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Rivista di etica e scienze sociali / Journal of Ethics & Social Sciences

 

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Indagine sul lavoro

dei migranti a Roma: “Occupati tra dignità e sconvenienza”

 fr. Roberto Bongianni

 

Aspetti introduttivi e metodologia

La domanda che ha guidato questa ricerca nasce dall’esigenza di comprendere attraverso una ricerca quantitativa l’effettiva condizione lavorativa dei migranti nell’area di Roma, e soprattutto capire se questa condizione possa essere definitiva compatibile con il concetto di “decent work”. Non è quindi una ricerca sulla condizione dei migranti, ma un'indagine che ha l’obiettivo di misurare alcune dimensioni compatibili con il lavoro dignitoso.

L’esigenza che ha mosso il gruppo di lavoro, costituito da ricercatrici nell’ambito facoltà di Scienze Sociali della Pontificia Università S. Tommaso (Angelicum), è stata quella di raccogliere e far parlare soprattutto i dati, per arrivare a misurare in qualche modo una possibile distanza tra la condizione attuale, e un livello teorico compatibile con condizioni di lavoro in linea con il principio della dignità umana. Per tale ragione si è preferito ricorrere ad una indagine quantitativa misurata attraverso diverse variabili qualitative applicate alla posizione lavorativa dello straniero migrante.

La ricerca dal titolo “Indagine sul lavoro dei migranti a Roma: occupati tra dignità e sconvenienza” ha posto così sotto osservazione soltanto la popolazione di coloro che risultano essere occupati, che svolgono la loro attività di lavoro nell’area metropolitana di Roma, e che si possono definire migranti[1]. È stato somministrato un questionario costituito da 35 domande[2] finalizzato a misurare alcune dimensioni proprie del decent work, dagli aspetti economici, contrattuali, alle condizioni di sicurezza, discriminazione, e dal rapporto con la propria vita privata. Alcune domande si caratterizzano per la misura di aspetti oggettivi[3], altre si basano sulla rilevazione di aspetti di maggiore soggettività (percezione, soddisfazione).

In merito all’idea che ha guidato la ricerca, ovvero, il concetto di decent work, si è fatto riferimento sia all’interpretazione corrente presente nelle fonti internazionali, che al magistero sociale della Chiesa. Le sfumature del termine “decent[4] rimandano più che altro al latino dignitas[5] (derivato da dignus), che rimanda alla persona umana, alle sue attività, e soprattutto alle attività lavorative. In questo senso il concetto implica in sé anche la dignità a ricoprire una posizione lavorativa, e ad avere una occupazione dignitosa (decent job) corrispondente alle proprie esigenze, alle proprie aspirazioni, mentre nello specifico il decent work sembra rimandare più ad una dignità specifica che è associabile alla propria attività lavorativa, con tutto ciò che ne consegue (remunerazione, orari, ferie, sicurezza, assistenza previdenziale e sanitaria, ecc.). Nella sua prima origine, fornita nel contributo di Juan Somavia nel 1999, in qualità di direttore generale dell’OIL[6], il concetto fu espresso in questi termini: “oggi l’obiettivo primario dell’ILO è garantire che tutti gli uomini e le donne abbiano accesso ad un lavoro produttivo, in condizioni di libertà, uguaglianza, sicurezza e dignità umana” (ILO 1999). Grazie all’attività di promozione dell’Agenzia in pochi anni il concetto divenne un elemento centrale nelle politiche sociali, per arrivare ad essere espresso in questi termini: “Il lavoro dignitoso è quello a cui ogni individuo aspira per la propria vita lavorativa; esso comporta la possibilità di ottenere una posizione produttiva e sufficientemente retribuita, sicurezza sul lavoro e protezione sociale per sé e per le proprie famiglie. Lavoro dignitoso significa migliori prospettive per lo sviluppo personale e per l’integrazione sociale, libertà di manifestare le proprie opinioni, di organizzarsi e di partecipare alle decisioni riguardanti la propria vita, e dà pari opportunità di trattamento a tutte le donne e gli uomini.” (ILO 2007, 6). Con l’adozione dell’Agenda 2030 da parte della Nazioni Unite, all’interno delle definizioni dei 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile viene indicato all’obiettivo n. 8 un riferimento esplicito all’eliminazione della povertà attraverso il perseguimento della piena occupazione e del lavoro dignitoso.: “Incentivare una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva ed un lavoro dignitoso per tutti.” (ONU 2015). La riflessione sul concetto di decent work coinvolge altri organismi internazionali, così l’Alto Commissariato per i Rifugiati (UNHCR 2021) nelle sue linee guide sottolinea per i migranti che sono nella condizione di rifugiati, l’importanza di questo principio soprattutto per la condizione di necessità in cui si viene a trovare la persona, estendendo la riflessione anche alle dimensioni sociali e legali[7]. Il principio è incluso anche nella Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea[8], e di fatto oggi costituisce un elemento centrale nella definizione del Pilastro dei diritti sociali europei[9].

