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Rivista di etica e scienze sociali / Journal of Ethics & Social Sciences

pdfIl tema dello sviluppo è centrale nella dottrina sociale della Chiesa; l’ultima Enciclica di papa Benedetto XVI riprende e arricchisce il concetto a partire proprio da quella prospettiva offerta inizialmente sull’argomento, ad oltre quaranta anni dalla sua pubblicazione, da Paolo VI nella Populorum Progressio. Prospettiva ripresa nel 1987, a venti anni dalla sua pubblicazione, da papa Giovanni Paolo II nella Sollecitudo Rei Socialis. Per approfondire la comprensione dell’argomento e sottolineare le principali novità apportate da papa Benedetto con la Caritas in Veritate, siamo partiti dalla sottolineare i concetti più rilevanti presenti nelle due encicliche. L’analisi e stata condotta mettendo a confronto le occorrenze principali presenti nelle encicliche, da cui emerge un confronto che sottolinea ed evidenzia i punti principali che sono stati oggetto di riflessione e di approfondimento, nella definizione del concetto di sviluppo e della sua evoluzione storica.

Nella tabella sottostante riportiamo i valori assoluti delle principali nozioni occorrenti nei due testi.

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Il confronto semantico dei termini più frequenti evidenzia e conferma la centralità del tema dello sviluppo nelle due encicliche, ma mentre nella Populorum Progressio lo sviluppo è sostanzialmente una riflessione intorno al progresso dei popoli ed e in prima istanza sostanzialmente uno sviluppo solidale (qualifica più ricorrente nell’enciclica), nella Caritas in Veritate lo sviluppo è incentrato invece sulla persona umana e la qualifica più ricorrente è quella di sviluppo umano. Questa specifica sostanzia la differenza d’approccio nel trattare il concetto all’interno dei due testi magisteriali – differenza che indubbiamente risente del periodo storico in cui sono state redatte. E’ necessario allora prima di affrontare il tema procedere ad un breve inquadramento, per descrivere l’ambiente in cui il pensiero papale e giunto a maturazione.

Alla fine degli anni ’60 erano già evidenti i primi segnali di un grosso processo di transizione che l’umanità stava attraversando; Paolo VI colse questi segnali per offrire al mondo un orientamento sui cambiamenti e sui processi di crescita in atto in diverse realtà. Il mondo giovanile dell’occidente era fortemente impegnato nel movimento sociale e politico di affrancamento da ogni forma di autorità, in nome di una maggiore uguaglianza; in Cina si era alle prese con la rivoluzione culturale, mentre gli Stati Uniti erano impegnati nel conflitto bellico con il Vietnam; il processo di decolonizzazione era ormai avviato in tutto il mondo.

Si profila cosi un periodo storico caratterizzato da un profondo fermento che attraversa le società, i popoli, i governi in direzioni diverse. Papa Paolo VI colse questo desiderio di cambiamento e propose al mondo la dottrina della Chiesa in campo sociale. Partendo dall’analisi della drammatica situazione in cui imperversavano i popoli poveri, l’ingiustizia intollerabile nelle differenze di ricchezza tra paesi, la richiesta d’indipendenza nazionale e di liberta politica sempre crescente, prospetto cosi al mondo di percorrere la strada verso un umanesimo più aperto e sensibile ai valori dello spirito e di Dio, un umanesimo plenario e integrale che avesse al centro, lo sviluppo di tutto l’uomo e di tutti gli uomini. Pose cosi il fondamento per un concetto nuovo nella dottrina sociale della Chiesa, da non ridurre al semplice progresso o alla semplice crescita in termini materiali ed economici.

La prospettiva centrale fu chiaramente lo sviluppo solidale dei popoli, il cui punto nevralgico, in un approccio induttivo, era proprio la riscoperta di un umanesimo trascendente, capace di rimettere al centro il vero senso della vita umana, anche nella sua dimensione spirituale e di attivare una crescita del senso sociale di fraternità tra i popoli, necessaria per superare le diffidenze e le paure legate ai precedenti rapporti di dipendenza coloniale; e questo soprattutto riscoprendo il valore della solidarieta tra le nazioni.

