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Rivista di etica e scienze sociali / Journal of Ethics & Social Sciences

pdfE’ ormai acquisito che, date le condizioni attuali di una qualsiasi economia, la sua articolazione sarà sempre più basata su tre poli: il mercato, lo Stato, ed il terzo settore, o settore dell’economia sociale. D’altro canto, in particolare dopo l‘ultima crisi finanziaria ed economica mondiale, ci si è resi conto che occorre sempre fare affidamento sul ruolo della teoria economica, però non su una qualsiasi teoria, bensi su una “buona” teoria. In effetti, non tutte le teorie economiche sono uguali, ma alcune teorie sono “buone” in quanto rispecchiano più propriamente sia la realtà sia i fondamenti valoriali dell’agire economico, mentre altre non lo sono, essendo frutto di interessi specifici, di posizioni ideologiche, perfino di mistificazioni.

Se “mettiamo insieme” queste acquisizioni, si comprende come sia rilevante procedere, per prima cosa, ad un’analisi “proponibile’ per un qualsiasi aspetto dell’economia e quindi, quanto al tema in oggetto, per quello che, come il terzo settore, è oggi diventato anche nel nostro paese un settore “portante” dell’economia.

Ora, direi che, tra gli economisti che ci occupiamo in Italia di tale problema, c’è consenso sul punto che la teoria economica del terzo settore, o settore non profit, vada intesa come “economia della reciprocità ”. Tuttavia, si discute se tale denominazione si riferisca all’“economia della gratuità ” o “della solidarietà ”, quindi dei “trasferimenti unilaterali”, o se invece non debba includere, come io personalmente ritengo, l’analisi di piu comparti di quello che è diventato un vero e proprio “arcipelago”, in cui convivono realtà molto variegate e differenziate tra loro, dal volontariato alle associazioni sociali, alle cooperative sociali, alle imprese sociali. In tal caso, mentre alcune realtà sono caratterizzate dall’economia dei trasferimenti unilaterali, altre vanno individuate quali attività economiche dei trasferimenti bilaterali o, per meglio dire, dei trasferimenti bilaterali di tipo interdipendente; il che rappresenta appunto, a mio avviso, il comparto della “economia della reciprocità ”. In effetti, la “reciprocità ” implica la contestualità dei trasferimenti, in quanto, contemporaneamente, ad una certa prestazione ve ne “corrisponda” un’altra; ed è ciò che fa configurare l’attività economica del terzo settore come un’attività produttiva vera e propria, cosi da potersi “allargare” il paradigma di riferimento della teoria economica del settore.

Pertanto, oltre al comparto dell’economia della gratuità , o ‘dei trasferimenti unilaterali’, occorre nella teoria economica del terzo settore guardare a quello dell’economia della reciprocità o ‘dei trasferimenti bilaterali’ – comparto, questo, in rapida espansione anche in Italia – e ciò, ripeto, proprio per “catturare” pezzi del terzo settore che, altrimenti, non riceverebbero adeguata attenzione.

Inoltre, nella mia riflessione, sono pervenuto all’idea che, nell’economia dei “trasferimenti bilaterali”, si affermano comportamenti motivati da quello che ho chiamato il principio dell’altruismo strategico, in base al quale si mantiene nei comportamenti il criterio dell’altruismo, ma lo si “coniuga” con quello della strategia, che da sempre, nella sostanza, se non nella forma, è stato “al cuore” della spiegazione della condotta economica degli agenti.

E’ cosi che, nella mia impostazione, molti comparti del terzo settore si vengono a configurare come veri e propri settori produttivi autonomi rispetto agli altri, anzi, come si può dire, come settori autotrofi, nel senso di essere capaci di “stare sulle proprie gambe”, svolgendo una certa attività produttiva e “vivendo” di questa. Segue che rientrano nel terzo settore tutta una serie di tipologie, che vanno, al di là del volontariato, dall’associazionismo sociale alla cooperazione sociale, all’impresa sociale, alle Fondazioni, in particolare distinguendo all’interno di quest’ultime le Fondazioni di tipo operativo da quelle di carattere erogatorio (come, in particolare, le importanti Fondazioni bancarie).

D’altro canto, quest’impostazione è da intendersi non solo da un punto di vista descrittivo-analitico (quello dell’economia politica), bensi anche sul piano strategico-normativo (quello della politica economica).

Nei miei lavori in merito (in particolare, cfr. F. Marzano, 1998; F. Marzano-F. Fontini, 1998, 1999; F, Marzano, 2002 e 2007), mi concentro su quattro tipologie di comparti nel settore dei “trasferimenti bilaterali” e, quindi, procedo col costruire quattro distinti modelli.

E’ chiaro che è sempre la caratteristica della reciprocità bilaterale quella, fondamentale, che si riscontra nelle interazioni del tipo “trasferimenti bilaterali”, vale a dire nelle situazioni in cui da parte di due soggetti-agenti si è ben disposti ad addivenire ad una doppia e contestuale prestazione (o impegno di prestazione). Essendo entrambi mossi al contempo da motivazioni personali ed ideali che li portano ad ‘associarsi’ con altri consimili in un rispettivo gruppo sociale ed utilizzando comportamenti strategici, ma non necessariamente egoistici, essi si confrontano tra loro e decidono di realizzare una ‘reciprocazione’, che comprende, contestualmente, sia una prestazione che una controprestazione, di ciascuna delle quali si fa, per cosi dire, ‘garante’ il rispettivo gruppo sociale. E’ in questo senso che si realizza l’economia della reciprocità , in quanto cioè due soggetti, appartenenti a due distinti gruppi sociali ed essendo entrambi interessati al rispettivo e reciproco benessere, interagendo economicamente tra loro, raggiungono entrambi un risultato “migliore” per sè (e per tutti gli altri membri del proprio gruppo) cosi come per il soggetto reciprocante (e per tutti gli altri membri dell’altro gruppo).

