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Rivista di etica e scienze sociali / Journal of Ethics & Social Sciences

 

 

pdfLa vita buona nell’economia e nella società è il titolo del saggio del professor Lorenzo Caselli, che immediatamente richiama uno dei temi cari all’etica classica ed in particolare aristotelica, quello appunto del soggetto chiamato a condurre la vita buona, quella vita che ha come compimento il bene proprio del soggetto stesso. Da un lato questa prospettiva può essere identificata con l’impegno personale ad una vita virtuosa – una vita guidata ad esempio dal perseguire la saggezza, la giustizia, il coraggio, la temperanza – dall’altro, argomento del saggio, la vita buona prende forma in una vita sociale, nel rapporto con i beni e con i bisogni dell’uomo che danno luogo all’attività economica, nel lavoro che diventa scopo da umanizzare, nelle dimensioni culturali caratterizzate dal confronto con le comunità naturali come la famiglia e con le pratiche sociali della cittadinanza e della formazione scolastica e universitaria. Questi ambiti sono i temi principali trattati da questo saggio. Solo attraverso la riscoperta delle dimensioni propriamente umane presenti in essi è possibile una vita buona, che poi non resti slegata dall’esperienza reale che vivono i soggetti. La vita buona non è altrove, ma sorge in questi ambiti rendendo possibile la realizzazione del soggetto.

All’inizio del libro l’autore si interroga se esista un bene oltre il benessere. Sorge il problema dei fini. Possiamo oggi parlare di fini nell’ambito della vita sociale, politica ed economica (p. 15)? Dall’incertezza che in generale si incontra nel rispondere a questa domanda, nascono le grandi contraddizioni del mondo odierno. Il percorso che il professor Caselli articola, vuole invece proporre dei motivi dapprima di analisi, poi di proposta e di conseguente speranza, per andare oltre questi “fallimenti” sociali ed economici. La realtà è sempre il punto di partenza che viene messa in dialogo con la proposta dell’etica sociale, in particolare, come afferma l’autore, con l’enciclica Caritas in Veritate di Benedetto XVI, che diventa argomento valoriale per ritrovare questa speranza del bene umano al centro dei progetti comuni delle persone (p. 18).

In realtà nel saggio non è solo l’ultima enciclica ad essere modello di confronto per la vita sociale, ma più in generale l’approccio al bene comune, con i correlati principi di solidarietà e sussidiarietà, e dunque l’approccio personalista ai problemi dell’economia e della società, fondante il pensiero sociale cattolico: «L’uomo vale per quello che è, non semplicemente per quello che ha o fa. E’ il centro ed il fine di tutta la vita economica e sociale» (p. 41).

Il tema della globalizzazione nella crisi introduce l’analisi dettagliata dei diversi aspetti sociali e culturali del mondo contemporaneo trattati nel lavoro. In breve si riesce a percepire quali siano le problematiche economiche e sociali a livello globale, e si coglie come l’interdipendenza sia al centro di ogni tentativo politico (p. 53). Gli scenari mondiali si dividono in quattro aree di riferimento – paesi a capitalismo avanzato, paesi emergenti globalizzati come Cina, Brasile e Russia, paesi a medio reddito, paesi poveri cui appartengono un miliardo di persone – che interagiscono tra loro e che spesso tendono a difendere interessi parziali anche a scapito delle realtà più deboli. In questo contesto si situa la spiegazione della crisi del 2008-2009, che – presentata in pochi punti - diventa molto meno oscura di quello che appare a chi non comprende le logiche finanziarie. Alla globalizzazione occorre dare una risposta politica a livello mondiale. In particolare si ricordano le proposte di remissione del debito, la “Tobin Tax”, una mozione di “governance” mondiale come quella fatta dal “Pontificio Consiglio della giustizia e pace”, che riprende le idee della Caritas in Veritate. In questo senso, alcune pagine finali su queste questioni ricordano come la società europea possa avere un ruolo trainante di guida della globalizzazione, perché meno legata alle sole logiche del capitalismo maggiormente liberista, e capace di valorizzare le forze sociali, i sindacati, le scuole; realtà che appartengono al suo tessuto sociale e che impediscono alle sole forze economiche di prevalere.