Il contesto sociale del rapporto tra i popoli è avvertito infatti come un elemento forte e predominante in una prospettiva che tuttavia si apre ponendo le basi al concetto fondamentale dello sviluppo umano integrale.

La Caritas in Veritate matura dentro un contesto caratterizzato da tensioni e prospettive totalmente diverse rispetto a quelle che si ponevano alla fine degli anni ’60; molti squilibri strutturali, malgrado le tante politiche e azioni intraprese al livello internazionale permangono, se non si sono ulteriormente aggravati – le dichiarazioni contro la poverta, la fame e lo sfruttamento restano cosi denunce centrali nell’Enciclica. Il contesto ambientale di riferimento è radicalmente mutato, l’interdipendenza planetaria, i nuovi mezzi di comunicazione sociale, il fenomeno della globalizzazione, l’incapacità crescente delle politiche a far fronte a problemi la cui genesi si colloca sempre di più in ambiti che sfuggono alle competenze e ai poteri pubblici locali. La crisi finanziaria che coinvolge i principali istituti monetari e creditizi riverbera i suoi effetti sull’economia reale; l’uomo sempre più cosciente di vivere e dipendere da processi planetari, sembra smarrire sempre più la fiducia nella reale possibilità di cambiare le cose, ma anche nel senso profondo del suo esistere, del suo cammino e della sua storia. L’Enciclica si rivolge sostanzialmente all’uomo concreto, e non principalmente ai popoli come nella Populorum Progressio. Ed e proprio su quest’aspetto che Benedetto XVI pone il maggior accento, pone la vera novità nell’approfondire il concetto di sviluppo verso una direzione in cui la centralità e posta proprio sulla dimensione umana, da cui deriva che principalmente lo sviluppo e sempre uno sviluppo umano, quindi anche integrale, poi anche solidale e plenario. Per questo si rileva come oggi “la questione sociale è diventata radicalmente questione antropologica” (n. 75); per questo di fronte all’uomo concreto e ai suoi problemi, le ideologie, i concetti astratti di qualsiasi colore politico passano in secondo piano; il problema infatti non è solo il liberalismo, il socialismo, l’ecologismo, il capitalismo, ma la questione relativa alla verità sull’uomo per non cadere in visioni empiristiche, pragmatiche e totalmente sganciate dai valori: “La fedeltà all’uomo esige la fedeltà alla verità che, sola, è garanzia di liberta (cfr Gv 8, 32) e della possibilità di uno sviluppo umano integrale.” (n. 8).

La verità come rileva l’Enciclica è data, si riceve, non si produce e permette di dare senso pieno alla carità, salvandola dal sentimentalismo, dall’emotivismo, dall’abuso di contenuti legati troppo spesso alle contingenze del momento o del contesto; perchè solo nella verità la carità riesce ad essere piena espressione di quella “fede nel Dio biblico, che è insieme «Agape» e «Logos»: Carità e Verità, Amore e Parola” (n.3). Per questo il Papa sottolinea come l’unica prospettiva possibile per orientare lo sviluppo nella complessità del reale sta proprio nel considerare la carità nella verità come “la principale forza propulsiva per il vero sviluppo di ogni persona e dell’umanità.” (n. 1). Questa realtà che ha un nome ed un volto: e si compie pienamente nella persona di Cristo, ciascuno puo trovare il proprio bene aderendo al progetto che Dio ha su di lui, e aderendo a questa Verità, afferma il Papa, si perviene alla libertà.

Questa centralità posto sullo sviluppo dell’uomo invita chiaramente ad una riflessione teorica e pragmatica che tenga conto dell’importanza dell’interdisciplinarietà, delle interconnessioni molteplici legate a dimensioni che pur restando centrali per la persona umana si estendono però su confini che vanno dai temi legati alla bioetica, ai diritti umani, all’ecologia, alla cultura, all’economia, alla politica e a tanto altro (cfr. n. 30).

