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Rivista di etica e scienze sociali / Journal of Ethics & Social Sciences

 

I documenti della Dottrina Sociale della Chiesa hanno sempre fatto da sfondo un approccio plenario. La voce del Magistero sipdf rivolge a ogni uomo, a tutti i popoli, a tutte le nazioni. Il suo appello non è mai teso a costruire barricate, ed è sufficiente la «buona volontà» e l’impegno «a servire il bene comune» per aderire ai suoi insegnamenti. Questo perché ogni persona ha dignità e vocazione alla comunione, e in ogni persona è manifesta l’esigenza di pace e di giustizia. «La legge nuova dell’amore abbraccia l’intera umanità e non conosce limiti, poiché l’annuncio della salvezza in Cristo si estende fino agli estremi confini della terra» (Compendio, Introduzione, 3).

La dottrina sociale della Chiesa, in tal senso, ha molto da dire all’uomo contemporaneo. L’universalità della condizione umana non è più solo una esortazione morale, ma un dato della nostra vita quotidiana. Si ripete spesso che i problemi sociali, politici, giuridici, economici, sono sempre più fortemente interconnessi, e quanto succede in un angolo sperduto del nostro pianeta ha ripercussioni inevitabili da tutt’altra parte. Di fatto, esistono problemi urgenti di dimensione mondiale: l’inquinamento ambientale, lo sviluppo economico, i conflitti, le regole e i diritti internazionali, la gestione delle risorse idriche e delle materie prime, le libertà religiose, ecc. Sempre più la politica e le varie politologie stanno scoprendo che l’umanità ha un destino comune e che le sofferenze che colpiscono uomini e donne dall’altra parte del globo riguardano anche noi direttamente e immediatamente. Il moltiplicarsi di agenzie e organizzazioni internazionali e la proliferazione di associazioni globali lasciano intravedere quanto forte sia l’esigenza di comprendere nello spazio della politica tutti i membri della famiglia umana.

Il Compendio esprime pienamente questa moderna esigenza ispirandosi all’umanesimo integrale e solidale, che informa la dottrina e il pensiero della Chiesa sulle questioni morali, politiche, sociali, economiche, ambientali, ecc. L’umanesimo cristiano, come ci ha insegnato Maritain, è il più ampio e universale. Mentre l’umanesimo liberista e quello materialista, per esempio, facilmente scadono nell’ideologia, giacché concepiscono l’uomo in un’accezione antropocentrica, l’umanesimo cristiano è un progetto integrale, plenario, nel quale, tomisticamente, si attua l’armonia fra scienza e saggezza, fra azione e contemplazione, fra fedeltà all’uomo e fedeltà a Dio. In tal senso, l’umanesimo integrale e solidale è espresso nel Compendio come «capace di animare un nuovo ordine sociale, economico e politico, fondato sulla dignità e sulla libertà di ogni persona umana, da attuare nella pace, nella giustizia e nella solidarietà» (Compendio, Introduzione, 19).

È noto come i principi e i valori espressi dalla dottrina sociale della Chiesa appartengano anche ad altre esperienze politiche e ideologiche. Il solidarismo sociale, per esempio, si è storicamente espresso in dimensioni politiche varie, in molte delle quali, tuttavia, l’accento posto sull’esigenza di cooperazione e di uguaglianza ha finito per produrre sistemi e filosofie distorsivi delle prerogative umane e individuali. Per contro, quei sistemi liberali che hanno basato il proprio pensiero e la vita associata enfatizzando il carattere autonomo e individuale della vita, hanno finito spesso per non riuscire a dare una risposta alle sofferenze e alle emarginazioni provenienti dai settori sociali incapaci di provvedere a condizioni civili dignitose.

La reale peculiarità introdotta dal pensiero sociale cristiano concerne la coordinazione logica di tali valori. Il primo principio è quello della dignità della persona umana, gli altri – bene comune, sussidiarietà, solidarietà - sono ad esso coordinati. Il rispetto di questa coordinazione può essere d’aiuto allo sviluppo del pensiero e all’azione politica.

