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Rivista di etica e scienze sociali / Journal of Ethics & Social Sciences

 

1. Introduzione

Lo scopo di questo breve saggio è di offrire un’introduzione – necessariamente essenziale ed incompleta – all’economia della sanità. Le ragioni per farlo sono numerosissime: noi riteniamo che la più importante sia di offrire ai non economisti una doverosa spiegazione delle ragioni per e del modo in cui la disciplina economia si interessa di sanità. Troppo spesso, infatti, alla nostra professione vengono rivolte critiche dovute a un fraintendimento del ruolo della nostra disciplina. D’altro canto è innegabile che gli economisti manchino di umiltà e tendano a derivare dai loro ragionamenti astratti conseguenze direttamente applicabili al mondo reale. In fondo, noi speriamo che questo articolo possa insegnare qualcosa anche agli economisti. A noi certamente ha insegnato che l’economia applicata è una scienza umana e che in quanto tale non può prescindere dalla riflessione etica, di cui anzi è una concreta realizzazione.

Quando pensa ad un sistema sanitario, la maggior parte delle persone è d’accordo che esso debba: fornire la miglior assistenza possibile a tutti, garantire un trattamento uguale il cui finanziamento sia equamente distribuito, offrire libertà di scelta sia ai fornitori che ai consumatori delle prestazioni e tenere i costi sotto controllo1. Tuttavia queste caratteristiche sono spesso in tensione tra di loro: diventa allora necessario scegliere. Benché la maggior parte delle decisioni sia sostanzialmente istintiva e non accuratamente ponderata2, le conseguenze di tale linea di condotta si rivelano spesso fallimentari3. Sono numerosi i casi in cui è doveroso non solo trovare una soluzione che ‘appaia’ adeguata, ma che sia, di fatto, la migliore possibile4. Se l’economia sia la disciplina in grado di fornire questa soluzione è una domanda a cui due economisti come noi preferiscono non dare risposta. Speriamo tuttavia, da economisti, di fornire gli elementi necessari a formarsi un’opinione in proposito.

 

2. Complessità e intuito

Il mondo che ci circonda ci bersaglia continuamente con un’enorme quantità di stimoli e di informazioni: basti pensare che l’edizione della domenica di un generico quotidiano, con tutti i suoi allegati, contiene un quantitativo di informazioni superiore a quelle di cui un uomo medio del sedicesimo secolo veniva a conoscenza nell’arco della sua intera esistenza. La frenesia della nostra epoca, correttamente definita “età dell’informazione”, è tale che continuamente ci troviamo ad affrontare delle scelte, non solo tra un numero sempre crescente di alternative, ma anche con un sempre minor tempo a disposizione. Per queste ragioni i nostri processi decisionali non possono tenere in considerazione tutti i possibili risultati di ogni opzione, ponderarli in base alla probabilità che ciascuna ha di esplicitarli ed infine scegliere quelli che meglio sembrano assecondare i nostri obiettivi.

Forse per via di un adattamento evolutivo della nostra specie o semplicemente perché costretti dalle condizioni ambientali, ci basiamo soprattutto sull’intuito e non vagliamo accuratamente ogni scelta. Si provi ad immaginare l’incontro con un amico: ci si scambia un saluto convenzionale o rituale, a seconda del grado di confidenza ed alla formalità del contesto, senza disporre del tempo necessario a valutare tutte le possibili modalità di saluto e a praticare quella che meglio enfatizza il perseguimento dei nostri scopi. Tuttavia ‘sentiamo’ che una certa forma si rivelerà adeguata e nella maggioranza dei casi è proprio così. Questo tipo di comportamento ‘automatico’ non si applica, ovviamente, solo alle formalità sociali, ma a quasi tutti gli ambiti della nostra esistenza: alle valutazioni spazio-temporali5, alle preferenze individuali6, ai giudizi morali7

Si può provare a mettersi nei panni di un paziente malato di cancro ai polmoni che si rivolge a due professionisti per ottenere un parere sulle possibili terapie. Entrambi propongono due profili terapeutici alternativi: la chirurgia oppure il trattamento con i raggi. Ciascuno specialista rivela come l’esito dei due interventi sia tipicamente il seguente:

Primo Medico:

Chirurgia: su 100 pazienti, 90 sopravvivono all’intervento, 68 sono vivi dopo un anno e 34 sono vivi dopo cinque anni.

