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Rivista di etica e scienze sociali / Journal of Ethics & Social Sciences

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La buona notizia è che, con un occhio a come si vanno diffondendo le pratiche dell’economia circolare, si scopre che un italiano su quattro usa almeno una volta l’anno le risorse messe a disposizione dalla cosiddetta economia “condivisa” (sharing economy in inglese), parte non irrilevante dei fenomeni circolari. Uber, Airbnb e Bla bla car sono le potenzialità a pagamento più gettonate, seguite dalla galassia di piccole opportunità fruibili gratuitamente o attraverso baratto di servizi. L’interesse crescente spiega il lancio del primo festival dedicato a questo tipo di economia, tenuto a Ferrara dal 20 al 22 maggio.
Secondo le previsioni, dai 13 miliardi di fatturato attuale, l’economia condivisa globale dovrebbe in dieci anni andare oltre il valore di 300 miliardi. In Italia siti e app di condivisione superano già il numero di 200 e, con i tempi che corrono in fatto di occupazione e curva della domanda, non potranno che crescere ulteriormente. Il tutto in applicazione del ben conosciuto principio socratico: “Se guardate tutto ciò che è messo in vendita, scoprirete di quante cose potete fare a meno”.

Se economie e processi collaborativi appaiono il fenomeno più evidente del rifiuto, da parte di estesi ceti sociali e intellettuali, dell’economia di produzione e scambio ottocentesca, in particolare nella versione pervertita dalla bulimia della finanza contemporanea, è nel modello di economia “circolare” che va a ricomporsi la proposta di nuova economia. Per essere tale, ovvero sostitutiva, questa non può che proporsi, come scrivo nell’articolo che appare di seguito, quale sistema alternativo a quello fondato sulla cultura della produzione e del consumo ad ogni “costo”, generatore di spreco e scarto, conseguentemente d’inquinamento e rovina della biosfera. Indagando sulle motivazioni che spingono sempre più persone e ceti a optare per le forme di comportamenti che rendono circolare l’economia, non casualmente si ritrovano, oltre alla scontata motivazione al risparmio (41% degli intervistati da Tns con risposta multipla), la consapevolezza di fare una scelta intelligente (39%), che dona opportunità economiche ad altri (32%) e tiene alla larga il consumismo (33%).

Basterebbero queste risposte, per spiegare l’interesse di Oikonomia al fenomeno dell’economia circolare. Vi si ritrovano razionalità, generosità, spiritualità, quindi etica come scrive Compagnoni nel suo contributo alla monografia: “In realtà quando si parla di economia circolare, di sviluppo sostenibile, si è necessariamente vicini alla riflessione etica”. Un concetto che, sul piano strettamente tecnico, viene ripreso nella citazione che l’autore fa dell’enciclica Laudato si’: “Non si è ancora riusciti ad adottare un modello circolare di produzione che assicuri risorse per tutti e per le generazioni future, e che richiede di limitare al massimo l’uso delle risorse non rinnovabili, moderare il consumo, massimizzare l’efficienza dello sfruttamento, riutilizzare e riciclare”. Sofocle in Edipo a Colono, quasi due millenni e mezzo fa, già scriveva: “Chi vuole vivere oltre il limite giusto e la misura, perde la mente ed è in palese stoltezza”. Compagnoni aggiunge che è anche responsabile, e talvolta criminale, nel suo comportamento. E che quindi, si tratti di individuo, di impresa o di nazione, è giusto e doveroso che paghi e operi per sanare i danni compiuti. Anche perché questi cadono soprattutto sui poveri, individui o nazioni che siano.

Conferma arriva da alcuni dati appena forniti dall’Organizzazione mondiale della sanità, Oms sul rapporto tra ambiente e malattie, che costano al genere umano 12,6 milioni di morti l’anno, e svariate decine di milioni di malati più o meno cronici. La maggior parte dei colpiti sono nel sud est asiatico e nel Pacifico occidentale, luogo privilegiato dei nuovi industrializzati e delle crescite a due cifre, anche se quasi un milione e mezzo di decessi si colloca in Europa.
Nei paesi poveri si conta il più alto numero di bambini sotto i cinque anni, vittime dell’inquinamento. Si conferma che i poveri vivono meno (sta diventando vero anche in Italia nel rapporto tra sud e centro-nord) e spesso a causa dell’impatto ambientale negativo.