Per tale via, lo Stato postulato dalla dottrina sociale della Chiesa basa la sua ragion d’essere sul bene comune (168). Mentre le politologie di oggi si affannano ad individuare i principi costitutivi dello Stato moderno ricorrendo a concetti sempre più differenziati, a indicatori problematici e comunque limitati, e tutto per affrancare l’idea di Stato da qualsiasi cenno etico, la visione cristiana si colloca sul fondamento ultimo e indistruttibile dell’idea di Stato. Esso si basa sulla visione antropologica più alta: l’essere umano è sé stesso se in continua donazione, perché amore e intelligenza – costitutivi della persona e non dell’individuo – lo predispongono alla relazione, alla comunione, alla vita politica. La politica che intende contribuire a realizzare il bene delle persone deve, innanzitutto, riconoscere la natura propria dell’essere umano, cioè dare spazio alla relazionalità, alla reciprocità, così come è scritto nel profondo del suo essere. Allo Stato, quindi, spetta il compito minimo di favorire e rendere possibile, la circolazione d’amore fra tutti i cittadini, fra i gruppi sociali, fra le comunità e i popoli, in poche parole la solidarietà e la cooperazione, o ancora meglio la fraternità.

Le conseguenze politiche delle premesse contenute nel Compendio sono precise. Rispetto ad alcune tematiche moderne, spesso di stile neoliberale, che intendono postulare uno Stato “minimo”, “modesto”, “invisibile”, “leggero”, gli accenti posti dalla dottrina sociale della Chiesa mettono in rilievo come allo Stato non compete solo di elaborare progetti per la redistribuzione delle risorse della comunità, dei servizi, delle opere, delle opportunità e dei mezzi in genere; non compete solo di aggregare la domanda cercando di dare voce agli interessi più diffusi, ad esso si deve chiedere piuttosto di incoraggiare e sostenere le relazioni di solidarietà fra le parti sociali e di costruire spazi di condivisione della scelta pubblica.

La subordinazione del principio del bene comune a quello della dignità della persona umana è garanzia dell’equilibrio dell’impresa politica. Equilibrio che storicamente le politiche fondate ideologicamente non hanno potuto avere.

L’impresa politica trova il proprio fondamento e il proprio fine nella persona umana. Nella considerazione che la persona umana ha connaturale una dimensione di apertura alla Trascendenza (384) e agli altri, la dottrina sociale della Chiesa ribadisce, di fatto, che nessuna ipotesi contrattualista, utilitarista, individualista, può pronunciarsi come capace di cogliere lo specifico della visione cristiana della realtà politica. È la natura sociale delle persone che predispone i caratteri dell’autorità politica. L’autorità politica, cioè, non è un incidente organizzativo, né un esigenza storica di cui si può auspicare il prossimo superamento. L’autorità politica è necessaria e insostituibile (393), ed è una naturale forza morale.

Altro che realismo politico: pazienza se i vari Jellinek, Weber, Schmitt, Kelsen, ma nel passato la tradizione che va da Machiavelli a Hobbes, da Marx a Stuart Mill, hanno lavorato invano. Su questo punto l’insegnamento della Chiesa non può transigere: perché l’autorità politica possa riconoscere, rispettare e promuovere i valori umani, perché possa dare leggi giuste (cioè conformi alla dignità della persona umana), essa deve fondarsi eticamente.

