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Rivista di etica e scienze sociali / Journal of Ethics & Social Sciences

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Festival della famiglia di Trento: crisi economica e programmazione delle politiche familiari : alleanze territoriali e distretti famiglia, smart cities e digital divide, processi educativi, invecchiamento attivo, auditing aziendale a cura di Luciano Malfer e Francesca Gagliarducci
Milano : Angeli, 2013. 381 p.

Il 6 dicembre 2013 si è tenuto a Riva del Garda, per il secondo anno consecutivo, il Festival della Famiglia, promosso dall’Agenzia provinciale per la Famiglia, la Natalità e le Politiche Giovanili della Provincia autonoma di Trento, con il patrocinio del Dipartimento per le Politiche della Famiglia della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il tema scelto quest’anno è: “Famiglia risorsa della società. Politiche familiari e politiche di sviluppo economico: un binomio possibile?”.

In attesa che siano disponibili gli atti del convegno, siamo andati a vedere di cosa si era parlato nella prima edizione dell’evento, che aveva per titolo: “Se cresce la Famiglia cresce la Società. Crisi economica e programmazione delle politiche familiari”. Gli atti del convegno 2012 sono stati pubblicati dall’editore Franco Angeli, nella collana Studi e Ricerche curata della tsm-Trentino School of Management


1 Il volume contiene i contributi di tutti i relatori (più di 40 personalità italiane e straniere, coinvolti a diverso titolo nelle politiche familiari, provenienti da esperienze tra loro complementari: dall’università e dalla ricerca, dalle istituzioni pubbliche e private, dagli enti non profit).

Per meglio affrontare il tema “se cresce la famiglia, cresce la società”, il convegno è stato strutturato in due sessioni plenarie (dedicate rispettivamente a “politiche per la famiglia e crisi economica” e “programmazione delle politiche familiari”) e sei panel che hanno analizzato la questione da diversi punti di vista: le alleanze territoriali per la famiglia; i processi educativi; l’invecchiamento attivo e solidarietà tra le generazioni; il ruolo della tecnologia, tra smart cities e digital divide; il ruolo della comunicazione; i sistemi di misurazione e il family audit.

della Famiglia della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il tema scelto quest’anno è: “Famiglia risorsa della società. Politiche familiari e politiche di sviluppo economico: un binomio possibile?”. 

In attesa che siano disponibili gli atti del convegno, siamo andati a vedere di cosa si era parlato nella prima edizione dell’evento, che aveva per titolo: “Se cresce la Famiglia cresce la Società. Crisi economica e programmazione delle politiche familiari”. Gli atti del convegno 2012 sono stati pubblicati dall’editore Franco Angeli, nella collana Studi e Ricerche curata della tsm-Trentino School of Management

Alcuni degli interventi si sono focalizzati nell’illustrare i contenuti del primo Piano Nazionale per la Famiglia, approvato dal Consiglio dei Ministri nel giugno 2012, che prevede diverse tipologie di intervento, dalle azioni per l’equità economica, alle politiche abitative, ai servizi di cura, alla conciliazione dei tempi di vita e lavoro, al supporto al terzo settore, al rafforzamento dei servizi territoriali e al sostegno alle famiglie immigrate.

Nell’ambito della prima sessione plenaria, ci è parso degno di rilievo l’intervento di Linda Laura Sabbadini2, che ha affrontato, con ricchezza di dati e di indicatori, le criticità delle famiglie italiane “dentro e al di là della crisi”, come recita il titolo stesso del suo contributo. Non solo dati legati al reddito per descrivere la situazione di progressivo impoverimento delle famiglie, ma anche un’analisi della condizione femminile, che mette in luce il sovraccarico di lavoro delle donne, i bassi tassi di occupazione femminile e la trasformazione delle strutture familiari: «è ora di ridare alla cura la centralità che merita in ambito pubblico».

Nel panel dedicato alle alleanze territoriali per la famiglia, Luciano Malfer3 ha trattato il tema della famiglia nell’ambito dello sviluppo sostenibile. Partendo dalla triple bottom line (people-planet-profit) egli ha indicato lo “sviluppo sostenibile di comunità” come principio fondamentale nelle politiche di sviluppo economico, al fine di mettere al centro delle azioni di sistema il benessere delle famiglie, e introducendo così il criterio del family mainstreaming. Tra i diversi strumenti a supporto vi sono i “Distretti famiglia”, che la Provincia autonoma di Trento ha introdotto fin dal 2009: il distretto famiglia è un’aggregazione volontaria di attori e risorse, pubblici e privati, una rete di azioni e strumenti, con il fine comune di accrescere il benessere delle famiglie e rafforzare le relazioni, con piani di azione e di intervento definiti annualmente e sottoposti a monitoraggio e valutazione.