In questa mappa è ben sintetizzato il contributo intorno a tale dimensione sviluppato dalle istituzioni internazionali in questi ultimi anni (Conigliaro 2018, 115).

Figura n

Il principio del lavoro dignitoso è presente nel magistero sociale ed in particolare nella riflessione di S. Giovanni Paolo II presente nell’enciclica sociale Laborem Exercens (1981) dove si sottolinea che la dimensione del lavoro è propria della dignità umana, per tale ragione il lavoro non può essere ridotto ad una merce ed è elemento imprescindibile per la dignità della persona umana (LE 1981, 6), dal momento che attraverso il lavoro l’uomo dovrebbe poter esprime ciò che è, nelle aspirazioni più profonde, e allo stesso tempo trasformare se stesso per realizzarsi pienamente come uomo (n. 9). Papa Benedetto XVI nei suoi interventi sul lavoro dignitoso ha rimarcato l’importanza dell’occupazione con riferimento al rapporto che il lavoro ha per la vita privata e familiare; il suo contributo più importante è quello di aver defifignito ed esplicitato il concetto di decent work nell’enciclica Caritas in Veritate: “un lavoro che, in ogni società, sia l’espressione della dignità essenziale di ogni uomo e di ogni donna: un lavoro scelto liberamente, che associ efficacemente i lavoratori, uomini e donne, allo sviluppo della loro comunità; un lavoro che, in questo modo, permetta ai lavoratori di essere rispettati al di fuori di ogni discriminazione; un lavoro che consenta di soddisfare le necessità delle famiglie e di scolarizzare i figli, senza che questi siano costretti essi stessi a lavorare; un lavoro che permetta ai lavoratori di organizzarsi liberamente e di far sentire la loro voce; un lavoro che lasci uno spazio sufficiente per ritrovare le proprie radici a livello personale, familiare e spirituale; un lavoro che assicuri ai lavoratori giunti alla pensione una condizione dignitosa” (CV 63). La definizione recupera nel concetto del lavoro dignitoso la prospettiva del lavoro in rapporto alla dimensione familiare e spirituale, in breve il decent work deve offrire le condizioni e le garanzie per una vita serena, per sé e per i propri cari, una espressione piena di socialità, e di spiritualità. Papa Francesco in merito al lavoro dignitoso è intervenuto moltissime volte (Costa, Foglizzo 2018), anche in messaggi, discorsi, interventi a vario livello. Analizzando un word cloud di alcuni suoi interventi sul tema emerge un legame profondo tra il decent work e lo sviluppo umano integrale in ragione delle opportunità che la possibilità del lavoro crea.

 Questa prima introduzione offre un framework indispensabile per permettere la definizione di alcune coordinate formali al processo che porta alla definizione dello strumento di rilevazione. L’individuazione di alcuni ambiti è stata poi confrontata con l’esperienza diretta di chi si trova nelle condizioni di essere lavoratore migrante.

Le caratteristiche della popolazione straniera a Roma


L’Annuario Statistico di Roma Capitale riporta per la fine del 2021 una popolazione straniera a Roma pari a circa 379.000 persone, di questi risultano occupati circa 219.000, su un totale di circa 1.724.000[10] (il 12,7%). La popolazione straniera risulta essere in maggior parte di sesso femminile (53,3%); e se distinta per area di provenienza riguarda in buon parte paesi asiatici (il 34,7%) e paesi europei (il 32,7%), come risulta dal grafico a seguire. figtre.png

GENERE

Uomo

Donna

N.S.

