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Rivista di etica e scienze sociali / Journal of Ethics & Social Sciences

 

 

1. Nel Preambolo della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (approvata a Nizza nel novembre 2000), il secondo paragrafo inizia diversamente in tedesco rispetto a tutte le altre lingue. In dem Bewusstsein ihres geistig-religiösen und sittlichen Erbes gründet sich die Union (nella consapevolezza della propria eredità spirituale, religiosa e morale, l’Unione si fonda..). Il testo italiano, che è allineato invece sulle altre traduzioni, recita: Consapevole pdfdel suo patrimonio spirituale e morale, l’Unione si fonda.... Non considerando questo testo ‘bicefalo’, ritroviamo il termine ‘religioso/religione’ agli art. 10,1 (Libertà di pensiero, coscienza e religione), art. 14,3 (Diritto all’istruzione); art. 21 (Non discriminazione), art. 22 (diversità culturale, religiosa, linguistica).

Queste indicazioni sembrano voler esprimere, più che la presenza storica del cristianesimo, la centralità nel patrimonio europeo dei ‘diritti della coscienza’. Infatti la Carta, riprendendo la dizione della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (Roma 1950), disciplina la libertà del singolo, anche se non si può escludere che eventualmente associazioni esercitino in nome dei propri membri i diritti garantiti dalla disposizione dell’art.10,1.

La Convenzione di Roma sembra però aver avuto una maggiore estensibilità di principio. Infatti in un riferimento all’analoga disposizione dell’art. 9 di quest’ultima la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha affermato che “la libertà di pensiero, di coscienza e di religione costituisce una delle basi della ‘società democratica’ ai sensi della Convenzione. Nella sua dimensione religiosa, figura tra i principali elementi dell’identità dei credenti e della loro concezione della vita, ma è un bene prezioso anche per gli atei, gli scettici o gli indifferenti. Ne va del pluralismo - conquistato a caro prezzo nel corso dei secoli - insito in tale società. (25 maggio 1993, Kokkinakis c. Grecia; Principi Generali n.31)

Nella Dichiarazione di Laeken Il futuro dell’Unione Europea (15 dicembre 2001), con la quale è partito ufficialmente il lavoro per la formulazione di una Convenzione/Costituzione per l’Unione, la parola religione appare una volta sola e nell’espressione ‘fanatismo religioso’.

Nel paragrafo Il nuovo ruolo dell’Europa in un mondo globalizzato troviamo un luogo dove avrebbe potuto trovar posto la religione: “Qual è il ruolo dell'Europa in questo mondo trasformato? Ora che è finalmente unita, non deve l'Europa svolgere un ruolo di primo piano in un nuovo ordine planetario, quello di una potenza che può assumere un ruolo stabilizzatore a livello mondiale e costituire nel contempo un faro per molti paesi e popoli? L'Europa, continente dei valori umanistici, della Magna Carta, del Bill of Rights, della rivoluzione francese e della caduta del muro di Berlino. Il continente della libertà, della solidarietà e soprattutto della diversità, il che implica il rispetto per le lingue, la cultura e le tradizioni altrui. L'unica frontiera che l'Unione europea traccia è quella della democrazia e dei diritti dell'uomo.”

Anche qui sembra aver prevalso lo statalismo giacobino, rappresentato simbolicamente dagli interventi a Nizza del Presidente francese Chirac (centro destra) e del suo Primo ministro di allora Jospin (centro sinistra). Che questa tendenza sia però generale presso gli estensori dei documenti europei lo si evince chiaramente dal fatto che nel Trattato di Maastricht (1992) le chiese e le tradizioni religiose non sono state nominate in relazione a problemi politici e sociali. Lo stesso vale per l’atto finale di Amsterdam (1997). Soltanto nelle Dichiarazioni allegate all'atto finale troviamo la Dichiarazione (n. 11) sullo status delle chiese e delle organizzazioni non confessionali che recita: “L'Unione europea rispetta e non pregiudica lo status previsto nelle legislazioni nazionali per le chiese e le associazioni o comunità religiose degli Stati membri. L'Unione europea rispetta ugualmente lo status delle organizzazioni filosofiche e non confessionali”. Sembra quindi che a livello politico e sociale il cristianesimo non entrerà in quei ‘Prolegomena ad una Costituzione Europea’ che saranno il testo che tra un anno la Convenzione dovrà presentare.

2. Le riflessioni su tale dato di fatto ci possono portare in diverse direzioni a secondo delle premesse generali di ognuno di noi. Si tratta appunto di chiedersi a livello storico e teoretico che funzione debba avere in uno stato moderno la religione e il cristianesimo che storicamente è stata la religione dell’Europa per decine di secoli. Ne viene coinvolta addirittura la filosofia e la teologia della storia!

