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Rivista di etica e scienze sociali / Journal of Ethics & Social Sciences

pdfSono circa 38,6 milioni le persone affette dall’HIV/AIDS, di cui il 95% vive nei Paesi in via di sviluppo (PVS). La regione più severamente colpita è l’Africa Sub-Sahariana, che registra quasi 25 milioni di contagi e continua a rimanere l’epicentro dell’epidemia. Tuttavia, nella regione Asia-Pacifico – dove le persone affette sono più di 8,3 milioni, il più alto numero dopo l’Africa Sub-Sahariana – il virus si sta diffondendo in alcune parti più velocemente che nel resto del mondo. Anche se nel continente asiatico i tassi di prevalenza non sono così alti come in Africa, a causa dell’elevata pressione demografica basse percentuali spesso “nascondono”un alto numero di contagi in termini assoluti1.

Come un’ampia letteratura evidenzia, l’HIV/AIDS non è soltanto un problema sanitario ma ha profonde implicazioni sociali, economiche e istituzionali. Diversamente dalla malaria e dalla tubercolosi, l’HIV/AIDS è una malattia a lungo termine e colpisce prevalentemente la fascia più produttiva della popolazione compresa tra i 15 e i 50 anni, creando sul sistema uno shock a tutti i livelli (individuale, familiare, della comunità, e – laddove il tasso di prevalenza sia elevato – nazionale) e innescando una spirale distruttiva che produce effetti che perdurano anche dopo la morte del soggetto che ha contratto il virus2. Soprattutto nei Paesi con più alta prevalenza, l’HIV/AIDS sta avendo ripercussioni negative sul settore agricolo (incidendo in particolare su produzione e produttività), sulla sicurezza alimentare, sulle economie e i sistemi sociali rurali, compromettendo i progressi finora raggiunti nel campo dello sviluppo.

Sebbene la correlazione tra povertà e HIV/ AIDS sia ancora una questione dibattuta3, l’HIV/AIDS è stata definita una “malattia della povertà”: l’evidenza mostra che i poveri sono più vulnerabili alle malattie e meno capaci di affrontarle per diverse ragioni, quali mancanza di informazione, limitatezza di risorse disponibili, scarso accesso ai servizi sociali di base. Le profonde disparità di genere che in molte parti del mondo tuttora permangono determinano un impatto sproporzionato dell’HIV/AIDS sulle donne, in particolare quelle che vivono nelle zone rurali4.


1. La dimensione rurale dell’HIV/AIDS

Inizialmente un problema prevalentemente urbano, l’HIV/AIDS ha iniziato a diffondersi rapidamente nelle aree rurali, dove vivono la maggioranza della popolazione dei PVS e più del 70% dei poveri del mondo. Sebbene le statistiche riguardanti la diffusione dell’epidemia non distinguano tra aree urbane e rurali, i dati demografici fanno pensare che la maggior parte dei malati di HIV/AIDS viva nelle campagne, dove il limitato accesso ai servizi essenziali – come l’assistenza sanitaria, l’istruzione, l’acqua potabile - rende le comunità più vulnerabili e meno “attrezzate” ad affrontare gli effetti dell’epidemia. Un altro fattore determinante nella diffusione del virus nelle campagne è la migrazione verso le aree urbane, dove i lavoratori migranti – a causa di pesanti discriminazioni, prolungati periodi di lontananza dalla famiglia e spesso di una maggiore disponibilità di denaro - sono più portati ad adottare comportamenti ad alto rischio che li espongono maggiormente al contagio5. Una volta contratto il virus, la maggior parte dei migranti torna nelle campagne, esponendo al rischio di contagio le comunità locali, cui spetta l’onere di sostenere tutti i costi relativi alla malattia6.

Altrettanto evidenti sono le implicazioni dell’HIV/AIDS per l’agricoltura, da cui dipende la maggior parte delle popolazioni rurali dei PVS. Colpendo la fascia più produttiva della popolazione l’HIV/AIDS ha ripercussioni negative sulla produzione agricola, in maniera tanto più grave ed estesa quanto più alti sono i tassi d’infezione.