UNIVERSO

49.9%

50.1%

-

CAMPIONE

46,9%

52,8%

0,3%

CLASSE DI ETA’ LAVORATIVA

15-29

30-49

50-64

UNIVERSO

16,7%

52,2%

31,2%

CAMPIONE

21,8%

55,3%

22,9%

AREA DI PROVENIENZA[11]

Paesi Unione Europea

Paesi Extra Unione

Europea

UNIVERSO

34,2%

65,8%

CAMPIONE

38,8%

61,2%

TIPOLOGIA DI LAVORO[12]

Lavoro Domestico

Altre Tipologie di Lavoro

UNIVERSO

30,3%

69,7%

CAMPIONE

36,6%

63,4%

 

Con riferimento alla popolazione di lavoratori occupati, sulla base dei dati INPS, riferiti a Roma e Provincia, risulta alla fine del 2022 un totale dei lavoratori (dipendenti e parasubordinati) pari a 269.408. Dal punto di vista del genere (vedi tabella a seguire) metà della popolazione è di sesso maschile: la differenza rispetto al dato del campione è probabilmente dovuta al fatto che quest’ultimo comunque esclude la provincia, limitandosi alla zona di Roma, e dove certamente il lavoro domestico ha un peso relativo maggiore. Distinguendo poi per classi di età lavorativa[13] risulta preponderante la fascia centrale di coloro che sono in un’età compresa tra i 30 e i 49 anni (circa il 52,2% della popolazione contro il 55,3% del campione).

In merito all’area di provenienza il 65,8% alla fine del 2022 risulta immigrato in Italia da paesi extra Unione Europea, mentre il 34,2% proviene da paesi dell’Unione Europea.

Di questi circa 82 mila sono impegnati in attività di lavoro domestico (una percentuale pari al 30,3% del totale della popolazione).

La raccolta dei dati

tabella bongianni raccoltaIn merito alla raccolta dei dati, è stato necessario ottenere un bilanciamento adeguato tra la tempistica (circa tre mesi), la disponibilità di operatori per la somministrazione (circa 10 persone), e la messa a punto di uno strumento di rilevazione adeguato. In merito allo strumento, si sono scartate modalità che prevedevano l’uso di supporto digitali, o interviste on-line, e si è preferita una modalità classica che prevede l’uso di un questionario che può essere auto-compilato, con domande a risposta multipla e con la presenza passiva e discreta del somministratore[14], ma disponibile a fornire eventuali chiarimenti. Dal momento che le domande riguardavano contenuti relativi alla propria attività lavorativa è stato necessario pensare nel momento del primo contatto, un chiarimento generale sull’uso dei dati raccolti e sulle finalità della ricerca. Al fine di garantire una adeguata rappresentatività si è cercato di raccogliere i dati presso luoghi pubblici o di passaggio (vedi tabella), evitando raccolte in zone critiche, o condizionate da particolari istanze politiche, religiose, o culturali. Il questionario una volta raccolto su base cartacea, è stato inserito su piattaforma on-line[15] agganciato ad un foglio google-sheets come prima base per una analisi descrittiva dei risultati e per una prima valutazione di associazione statistica tra le variabili[16]. Per l’analisi delle corrispondenze si è invece utilizzato il programma statistico R. In totale sono stati raccolti 386 questionari utili, per una dimensione campionaria che può offrire margini per una rappresentatività statistica[17].

Limiti della ricerca

Un primo riscontro da evidenziare è connesso al fatto che l’applicazione e la misura del concetto del decent work è soprattutto effettuato nell’ambito della psicologia del lavoro[18], con approcci generalmente differenti rispetto a quello adottato in questo lavoro, volto invece a misurare più che altro la presenza di elementi oggettivi che definiscono il rapporto e le attività di lavoro; per cui non si è tenuto conto ad esempio delle aspirazioni personali, del significato che può essere dato al lavoro, della storia lavorativa e familiare. Il riferimento al lavoratore migrante, e alla zona della città di Roma, restringono la validità dei risultati ad un ambito specifico, e localizzato, tuttavia importante per evidenziare alcune problematiche di fondo: nello stesso ambito altre ricerche con approcci differenti riguardano soprattutto storie di vita e indagini di tipo qualitativo (cfr. Dolente 2010).

