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Rivista di etica e scienze sociali / Journal of Ethics & Social Sciences

 

1. I 27 agosto 1928 venne firmato a Parigi da 15 rappresentanti di altrettanti stati un trattato internazionale pdf(in seguito chiamato Kellogg-Briand) composto da tre soli articoli. Il terzo conteneva le norme di applicazione, mentre i due primi articoli dicevano nel testo originale

“ARTICLE I: The High Contracting Parties solemly declare in the names of their respective peoples that they condemn recourse to war for the solution of international controversies, and renounce it, as an instrument of national policy in their relations with one another.

ARTICLE II: The High Contracting Parties agree that the settlement or solution of all disputes or conflicts of whatever nature or of whatever origin they may be, which may arise among them, shall never be sought except by pacific means“.

Per l’allora Regno d’Italia firmò l’ambasciatore G. Manzoni, mentre oggi nella Costituzione Repubblicana troviamo l’art. 11: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie all’ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.”

Il testo di Parigi e quello di Roma sono il frutto (benefico) di due grandi guerre molto diverse tra di loro seppur combattute a distanza di soli due decenni. Nel primo caso, pur essendo già stata fondata la Società delle Nazioni, non si fa riferimento ad essa, mentre nel secondo il riferimento agli organismi sovranazionali è esplicito.

Il superamento delle guerre per mezzo dell’azione di un’autorità internazionale accettata dai contendenti è stata nei sogni dei pensatori europei degli ultimi secoli, e le due catastrofi mondiali che avevano provocato la morte di almeno 60 milioni di persone ed infiniti dolori erano la macabra prova della necessità storica di tale superamento.

La Società delle Nazioni e le stesse Nazioni Unite non hanno prodotto una pace universale, ma, come dicono i politici, si sta andando nella direzione giusta.

2. Un rimprovero abituale al Patto di Parigi è che non vi erano incluse sanzioni contro i contravvenienti e che non erano regolati i diritti di legittima difesa. Ad ogni modo costatiamo che le guerre non sono state rallentate per nulla: anzi il secolo passato è forse il più sanguinoso della storia umana. Probabilmente questo primato negativo è dipeso dallo sviluppo inaudito delle potenzialità industriali ed organizzative degli stati e dal conseguente sviluppo degli armamenti e della rispettive strategie.

Ci si potrebbe però realisticamente chiedere: è possibile cambiare la natura umana, che contiene tra le sue caratteristiche fondamentali l’aggressività intraspecifica? Sia l’etologia umana come la psicologia dell’età evolutiva ci insegnano che una dose di disponibilità all’aggressione è necessaria per l’autocoscienza e la sopravvivenza dell’individuo come anche per la strutturazione dei gruppi sociali. Quindi la tendenza genetica di per sé è positiva e non negativa. E’ come i denti che crescono ai bambini: a tutta prima fanno male ma poi si rivelano indispensabili alla nutrizione!

La risposta generale è che la storia della guerra può diventare una storia della educazione dell’aggressività collettiva umana. Come il singolo cresce e matura in proporzione della canalizzazione dei proprio istinti verso fini positivi per sé e per gli altri, così il fenomeno collettivo dell’aggressività estrema, la guerra, potrà essere reso meno dannoso se affrontato esplicitamente e progressivamente limitato.

Dopo i primi accordi di diritto internazionale umanitario della fine dell’800, la guerra si è realmente umanizzata, almeno un po’ di più e nella sue grandi linee. Il problema oggi è che non abbiamo più come nella Bibbia ‘i re che a primavere escono a farsi la guerra’ (con danni relativamente ridotti), ma abbiamo tanti interessi e tanti mezzi violenti per difenderli.

Ne segue che dobbiamo impegnarci di più nella riduzione della guerra sia per estensione che per conseguenze. Come oggi abbiamo apparati internazionali di controllo della salute, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, così dobbiamo impegnarci collettivamente anche sulla via della pace.

Oggi sono comunemente ammessi la guerra di legittima difesa e gli interventi umanitari, che sotto l’egida garantista di Organizzazioni internazionali, difendono popoli dai loro stessi governanti o comunque da poteri interni che operano illegittimamente.

Non esistono criteri accettati e formulati di come si riconoscono tali due situazioni che in qualche modo si configurano come forme di ‘guerra giusta’. Una simile costatazione vale per molte norme generali sia giuridiche che morali, eppure noi le utilizziamo continuamente e in linea generali con efficacia.

3. Il problema storico è quello della buona fede. Quanti governanti hanno veramente creduto nelle ragioni, oggettivamente difendibili, delle guerre da loro scatenate ? Quanti interessi collettivi (magari di classi sociali o politiche) sono stati ammantati da interessi dell’umanità tutta o almeno della giustizia?

Per questo tradizionalmente le guerre vengono dichiarate solo dopo l’approvazione dei Parlamenti che teoricamente rappresentano gli interessi collettivi e non quelli parziali. Inoltre oggi i cittadini hanno anche altri mezzi per farsi intendere, anche se i mezzi di comunicazione di massa sono troppo spesso sottomessi ad interessi di parte. Non diversamente che in passato, però. E’ rimasta famosa la campagne di stampa prima della guerra di Libia del 1911 per convincere l’opinione pubblica italiana delle ricchezze agricole e naturale dello ‘scatolone di sabbia’! La falsa propaganda faceva leva , astutamente, su motivi di egoismo nazionale: una piccola guerra vale la pena per conquistare tutto questo ben di Dio !

Non è compito di uno studioso di etica pubblica fare la Cassandra e nemmeno il predicatore quaresimale. Anzi il contrario: l’etica e la storia ci insegnato ad essere aperti alla speranza. Infatti oggi abbiamo molte possibilità di controllo democratico dei processi politici e quindi la possibilità di correggere anche le opinioni pubbliche distorte dalla propaganda o anche dal perseguimento di interessi illegittimi. Non è facile, ma è possibile.pdf

Lo studio delle conseguenze della guerra, specialmente quando ci toccano direttamente, sono buone magistrae vitae . Non per nulla i movimenti pacifisti si sviluppano subito dopo i conflitti, e sono tanto più forti quanto più catastrofici sono stati gli avvenimenti bellici precedenti.

Potremmo forse rilanciare in questo campo l’antica saggezza: Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te. 

 

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