Il concetto di sviluppo umano integrale è quindi un concetto complesso che non può essere risolto pero dalla sola analisi tecnica e scientifica dei problemi, ma chiede di essere sempre orientato e illuminato dalla quella forza propulsiva che papa Benedetto XVI chiama “carità nella verità” (cfr. n.77). Per questo non si può ridurre il pensiero sociale presente nella Caritas in Veritate ne come l’applicazione deduttiva di principi da recepire per orientare l’azione dell’uomo nel concreto, ne come espressione solo induttiva scaturente dalle problematiche attuali dell’umanità, ma è qualcosa che invece scaturisce soprattutto dall’accoglienza del principio di gratuita come un dono che si riceve, che non si impone mai, e chiede soltanto di essere accolto come una forza che ha in se la capacità di generare e di orientare il cammino dell’uomo verso l’unità e la fraternità. Per questo si afferma che “la logica del dono non esclude la giustizia e non si giustappone ad essa in un secondo momento e dall’esterno e, dall’altro, che lo sviluppo economico, sociale e politico ha bisogno, se vuole essere autenticamente umano, di fare spazio al principio di gratuità come espressione di fraternità” (n. 34).

Per comprendere il concetto di sviluppo nella Populorum Progressio e nella Caritas in Veritate, si sono costruite delle mappe che pongono in relazione i principali termini presenti nelle due encicliche riconducibili proprio all’idea di sviluppo; si sono portati in evidenza i principali legami esistenti tra di essi, in base alle ricorrenze quantitative e si e rappresentata graficamente l’idea di sviluppo all’interno di uno schema. Questo schema pur non potendo essere esaustivo, riesce a sintetizzare ed evidenziare gli orientamenti principali sottesi all’idea. La rappresentazione grafica nella forma della mappe concettuali permette inoltre di rappresentare l’idea di sviluppo e le sue maggiori implicazioni che ne derivano, consente cosi di cogliere non solo le fasi di evoluzione e di approfondimento delle due encicliche sociali, ma anche l’importanza che il concetto di sviluppo può avere per la dottrina sociale della Chiesa.

Da un primo sguardo sulla mappa concettuale della Populorum Progressio si evince come i concetti portanti che ruotano attorno all’idea di sviluppo riguardano i termini di sviluppo, popoli, uomini, mondo, vita (dati già sopra riportati) – nella mappa concettuale sono messi in relazione in modo da evidenziare le principali connessioni esistenti tra di loro.

Un primo aspetto che emerge è legato all’evidenza che l’Enciclica pone sul fatto che lo sviluppo non è mai semplice crescita economica, ma crescita di “ogni uomo e di tutto l’uomo” (n. 14) – questo soltanto può essere definito come vero sviluppo integrale. Ne deriva che la crescita personale dell’uomo, è crescita anche in ambito spirituale e soltanto questa può aprire e orientare l’uomo a Dio: “l'uomo accede a una dimensione nuova, a un umanesimo trascendente, che gli conferisce la sua più grande pienezza: questa è la finalità suprema dello sviluppo personale.” (n. 16). Accogliere la chiamata di Dio significa sostanzialmente riconoscersi come figli come facenti parte di un’umanità intera che è sostanzialmente unica di fronte a Dio, come unica e la famiglia umana (cfr. n. 17) . E’ la chiamata cosi ad una vita “più umana” che si esprime a partire principalmente dalle relazioni coniugali, familiari e sociali. Il nuovo umanesimo si sostanzia cosi per condizioni di vita piu umane che sono alla base di un agire responsabile dell’uomo all’interno della coppia, nelle decisioni sulla procreazione (cfr. n.37), in tutto ciò che rende la famiglia luogo d’incontro e di sostegno intergenerazionale (cfr. n. 36), fino ad estendersi al generale rispetto dei diritti delle persone, tra i popoli ed in ogni ambito della vita sociale.

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La vita resa più umana è il fattore principale di una crescità che non si può ridurre al solo livello economico, ma è crescità sociale, spirituale e morale di ogni uomo (cfr. n. 19). La crescità economica, sociale, spirituale si sostanzia quindi in un progresso capace di portare allo sviluppo vero dell’uomo e dei popoli, progresso che passa in prima istanza attraverso l’educazione di base (es. alfabetizzazione): l’istruzione e cosi il primo obiettivo dello sviluppo afferma papa Paolo VI (cfr. n. 35), attraverso il progresso morale e sociale dell’umanità intera.

