in Musatti R., Bigiaretti L., Soavi G., “Olivetti 1908-1958”, Tiefdruckanstalt Imago, Zurigo 1958
(…) quando nel 1932 venne a mancare il Burzio (chè tale il nome del suo primo direttore tecnico), creò per sua memoria e per continuare l’opera il Fondo che ancora porta il suo nome. Questo avrebbe servito, come infatti servì, come serve tuttora, a garantire all’operaio una sicurezza sociale al di là del limite delle assicurazioni in Italia ancor troppo ristretto. Onde nessuno fu costretto a indebitarsi per pagare il funerale del padre o della sorella, nessuno dovette più rinunciare, per mancanza di denaro, a dare l’estremo saluto alla madre lontana morente, le madri ebbero lettini, materassi, mantelli, scarpe per i loro bambini, a nessuno mancò legna nell’inverno; gli orfani e le vedove vennero largamente assistiti, nessun convalescente fu chiamato a lavorare ancor debole; imparai organizzando questi servizi (non sempre perfetti) a conoscere l’intimo nesso tra l’assistenza sanitaria e l’assistenza sociale. Imparai a conoscere quanto scarsa sia la sensibilità a quei problemi da parte di coloro che non li soffrono, o che sono distratti da obiettivi concreti, verso la tragica marcia per l’”efficienza” e il “profitto”, e che infine solo una parte di tali problemi può essere affidata a un “piano” anche se generoso e ben congegnato, poiché l’azione volontaria, come l’ha definita Beveridge, non può essere sottovalutata. Quando i problemi tecnici che si presentavano nel mio lavoro furono risolti e il successo finanziario che ne fu principale conseguenza lo permise, fui tratto ad occuparmi della vita di relazione fra gli operai e la fabbrica. Le casse mutue funzionavano male: l’accentramento era disastroso: un operaio tubercolotico per essere ricoverato doveva trasmettere le pratiche al capoluogo di provincia, di là a Roma e perché di nuovo tornassero indietro con un nulla osta occorrevano talvolta tre mesi. In quel tempo le cure erano generalmente insufficienti, i medici cambiavano ogni tre mesi, malattie gravissime non erano contemplate dagli statuti, molti rimedi importanti non considerati, i familiari non godevano degli stessi vantaggi del lavoratore.
Nacque allora il servizio di assistenza sanitaria con scopi di completamento alle funzioni delle casse mutue. E sorsero così, oltre al convalescenziario, un’infer-meria di fabbrica, completa dei più moderni sistemi di cura, con la presenza permanente di un medico e di un pediatra e periodica di altri specialisti, per prestare cure ambulatoriali e domiciliari non solo ai dipendenti, ma anche ai loro familiari. Per i figli dei dipendenti sorse così l’asilo nido, per i bambini dai sei mesi a sei anni, e le colonie estive marina e montana. Alle dipendenti in maternità, sia operaie che impiegate, fu concesso un periodo di conservazione del posto di nove mesi retribuito quasi totalmente. E infine si costruirono e si continuarono ad ampliare dei complessi di edifici moderni di abitazione per operai e impiegati, mentre per coloro che risiedono nei centri fuori di Ivrea si è costituita una rete di comunicazioni automobilistiche(…).
E quando successi-vamente la parte elettiva del Consiglio di Gestione pose la questione della posizione del complesso assistenziale nei rapporti tra la società e il lavoratore si addivenne alla redazione di una carta assistenziale che parte dalla seguente dichiarazione: “Il Servizio Sociale Olivetti ha una funzione di solidarietà. Ogni lavoratore dell’azienda contribuisce con il proprio lavoro alla vita dell’Azienda medesima e quindi a quella degli organismi istituiti nel suo seno e potrà pertanto accedere all’istituto assistenziale e richiedere i relativi benefici senza che questi possano assumere l’aspetto di una concessione a carattere personale nei suoi riguardi. Mentre uguale è il diritto potenziale per tutti i lavoratori per l’accesso ai benefici del Servizio Sociale, il godimento effettivo dei benefici medesimi si determina in rapporto alle particolari condizioni ed esigenze constatate secondo criteri il più possibile e che dovranno tendere ad essere progressivamente sempre meglio regolamentati in anticipo.” Con la redazione di questo documento un importante passo verso l’autonomia di questa attività sociale e il suo razionale distacco dall’azione volontaria da cui trasse origine è compiuto. […]
Il segreto del nostro successo, così nel passato come per l’avvenire,è racchiuso nel codice morale da cui, è ormai mezzo secolo, questa fabbrica è nata: esso è fondato sul rigore scientifico della ricerca e della progettazione, sul dinamismo dell’ organizzazione commerciale e sul rendimento economico, sul sistema dei prezzi, sulla modernità dei macchinari e dei metodi, sulla partecipazione operosa e consapevole di tutti ai fini dell’azienda.