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Rivista di etica e scienze sociali / Journal of Ethics & Social Sciences

pdfLo sviluppo delle attività economiche e la crescita della popolazione mondiale causano problemi ambientali nei sistemi socio-economici. L’ambiente è un esempio di sistema di tipo complesso perché al suo interno interagiscono sistemi sociali, sistemi biologici e fisici per i quali è difficile prevedere il loro comportamento nel lungo periodo; pertanto lo studio dei temi ambientali richiede conoscenze interdisciplinari.
La prerogativa di un sistema complesso è rappresentata dalle variabili di più componenti, per le quali al verificarsi di variazioni di piccole quantità, possono verificarsi dei cambiamenti radicali che incidono sul comportamento dell’intero sistema. Alcuni fattori che incidono sui sistemi complessi delle politiche ambientali sono ad esempio: la razionalità limitata dei decisori pubblici e/o privati di accettare un margine seppur minimo di rischio e di soggettività; l’interazione non lineare tra gli elementi costitutivi di un sistema, dando luogo a cicli di retroazione positiva e negativa; l’incertezza sulle cause e gli effetti non correlati nel tempo e nello spazio. A causa della razionalità limitata dei decisori si evincono risposte o azioni che difficilmente possono essere previste e calcolate. Inoltre, anche i fattori di monitoraggio ambientale (es. chimico, biologico, fisico) possono influenzare l’incertezza dei processi di valutazione, dando luogo ad ambiguità e risultati imprevisti (Conti e Botrè 2005).
La tutela dell’ambiente è una questione delicata e nient’affatto pacifica a causa del forte predominio dell’economia capitalistica, la quale è imperniata su modelli di produzione e di consumo spesso confliggenti con le esigenze di uno sviluppo sostenibile e con i principi della green economy e dell’economia circolare. Per il concetto di economia circolare si rimanda il lettore agli altri articoli presenti in questo numero.
L’ambiente rappresenta l’oggetto della tutela da parte delle politiche ambientali ed è definito, come:


“…l’insieme delle condizioni fisiche (temperatura, pressione, ecc.), chimiche (concentrazioni di sali, ecc.) e biologiche in cui si svolge la vita. L’ambiente è un sistema aperto, capace di autoregolarsi e di mantenere un equilibrio dinamico, all’interno del quale si verificano scambi di energia e di informazioni. Esso include elementi non viventi (acqua, aria, minerali, energia) o "abiotici" ed elementi viventi o "biotici" tra i quali si distinguono organismi produttori (vegetali), consumatori (animali) e decompositori (funghi e batteri).” (ISPRA, 2012).


Le politiche ambientali rappresentano un’azione correttiva alle logiche dell’economia capitalistica basata principalmente sulla crescita e l’uso intensivo delle risorse rinnovabili e non rinnovabili. Le fonti rinnovabili utilizzate per la produzione di energia sono l’acqua, il sole, il vento e il suolo quali alternative al consumo di energia da fonti fossili (come carbone, petrolio e gas naturale che sono fonti di energia non rinnovabili). La differenza tra le fonti di energia rinnovabili e non rinnovabili è data dal eccessivo consumo delle risorse naturali che pregiudica la disponibilità per le generazioni future. Se il prelievo delle risorse rinnovabili è superiore al tasso di rigenerazione delle risorse, si ha un depauperamento dello stock ambientale.


…“L’osservazione della violenza e dei guasti ambientali ha ben portato molti a riconoscere la fonte di tali guasti nelle “attività economiche” e produttive e nelle stesse regole “dell’economia”, specialmente dell’economia capitalistica.”… (Nebbia, 2014).


Alcune delle principali cause dei problemi ambientali sono di carattere economico unito alla produzione, al consumo, alle tecnologie e agli investimenti. Altri problemi possono derivare dall’interpretazione delle normative ambientali, che spesso possono mostrare delle lacune di rilievo. Sono infatti necessari interventi sinergici, di carattere multidisciplinare per risolvere i problemi ambientali. Per esempio, occorrerebbe frenare il rilascio dei sussidi elargiti per lo sfruttamento delle fonti fossili (550 miliardi di dollari nel 2013), che sono peraltro oltre quattro volte rispetto a quelli assegnati alle fonti energetiche rinnovabili (IEA, 2014). Un esubero dei sussidi in favore delle fonti fossili rappresenta un ostacolo per gli investimenti in termini di efficienza energetica e fonti di energia rinnovabile.
Le riforme della politica economica hanno promosso la crescita e la liberalizzazione dei mercati sottovalutando gli effetti degli impatti e del danno ambientale. In particolar modo i conflitti ambientali, che si manifestano tra il potere economico di alcuni paesi e la società umana causano guerre, violazioni dei diritti umani e il fallimento del tradizionale modello economico.
Alla luce di ciò, interesse primario dell’economia e del management ambientale quale campo scientifico è quello di vigilare e richiamare l’attenzione sui limiti del pianeta, evidenziando i confini all’interno dei quali deve muoversi il nuovo modello economico, basato su un uso sostenibile delle risorse e una riduzione degli impatti ambientali e sociali (per esempio quelli sulla salute umana). L’urgenza di porre dei vincoli allo sfruttamento delle risorse e alla riduzione dell’impatto dell’attività umana sull’ambiente ci impone dunque di rivedere i modelli economici di sviluppo, adottando politiche e comportamenti responsabili. Questa impostazione, oltre a dover essere sostenuta dalle politiche (nazionali e internazionali), non può prescindere dal coinvolgimento delle industrie (investimenti tecnologici e responsabilità ambientale) e da tutti gli attori quali i soggetti decisori ed i cittadini tutti. Di qui l’esigenza di rispondere ad alcune domande importanti e di tener conto degli assiomi che consentono la interpretazione dei fenomeni ambientali nel suo complesso e che discutiamo qui di seguito.