Le unità raccolte (n. 386) sono al limite di un campionamento probabilistico, compensate solo in parte da una attenzione posta sulla metodologia di raccolta, e dal fatto che il gruppo di ricerca, costituito da lavoratrici migranti, è di fatto partecipe della stessa popolazione oggetto di osservazione. Questo aspetto se da una parte è un limite, dall’altra ha consentito di definire con precisione gli elementi da sottoporre ad osservazioni attraverso il questionario.

Limite ulteriore è connesso ai tempi tecnici di studio, raccolta, analisi e valutazioni dei risultati.

La metodologia di analisi

La costruzione del questionario ha coinvolto il gruppo di ricerca per almeno due mesi. Il criterio seguito ha tenuto conto sia dei riferimenti qualitativi assunti nelle dimensioni del decent work con riferimento alla posizione lavorativa (vedi sopra), sia nello specifico della condizione potenziale in cui può venire a trovarsi un lavoratore migrante. In effetti l’indagine, come risulta anche dal titolo della ricerca, doveva cogliere la condizione dell’occupato tra dignità e sconvenienza. Per tale ragione il gruppo di lavoro (costituito interamente da lavoratrici migranti)[19] ha potuto arricchire la riflessione teorica con la propria esperienza lavorativa, mettendo in evidenza nella costruzione del response set le possibili modalità che può assumere la variabile qualitativa in una ricerca di questo tipo; soprattutto per quanto è relativo ad esempio alle possibili discriminazioni connesse alla condizione del lavoro straniero, alla mancanza di tutele, alle difficoltà di integrazione nell’ambiente lavorativo, e altri aspetti specifici[20].

Il questionario è costituito da 35 domande, organizzato in 7 ambiti[21]: dati anagrafici (7 domande), formazione e crescita professionale (4 domande), condizioni paritarie (3 domande), aspetti economici e stabilità contrattuale (10 domande), work-life balance (4 domande), obblighi previdenziali (2 domande), ambiente e sicurezza del lavoro (4 domande). E’ stata inoltre inserita nella parte anagrafica una ulteriore domanda riferita al grado di soddisfazione per alcuni aspetti del lavoro (guadagno, stabilità, relazioni, ore di lavoro, distanza, interesse); questa misura della soddisfazione è stata volutamente espressa in modo simile all’indicatore BES calcolato dall’ISTAT (2022) per la rilevazione sulla forza di lavoro, e riportato per l’area di Roma anche nell’Annuario Statistico, e rappresenta un punto di contatto indiretto, ma significativo, con il resto del mondo degli occupati nella Capitale[22].

Nel questionario delle 35 domande, 27 fanno riferimenti ad aspetti oggettivi, 6 sono di tipo soggettivo, e le altre 2 possono essere considerate miste. Infatti pur essendo l’intervistato un lavoratore si è cercato per quanto possibile di fare riferimento a caratteri connessi alla condizione del lavoro che potevano essere osservati come presenti o assenti, o dati in diversa misura; mentre soltanto 6 domande chiedono di esprimere la propria percezione in termini di soddisfazione, o di percezione in rapporto ad alcuni elementi[23] connessi alla propria condizione lavorativa.

La struttura del questionario figquattro.pngcon le relative domande sono state poi analizzando le statistiche ottenute secondo cinque dimensioni derivate dalla operativizzazione del concetto di decent work, ed utili per l’analisi dei risultati (vedi schema a seguire).  L’obiettivo è quello di poter comprendere, in rapporto ad una condizione oggettiva ideale, la situazione effettiva dei migranti a Roma, e comprendere quali sono le dimensioni più vicine alla condizione ideale e quelle più lontane. Un riferimento a latere riguarda la misura del “grado di soddisfazione del lavoro” sulla scala 0 - 10 (simile a quella utilizzata negli indicatori BES) per valutare la posizione relativa dei migranti a Roma e poterla confrontare con quella calcolata dall’ISTAT. Altre analisi hanno riguardato alcuni aspetti inferenziali connessi all’individuazione di alcuni possibili associazioni tra le variabili.