Il capitolo terzo del saggio è dedicato ai rapporti tra etica, economia e società. Nella prima parte troviamo un approfondimento teorico: in poche righe e con grande chiarezza vengono ricordati i rapporti tra etica ed economia (p. 84). Se la posizione classica, che nasce dall’idea di un sapere scientifico, anche per le scienze sociali, totalmente autonomo da ogni dimensione valoriale, è ancora sostenuta da molti, esistono poi delle riflessioni che vedono l’economia stessa quale portatrice di una dimensione morale, ad esempio l’utilitarismo, oppure posizioni che vedono etica ed economia come pensieri indipendenti che trovano la loro mediazione nella persona che agisce. Esiste però un quarto approccio: un’etica connaturata alla razionalità economica. Infatti poiché l’agire economico è un agire umano, sarà indirizzato al bene dell’uomo, dunque la razionalità economica deve tenere in conto l’ “umanizzazione” del sistema economico. In fondo questo quarto aspetto è la prospettiva del saggio e lo si scopre vedendo i temi che sono trattati in seguito: l’impresa, il lavoro, la famiglia, la cittadinanza e gli aspetti formativi nella scuola e nell’università.
Rinvio alla lettura di ciascuno di questi aspetti dove la vita buona a livello sociale non rimane sull’astratto dei principi – ai qyali sono dedicate le riflessioni etiche solo teoretiche di quegli studi che possiamo identificare con la morale sociale fondamentale - ma entra nel concreto dell’analisi dei fatti sociali ed economici, proponendo una serie di attività che possano favorire uno sviluppo reale da parte di soggetti a livello mondiale e italiano, in vista del bene comune.

Qui mi limito a riportare alcuni accenni che possono essere di stimolo alla riflessione.

Il primo riguarda l’etica dell’impresa. Essa è una grande sfida perché deve coniugare un’ “etica dell’impresa” ed un’ “etica nell’impresa”. E’ la dimensione relazionale che viene posta al centro, perché nell’impresa le relazioni interne ed esterne possano godere dei requisiti di professionalità, di trasparenza ed alleanza. All’esterno si traduce in un guardare a relazioni durature e sostenibili tra imprese e tra imprese e consumatori; all’interno, in relazioni di lavoro che permettano di crescere professionalmente e umanamente. Inoltre l’impresa ed i suoi manager non possono dimenticare una responsabilità sociale.

Il tema successivo è dedicato al lavoro. La questione centrale riguarda il valore del lavoro in sé, che non si riduce ad una prassi per il sostentamento dei soggetti, ma è sempre esperienza che è legata al senso del vivere. Ne è prova il fatto dell’indebolimento dei legami comunitari e sociali, se non anche di minaccia all’identità personale, che comportano una flessibilità estrema o la perdita del lavoro. Solo nel circolo virtuoso “sviluppo, lavoro, produttività” nascono delle opportunità per combattere la mancanza di lavoro. La proposta più profonda per queste prassi è investire nell’intelligenza (p. 123). Formazione, ricerca, reti di innovazione sono al centro di questo processo, che a partire da caratteristiche a “monte”, cioè un investimento iniziale in cultura, formazione, valorizzazione dell’ambiente, può portare dei frutti “a valle”, cioè a generare e far crescere nuove attività e dunque lavoro. In particolare per il caso italiano occorre ripartire dal Mezzogiorno, visto non come un problema da risolvere, ma come una opportunità da cogliere per fornire nuove vie di sviluppo; basti pensare alle risorse umane che vanno perdute con l’emigrazione interna ed esterna e che impoveriscono il capitale umano disponibile (p. 140).

Il terzo tema è la famiglia. Due sono i piani di indagine: esterno ed interno. Il primo è il ripensare la famiglia come risorsa sociale. Per questo le dinamiche economiche, anche per evitare un impoverimento delle stesse risorse generali in seguito al decremento demografico, non possono non tenere conto delle necessità familiari. Il professor Caselli afferma che una società equilibrata è quella dove la produzione del reddito non deve essere separata dalla produzione di senso (p. 165). Il secondo è inerente alle dinamiche interne della famiglia ed in particolare la possibilità di un patto di solidarietà tra i sessi a partire dai compiti di lavoro, proprio per ovviare al maggior peso che ricade sulla componente femminile nel conciliare gli impegni di famiglia e lavoro.