Giustamente Conti si chiede, nel suo contributo, se il genere umano stia scegliendo di autodistruggersi via inquinamento da capitalismo, o intenda invece accettare finalmente i diritti e i bisogni della complessità ambientale. E’ anche una questione di conoscenze adeguate a carattere interdisciplinare, assenti con evidenza nei comportamenti irrazionali dei decisori pubblici e privati. I primi devono dare razionalità all’evoluzione delle normative rendendole compatibili con i limiti ambientali; i secondi devono accettare l’eventuale movimento in detta direzione, mettendo al suo servizio l’evoluzione scientifica e tecnologica. La questione ambientale, conferma l’articolo, è il punto nodale della questione sistemica indicata come ineludibile dal movimento verso la revisione circolare dell’economia capitalistica.

Di interesse capire cosa, le aree sviluppate sotto il profilo economico, ritengano di poter proporre, per curare l’enorme vulnus che il modo di produrre e vendere capitalistico arreca all’oikos umano. Sala spiega cosa l’Unione Europea sta facendo per facilitare la penetrazione, nelle società dei Ventotto, dell’economia circolare. Le prime idee della Commissione sulla materia, sono del settembre 2014. Il provvedimento attualmente in gestazione legislativa è del dicembre 2015. Si punta alla revisione e aggiornamento delle direttive su imballaggi, rifiuti da imballaggio, rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche, discariche. In molti, anche in ambito istituzionale europeo, hanno rilevato, rispetto al pacchetto del 2014, ripiegamenti e scelte al ribasso, anche se non manca qualche aspetto migliorativo, ad esempio in materia di obsolescenza programmata dei prodotti.

In quest’ambito risultano di interesse le esperienze che le imprese iniziano a maturare sul campo. Significativa quella narrata da Bonati, anche perché riguarda un settore, quello della finanza, spesso sotto schiaffo. Etica Sgr sostiene gli investimenti socialmente responsabili, integrando l’analisi finanziaria con quella ambientale e sociale. I fondi vanno dove si ritiene siano vigenti i principi dei “valori responsabili”: evidentemente non in settori come armamenti, tabacco, gioco d’azzardo, pesticidi, ma anche, di recente, banche e assicurazioni, petrolifero ed estrattivo.

Nello “Spazio Aperto”, Crosthwaite analizza la questione identità e appartenenza, applicandola alla comunità dei padri Predicatori. I Millennials, identificati da PewResearchCenter come “burdened by debt, distrustful of people, in no rush to marry, and optimistic about the future”, sono correttamente accostati all’influenza dei mezzi di comunicazione di massa. Alla religiosità appaiono interessati più di altre generazioni, e lo “stile” domenicano corrisponde a molte delle loro attese.

Sulla rilevanza dei media nella vita politica, torna Samoilov, guardando al caso Ucraina. Nel ragionare sui limiti del regime democratico nel paese, afferma la dipendenza economica, politica e amministrativa dal potere pubblico di media che dovrebbero invece essere “custodi” della democrazia.

pdfPetrini e Riccio affrontano due questioni del tutto diverse, che tuttavia riportano sulla centralità della figura femminile nella storia. Da una parte l’economia della cura, che ha messo le donne accanto alla fragilità dell’essere umano per servirlo e assisterlo. Dall’altra il trionfo, in termini etnografici oltre che religiosi, di santa Rosa da Viterbo, attraverso un libro di recente pubblicazione.
La recensione di Russo porta all’attenzione del lettore un testo importante dove le istanze dell’economia, e in particolare della finanza, sono chiamate ad arrestarsi di fronte al necrologio ambientale.

La pagina classica di Carson echeggia lo stile degli utopisti alla Orwell. Obbligo di lettura per chi vorrà sapere di più sulla polverina malefica che fa la sua apparizione nella citazione.

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