Si è ipotizzata una risultanza teorica pari alla seguente:

Per la determinazione del livello ideale di dignità nei cinque ambiti monitorati dall’analisi (formazione e crescita, parità e discriminazione, aspetti economici, work-life balance, tutela e sicurezza) si sono aggregati i conteggi relativi alle risposte corrispondenti al decent work secondo quanto formulato nel questionario, e secondo le seguenti tabelle di riferimento. I dati, una volta aggregati per ambito e standardizzati in base al corrispondente massimo e ponderati[24] in base al numero di dimensioni di variabili esaminate in ogni ambito, esprimono un valore che può teoricamente variare tra 0 ed 1, che consente di esprimere una valutazione sintetica del risultato.

FORMAZIONE E CRESCITA PROFESSIONALE

peso 18,2%

. aver svolto uno o più corsi di formazione

1

. averli considerati di una qualche utilità

1

. aver ottenuto una qualche promozione

1

. si preferisce restare nella posizione lavorativa attuale

1

. livello alto di soddisfazione dei benefit aziendali ricevuti

1

ASPETTI ECONOMICI E CONTRATTUALI

peso 36,4%

. un orario di lavoro tra le 10 e le 40 ore settimanali

1

. non effettuare lavoro straordinario

1

. essere pagato secondo le condizioni stabilite dal contratto

1

. considerare la propria paga adeguata al lavoro prestato

1

. essere soddisfatti della propria paga

1

. poter scegliere le condizioni contrattuali (full time / part time) e le ore di lavoro

1

. nessun problema di ritardo per il pagamento

1

. una percezione alta nella stabilità del proprio lavoro

1

. un salario orario netto superiore a 9 euro

1

WORK-LIFE BALANCE

peso 18,2%

. un datore di lavoro che comprende equilibrio lavoro - vita privata

1

. un datore di lavoro che cerca soluzioni migliorative

1

. ferie prese con regolarità, e possibilità di concordare il periodo

1

. avere sempre gli stessi turni di lavoro

1

. possibilità di avere permessi per motivi familiari

1

TUTELA E SICUREZZA

peso 18,2%

. regolare versamento dei contributi previdenziali e assicurativi

1

. partecipazione ad attività sindacali (senza ripercussioni sul lavoro)

1

. nessuna partecipazione al sindacato per propria scelta (senza ripercussioni sul lavoro)

1

. l’ambiente di lavoro è considerato pulito e sano

1

. l’ambiente di lavoro è considerato sicuro

1

PARITA’, DISCRIMINAZIONE E ABUSI

peso 9,0%

. non si è mai subita alcuna discriminazione

1

. non si sono mai subiti abusi di potere

1

 

[1] Per tale ragione sono stati esclusi i disoccupati, e coloro che normalmente sono a Roma per altre ragioni: studio, turismo ad esempio.

[2] Vedi in allegato.

[3] In questo caso la domanda è rivolta al lavoratore, ed il punto di vista offerto può risentire di questo un condizionamento, tuttavia proprio per questo si è voluto dare parola alla dimensione più fragile e debole dal punto di vista dei rapporti di forza contrattuali. Il lavoratore migrante non è spesso nelle condizioni di poter accettare o rifiutare un'offerta non adeguata in ragione del suo stato di bisogno.

[4] Da non confondere con il falso amico dato dalla traduzione di “decente”.

[5] Espressione di un qualcosa che esprime un valore associabile ad uno status che non può dipendere da condizioni esterne, scelte, attività, o capacità, qualità specifiche. La dignità si associa così alla persona umana, perché in ragione del suo stato è.

[6] Organizzazione Internazionale del Lavoro è l’Agenzia delle Nazioni Unite preposta ai temi del lavoro e della politica sociale.