Economia ambientale: la questione di fondo
Quanto inquinamento siamo disposti ad accettare per il “progresso” umano? Quando è che l’inquinamento diventa troppo? È possibile ottenere l’inquinamento zero? Occorre un compromesso tra i costi necessari per la riduzione dell’inquinamento e i benefici che tale riduzione apporterebbe? Le possibili riposte, che possono essere molto critiche, genereranno a loro volta ulteriori quesiti. Per esempio: dobbiamo dare un valore economico alla vita umana? Può un risarcimento in denaro sopperire alla perdita di un parente deceduto per cause di inquinamento ambientale? Si evidenzia il forte contrasto esistente tra l’economia neoclassica e l’economia ecologica nel considerare le tematiche qui citate. Perché è ovvio che la possibile risposta dipende dagli schemi mentali e dal set di valori che guidano il processo decisionale del soggetto chiamato a rispondere.
In questo contesto, osserviamo che l’ambiente non può essere considerato come sistema statico, ma deve essere considerato come un fenomeno complesso evolutivo. Tre sono, dunque, gli aspetti di base da considerare in questo ambito: scienza ed evoluzione della scienza; tecnologia ed evoluzione della tecnologia; normativa ed evoluzione della normativa. Questi tre aspetti sono dinamici e fortemente interconnessi tra loro. Da una parte, ad una certa scoperta scientifica o un nuovo avanzamento nel processo di conoscenza ne dovrebbe conseguire, se possibile, un’implementazione di essa nelle tecnologie che dovrebbero pertanto avere un minor impatto ambientale ed una miglior tutela della salute delle persone. D’altro canto, le scoperte od avanzamenti scientifici dovrebbero essere recepiti nelle normative ambientali allo scopo di ridurre, per esempio, i livelli di rischio di esposizione ad una sostanza tossica, oppure, ad azioni volte a ridurre l’impatto ambientale (per esempio la riduzione della quantità di rifiuti in discarica).
Purtroppo, per vari motivi, si hanno tempi molto lenti in questo processo complesso di interazione dei tre fattori ambientali evolutivi citati. Un triste esempio di quanto appena scritto è costituito dalla storia dell’amianto. Sono decenni che l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC – International Agency for Research on Cancer) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), classifica tutte le forme d’amianto come cancerogene per l’uomo. I primi studi nei quali si dimostrava l’azione tossica delle fibre di amianto (che provocano il mesotelioma pleurico, asbestosi, ecc.) risalgono alla fine degli anni ’40 (Conti e Campanella, 2010). Sono stati necessari circa 40 anni perché la pericolosità dell’amianto per i lavoratori esposti fosse finalmente riconosciuta in Italia (D.Lgs. 277 del 1991, che recepisce diverse direttive europee). Vale a dire, decine di anni nei quali i lavoratori allora esposti costantemente alle fibre d’amianto, non hanno avuto tutela per la loro salute. Tutto ciò a beneficio economico delle aziende produttrici di fibre minerali, che hanno salvaguardato il loro profitto indebito, senza investire in nuove tecnologie o ricerche scientifiche. La salute dei lavoratori esposti per anni a queste fibre non è stata dunque una priorità, anzi, i produttori hanno ottenuto un profitto indebito dato che hanno così “risparmiato” sulla voce di costo “salute”. Il IV rapporto del RENAM (REgistro NAzionale Mesoteliomi) per il periodo 1993-2008 (rilevati dalla rete dei COR – Centro Operativo Regionale) evidenzia 15.845 casi di mesotelioma maligno, basato sulle analisi individuali delle storie professionali, residenziali e familiari dei soggetti ammalati. La malattia insorge nella pleura nel 93% dei casi; sono presenti 1.017 casi peritoneali (6,4%), 41 e 51 casi rispettivamente a carico del pericardio e della tunica vaginale del testicolo. Nella totalità dei casi con esposizione definita (12.065 soggetti ammalati), il 69,35 % dipende da un’esposizione professionale ad amianto (classificata come certa, probabile e possibile), il 4,4% familiare, il 4,3% ambientale e l’1,6% per attività extra lavorativa di svago o hobby. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stimato che le persone attualmente esposte all’amianto nei luoghi di lavoro sono circa 125 milioni, di cui 90.000 sono i decessi nel mondo ogni anno per mesotelioma, tumore del polmone correlato all’amianto, e asbestosi (Marinaccio et al., 2012).
L’evidenza degli studi epidemiologici viene spesso poco considerata dalla giurisprudenza, com’è accaduto per la nota sentenza “Eternit” di Casale Monferrato in Italia. Il processo si è recentemente concluso con il parere della Corte di Cassazione che ha dichiarato prescritto il reato ambientale dopo il 1986 (!), data di chiusura dell’impianto; mentre oggi continuano a morire migliaia di persone all’anno a causa delle fibre di amianto. Le vittime causate dall’amianto rappresentano la triste conseguenza di uno dei peggiori disastri ambientali poco considerati dall’istituto giuridico del diritto penale. É evidente che il diritto ha aggirato la giustizia, sottovalutando i danni ambientali e i danni alla salute umana cagionati dall’attività industriale.
La risposta alla questione di fondo è strettamente collegata all’interpretazione delle tematiche ambientali da parte degli economisti neoclassici ed ecologici e dai soggetti decisori in materia ambientale. I neoclassici vedono al centro del sistema economico il capitale creato e il mercato. Il capitale creato è uno dei tre fattori produttivi che si somma alle risorse naturali e il lavoro. In sintesi, il capitale creato è costituito da beni e servizi che possono essere utilizzati nel pdfprocesso produttivo. Nella concezione neoclassica viene data minor importanza al capitale naturale, comprende i beni naturali della Terra (il suolo, l’aria, l’acqua, la flora e la fauna) ed ai relativi servizi ecosistemici (cibo, salute, energia, ecc.), che rendono possibile la vita sul nostro pianeta. La nozione di “capitale” naturale descrive il valore delle risorse e la capacità degli ecosistemi di fornire flussi di beni e servizi (Natural Capital Declaration, 2012). Per i neoclassici il capitale naturale e quello creato (infrastrutture) sono pertanto sostituibili grazie al costante sviluppo delle tecnologie che risolveranno il problema del limite delle risorse (sono infatti chiamati tecnologicamente ‘ottimisti’). Per gli economisti ecologici il capitale naturale deve essere conservato e non è sostituibile con il capitale creato dato che le tecnologie non potranno risolvere il problema del limite naturale delle risorse (tecnologicamente pessimisti).
In estrema sintesi, trattasi di una lunga battaglia delle idee al fine di tutelare sempre di più l’ambiente e la salute dei cittadini del mondo sviluppato e di quella parte del mondo molto meno fortunata.