Per non essere troppo astratti, si potrebbe ipotizzare che la società attuale europea è talmente pluralista che i discorsi sul senso della vita non possono più essere pubblici. Lo saranno solo quelli dei diritti umani, come si evince dalla citazione fatta poco sopra. Potrebbe sembrare una soluzione brillante, se non vi si opponessero due ragioni serie.

Innanzi tutto avremmo una realizzazione programmata della teoria degli ’stranieri morali’, dove i cittadini non comunicherebbero più se non nei valori formali di democrazia, libertà, ecc. ma con esplicita esclusione dei valori sostanziali. Questi ultimi verrebbero lasciati da coltivare alle singole comunità ideali o ideologiche, comprese le religioni. Lo stato sarebbe una comunità di servizi (compreso quella di garantire la democrazia e la libertà) ma senza nessuna competenza sostanziale che vada oltre i bisogni materiali sia collettivi che privati. Inoltre l’accettazione di una tale visione ridurrebbe la visione della vita sociale a sole due dimensioni: lo stato e le comunità ideologiche. Il che sembra semplicistico.

Nel Libro Bianco della Commissione delle Comunità Europee La Governance Europea ( 5 luglio 2001), tra i cambiamenti proposti all’Unione Europea, la prima elencata è il rafforzamento della partecipazione. “Far partecipare la società civile… La società civile svolge un ruolo importante, poiché esprime le preoccupazioni dei cittadini e fornisce servizi in risposta alle esigenze di tutte. Le chiese e le comunità religiose hanno un particolare contributo da apportare. Le organizzazioni che costituiscono la società civile mobilitano il pubblico a sostegno, per esempio, di chi è vittima di esclusione o di discriminazione. L'Unione ha favorito lo sviluppo della società civile organizzata nei paesi candidati, quale parte della loro preparazione all'adesione. Le organizzazioni non governative hanno un ruolo importante a livello mondiale nella politica dello sviluppo, spesso come segnale dell'orientamento che prenderà il dibattito politico.”

Dove per società civile si intende: “La società civile comprende le organizzazioni sindacali e le associazioni padronali (le "parti sociali"), le organizzazioni non governative, le associazioni professionali, le organizzazioni di carità, le organizzazioni di base, le organizzazioni che cointeressano i cittadini nella vita locale e comunale, con un particolare contributo delle chiese e delle comunità religiose. Per una definizione più precisa della società civile organizzata, vedasi il parere del Comitato economico e sociale riguardante "Il ruolo e il contributo della società civile organizzata nella costruzione europea", GU C 329 del 17.11.1999, p.30.”

3. Potrebbe essere questa la via per riaffermare il ruolo della religione, e del cristianesimo in particolare, nell’Unione Europea: dimostrare che essa ha un influsso nella società per il bene di tutti (credenti e non credenti) e che il suo ruolo non è eliminabile.

E’ una formulazione nuova e concreta della tradizione cristiana del diritto naturale, che altro non è nella sua sostanza che una formulazione delle cose che non si possono mai fare e di quelle che si debbono sempre fare nella vita sociale e pubblica, secondo le indicazioni di J. Maritain.

Un primo compito dei cristiani potrebbe essere proprio quello di affermare e sostenere i diritti umani nella loro assolutezza e indivisibilità. Inoltre potrebbero essere paladini, seguendo la loro tradizione, della sussidiarietà e della prevalenza del bene comune, inteso soprattutto come non esclusione intenzionale di nessuno.

4. Resta però il problema della presenza delle rappresentanze istituzionali delle comunità religiose a livello pubblico. Non ci vuol molto a rendersi conto che anche questo è un compito non trascurabile. Se infatti la religione è un bene per la società, le sue rappresentanze istituzionali non possono non avere rilevanza pubblica. Non prendiamo posizione sulle modalità, compito degli esperti di diritto pubblico ed ecclesiastico. Ma non facciamoci illusioni: di fronte alle burocrazie solo le rappresentanze stabili ed istituzionali possono avere un’ udienza efficace.

Il consiglio di Tocqueville (“ In America la religione è un mondo a parte, in cui regna il prete, ma dalla quale egli ha cura di non uscire mai; entro i suoi confini fa da guida all’intelligenza, fuori però lascia gli uomini padroni di sé stessi e li pdf abbandona all’indipendenza e all’instabilità proprie alla loro natura e al tempo” p. 515, del testo citato nella rubrica Pagina Classica) non può valere se non nel senso che le istituzioni ecclesiali non debbono partecipare alla politica partitica. Esso non è invece applicabile ai cristiani in genere i quali nel loro credo sostanziale hanno l’impegno ad essere sale della terra e luce del mondo. Per questo non possono accettare di diventare insipidi e di essere messi sotto il moggio quando si tratta dei principi primi della vita sociale e della difesa di tutti gli emarginati. 

 

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