2. Impatto dell’HIV/AIDS sui nuclei familiari rurali e strategie adottate

L’HIV/AIDS può spingere le famiglie rurali nella povertà o impoverire ulteriormente quelle che sono già povere7. In uno studio condotto nel Nord della Thailandia, le famiglie più povere si sono rivelate più vulnerabili all’impatto economico dell’HIV/AIDS sull’agricoltura e meno capaci di fronteggiarlo8. Le strategie adottate dalle famiglie colpite, inoltre, si rivelano meno efficaci per le famiglie più povere9.

2.1 Perdita di forza-lavoro agricola e calo della produttività

Colpendo principalmente le fasce produttive della popolazione, l’HIV/AIDS causa un calo di manodopera, che può compromettere la produzione agricola e la sicurezza alimentare delle famiglie rurali. Durante la prima fase del contagio, il lavoratore subisce un calo a livello fisico e dell’umore, che si traduce anche in un declino della produttività. Nella seconda fase caratterizzata dall’evoluzione dell’infezione da HIV verso l’AIDS capacità lavorativa e produttività sono definitivamente compromesse. Il deficit di forza lavoro spinge generalmente i nuclei familiari affetti a riorganizzare il lavoro agricolo e domestico, con un conseguente sensibile aumento del carico di lavoro dei membri sani della famiglia, in particolare delle donne10. In casi di particolare gravità, i nuclei familiari affetti si trasferiscono dai parenti anziani, che si occupano dei figli ammalati, dei nipoti ancora piccoli, spesso anche del lavoro nei campi e del sostegno economico della famiglia.

Nella riorganizzazione delle attività, i nuclei familiari affetti tendono a trascurare o addirittura abbandonare le attività agricole per far fronte a nuove necessità che richiedono grande dispendio di tempo: cura dei malati; partecipazione ai funerali; assistenza e adozione degli orfani; impiego salariato per far fronte alle spese mediche e all’acquisto di cibo che non viene più prodotto a sufficienza11. In contesti culturali nei quali l’osservanza del lutto può durare per periodi prolungati e le attività agricole non possono essere svolte, un alto tasso di mortalità ha ripercussioni negati sulla disponibilità della manodopera12.

Uno studio svolto nel Nord della Thailandia ha rivelato che la scarsa disponibilità di manodopera a seguito dell’impatto dell’HIV/AIDS, soprattutto durante i picchi stagionali, ha costretto gli anziani a svolgere le attività agricole o a cercare un lavoro salariato; come conseguenza, a causa dell’eccessivo carico di lavoro, il consumo di droghe tra gli anziani è risultato in aumento13.


2.2 Declino del capitale finanziario e delle risorse produttive

Il calo di manodopera comporta anche un calo di reddito proveniente dalle attività extra agricole14: i nuclei familiari dipendenti dalle rimesse, ad esempio, sperimentano perdita o riduzione delle entrate, nel caso il lavoratore migrante muoia o si ammali.

Le spese relative all’HIV/ AIDS e il declino della produzione agricola spingono le famiglie colpite a liquidare progressivamente tutti i risparmi, a richiedere prestiti al settore informale o agli usurai (quindi a esorbitanti tassi d’interesse), a vendere le risorse necessarie all’attività agricola (terra, bestiame, attrezzature) o anche oggetti di valore (gioielli, beni di famiglia)15. Le famiglie più ricche colpite dall’HIV/AIDS impiegano manodopera per attività in precedenza svolte da membri del nucleo familiare o acquistano input per migli-orare la produzione alimentare e/o pesticidi per contrastare le malattie in aumento dovute alla minore cura dei campi o alla ridotta manodopera qualificata. Altre strategie per far fronte alle spese crescenti comprendono il ritiro dei bambini – soprattutto le femmine – dalla scuola; la migrazione in cerca di lavoro salariato nelle città soprattutto da parte dei componenti maschi della famiglia; il ricorso alla prostituzione16.

I nuclei familiari con a capo le donne sono generalmente i più poveri e – a causa delle disparità di genere – sono particolarmente svantaggiati, in quanto generalmente le donne che vivono nelle aree rurali non hanno accesso al credito, alla terra, agli input agricoli, all’istruzione, ai servizi di divulgazione agricola, alla tecnologia. L’impatto dell’HIV /AIDS, quindi, è più devastante su questi nuclei familiari. Le donne rimaste vedove spesso perdono il diritto alle proprietà della famiglia (casa, terra, bestiame, macchinari agricoli) a causa della tradizionale pratica dell’espropriazione dei beni da parte dei parenti del defunto marito, che in alcuni casi portano via anche i figli. Uno sondaggio condotto in Namibia ha rivelato che su un campione di 32 nuclei familiari con a capo donne – a seguito della morte dei mariti a causa dell’HIV/AIDS - il 44% ha perso il bestiame, il 28% gli animali di piccolo taglio e il 41% i macchinari agricoli17.