Raggi: su 100 pazienti tutti sopravvivono all’intervento, 77 sono vivi dopo un anno e 22 sono vivi dopo cinque anni.

Secondo Medico:

Chirurgia: su 100 pazienti, 10 muoiono durante o subito dopo l’intervento, 32 muoiono entro un anno e 66 muoiono entro cinque anni.

Raggi: su 100 pazienti, nessuno muore durante o subito dopo l’intervento, 23 muoiono entro un anno e 78 muoiono entro cinque anni.

(Fonte: McNeil, Pauker, Sox e Tversky 1982)

È evidente, accostando i suggerimenti dei due specialisti (Tabella 1), che essi propongono esattamente le stesse alternative, con le medesime caratteristiche. Una semplice differenza nella formulazione delle proposte, che enfatizza ora il numero dei successi ora quello dei fallimenti delle due terapie, provoca un clamoroso cambiamento nel modo di interpretare i dati da parte dei pazienti. Infatti l’82% dei pazienti del primo medico sceglie la chirurgia, mentre solo il 56% dei pazienti risponde nello stesso modo. Possiamo davvero fidarci del nostro intuito?

Mettiamolo ancora alla prova, immaninando di vestire i panni delle autorità sanitarie che si trovano ad affrontare una inaspettata epidemia di SARS che colpirà 600 persone uccidendole. Due equipe di esperti si mettono al lavoro per individuare un programma che contenga l’impatto del contagio; nuovamente entrambe propongono due programmi tra cui scegliere.

Equipe 1:

se si sceglie il programma A, si salveranno 200 persone.
se si sceglie il programma B, c’è 1/3 di probabilità di salvare 600 persone e 2/3 di probabilità di non riuscire a salvarne nessuna.

Equipe 2:

se si sceglie il programma C, moriranno 400 persone.
se si sceglie il programma D, c’è 1/3 di probabilità che non muoia nessuno e 2/3 di probabilità di muoiano tutte.

(Fonte: Tversky e Kahneman 1981)

Nel caso della prima equipe il 72% degli intervistati sceglierebbe il programma A, che promette di salvare delle vite umane. A questo punto non sorprenderà: lo speculare programma C, che enfatizza il numero delle vittime, raccoglie solo il 22% delle preferenze nella formulazione della seconda equipe. Nuovamente le stesse soluzioni vengono accolte in maniera assai differente ed ancora una volta il nostro intuito ci inganna e ci impedisce di scegliere lucidamente. In situazioni di incertezza, siamo più propensi a correre quei rischi che contengano le perdite piuttosto che quelli che mettono a repentaglio i guadagni8. La scelta della terminologia determina l’inquadramento (‘framing’) del contesto decisionale e ci impedisce di applicare il fondamentale principio aristotelico di equità: giudicare ugualmente i casi uguali e diversamente i casi diversi.

Simili situazioni diventano problematiche quindi non solo per il paziente che non sa come comportarsi nell’esprimere la propria preferenza quando si trovi a prestare il proprio consenso rispetto ad una prestazione medica ed ovviamente anche per il medico che si trova a dover affrontare l’incertezza della statistica. Queste considerazioni rendono ancora più delicato il rapporto medico-paziente.

Il problema sussiste inoltre, ad un livello superiore, nella definizione del sistema sanitario, del modo in cui esso deve operare e intervenire che è il principale focus di questo saggio. È per queste ragioni che diventa cruciale scendere in maggiore profondità, comprendere a fondo le dinamiche di un processo sanitario e non limitarsi semplicemente a proclamare una preferenza intuitiva e difficilmente giustificabile. Anche nei dilemmi etici infatti ci si trova spesso a proporre giudizi intuitivi ed ingannevoli.