Da tali premesse discende una visione della società organica e coerente. La società civile è composta di molti gruppi e lo Stato dovrebbe non solo riconoscerne il ruolo e rispettarne la libertà d’azione, ma anche offrire l’aiuto di cui questi possono aver bisogno nello svolgimento della propria funzione. Ogni persona, famiglia e gruppo ha qualcosa di originale da offrire alla comunità, e se lo Stato svolge una funzione negativa, di attrito sociale, o peggio di negazione rispetto a questi potenziali contributi, il rischio è di distruggere lo spirito di libertà e di iniziativa. Il principio della sussidiarietà si contrappone quindi allo statalismo, alla rigida organizzazione burocratica, alle «forme di accentramento, di burocratizzazione, di assistenzialismo, di presenza ingiustificata ed eccessiva dello Stato e dell'apparato pubblico» (187). Il principio di sussidiarietà sostanzia la partecipazione, intesa quale dovere da esercitare in modo responsabile e in vista del bene comune (189), vero fondamento di ogni democrazia. Un altro principio connesso alla vita sociale è quello della solidarietà. Si tratta di un principio condiviso, in quanto viviamo oggi in un periodo di maggiore consapevolezza dell’interdipendenza tra gli individui e i popoli. Ma la solidarietà è sia un principio di vita sociale che una virtù morale (193). Nella pratica della solidarietà, ciascuna persona si impegna a realizzare il bene comune e a servire gli altri. La solidarietà significa quindi la volontà di donare sé stessi per il bene del proprio prossimo. Non si tratta, tuttavia, di un desiderio di indirizzo umanistico e filantropico: il nostro prossimo, afferma il Compendio (196), non è solo qualcuno che ha dei diritti, «ma diviene la viva immagine di Dio Padre, riscattata dal sangue di Gesù Cristo e posta sotto l'azione permanente dello Spirito Santo».

Formalmente, il Compendio ha l’obiettivo di riassumere e di organizzare il contenuto, vastissimo e differenziato, del magistero sociale della Chiesa cattolica. Riesce tuttavia anche a cogliere alcuni aspetti del dibattito contemporaneo che necessitano di ulteriori precisazioni e conferme. Riproporre dei criteri generali su alcune questioni fondamentali come la pena di morte, la fecondazione medicalmente assistita, la guerra preventiva, può sostenere l’impegno di quei cattolici che oggi sono protagonisti delle vicende politiche, esprimendo la propria opzione all’interno di un referendum, o elaborando una proposta politica per la responsabilità istituzionale che ricoprono.

Il punto sulla «pena di morte» ha suscitato più di qualche polemica. Forse, si pretendeva che la Chiesa prendesse definitivamente le distanze dalla pena capitale, denunciandone l’inumanità e la non conformità con il diritto di punizione in una prospettiva cristiana. Il Compendio esordisce reciperando un brano della Evangelium vitae: «La Chiesa vede come un segno di speranza “la sempre più diffusa avversione dell’opinione pubblica alla pena di morte anche solo come strumento di legittima difesa sociale, in considerazione delle disponibilità di cui dispone una moderna società di reprimere efficacemente il crimine in modi che, mentre rendono inoffensivo colui che l’ha commesso, non gli tolgono definitivamente la possibilità di redimersi» (405). Sembra evidente che non si tratta di un atteggiamento tiepido quello espresso dal Compendio. Si tratta della valutazione meditata e dolorosa che esistono tragedie ancora lancinanti nella storia attuale e verso le quali la salvaguardia dei più deboli può anche comportare l’istituzione del deterrente della pena capitale.

Un altro aspetto caldo, rispetto al dibattito attuale, è quello della guerra preventiva. La guerra preventiva non solo non si giustifica dal punto di vista morale, ma rappresenta una forzatura indebita anche solo da quello giuridico:pdf «Un'azione bellica preventiva, lanciata senza prove evidenti che un'aggressione stia per essere sferrata, non può non sollevare gravi interrogativi sotto il profilo morale e giuridico. Pertanto, solo una decisione dei competenti organismi, sulla base di rigorosi accertamenti e di fondate motivazioni, può dare legittimazione internazionale all'uso della forza armata, identificando determinate situazioni come una minaccia alla pace e autorizzando un'ingerenza nella sfera del dominio riservato di uno Stato» (501).

Nella considerazione che il nostro Paese sta procedendo verso una campagna politica sul tema della fecondazione medicalmente assistita, il Compendio si mantiene in linea con la dottrina più volte affermata dalla chiesa e dai vescovi. «Non sono moralmente accettabili», si legge nel testo, "la donazione di sperma o di ovocita, la maternità sostituiva; la fecondazione artificiale eterologa» (235). 

 

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