Come già evidenziato, le spese per le cure mediche costituiscono un onere economico non indifferente per le famiglie colpite dall’HIV/AIDS. Nella provincia thailandese di Chiang Mai, le famiglie affette hanno riportato di aver speso in media 1000 dollari Usa durante l’ultimo anno di vita del congiunto in fase terminale (pari a una volta e mezzo il reddito medio annuale delle famiglie stesse)18; il 41% ha dichiarato di aver venduto la propria terra alla morte di un congiunto19. Sempre in Thailandia, un terzo dei nuclei familiari colpiti dall’HIV/AIDS ha riportato in media un calo del reddito familiare pari al 48%20. Uno studio svolto tra le comunità di pastori in Uganda ha rivelato che l’88% dei nuclei familiari affetti dall’HIV/AIDS ha venduto il bestiame per far fronte alle spese mediche o per i funerali; di esse, un quinto ha riportato un conseguente calo nella vendita del latte21.

Uno studio realizzato in alcuni villaggi nel Nord della Thailandia ha evidenziato come l’HIV/AIDS abbia drasticamente cambiato il siste-ma economico e sociale che si era stabilizzato nei decenni precedenti: i piccoli agricoltori affittuari sono diventati più dipendenti dalle entrate provenienti dal lavoro salariato svolto dai bambini nelle aree urbane, mentre gli abitanti delle città tendono ora a tornare nei loro villaggi dopo aver contratto l’HIV22.

2.3 Perdita di agro biodiversità e di conoscenze agricole

Gli agricoltori possiedono un immenso patrimonio di conoscenze agricole tradizionali, generate col tempo e trasmesse oralmente e sul campo dai genitori ai figli, che spesso sono una delle risorse di maggior valore per le comunità rurali.

L’HIV/AIDS minaccia di interrompere questa catena attraverso la quale le conoscenze locali vengono trasmesse - generalmente da padre a figlio e da madre a figlia: i bambini i cui genitori si sono ammalati sono spesso troppo piccoli per imparare le tecniche agricole, pertanto, quando restano orfani, non sono in grado da soli di mantenere la produzione agricola e la sicurezza alimentare23. Per di più, poiché nella maggior parte delle comunità rurali, tra moglie e marito non si realizza uno scambio di informazioni in quanto ruoli e compiti sono marcatamente distinti in base al genere, quando uno dei due muore, l’altro spesso non è in grado di portare avanti i compiti svolti dal coniuge24 e trasmettere ai figli le sue conoscenze agricole. Uno studio del 1997 ha mostrato che solo un decimo degli orfani che sono a capo del nucleo familiare possiede un’adeguata conoscenza delle tecniche agricole25. Nel distretto Chókwè in Mozambico, gli agricoltori appartenenti alla fascia d’età più giovane (18-44 anni) hanno saputo identificare un minor numero di varietà di semi tradizionali rispetto agli agricoltori che avevano più di 45 anni26. Lo studio ha anche rivelato che, a causa dell’impatto dell’HIV/AIDS, nell’arco di dieci anni la percentuale di agricoltori che coltiva più di sei diversi tipi di colture è scesa dal 90% al 73%27 e che sono gli agricoltori più giovani a coltivare una minore varietà di colture, probabilmente a causa di una perdita di conoscenze sulle colture tradizionali28

3. Impatto sulla produzione agricola

A causa della scarsità di manodopera (qualificata), del calo nella produzione e della ridotta disponibilità di denaro per acquistare input e fertilizzanti, la produzione agricola risulta compromessa. Uno studio condotto in Thailandia ha mostrato che un terzo delle famiglie rurali colpite dall’HIV/AIDS ha visto dimezzare la propria produzione agricola. Questo calo è anche dovuto alle diverse strategie adottate in base ai contesti e alle situazioni dai nuclei familiari colpiti. Generalmente, queste strategie tendono a trascurare i benefici a lungo-termine – in quanto gli agricoltori malati si aspettano di morire presto – per favorire una serie di interventi che procurano un ritorno immediato, nel breve-termine29.