In Gran Bretagna e in Giappone, per esempio, negli anni ’70 si era deciso di sospendere la somministrazione dei vaccini DPT (contro difterite pertosse e tetano) tipicamente usati come strumenti preventivi contro la pertosse perché potevano causare effetti collaterali, compresa la morte di una minima percentuale dei vaccinati pur sempre però inferiore al numero delle vittime della pertosse in assenza di trattamento. Similmente, il vaccino contro la poliomielite Sabin è più efficace del Salk, tuttavia il primo può causare la polio nel paziente. Nonostante questo rischio, il numero di vite salvate complessivamente dal Sabin rimane considerevolmente superiore. Molti specialisti hanno tuttavia preso le difese del trattamento meno efficace9 sulla base di un giudizio morale intuitivo che molti di noi condividono: è peggio “fare” del male che “non evitare di fare” del male. Siamo più indulgenti con le omissioni che con le azioni10. Anche in questi casi l’intuito era all’opera, ma – se l’obiettivo dell’intervento era di contenere l’impatto della pertosse e della polio – ha suggerito una reazione inadeguata.

Purtroppo ci sono occasioni in cui la risposta automatica che siamo propensi a suggerire non ci soddisfa: essa si rivela ingannevole, inadeguata oppure non è la migliore possibile, mentre noi vorremmo che lo fosse. Diventa quindi importante analizzare a fondo il contesto di scelta e soppesare le alternative possibili sia nel caso di decisioni individuali che collettive. È quindi desiderabile disporre di un apparato teorico di riferimento, che nel caso di cui si tratta in questa sede è l’economia sanitaria.

Casella di testo: BOX: Contesto Decisionale
- un’opzione è un’azione che si può compiere o non compiere
- un risultato è un evento che si può verificare o non verificare
- una decisione è una situazione in cui (i) si ha più di un’opzione, (ii) l’opzione scelta influenza il risultato, (iii) si può pensare a quale opzione scegliere
- un’intuizione è un giudizio del tipo meglio/peggio che ci viene in mente senza bisogno di riflettere

(ricavato da Baron, 2000)

Tabella 1

TEMPO Primo Medico Sopravvissuti Vittime Secondo Medico
Intervento
1 anno
5 anni
Chirurgia

90

68

34

10

32

66

Chirurgia

 Intervento
1 anno
5 anni
 Raggi

 100

77

22

 0

23

28

 Raggi

 

Tabella 2 

Equipe 1 Sopravvissuti Vittime Equipe 2
Programma 200 400 Programma
A     C
Programma 1/3p 600 1/3p 0 Programma
B 2/3p 0 2/3p 600 D

 

3. L’approccio dell’economia

L’economia è la scienza sociale che studia in che modo risorse limitate vengono ripartite tra usi alternativi. Queste risorse (beni e servizi) possono essere soldi, tempo, attenzione, spazio, oggetti e così via. Le decisioni di impiego riguardano sia l’uso di fattori produttivi per attività diverse (es. l’utilizzo di mattoni per costruire una casa o un ponte), sia l’allocazione dei prodotti finali tra gli individui. Gli economisti si concentrano specialmente sulla questione se la divisione delle risorse sia efficiente, ma si trovano spesso nella condi zione di doverne considerare anche l’equità.

Gli individui, le aziende, i governi cercano di distribuire le loro risorse in modo tale da ottenerne la massima soddisfazione possibile. Per esempio, avendo una somma di denaro a disposizione, un bambino decide di acquistare le figurine, mentre una adolescente sceglie dei nuovi trucchi. La nostra disciplina non ci dice se fanno bene o fanno male; ci dice semplicemente che, se il bambino comprasse dei trucchi, farebbe una scelta inefficiente poiché sarebbe più contento se acquistasse delle figurine. Ci dice che, se il bambino possiede dei trucchi e l’adolescente delle figurine, entrambi sarebbero più contenti se li scambiassero. La teoria economica spiega in che modo le persone, sapendo cosa preferiscono, fanno in modo di procurarsene il massimo quantitativo possibile, rinunciando a ciò che desiderano di meno, tenendo un comportamento razionale e coerente. Per quanto riguarda gli enti collettivi, come aziende o governi, si ipotizza che – sulla base degli scopi che ciascuna istituzione si prefigge – sia possibile trattarli come un singolo agente che persegue la propria missione in maniera analoga ad un individuo che soddisfa i propri bisogni.