La maturazione dell’uomo e dell’umanità è segnata anche dalla crescità del senso di fraternità, in particolare da parte dei più ricchi, favoriti in modo maggiore dalla crescità economica e tecnica (cfr. n. 44); a questi è chiesto l’assunzione di una maggiore responsabilità nei doveri di solidarietà, di giustizia sociale e di carità. Responsabilità che si comporta di fatto una restituzione delle risorse eccedenti e superflue a favore dei paesi più poveri, l’avvio di relazioni commerciali più eque che consentano di superare le forme di dipendenze del colonialismo e del neo-coloniasmo, elementi necessari per porre le basi per una promozione che abbracci tutti i popoli come membri di una unica famiglia umana. Non ci puo essere sviluppo quindi se non cresce tale sensibilità e non si diffonde la concezione che guarda il mondo, non come contrapposizione di nazione e di popoli, ma come unica famiglia umana. Questo processo è in grado di generare la pace tra le culture e le civiltà e permettere di conseguenza la crescita economica e il progresso sociale e morale, senza il quale non c’è lo sviluppo dell’uomo, di tutto l’uomo, di ogni uomo, non c’è quindi uno sviluppo che possa dirsi integrale.

A seguire riportiamo le ricorrenze di alcuni termini relativi ai valori trattati, ai principi della dottrina sociale della Chiesa e ai problemi principali denunciati e trattati nell’Enciclica.

Valori Principali

pace 21

carità/amore 19

giustizia 17

vero/verità 14

fraternità 14

libertà 10

speranza 6

amicizia 5

Principi della Dsc

solidarietà 23

uguaglianza/equità 6

bene comune 5

diritti umani 4

partecipazione 2

dest. univers. beni 2

Problemi Principali

povertà 25

fame 11

colonialismo 7

violenza 5

squilibrio/i 5

conflitti/guerra 4

 

 

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Analizzando la mappa concettuale della Caritas in Veritate emergono dimensioni concettuali portanti che ruotano attorno ai termini di sviluppo, uomo, sociale, verità, carità, vita, Dio. Come già sopra evidenziato è un’Enciclica rivolta ai paesi del mondo ma soprattutto all’uomo concreto. Lo sviluppo non è possibile senza Dio: “Dio è il vero garante dello sviluppo dell’uomo” (n. 29); questo è il punto nevralgico, il punto d’inizio dell’impianto della Caritas in Veritate. Dio è carità nella verità, dalla carità di Dio, afferma papa Benedetto, proviene tutto, tutto prende forma e tutto nel suo divenire storico tende ad essa. Il punto fondamentale ed innovativo sta nel fatto che questa carità deve essere prima compresa, e poi “avvalorata e praticata nella luce della verità.” (n. 2). Un sviluppo che non affronti i problemi nella luce di questa verità risultera regolato solo da interessi di parte e logiche di potere che hanno l’effetto di disgregare i legami fiduciali, corrompendo alla fine il tessuto sociale.

L’analisi del concetto di sviluppo umano integrale deve cosi tener conto degli effetti dispiegati nell’accogliere il dono della carità nella verità in tutti gli ambiti della vita civile, economica e politica, toccando aspetti legati a dimensioni di responsabilità personale, istituzionale ed internazionale. In qualche modo e offerta una panoramica completa sulla strada da intraprendere perchè questo processo virtuoso sia avviato in ogni contesto sociale e culturale. Questo non e assolutamente possibile, senza il contributo dell’uomo concreto che è chiamato ad aprirsi ad una visione trascendente della proprio esistenza e di quella dei suoi simili, entrando all’interno di una comprensione e visione del mondo sempre più aperta alla dimensione della fraternità: “Lo sviluppo implica attenzione alla vita spirituale, seria considerazione delle esperienze di fiducia in Dio, di fraternità spirituale in Cristo, di affidamento alla Provvidenza e alla Misericordia divine, di amore e di perdono, di rinuncia a se stessi, di accoglienza del prossimo, di giustizia e di pace. Tutto ciò è indispensabile per trasformare i « cuori di pietra » in « cuori di carne » (Ez 36,26), cosi da rendere « divina » e perciò più degna dell'uomo la vita sulla terra.” (n. 79).