Di solito, i nuclei familiari colpiti dall’HIV/ AIDS tendono a:

  •  Ridurre la terra coltivata
  •  Ritadare le pratiche agricole, anche quelle che è necessario svolgere strettamente nei tempi stabiliti
  •  Sostituire colture più intensive con colture meno intensive e che maturano più rapidamente, ma che hanno però un minore valore nutritivo e di mercato
  •  Passare alla produzione animale
  •  Ridurre la varietà delle colture
  •  Allevare solo piccoli animali (come maiali, polli, capre).

Uno studio condotto nel 2000 sull’impatto dell’HIV/AIDS sui sistemi locali di irrigazione nel distretto di Sanpatong (Thailandia) ha rivelato una preferenza per la soia e la cipolla (meno intensive) rispetto alle colture precedentemente dominanti di riso e chilli30 (più intensive); una riduzione nell’area di coltivazione del riso, che è scesa dai 2062 rai (1237,2 ettari) nel 1990 ai 1460 rai (876,6 ettari) nel 2000, attribuibile per circa il 50% all’HIV/AIDS31. Gli adattamenti dei nuclei familiari rurali allo shock e alle nuove condizioni e limitazioni causate dall’HIV/ AIDS hanno a loro volta le seguenti conseguenze:

  •  Declino della fertilità del suolo
  •  Aumento di insetti nocivi, piante infestanti e malattie delle piante
  •  Declino del rendimento delle colture
  •  Declino della varietà genetica delle colture
  •  Perdita di agrobiodiversità

4. Effetti sulla sicurezza alimentare

Il calo della produzione agricola, la ridotta capacità di guadagnare reddito, le ingenti spese direttamente o indirettamente connesse con l’impatto dell’HIV/AIDS hanno serie ripercussioni sulla sicurezza alimentare. In Africa orientale e meridionale, i nuclei familiari affetti consumano meno pasti al giorno e cibi meno nutrienti32; uno studio condotto nel Nord della Thailandia ha rivelato che gli anziani delle famiglie più severamente colpite rinunciano al cibo per sfamare i bambini.

5. Un impatto oltre i nuclei familiari

Soprattutto laddove i tassi di prevalenza siano più elevati, l’impatto dell’HIV/AIDS va oltre i nuclei familiari e ha anche importanti ripercussioni sull’intera comunità rurale e perfino a livello della produzione agricola e dell’economia nazionale.

5.1 Impatto sulle comunità rurali

Effetti aggregati - come la scarsa disponibilità di manodopera qualificata - o una combinazione di essi, tale da alterare la composizione e la struttura demografica delle comunità stesse (invecchiamento della popolazione, aumento della mortalità e della morbilità, modificazioni nella composizione dei nuclei familiari, migrazione dei giovani) - hanno ripercussioni sul prezzo del lavoro, della terra e del credito33, nonché sui sistemi agricoli comunitari, le infrastrutture e il loro mantenimento. Sempre nel distretto thailandese di Sanpatong, in con-seguenza del 50% dei decessi occorsi tra i fruitori dell’acqua appartenenti a un’associazione rurale, il mantenimento precedentemente portato avanti dagli stessi membri della comunità deve ora essere svolto con l’ausilio di bulldozer e, a causa delle spese ingenti da sostenere, viene effettuato solo una volta all’anno (e non più due volte, come in passato)34. A livello demografico, nelle comunità più severamente affette dall’HIV/ AIDS si verifica un incremento del numero dei nuclei familiari mono parentali – tra i quali i più vulnerabili sono quelli con a capo le vedove, i bambini e gli anziani - e di quelli che adottano gli orfani. Quando aumenta il numero degli orfani e della percentuale di adozioni, generalmente diminuisce il tasso d’iscrizione scolastica e aumentano quelli dell’abbandono scolastico e del lavoro minorile35. Gli orfani, infatti, non hanno più tempo per frequentare le lezioni in quanto devono gestire il lavoro domestico e agricolo, né hanno le risorse finanziarie necessarie a pagare la retta scolastica. Gli orfani che vengono adottati, inoltre, sono spesso trattati in maniera iniqua rispetto agli altri bambini della famiglia e hanno maggiori probabilità di essere ritirati dalla scuola per fornire lavoro agricolo e/o reddito alla famiglia adottiva, diventando così maggiormente esposti al rischio di contagio.