Bibliografia
Conti M.E., Botrè F. (Eds.) (2005) On the relevance of uncertainty in the management of environmental and health problems, International Journal of Risk Assessment and Management, vol. 5, 2-4, 2005, 415 pp. ISSN: 1466-8297.
Conti, M.E., Campanella, L. (2010). Materiale particellare aerodisperso (MPA). In Campanella, L., Conti, M.E. L’ambiente: Conoscerlo e proteggerlo. Carocci Faber. Pp 53-61. ISBN 978-88-7466-602-7.
IEA (2014). World Energy Outlook 2014. Pp.12. ISBN 978-92-64-20804-9. Disponibile al link: www.worldenergyoutlook.org
ISPRA (2012). Strategia Nazionale per la Biodiversità 2010. In Glossario dinamico per l’Ambiente ed il Paesaggio. ISPRA-CATAP. Manuali e Linee Guida 78/2012. Pp. 172. ISBN 978-88-448-0534-0.
Marinaccio, A., Binazzi, A., Branchi, C., Corfiati, M., Di Marzio, D., Scarselli, A., Iavicoli, S., Verardo, M., Mirabelli, D., Gennaro, V., Mensi, C., Schallenberg, G., Merler, E., De Zotti, R., Romanelli, A., Chellini, E., Pascussi, C., D’Alò, D., Forastiere, F., Trafficante, L., Menegozzo, S., Musti, M., Cauzillo, G., Leotta, A., Tumino, R., Melis, M., Gruppo di lavoro ReNaM (2012).Quarto Rapporto. Il Registro Nazionale dei Mesoteliomi. Pp. 224. ISBN-978-88-7484-281-0.
Natural Capital Declaration (2012). Dichiarazione sul Capitale Naturale. Disponibile al link: www.naturalcapitaldeclaration.org
Nebbia, G. (2014). Storia dell’economia ecologica e del diritto ambientale. A cura di Luigi Piccioni (ed). Scritti di storia dell’ambiente e dell’ambientalismo 1970-2013. Pp. 394. ISBN 978-88-908717-0-2.

 

 

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