza la riflessione13.

Detto questo, occorre però capire che l’azione culturale più necessaria per combattere il processo infinito del sistema tecnico è la diffusione dell’idea di “inutilità”. Solo le azioni inutili possono dare un senso ultimo alla catena dei fini, ed evitare che questa catena si chiuda circolarmente su sé stessa14. Una cultura inutile è una cultura fine a sé stessa e proprio per questo suo non servire a nulla risulta essere la più libera e la più necessaria per dare un senso e un fine all’agire15. Il gioco16, la riflessione filosofica17, la contemplazione artistica, la meditazione spirituale sono attività fini a sé stesse e, in quanto tali, vanno insegnate e diffuse nelle scuole e università di ogni ordine e grado.

 

5. CONCLUSIONE

Affinché l’etica sociale produca oggi effetti positivi, non basta comprendere il problema posto dal Sistema Tecnico-Economico e prendere coscienza che per “risolverlo” è necessario agire concretamente. Serve anche essere consapevoli che per cambiare l’orizzonte tecnocratico in cui siamo immersi servirà tempo e paziente determinazione. Il compito è certo immane, per quanto ineludibile, ma non bisogna farsi prendere dall’angoscia e dallo scoramento. Siamo limitati e non possiamo cambiare tutto subito: possiamo però impiegare il tempo che ci è dato per una giusta e buona causa, come dice Gandalf (il saggio “mago” del Signore degli Anelli) riguardo al titanico compito affidato al mezzuomo Frodo di portare l’Anello del Potere alla distruzione:

“Vorrei che non fosse successo nel corso della mia vita” disse Frodo.

“Anch’io,” disse Gandalf, “e così tutti quelli che in vita loro sono testimoni di tali epoche. Ma non spetta a loro decidere. Tutto ciò che possiamo decidere è come disporre del tempo che ci è dato […]. Non spetta però a noi regolare tutte le maree del mondo, bensì fare quanto è in noi per la difesa di quegli anni in cui siamo collocati, estirpando il male nei campi che conosciamo, in modo che chi vivrà dopo di noi abbia terra sana da coltivare. (J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli, I.ii, L’ombra del passato; V.ix, L’ultima Discussione, Bompiani, Milano, 2020)

 

 Claudio A. Testi

 

 

NOTE:

1 L’autore che per primo ha con lucidità analizzato il sistema tecnico è Jaques Ellul in una trilogia costituita da: La Tecnique òu l’enjeu du siècle, Armand Colin, Paris 1954; Le Système technicienne, Calmann-Levy, Paris, 1977 (Il sistema tecnico: la gabbia delle società contemporanee, tr.it. di G. Carbonelli, Jaca Book, Milano 2009), Le Bluff Technologique, Hachette, Paris, 1988.
2 La crescita esponenziale di tutte le componenti socio-economiche era già rilevata con preoccupazione dal Club di Roma, che negli anni ’70 fece pubblicò il celebre volume, tutt’ora consultabile con profitto, I limiti dello sviluppo (Donella H. Meadows, Dennis L. Meadows; Jørgen Randers; William W. Behrens III, The Limits to Growth, Roma, 1972), poi aggiornato trent’anni dopo con il volume di Donella Meadows-Dennis Meadows-Jørgen Randers, The Limits of Growth: the 30-years update.
3 Si pensi solo agli ultimi trent’anni della storia italiana: crisi monetaria (1992), crisi legata alla due torri (2001), crisi finanziaria (2009), crisi del debito sovrano (2012), crisi sanitaria causata dal Covid-19 (2020).
4 Di Olivetti si legga anche Fine e Fini della Politica, Rubettino, Soveria Mannelli, 2009.
5 Tra le tante si ricordi l’importante volume di Stiglitz Joseph - Sen Amartya - Fitoussi Jean Paul, La misura sbagliata nelle nostre vite. Perché il PIL non basta più per valutare benessere e progresso sociale Etas, Milano, 2010 (edizione originale: Mismeasuring our Lives, New Press, 2010).
6 “Nella demografia di questa Italia del 2020, due sembrano essere i confini simbolici destinati a infrangersi sotto i colpi del COVID-19 e dei suoi effetti, diretti e indiretti: il margine superiore dei 700 mila morti – oltre il quale nell’arco degli ultimi cent’anni ci si è spinti giusto all’inizio (1920) e quindi nel pieno dell’ultimo conflitto mondiale (1942-1944) – e il limite inferiore dei 400 mila nati, una soglia mai raggiunta negli oltre 150 anni di Unità Nazionale. Si tratta di due sconfinamenti che, di riflesso, spingerebbero il valore negativo del saldo naturale oltre le 300 mila unità; un risultato che, nella storia del nostro Paese, si era visto unicamente nel 1918, allorché l’epidemia di “spagnola” contribuì a determinare circa metà degli 1,3 milioni dei decessi registrati in quel catastrofico anno” (Gian Carlo Bagnardo, “Primi riscontri e riflessioni sul bilancio demografico del 2020”, https://www.istat.it). La popolazione italiana è in costante decremento e progressivo invecchiamento dal 2014 (https://www.tuttitalia.it) e l’Ocse prevede che nel 2051 ci saranno più pensionati che lavoratori (https://www.ilsole24ore.com).
7 A Modena partecipò attivamente a un progetto promosso da Università e Comune dedicato proprio a questo tema.
8 http://www.unesco.it
9 https://www.bancaditalia.it
10 Nel 2015, assieme a altri imprenditori, abbiamo fondato l’Associazione per a responsabilità sociale d’impresa, che ha come fine quello di promuovere progetti socialmente rilevanti e diffondere questo modo responsabile e sostenibile di praticare l’economia (https://www.associazioneperlarsi.it/).
11 Le Società Benefit sono aziende a duplice finalità che perseguono volontariamente, nell’esercizio dell’attività d’impresa, oltre allo scopo di lucro anche una o più finalità di beneficio comune (cfr. https://www.societabenefit.net/).
12 Su questi temi si consulti Giovannini Enrico, L’utopia possibile, Laterza, Bari, 2018.
13 In questo senso la legge sull’alternanza scuola lavoro del 2015 va vista, se ben applicata, come una opportunità positiva. Ho personalmente ospitato in Socfeder S.p.A., azienda di cui sono amministratore unico, diversi studenti in alternanza e il risultato finale, a detta di tutte le persone coinvolte, è stato positivo e costruttivo. Si possono vedere alcuni dati in merito sul report sostenibilità 2019 (http://www.socfeder.it).
14 Se ogni azione avesse un fine diverso da sé, si aprirebbe un regresso all’infinito (A è fine di B, B è fine di C. … all’infinito) oppure l’agire dovrebbe chiudersi su sé stesso all’in-finito, come avviene in STE (A è fine di B, B è fine di C, C è fine di A): solo se esistono azioni fine a sé stesse (per cui C è fine di C), la catena dei fini è teoricamente concepibile ed esistenzialmente sensata.
15 Cfr. nota precedente.
 16 Non a caso il concetto di “flusso”, usato oggi per spiegare lo stato di felicità provato in particolare nel gioco, è basato sull’idea aristotelica dell’essere felice, la quale è un’attività fine a se stessa (cfr. Mihaly Csikszentmihalyi, Flow: The Psychology of Optimal Experience, Harper Perennial Modern Classics, London, 2008).
17 Con l’Istituto Filosofico di Studi Tomistici di Modena dal 1988 promuoviamo un’attività culturale che cerca di diffondere la filosofia come esperienza di vita pienamente umana. 

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