Gli individui acquistano quei beni e servizi che ritengono avere un valore superiore al loro prezzo e continuano ad acquistarne fino al momento in cui il prezzo raggiunge quel valore. Immaginate di avere sete ed di essere disposti a pagare una determinata cifra per acquistare una bottiglia di acqua. Dopo averla bevuta, qualcuno sarebbe disposto ad acquistarne un’altra allo stesso prezzo. Qualcuno sarebbe disposto ad acquistarne anche una terza e una quarta. Ma chi potrebbe desiderare una decima bottiglia di acqua dopo averne bevute nove? Il beneficio che traiamo dal consumo di un’unità aggiuntiva di un bene tende a diminuire a mano a mano che il quantitativo di beni consumati aumenta.

Di conseguenza gli individui smettono di acquistare nel momento in cui la soddisfazione che deriva da un’ulteriore dose di un certo bene diventa, soggettivamente, inferiore al suo prezzo. Allo stesso modo le aziende che producono quei beni li vendono ad un prezzo che sono disposte ad accettare e continueranno a produrne finché ci saranno consumatori disposti a versare una somma sufficiente a compensare il costo di produzione di quell’ultima unità prodotta. Attraverso questo meccanismo di domanda e offerta che si incontra nel mercato, avviene un’allocazione efficiente dei beni nota con il nome di ottimo Paretiano11. Gli individui perseguono il proprio appagamento personale, le aziende i profitti ed in questo modo il risultato finale è efficiente e soddisfacente per tutti: guidato da quel fenomeno che Adam Smith chiamava la mano invisibile.

A dispetto di queste ragioni gli stati europei contemporanei si premurano di procurare direttamente ai propri cittadini un uguale (o quanto meno adeguato) accesso a determinati beni e servizi sulla base della convinzione che essi siano desiderabili per gli individui e benefici per la società nel suo complesso12. Tra questi, la sanità ricopre una posizione preponderante. A partire dalla metà del secolo scorso, infatti, tutti gli stati, compresi i meno regolamentati e anche al di fuori dell’Europa, hanno sviluppato dei sistemi basati su un apparato di regolamentazione (spesso accompagnato dalla fornitura diretta) dei servizi sanitari. Per quale ragione?

 

4. L’intervento dello stato in sanità: I mercati imperfetti ed il problema dell’efficienza

Il dibattito attorno ad una revisione ed ad una riforma dei sistemi sanitari nella maggior parte dei paesi occidentali si è concentrato sull’idea emergente che, per dare una risposta risolutiva al problema del contenimento della spesa, le forze di mercato debbano intervenire sostituendosi alle regole delle autorità governative. È questo un concetto diffuso nella teoria economica tradizionale che da più parti afferma la superiorità del mercato in termini di efficienza. Alla base di una simile conclusione vi è una serie di ipotesi13:

· l’ottimo di Pareto (si veda sopra) come stato desiderabile;
· i consumi individuali non hanno effetto sugli altri (assenza di esternalità nei consumi);
· le preferenze dei consumatori sono predeterminate;
· perfetta conoscenza da parte degli individui di ciò che per loro è meglio in assoluto;
· perfetta capacità di scegliere ciò che meglio;
· le scelte rivelano perfettamente le preferenze individuali.