L’accoglienza della verità diviene fondamentale per la costruzione di contesti locali ed internazionali dove l’ordine sociale sia conforme sempre più all’ordine morale; non ci può essere infatti vero bene comune senza il bene spirituale e morale delle singole persone (cfr. n. 76). In prima istanza perseguire questa strada significa fare dello sviluppo un vero sviluppo integrale, di tutto l’uomo, di ogni uomo. Il bene comune si costruisce cosi lavorando sia sulla crescita morale e personale di ciascuno, lo sviluppo infatti “è impossibile senza uomini retti, senza operatori economici e uomini politici che vivano fortemente nelle loro coscienze l'appello del bene comune.” (n. 71), ma anche favorendo processi d’ ”interazione etica delle coscienze” (n.9) soprattutto tra paesi e culture differenti, che sono tra di loro già interdipendenti per effetto della globalizzazione. In sostanza “lo sviluppo economico, sociale e politico ha bisogno, se vuole essere autenticamente umano, di fare spazio al principio di gratuita come espressione di fraternita.” (n. 34).

Il principio di gratuità, che discende dall’accoglienza della carità nella verità, deve poter coinvolgere tutti i settori del sistema di vita contemporaneo, ossia il mercato, lo Stato e la società civile (cfr. n. 38). Un sistema che non tiene conto della società civile va inevitabilmente ad intaccare ed indebolire i legami fiduciari e sociali: “Il binomio esclusivo mercato-Stato corrode la socialità, mentre le forme economiche solidali, che trovano il loro terreno migliore nella società civile senza ridursi ad essa, creano socialità.” (n.39). L’Enciclica cosi pone attenzione all’ambito della società civile come il luogo dove possono maturare i germi di nuove forme di partecipazione sociale, politica ed economica; germi capaci di suscitare atteggiamenti nuovi improntati alla logica del dono e tali da dispiegare i loro effetti positivi in tutti gli altri ambiti del sistema, per effetto di un processo denominato di “ibridazione” che consente l’incrocio e la diffusione di questi nuovi comportamenti all’interno del mondo sociale, politico ed economico (cfr. n. 38).

Si riconosce inoltre come la crescita morale e spirituale dell’uomo risulti peraltro indispensabile per permettere che il principio di gratuità dispieghi i suoi benefici effetti nelle relazioni di scambio proprie dell’economia di mercato; del resto, afferma il Papa, e improbabile che il mercato possa recepire nei suoi meccanismi e nelle sue dinamiche di funzionamento questo principio; per cui resta indispensabile la presenza di persone che sappiano fare spazio alla gratuita: “Il mercato della gratuità non esiste e non si possono disporre per legge atteggiamenti gratuiti. Eppure sia il mercato sia la politica hanno bisogno di persone aperte al dono reciproco.” (39). A proposito di mercato, si sottolinea ancora, come questo fondandosi sul principio dello scambio equivalente e della giustizia commutativa e di fatto incapace a generare quella coesione sociale che gli è necessaria per un corretto funzionamento e che si costituisce a monte del mercato stesso; in sostanza dichiara il papa se c’è fiducia, questo fiducia e a priori, è un patrimonio che si costituisce più che altro nell’ambito della società civile e dentro un itinerario aperto alla vita, al dialogo, alla rettitudine morale delle persone; il mercato vive di questo patrimonio fiduciario ma non può generarlo: “Infatti il mercato, lasciato al solo principio dell'equivalenza di valore dei beni scambiati, non riesce a produrre quella coesione sociale di cui pure ha bisogno per ben funzionare. Senza forme interne di solidarieta e di fiducia reciproca, il mercato non può pienamente espletare la propria funzione economica. Ed oggi è questa fiducia che è venuta a mancare, e la perdita della fiducia è una perdita grave.” (35).