Può peraltro essere il caso che, tra due (o piu) agenti, uno solo tra essi persegua comportamenti ‘ispirati’ al modello dell’altruismo strategico; e in tal caso – come si comprende – si sarà in presenza, per cosi dire, di un modello ‘misto’ che, in particolare, vedrà ‘coinvolti’ aspetti dell’economia della reciprocità e dell’economia di mercato.

Comunque, si tratta sempre di quel sistema economico caratterizzato dalla cessione (in inglese, “assignment” o “allowance”) bilaterale di un bene o servizio, in cui si mantenga la volontarietà globale della decisione e della prestazione (o dell'impegno), ma questa si coniughi con la non indipendenza, anzi con l’interdipendenza, di ogni singolo atto. Pertanto, la volontarietà di ogni conseguente decisione e prestazione (o impegno), una volta che una decisione e prestazione sia stata intrapresa (o un impegno sia stato sottoscritto), va intesa nel senso del “singolo” reciprocante, non del gruppo sociale cui “appartiene”; e ciò, appunto, stante il “vincolo” dell’interdipendenza delle posizioni e delle decisioni fra i due gruppi sociali. E’ cosi che l’economia della reciprocità risulta essere quella caratterizzata dal vincolo dell'obbligatorietà della contro-prestazione (o del contro-impegno), una volta che un certo soggetto-agente si obblighi a realizzare una prestazione o un impegno. Tuttavia – ed è questa la differenza cruciale col sistema dello scambio ‘di mercato’ – concerne il gruppo sociale cui appartenga il soggetto-agente che sia stato il ‘destinatario’ o ‘ricevente’ di un certo bene o servizio e che, pertanto, risulti obbligato verso l’altro gruppo cui appartenga il soggetto-agente che ha preso la decisione di effettuare la prestazione (o sottoscrivere l'impegno) ed è quindi il ‘fornitore’ del bene o servizio oggetto della prestazione (o impegno).

Formalmente, in ogni modello, un primo gruppo di funzioni, concetto da intendersi in senso matematico, riguarda le funzioni di utilità.

Abbiamo poi, da un lato, le funzioni di conferimento o disponibilità (chiamiamole cosi) dei servizi o dei fattori della produzione, dall’altro, ove del caso, le funzioni di produzione, da un altro ancora, le funzioni di distribuzione o (come, nel settore non profit, si possono ben chiamare) le funzioni di appartenenza.

Al “cuore” di ogni modello, in parallelo con le funzioni che tradizionalmente, nell’economia for profit, sono le funzioni di scambio, troviamo quelle che personalmente chiamo le funzioni di cessione o di reciprocazione e che, sostanzialmente, sono delle funzioni di reazione, concetto questo che, come noto, riviene dalla ‘teoria dei giochi strategici’.

Ancora, vi sono, e sono rilevanti sul piano della ‘coerenza’ e ‘determinatezza’ del modello, le relazioni di equilibrio e quelle di bilancio, laddove, ovviamente, le prime riguardano i prodotti ed i fattori della produzione, mentre le seconde afferiscono ai soggetti-agenti che operano nelle diverse realtà dell’economia sociale.

L’analisi si completa distinguendo fra risultati ‘di tipo cooperativo’ (efficaci, ma non efficienti) e risultati di ‘ottimo’ o ‘ottimali’ (efficaci ed efficienti), e ciò, si noti, quale che sia il modello di “ottimalità ” perseguito. Quest’ultimo aspetto, peraltro, non può essere qui perseguito, ma - come si comprende - è ben rilevante in quanto attiene ai fondamenti valoriali dell’agire economico, quindi ai rapporti fra l’economia e l’etica.

Concludo dicendo che è su queste basi che, al momento, sono stati da me elaborati, i quattro seguenti modelli.

1. Il modello dell’Economia della reciprocità di sola cessione senza moneta.

In esso i rapporti tra gruppi sociali hanno luogo sulla base della sola cessione, senza considerare la previa produzione di un bene (ad esempio, un rapporto tra categorie di lavoratori che cedono vicendevolmente i rispettivi servizi).

Gli appartenenti ad un gruppo sociale mettono allora a disposizione il proprio lavoro inteso come capace di produrre un servizio da cedere, ‘in reciprocazione’ di altro servizio, all’altro gruppo.

2. Il modello dell’Economia della reciprocità con produzione e cessione senza moneta.

Si introduce l’attività produttiva ‘previa’: allora, gli appartenenti ad un gruppo sociale mettono a disposizione il lavoro inteso come fattore produttivo.

Si tiene conto, su tale base, dell’attività produttiva delle imprese sociali di ciascun gruppo, cosi come si procede all’attività di reciprocazione fra imprese di ciascuno dei due gruppi.

3. Il modello dell’Economia della reciprocità con moneta. Nel modello da me costruito, si analizza, per semplicità , il caso della sola cessione con moneta.

Mentre sia il primo che il secondo modello non includono la moneta, questa fa ora la sua ‘comparsa’. Allora, già considerando il casopdf della cessione (senza produzione), il modello registra alcune importanti ‘estensioni’, mentre il suo ‘nucleo’ centrale, rappresentato dall’attività di reciprocazione ‘dettata’ dall’altruismo strategico, non cambia.

4. Il modello “misto”, che, forse, è quello più interessante; e ciò, in quanto in esso un gruppo sociale si confronta con ‘il mercato’, vuoi dal lato dell’offerta di beni o servizi, vuoi, invece, dal lato della loro domanda.

 

 

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