Tuttavia abbiamo visto come l’intuito agisca in maniera ingannevole facendo sì che alcune di queste condizioni si realizzano difficilmente14. Sarebbe quindi impossibile per i governi lasciare interamente l’allocazione dei beni e dei servizi sanitari a dei meccanismi di libero mercato. Esistono infatti due ordini di problemi principali15: imperfezioni del mercato e considerazioni di equità. Le prime sono dovute al fatto che esiste una marcata asimmetria tra le informazioni disponibili a fornitori, intermediari e consumatori, che impedisce il verificarsi di condizioni di efficienza; le seconde sono legate al principio che la disponibilità di cure debba essere indipendente dal reddito, ovvero la sanità viene considerato un ‘bene di merito’16.

Dal momento che gli individui tendono a preferire la certezza al rischio17 e per incontrare quei principi intuitivi di equità suggeriti in precedenza, la quasi totalità dei sistemi sanitari prevede che il paziente corrisponda una percentuale assai contenuta del costo della prestazione che riceve nel momento in cui la riceve, momento in cui – oltretutto – la sua capacità di produrre reddito è verosimilmente ridotta per via del suo stato di salute. In quel momento intervengono infatti dei meccanismi assicurativi (siano essi pubblici o privati) e sono proprio questi meccanismi a rappresentare il nocciolo della questione dell’asimmetria informativa. Per esempio, i pazienti hanno una conoscenza assai ridotta, se non nulla, dei trattamenti sanitari che ricevono18, della loro appropriatezza, delle loro conseguenze e della loro desiderabilità. È per questa ragione che gli stati subordinano la pratica delle professioni sanitarie al conseguimento di una speciale qualifica, tale da garantire che i professionisti sanitari dimostrino quelle competenze ritenute fondamentali. In una situazione in cui gli agenti non godono delle stesse informazioni, infatti, emergono due tipologie di problemi.

Selezione avversa: l’assicuratore conosce ben poco delle condizioni sanitarie dell’assicurato ed è quindi spinto a vendere il suo servizio (copertura assicurativa) ad un prezzo che tenga conto delle condizioni medie dell’intera popolazione. A queste condizioni, tuttavia, solo gli individui in cattiva salute saranno incentivati ad acquistare la copertura19, non esiste infatti una ‘assicurazione media’ che garantisca il verificarsi di condizioni di equilibrio su un mercato coordinato unicamente dalla mano invisibile20.

Azzardo morale: dopo che la copertura assicurativa è stata ottenuta, oltretutto, l’assicurato si trova nelle condizioni di beneficiare dei trattamenti sanitari ad un costo estremamente contenuto, di conseguenza sarà indotto a consumarne fino a quando il beneficio di un’ulteriore unità di trattamento ricevuto non raggiunge il costo (assai ridotto) che viene corrisposto21. Anche i fornitori di tali prestazioni, del resto, sono incentivati a venderne una quantità superiore a quella effettivamente necessaria ovvero ad un prezzo superiore a quello di mercato, dal momento che l’acquirente è disposto a farne uso. Un’altra forma di azzardo morale si verifica in quanto gli individui possono, in una certa misura, razionalmente condizionare la probabilità di necessitare di assistenza sanitaria attraverso il loro comportamento.

La teoria economica attribuisce a questi fenomeni la responsabilità per i cosiddetti “fallimenti del mercato”22. Eppure non c’è nulla che non vada nel meccanismo di mercato: nella quasi totalità dei mercati si verificano problemi dello stesso tipo23. Conoscendoli è possibile correggerli privatamente, ovvero all’interno del mercato. Ci sono due modi per farlo: il primo consiste nella stesura di contratti completi che includano esplicite clausole e prescrizioni comportamentali in ogni possibile contingenza del rapporto; il secondo è semplicemente un proporzionale aumento del prezzo che garantisca l’interessato dal rischio che la controparte metta in atto comportamenti opportunistici. Di fatto, il primo è irrealizzabile ed il secondo inaccettabile in sanità.