In questo contesto d’interdipendenza planetaria si avverte l’esigenza che questo principio di gratuità trovi spazio all’interno delle normali attivita economiche attraverso le cosiddette “forme interne” che alimentano atteggiamenti improntati liberamente, per scelta dei singoli attori economici, alla solidarietà, alla giustizia e al bene comune, all’interno delle proprie attività economiche: forme si sottolinea “caratterizzate da quote di gratuità e di comunione” (n. 39). Al riguardo si porta l’esempio dell’attenzione crescente che si ha per processi che favoriscono la responsabilità sociale d’impresa, oppure nel settore finanziario l’impiego di capitali nell’ambito del microcredito, o una finanza in generale più attenta a servire l’economia reale, o il richiamo ad una maggiore attenzione alle problematiche del mondo del lavoro e al rispetto di alcuni diritti fondamentali dei lavoratori.

Tutto un processo dinamico quindi che per la prima volta in un’enciclica sociale1 passa sotto il denso concetto di “democrazia economica”; indubbiamente un riferimento nuovo ed importante per tutta la dottrina sociale della Chiesa. Concetto ancora da approfondire e chiarire in tutta la sua portata: ”Nell'epoca della globalizzazione, l'attività economica non può prescindere dalla gratuità, che dissemina e alimenta la solidarietà e la responsabilità per la giustizia e il bene comune nei suoi vari soggetti e attori. Si tratta, in definitiva, di una forma concreta e profonda di democrazia economica.” (n. 38). In sostanza non può esserci uno sviluppo umano integrale se non si percorre anche la strada della democrazia economica.

Il riferimento all’autorità politica, e al suo contributo allo sviluppo umano integrale, passa nel confermare l’indubbia importanza della presenza dello Stato, infatti afferma il Papa che “L'attività economica non può risolvere tutti i problemi sociali mediante la semplice estensione della logica mercantile. Questa va finalizzata al perseguimento del bene comune, di cui deve farsi carico anche e soprattutto la comunità politica. Pertanto, va tenuto presente che è causa di gravi scompensi separare l'agire economico, a cui spetterebbe solo produrre ricchezza, da quello politico, a cui spetterebbe di perseguire la giustizia mediante la ridistribuzione.” (n. 36). Inoltre il Papa sottolinea come la chiusura e la separazione rigida tra politico ed economico alla lunga causano effetti distorsivi sullo sviluppo relegando i singoli poteri all’interno delle loro sfere d’influenza e compromettendo il tessuto sociale del sistema. E’ necessario afferma il Papa riconsiderare in modo realistico il loro ruolo all’interno di un contesto di globalizzazione economica e finanziaria dove e sempre piu difficile correggere in modo efficace le disfunzioni del mercato (cfr. n. 24).

L’intervento di riconsiderazione e di rivalutazione si deve orientare verso una maggiore collaborazione tra lo Stato e le organizzazioni della società civile al fine di promuovere processi di stabilizzazione delle istituzioni locali, soprattutto nei paesi più poveri; criterio indispensabile per sostenere piani che possono ad esempio favorire il conseguimento del diritto all’alimentazione e ad altri beni necessari per la vita. In merito è necessaria una seria riconsiderazione degli aiuti allo sviluppo, nella loro entità, nella loro finalità, nelle modalità di erogazione, nella loro efficacia; una riflessione che non investe soltanto i paesi donatori, ma anche coloro che ne usufruiscono e gli enti che sono mediatori in questo processo (cfr. n. 58). Al riguardo l’approccio deve essere più partecipativo e avvenire nel rispetto del principio di sussidiarietà che favorisce l’azione dei corpi intermedi al livello locale, e consente di evitare che l’azione dello Stato degeneri ad intervento di assistenza paternalistica, tale da creare condizioni di dipendenza e non di emancipazione. In questo senso anche la globalizzazione, afferma il Papa, dovrebbe essere guidata da una autorità poliarchica che operi nel rispetto del principio di sussidiarietà: “un principio particolarmente adatto a governare la globalizzazione e a orientarla verso un vero sviluppo umano. Per non dar vita a un pericoloso potere universale di tipo monocratico, il governo della globalizzazione deve essere di tipo sussidiario, articolato su piu livelli e su piani diversi, che collaborino reciprocamente.” (57). Indispensabile risulta poi la riforma dell’ONU perche si possa realizzare veramente una visione del mondo corrispondente a quella che viene definita nell’Enciclica “famiglia di Nazioni”, per questo lo sviluppo passa necessariamente anche attraverso quelle riforme delle istituzioni internazionali nella direzione di dare una voce piu efficace ai paesi poveri per tutto cio che riguarda le decisioni comuni.