Lo stigma che circonda le famiglie affette dall’HIV/AIDS – e in particolare le donne che hanno perso il marito e che sono spesso ritenute responsabili della trasmissione del virus - può condurre a modificare o perfino rompere i legami con la comunità, le associazioni per la gestione comune del lavoro e della cura dei bambini e le organizzazioni rurali informali. Mortalità e morbilità hanno anche conseguenze negative sui servizi di divulgazione agricola e sui programmi e progetti di sviluppo, a causa dell’assenteismo del personale, dei dipendenti pubblici e/o dei beneficiari direttamente o indirettamente affetti dall’HIV/AIDS36. Secondo la FAO, in Uganda, il 20-50% delle ore lavorative del personale di divulgazione agricola è stato speso per la partecipazione ai funerali e la cura dei parenti ammalati37. Uno studio recente ha rivelato che i tassi di contagio del personale dei ministeri dell’agricoltura di alcuni Paesi africani sono molto vicini alle percentuali nazionali (36% per il Botswana, 25% per lo Swaziland, il 23% per il Lesotho e 20% per lo Zambia)38.

5.2 Effetti macro-economici

Studi condotti in Africa Sub-Sahariana rivelano effetti dell’HIV/AIDS sui livelli di produzione agricola nazionale e regionale, sui costi di produzione, sui tempi di lavoro39. Secondo stime della FAO, dal 1985 l’AIDS ha ucciso circa 7 milioni di lavoratori agricoli e potrebbe ucciderne altri 16 milioni entro il 2020 nei 25 Paesi africani più colpiti, che, nei prossimi anni, potrebbero perdere fino al 26% della manodopera agricola, con un calo drammatico del PIL, di cui l’agricoltura rappresenta ancora una gran parte40. Nella regione Asia-Pacifico, il basso tasso di prevalenza totale dell’HIV/AIDS ha avuto finora conseguenze trascurabili sulla crescita economica, sulla produzione agricola e sui sistemi rurali41. Secondo le previsioni peggiori, in Thailandia - Paese che sta già sperimentando un aumento consistente del tasso di mortalità tra la popolazione in età produttiva - l’HIV/AIDS potrebbe causare entro il 2015 un calo demografico di circa 9,95 milioni di persone appartenenti alla fascia produttiva e una diminuzione del PIL pro capite del 15%42. A Papua Nuova Guinea, entro il 2020, i redditi provenienti dal settore agricolo potrebbero diminuire fino all’8%, con un conseguente calo della produzione del 24%43.

6. Vulnerabilità all’impatto dell’HIV/AIDS

Alla luce delle considerazioni finora espresse, è evidente che i sistemi rurali fortemente dipendenti dall’agricoltura, sono anche più vulnerabili all’HIV/AIDS. I fattori che determinano tale vulnerabilità sono:

  •  Siccità (alternativamente alluvioni e piogge tropicali), che può condurre al calo nella produzione alimentare
  •  Una limitata varietà delle colture
  •  Povertà dei suoli
  •  Serrati picchi lavorativi nel ciclo dell’attività agricola
  •  Pratiche ad alta intensità di lavoro
  •  Mancanza di una tradizione di mutua assistenza e scambio di lavoro tra i nuclei familiari
  •  Scarsa sostituibilità tra le esistenti colture ad alta intensità di lavoro e quelle a bassa intensità di lavoropdf
  •  Scarsità di surplus alimentare
  •  Opportunità limitate di reddito al di fuori dell’attività agricola
  •  Specializzazione in base al genere
  •  Assenza di tutele e legalizzazione della proprietà della terra 44.

 

1 UNAIDS, 2006 Report on the Global AIDS Epidemic, Geneva, Switzerland, May 2006

2 FAO, UNESCO, Toward Multi-Sectoral Responses to HIV/AIDS: Implications for Education for Rural People (ERP), 2005, p. 4

3 Si vedano in proposito: D.E Bloom, River Path Associate and J. Sevilla, Health, Wealth, AIDS and Poverty, ADB, 2002; D.E. Bloom et alii, Asia’s Economies and the Challenge of AIDS, ADB, April 2004

4 J. Du Guerny, D. Topouzis, Sustainable Agricultural/Rural Development and Vulnerability to the AIDS Epidemic, FAO, UNAIDS, December 1999, p. 85