Il saggio si chiude con le riflessioni sulla cittadinanza e sulla formazione, in particolare scolastica e universitaria.

Cittadinanza è sottolineare come la città sia il crocevia del nostro tempo, perché in essa si concentrano le problematiche della post-modernità, ma allo stesso tempo, come dice il nostro autore, è: «luogo in cui sperimentare segni di cambiamento più ricchi in umanità» (p. 178).

La città e la cittadinanza debbono affrontare la sfida del nuovo welfare urbano. Ottica di base per sfidare questo problema, nel tempo della fine della disponibilità delle risorse statali, è il passaggio dal “welfare state” alla “welfare society”: un welfare che parte dalle forze in gioco a partire dalla società civile, e che vuole rispondere ai bisogni più reali dei cittadini. E’ la volontà di vivere assieme che pone le basi di convivenza possibile nella città e che richiede rapporti solidali di comunità, favoriti dai processi di governance messi in atto dalle istituzioni che guidano la stessa città. Un processo che deve rispettare i principi di sussidiarietà e di solidarietà.

Infine il mondo della scuola, che specialmente in Italia è stato oggetto di dismissioni e tagli di risorse. Ancora una volta, con molta precisione, vengono spiegate le difficoltà del sistema scolastico, dove spesso le differenze tra scuola e scuola vanno a scapito delle fasce più deboli della popolazione. La scuola invece deve tendere ad essere una “scuola dell’inclusione”, perché: «nell’ottica del bene comune l’accento va posto sul principio di non escludibilità ovvero sulla tendenziale inclusione di tutti» (p. 225).

Dopo averne descritto i punti salienti, tento un bilancio del libro. Il saggio di Lorenzo Caselli ha numerosi pregi:
a) coniugare grandi sintesi sulla situazione sociale economica e politica, cogliendone le fragilità maggiori;
b) riuscire a dire quali siano i fondamenti etici generali – il bene comune – e declinarli poi per le situazioni in cui oggi i soggetti si trovano a vivere e ad agire. Spesso infatti un’idea etica fondante – ad esempio il bene famigliare – trova poi una serie di soluzioni in cui viene promossa.
c) rispettare le specificità economiche e sociali, secondo la buona tradizione della “autonomia delle realtà terrene”. Allo stesso tempo i problemi economici e sociali non ricevono solo risposte quantitative - o detto diversamente - solo soluzioni solo tecniche, ma sono affrontati tenendo in conto le molte esigenze umane che non sono qualcosa a lato del mercato o della società, ma profondamente inserite nel loro buon funzionamento;
d) un’attenzione sempre ai soggetti sociali più deboli – donne, giovani, stranieri, aree e popolazioni sfavoriti a livello mondiale e italiano – che vuole far maturare la consapevolezza della necessità di creare delle situazioni di maggior giustizia.

Il libro si chiude con un richiamo nella postfazione ad un pensare l’azione politica dei cattolici. La via politica è la via per lo sviluppo e la promozione del bene comune. In alcune pagine precedenti Caselli ha ricordato che sfida etica, quali valori adottare e quale saggezza per l’uomo, sfida culturale, come ridonare un “senso” di maggior profondità ai vissuti personali e sociali, sfida politica, come realizzare la vita buona in società attraverso le scelte, sono strettamente unite. Certamente i cattolici hanno, in queste tre sfide, molto da dare attraverso la saggezza possibile del loro credere. Ma specie nella dimensione politica debbono impegnare tutte le loro forze nella costruzione di una casa comune con tutti quelli che vogliono affrontare questa sfida. Le mediazioni possibili sul fattuale, talvolta i compromessi in merito alle leggi, guarderanno sempre ad un “oltre” da realizzare, che peròpdf non deve, secondo la tradizione classica, impedire un bene possibile ora. Un richiamo pienamente sottoscrivibile e che - secondo le parole di Aldo Moro, che chiudono il libro - in fondo fanno crescere la volontà di impegno per ciascuno che legga attentamente questo saggio: «escludere cose mediocri per far posto alle cose grandi».

 

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