· l’ottimo di Pareto (si veda sopra) come stato desiderabile;
· i consumi individuali non hanno effetto sugli altri (assenza di esternalità nei consumi);
· le preferenze dei consumatori sono predeterminate;
· perfetta conoscenza da parte degli individui di ciò che per loro è meglio in assoluto;
· perfetta capacità di scegliere ciò che meglio;
· le scelte rivelano perfettamente le preferenze individuali.

Tuttavia abbiamo visto come l’intuito agisca in maniera ingannevole facendo sì che alcune di queste condizioni si realizzano difficilmente24. Sarebbe quindi impossibile per i governi lasciare interamente l’allocazione dei beni e dei servizi sanitari a dei meccanismi di libero mercato. Esistono infatti due ordini di problemi principali25: imperfezioni del mercato e considerazioni di equità. Le prime sono dovute al fatto che esiste una marcata asimmetria tra le informazioni disponibili a fornitori, intermediari e consumatori, che impedisce il verificarsi di condizioni di efficienza; le seconde sono legate al principio che la disponibilità di cure debba essere indipendente dal reddito, ovvero la sanità viene considerato un ‘bene di merito’26.

Dal momento che gli individui tendono a preferire la certezza al rischio27 e per incontrare quei principi intuitivi di equità suggeriti in precedenza, la quasi totalità dei sistemi sanitari prevede che il paziente corrisponda una percentuale assai contenuta del costo della prestazione che riceve nel momento in cui la riceve, momento in cui – oltretutto – la sua capacità di produrre reddito è verosimilmente ridotta per via del suo stato di salute. In quel momento intervengono infatti dei meccanismi assicurativi (siano essi pubblici o privati) e sono proprio questi meccanismi a rappresentare il nocciolo della questione dell’asimmetria informativa. Per esempio, i pazienti hanno una conoscenza assai ridotta, se non nulla, dei trattamenti sanitari che ricevono28, della loro appropriatezza, delle loro conseguenze e della loro desiderabilità. È per questa ragione che gli stati subordinano la pratica delle professioni sanitarie al conseguimento di una speciale qualifica, tale da garantire che i professionisti sanitari dimostrino quelle competenze ritenute fondamentali. In una situazione in cui gli agenti non godono delle stesse informazioni, infatti, emergono due tipologie di problemi.

Selezione avversa: l’assicuratore conosce ben poco delle condizioni sanitarie dell’assicurato ed è quindi spinto a vendere il suo servizio (copertura assicurativa) ad un prezzo che tenga conto delle condizioni medie dell’intera popolazione. A queste condizioni, tuttavia, solo gli individui in cattiva salute saranno incentivati ad acquistare la copertura29, non esiste infatti una ‘assicurazione media’ che garantisca il verificarsi di condizioni di equilibrio su un mercato coordinato unicamente dalla mano invisibile30.

Azzardo morale: dopo che la copertura assicurativa è stata ottenuta, oltretutto, l’assicurato si trova nelle condizioni di beneficiare dei trattamenti sanitari ad un costo estremamente contenuto, di conseguenza sarà indotto a consumarne fino a quando il beneficio di un’ulteriore unità di trattamento ricevuto non raggiunge il costo (assai ridotto) che viene corrisposto31. Anche i fornitori di tali prestazioni, del resto, sono incentivati a venderne una quantità superiore a quella effettivamente necessaria ovvero ad un prezzo superiore a quello di mercato, dal momento che l’acquirente è disposto a farne uso. Un’altra forma di azzardo morale si verifica in quanto gli individui possono, in una certa misura, razionalmente condizionare la probabilità di necessitare di assistenza sanitaria attraverso il loro comportamento.

La teoria economica attribuisce a questi fenomeni la responsabilità per i cosiddetti “fallimenti del mercato”32. Eppure non c’è nulla che non vada nel meccanismo di mercato: nella quasi totalità dei mercati si verificano problemi dello stesso tipo33. Conoscendoli è possibile correggerli privatamente, ovvero all’interno del mercato. Ci sono due modi per farlo: il primo consiste nella stesura di contratti completi che includano esplicite clausole e prescrizioni comportamentali in ogni possibile contingenza del rapporto; il secondo è semplicemente un proporzionale aumento del prezzo che garantisca l’interessato dal rischio che la controparte metta in atto comportamenti opportunistici. Di fatto, il primo è irrealizzabile ed il secondo inaccettabile in sanità.