5 FAO, Mitigating the Impact of HIV/AIDS on Agriculture and Food Security, FAO HIV/AIDS Programme, Rome, 2003, p. 5

6 J. Du Guerny, D. Topouzis, Sustainable Agriculture, p. 8

7 D. Topouzis The Implications of HIV/AIDS for Rural Development Policy and Programming: Focus on Sub-Saharan Africa, Sudy Paper n. 6, FAO, UNDP, June 1998, p. 32

8 UNDESA, The Impact of AIDS, New York, 2004, p. 65-66

9 D. Topouzis, The Implications of HIV/AIDS; D. Topo- uzis, J. Du Guerny, Sustainable Agriculture, p. 72

10 FAO, Measuring the Impact of HIV/AIDS on Rural Livelihoods and Food Security, FAO HIV/AIDS Programme, Rome, 2002, p. 4; D. Topouzis, J. Du Guerny, Sustainable Agriculture, p. 85

11 FAO, What has AIDS to do with Agriculture?, Rome, 1994, p. 4

12 Ibidem

13 M. Osbeck, Going beyond HIV/AIDS - A Study of HIV/AIDS Affected Farm Households in Northern Rural Thailand, MA Thesis, 2002, p. 25

14 T. Barnett, G. Rugalema, “HIV/AIDS. A Critical Health and Development Issue”, The Unfinished Agenda: Perspectives on Overcoming Hunger, Poverty and Environmental Degradation, edited by P. Pinstrup-Andersen and R. Pandya-Lorch, International Food Policy Research Institute, Washington D.C., 2001, p. 46

15 FAO, Measuring the Impact of HIV/AIDS, p. 5

16 Ibidem, pp. 4-5

17 FAO, HIV/AIDS and Agriculture: Impacts and Responses, Integrated Support to Sustainable Development and Food Security Programme (IP), 2003, p. 12

18 ESCAP, HIV/AIDS in Asia and the Pacific Region: Integrating Economic and Social Concerns, especially HIV/AIDS, in Meeting the Needs of the Region, April 2003, p. 84

19 T. Barnett, A. Whiteside, AIDS in the Twenty-First Century, Palgrave Macmillan, 2002, p. 190

20 UNDESA, The Impact of AIDS, New York, 2004, p. 51

21 FAO, HIV/AIDS and Agriculture, p. 7

22 M. Osbeck, Going beyond HIV/AIDS, p. 38

23 FAO, UNESCO, Toward Multi-Sectoral Responses to HIV/AIDS, p. 4

24 FAO, What has AIDS, p. 4

25 Ayieko M.A. 1997. “From single parents to child-headed households: the case of children orphaned in Kisumu and Siaya districts.” HIV and Development Programme Study Paper No. 7. New York, UNDP (http://www.undp.org)

26 R. Waterhouse, The Impact of HIV/AIDS on farmers' knowledge of seeds: a case study from Chókwè District, Gaza Province, Mozambique, FAO and ICRISAT, 2004, pp. 22,24

27 Ibidem, p. 21

28 Ibidem p. 22

29 Citato in G.A. Cornia, editor, AIDS, Public Policy and Child Well-Being, UNICEF’s Innocenti Research Centre, 2000

30 Il chilli è un tipo di peperoncino rosso

31 T. Barnett, A. Whiteside, AIDS in the Twenty-First Century, p. 231

32 T. Barnett, G. Rugalema, cit., p. 46

33 FAO HIV/AIDS Programme, Measuring the Impact of HIV/AIDS, p. 8

34 T. Barnett, A. Whiteside, AIDS in the Twenty-First Century, p. 231

35 FAO HIV/AIDS Programme, Measuring Impacts of HIV/AIDS, p. 9

36 FAO, What has AIDS, pp. 10, 13; D. Topouzis, Addressing the Impact of HIV/AIDS on Ministries of Agriculture: Focus on Eastern and Southern Africa, FAO/UNAIDS publication, Rome, 2003, p. 8

37 FAO, What has AIDS, p. 10

38 D. Topouzis, Addressing the Impact of HIV/AIDS, p. 8.

39 ESCAP, HIV/AIDS, p. 63

40 FAO, Mitigating the Impact of HIV/AIDS, p. 7

41 Ibidem, p. 67

42 ADB, Asia’s Economies, p. 68

43 ESCAP, HIV/AIDS, p. 90

44 FAO, UNDP South East Asia HIV Programme, African-Asian Agriculture against AIDS, 2004, pp. 7 e 11 

 

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