[7] UNHCR, 2011: “Refugee workers often find themselves in precarious situations and are vulnerable to exploitation, discrimination and abuse in the workplace. They may be less well paid than nationals and may be compelled to accept longer working hours and less favourable or more dangerous working conditions. This is at variance with Article 24(1)(a) of the 1951 Convention. Moreover, when refugees have a safe and fair way of generating income, they are better able to avoid negative coping strategies, including survival sex and unsafe labour, and will be less prone to exploitation. Also, the enjoyment by refugees of just and favourable conditions of work is likely to reduce the risk of undercutting the local labour market, and to increase the stability and safety of communities at large.”

[8] L’ articolo 31 del Carta dal titolo “Condizioni di lavoro giuste ed eque” riporta: 1. Ogni lavoratore ha diritto a condizioni di lavoro sane, sicure e dignitose. 2. Ogni lavoratore ha diritto a una limitazione della durata massima del lavoro, a periodi di riposo giornalieri e settimanali e a ferie annuali retribuite.

[9] Il Pilastro europeo dei diritti sociali sancisce 20 principi e diritti fondamentali, che si articolano in tre categorie (grafico della Commissione Europea): 1) pari opportunità e accesso al mercato del lavoro; 2) condizioni di lavoro eque; 3) protezione sociale e inclusione.

[10] La popolazione straniera a Roma risulta essere pari a 378.882, di cui occupati 219.294 su un totale di occupati pari a 1.723.846.

[11] I dati in questo caso fanno riferimento ai dati Inps riferiti agli stranieri occupati presente a Roma e provincia, che non è esattamente l’universo osservato, dal momento che il campione di dati raccolti esclude la provincia, facendo riferimento alla sola zona metropolitana di Roma (il dato statistico di Roma Capitale fa invece riferimento alla popolazione straniera ivi residente).

[12] Idem nota precedente.

[13] I dati relativi al 2022 sono forniti dall’Osservatorio Statistico dell’INPS relativo ai lavoratori stranieri su Roma e provincia. Rif.to sito: https://servizi2.inps.it/servizi/osservatoristatistici/1059/o/464.

[14] Le indicazioni fornite agli operatori prevedono un atteggiamento in prima istanza passivo, ma disponibile a fornire tutti gli elementi necessari a chiarire il contenuto delle domande, soprattutto per eventuali problemi linguistici, o a mitigare eventuali dubbi su aspetti tecnici, connessi ad esempio ad argomenti contrattuali, per cui si è concordato che l’intervistatore resti nelle vicinanze ma senza interferire con la persona.

[15] Per la precisazione è stato utilizzato il modulo del google-forms.

[16] Con riferimento soprattutto al calcolo del Chi-test.

[17] Applicando la formula standard del dimensionamento campionario.

[18] Lavori basati sulla metodologia sviluppata nell’ambito della Psychology of Working Theory (Duffy, Blustein, Diemer e Autin, 2016), e sulla applicazione in Italia della decent work scale (Di Fabio, Kenny 2019).

[19] Hanno partecipato alla ricerca: Amal Abdelshafy Mohamed Abdelshafy, Ines Amer, Aissata Camara, Carolina Delgadillo Mejia, Oksana Dushchenko, Victoria Grosu Vremes, Clara Elisa Jimenez Lizardi, Nataliia Lazor, Lalainarivony Andry Rakotomavo, Gabriela Torres Barbosa.

[20] Gli indici di eterogeneità misurati su ogni singolo set di risposte evidenziano distribuzioni che lasciano supporre una buona indicatività in rapporto ad un determinato aspetto osservato.

[21] Vedi in allegato.

[22] Pur essendo di notevole interesse, l’economia dei tempi e delle risorse, non ha permesso l’estensione dell’indagine agli occupati italiano a Roma; per tale ragione si è preferito comunque lasciare un punto di contatto sul modo di percepire alcuni aspetti della propria condizione lavorativa.

[23] Esempio la domanda 23: “Come valuta la sua attuale posizione lavorativa in termini di stabilità futura?”.

[24] La valutazione dei pesi di ponderazione resta comunque una scelta soggettiva del ricercatore: in questo caso si è preferito esprimere una corrispondenza solo formale, misurata dal numero di aspetti indagati in ciascuna delle dimensioni del decent work.

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