 

6. Conclusioni

Si è visto come la disciplina economica esprima al meglio le proprie potenzialità nella valutazione dell’emergere di condizioni di efficienza. Tali condizioni, tuttavia, possono esplicitarsi solo in casi limitati, le complessità con cui gli economisti si confrontano nel mondo reale infatti fanno sì che esse si intreccino continuamente con preoccupazioni di tipo etico. Non sorprende quindi che negli ultimi anni si sia verificata una crescente attenzione nei confronti dell’equità dei sistemi sanitari da parte dell’UE, dell’OSCE, dell’OMS e di altre istituzioni governative, principalmente a seguito della presa di coscienza che per la maggior parte dei cittadini l’equità ha la precedenza sulle altre considerazioni, perfino l’efficienza34. Si è dato conto in questa sede della complessità del problema35 e della difficoltà di addivenire ad un sistema coerente ed univoco. Si noti che gran parte delle considerazioni riportate sopra sono concepite con una chiara attenzione alla posizione dei ‘consumatori’ e ben poco si è detto del delicato equilibrio tra la tutela del paziente e l’etica professionale del personale sanitario36. Si corre il rischio, in questo modo, di concepire un sistema solo ‘virtualmente’ etico, ma di fatto inapplicabile proprio perché non tiene conto della deontologia di chi dovrebbe attuarlo. La professione medica, infatti, non è soltanto una tecnica di guarigione, bensì costituisce una sfera autonoma della dimensione umana, con le sue peculiarità ed i suoi precisi canoni di eccellenza tecnica ed etica. Il rapporto medico-paziente non è quindi moralmente neutro, ma prevede dei principi autonomi e dei valori umani prima ancora che scientifici37.

Ciò che speriamo di aver tuttavia evidenziato con questo contributo è che il settore sanitario è un settore particolare, anche dal punto di vista della teoria economica. Molte complicazioni di natura informativa ed etica rendono necessari degli interventi che garantiscano risultati socialmente accettabili, tanto in termini di efficienza che di equità. Con questo naturalmente non si vuole intendere che le forze di mercato siano totalmente inappropriate in sanità, anzi: la nostra trattazione muove dalla premessa che la sanità debba essere concepita in un sistema di mercato, però opportunamente corretto e regolamentato.

 

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NOTE:
* Questo articolo è parzialmente ispirato a Paolucci e Bower (2003) e A. Lanteri (2003, 2004).
1 Engelhardt (1986).
2 Bargh e Chartrand (1999).
3 Baron (1998).
4 A. Lanteri (2004).
5 Baron (2000).
6 Kahneman (2003).
7 Haidt (2001).
8 Kahneman (2003).
9 Baron (2000).
10 Baron (1998).
11 Dal nome dell’economista italiano Vilfredo Pareto. Una situazione di ottimo Paretiano è uno stato in cui nessuno può incrementare la propria posizione senza peggiorare quella di un altro.
12 C. Lanteri e A. Lanteri (2000).
13 In quanto segue, discuteremo solo alcune delle ipotesi qui suggerite. Si veda anche Rice (2002)
14 Nei cosiddetti mercati perfetti, ovvero in cui le condizioni concorrenziali sono tali da ‘costringere’ ciascuno a perseguire il massimo vantaggio possibile come condizione necessaria per sopravvivere. Occorre altresì sottolineare come nel caso della sanità si verifichino delle situazioni di emergenza in cui il paziente non può prendere decisioni coscienti, ovvero di dipendenza da sostanze che alterano la capacità di intendere e di volere, nonché di disabilità mentali. Il problema è eminentemente di natura legale (si veda, per esempio Lupano 2004), perché l’economista tende a sostituire il paziente con colui che prende le decisioni in sua vece. In una simile situazione tuttavia il decisore non sta più cercando di soddisfare al meglio i propri bisogni, bensì quelli di un altro individuo, con l’emergere delle relative implicazioni razionali ed etiche che una simile situazione determina.
15 Artoni (1999).
16 Curiosamente, dal momento che la sua attribuzione è esplicitamente resa indipendente dal ‘merito’ ed invece accordata in base al ‘bisogno’.
17 Seppure l’avversione al rischio sia diversa nel caso di eventi negativi o positivi (Kahneman e Tversky 1979, Tversky e Kahneman 1992).
18 Questo particolare aspetto di asimmetria informativa configura l’insorgere di problemi di natura etica e legale riguardanti il rispetto dell’autonomia individuale. Si vedano anche C. Lanteri e A. Lanteri (2000), A. Lanteri (2002), A. Lanteri e M. Lupano (2004a,b) e Lupano (2004).
19 Ackerlof (1970).
20 Rothschild & Stiglitz (1976)
21 Pauly (1986), si veda però anche Nyman (1999).