In sostanza il contributo dell’Enciclica risulta di fondamentale importanza nel definire in tutti i suoi aspetti il principio dello sviluppo umano integrale che può essere considerato a tutti gli effetti come un principe cardine della dottrina sociale della Chiesa, accanto ai principi tradizionali ormai consolidati all’interno di questo corpus dottrinale. L’Enciclica evidenzia cosi, in modo implicito, quanto sia ancora grande la carenza di criteri, attraverso cui si tenta di misurare la qualita della vita e il benessere dell’uomo; criteri che risultano essere parziali, settoriali, e del tutto incapaci di comprendere il mistero dell’uomo in tutta la sua ricchezza e complessità; criteri che non possono tener conto di quella differenza fondamentale che scaturisce quando l’uomo accoglie nella propria vita “l’amore pieno di verità”; quell’unico amore capace di orientare la storia verso quel vero sviluppo “indispensabile per trasformare i « cuori di pietra » in « cuori di carne » (Ez 36,26), cosi da rendere « divina » e perciò più degna dell'uomo la vita sulla terra.” (79).

Valori Principali

vero/verità 150

carità/amore 112

giustizia 49

libertà 39

pace 39

fede 26

fraternità 19

speranza 6

Principi della Dsc

solidarietà 43

bene comune 19

sussidiarietà 11

diritti umani 10

dignità umana 10

partecipazione 10

Problemi principali

povertà 15

sottosviluppo 14

sfruttamento 9

fame 5

conflitti/guerra 5

inquinamento/ambiente 4

disoccupazione 3

violenza 3

speculazione 3

relativismo

In sostanza il contributo dell’Enciclica risulta di fondamentale importanza nel definire in tutti i suoi aspetti il principio dello sviluppo umano integrale che può essere considerato a tutti gli effetti come un principe cardine della dottrina sociale della pdfChiesa, accanto ai principi tradizionali ormai consolidati all’interno di questo corpus dottrinale. L’Enciclica evidenzia cosi, in modo implicito, quanto sia ancora grande la carenza di criteri, attraverso cui si tenta di misurare la qualità della vita e il benessere dell’uomo; criteri che risultano essere parziali, settoriali, e del tutto incapaci di comprendere il mistero dell’uomo in tutta la sua ricchezza e complessità; criteri che non possono tener conto di quella differenza fondamentale che scaturisce quando l’uomo accoglie nella propria vita “l’amore pieno di verità”; quell’unico amore capace di orientare la storia verso quel vero sviluppo “indispensabile per trasformare i « cuori di pietra » in « cuori di carne » (Ez 36,26), cosi da rendere « divina » e perciè piu degna dell'uomo la vita sulla terra.” (79).

NOTE:

1 Il concetto di democrazia economica è presente nel Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa al numero 356: “Il sistema economico-sociale deve essere caratterizzato dalla compresenza di azione pubblica e privata, inclusa l'azione privata senza finalità di lucro. Si configura in tal modo una pluralità di centri decisionali e di logiche di azione. Vi sono alcune categorie di beni, collettivi e di uso comune, la cui utilizzazione non può dipendere dai meccanismi del mercato e non e neppure di esclusiva competenza dello Stato. Il compito dello Stato, in relazione a questi beni, è piuttosto quello di valorizzare tutte le iniziative sociali ed economiche che hanno effetti pubblici, promosse dalle formazioni intermedie. La società civile, organizzata nei suoi corpi intermedi, e capace di contribuire al conseguimento del bene comune ponendosi in un rapporto di collaborazione e di efficace complementarità rispetto allo Stato e al mercato, favorendo cosi lo sviluppo di un'opportuna democrazia economica. In un simile contesto, l'intervento dello Stato va improntato all'esercizio di una vera solidarietà, che come tale non deve mai essere disgiunta dalla sussidiarietà.”

 

 

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