22 Per una trattazione più esaustiva e rigorosa delle imperfezioni e dei fallimenti di mercato, si veda l’“Handbook of Health Economics” (Culyer e Newhouse ed. 2000).
23 Ackerlof (1970).
24 Nei cosiddetti mercati perfetti, ovvero in cui le condizioni concorrenziali sono tali da ‘costringere’ ciascuno a perseguire il massimo vantaggio possibile come condizione necessaria per sopravvivere. Occorre altresì sottolineare come nel caso della sanità si verifichino delle situazioni di emergenza in cui il paziente non può prendere decisioni coscienti, ovvero di dipendenza da sostanze che alterano la capacità di intendere e di volere, nonché di disabilità mentali. Il problema è eminentemente di natura legale (si veda, per esempio Lupano 2004), perché l’economista tende a sostituire il paziente con colui che prende le decisioni in sua vece. In una simile situazione tuttavia il decisore non sta più cercando di soddisfare al meglio i propri bisogni, bensì quelli di un altro individuo, con l’emergere delle relative implicazioni razionali ed etiche che una simile situazione determina.
25 Artoni (1999).
26 Curiosamente, dal momento che la sua attribuzione è esplicitamente resa indipendente dal ‘merito’ ed invece accordata in base al ‘bisogno’.
27 Seppure l’avversione al rischio sia diversa nel caso di eventi negativi o positivi (Kahneman e Tversky 1979, Tversky e Kahneman 1992).
28 Questo particolare aspetto di asimmetria informativa configura l’insorgere di problemi di natura etica e legale riguardanti il rispetto dell’autonomia individuale. Si vedano anche C. Lanteri e A. Lanteri (2000), A. Lanteri (2002), A. Lanteri e M. Lupano (2004a,b) e Lupano (2004).
29 Ackerlof (1970).
30 Rothschild & Stiglitz (1976)
31 Pauly (1986), si veda però anche Nyman (1999).
32 Per una trattazione più esaustiva e rigorosa delle imperfezioni e dei fallimenti di mercato, si veda l’“Handbook of Health Economics” (Culyer e Newhouse ed. 2000).
33 Ackerlof (1970).
34 MacLahan e Maynard (1982), Mooney (1986).
35 OECD (1992) e Wagstaff e van Doorslaer (1993) suggeriscono che, alla luce delle loro dichiarazioni, i politici sono in sostanziale accordo su cosa si intenda per equità; Gillon (1985) tuttavia suggerisce che certi aspetti dell’equità godano di una più ampia accettazione e di una maggiore applicabilità.
36 È curioso infatti il modo in cui il ruolo del paziente sia quello di fornire al medico tutte le informazioni necessarie affinché il medico possa decidere ed il paziente possa infine fare ciò che ha deciso il medico (Williams 1988). Non stupiscono, quindi, la complessità e la delicatezza di questo rapporto (A. Lanteri e M. Lupano 2004a,b).
37 Donato (2004) e Lanteri (2004c).

 

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