Molto interessante a questo proposito il contributo di Jan Schroeder, fondatore del Bündnisfamilie 2.0, che ha riportato la situazione delle alleanze territoriali in Germania, nate nel 2004 grazie all’azione dell’allora ministro della famiglia Renate Schmidt: oggi sono oltre 670 le alleanze attive, con più di 56 milioni di persone che vivono nell’ambito di tali reti. Partecipano a queste alleanze oltre 13.000 attori istituzionali, di cui almeno 5.000 imprese; le imprese sono presenti nel 78% delle alleanze, le associazioni e altre realtà sociali nel 68%, gli enti religiosi nel 60%. In media ogni rete territoriale coinvolge 30 soggetti diversi; le reti più articolate arrivano a oltre 350 soggetti. Non si tratta solo di portare avanti nuovi progetti e/o di fornire servizi, in modo più o meno innovativo: in molti casi l’alleanza locale ha permesso di ripensare e trasformare i processi esistenti in un’ottica più vicina alle esigenze delle famiglie, con un uso più efficiente ed efficace delle risorse a disposizione.
Tra gli interventi sui processi educativi (nell’ambito del secondo panel) vorremmo evidenziare due relazioni. La prima è quella di Michele Odorizzi, Paola De Cesari e Cristiano Conte4, che, partendo da una critica al concetto di “capitale umano” – intrinsecamente legato ad una visione produttiva e utilitaristica – propongono di riscoprire la centralità dell’educazione come «processo di ricerca, individuale e collettivo», un «percorso in cui ci si co-educa», dove lo scambio tra le persone (giovani e adulti) genera fiducia e legami - gli antidoti alla paura - che consentono di accogliere il limite dell’incertezza rispetto al futuro e di superare insieme la difficoltà degli adulti ad essere testimoni autorevoli e credibili del tempo presente. Elemento cruciale di questo percorso è l’educazione al desiderio: saper riconoscere il desiderio come «scarto tra il contingente e il possibile», che va ben oltre il bisogno, perché si pone tra l’io e il noi; il desiderio non «come un dover essere, ma come qualcosa che accade nel divenire dell’esperienza»; «desiderio di incidere, di lasciare un segno, di contagiare il contesto in cui si opera, di condividere con altri il senso e il piacere della propria esperienza. Per riprendere una celebre frase di don Milani: “Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne insieme è la politica, sortirne da soli è l’avarizia”».

Il secondo contributo che vorremmo citare qui è quello di Giuseppe Savagnone5, che pone al centro del processo educativo il concetto di “cura”. Gli educatori – egli sostiene – dovrebbero riscoprire come insegnare ai giovani, fin dai primi anni, a prendersi cura degli aspetti fondamentali delle loro vite: cura non come terapia, ma come approccio che tiene conto del valore e della fragilità; cura di sé, per trovare il proprio centro interiore; cura della propria storia, per trovare un senso e la capacità di leggere il proprio presente alla luce del passato, e riuscire così a progettare il futuro; cura del rapporto con gli altri, per scoprire il valore della cooperazione verso un fine comune; cura del senso, per imparare a tenere insieme ragione e sentimento, alla scoperta della propria vocazione personale, per il suo sviluppo e per la sua realizzazione lungo tutto il corso della vita.

Numerosi gli interventi nell’ambito del panel sull’invecchiamento attivo e solidarietà fra le generazioni. Nell’anno dedicato proprio a questa tematica dal Parlamento europeo e dal Consiglio della Unione Europea, la questione non poteva certo mancare in un convegno dedicato ai temi della famiglia. Eppure, al di là delle dichiarazioni di intento o di valore, su cui tutti unanimemente concordano, o dell’esposizione dei dati statistici sull’invecchiamento della popolazione, ci sembra che molta strada sia ancora da fare per trasformare teorie, numeri e parole in azioni concrete.

Il panel sulle nuove tecnologie (dal titolo: Smart cities e digital divide) ha avuto tra i relatori principalmente professionisti di grandi imprese (Samsung, Telecom, Procter&Gamble) che hanno portato la loro visione, a volte un po’ semplicistica, forse per i contenuti, o forse per il linguaggio di marketing utilizzato. Si distingue il bell’intervento di Fausto Giunchiglia6 che ha messo l’accento su uno dei problemi culturali italiani: non mancano gli anziani disponibili ad apprendere l’uso delle nuove tecnologie (internet, smartphones, etc), ma coloro che siano disposti ad accompagnarli e ad insegnarglielo nel modo appropriato. Una società «che tende a dimenticarsi dei più deboli» deve cambiare il suo modo di essere; l’innovazione sociale è la precondizione di ogni innovazione tecnologica, altrimenti «l’ambizioso progetto del “territorio intelligente” rischia di diventare l’ennesimo monumento a una concezione tecnologica obsoleta, ormai superata dalla storia. Una concezione condannata dal peccato originale di non aver posto al centro del suo sforzo modernizzatore qualcosa di ben più antico della più antica delle tecnologie: l’essere umano».

Il panel sulla comunicazione si è focalizzato per lo più sul rapporto delle giovani generazioni con i media, da quelli tradizionali (tv, cinema) ai nuovi media sociali. Antonella Bevere ha presentato l’esperienza quinquennale del Fiuggi Family Festival, che lega il cinema alla famiglia. Don Antonio Sciortino7 ha messo in luce la necessità del dialogo tra le generazioni per condividere tra genitori e figli i contenuti dei messaggi che partono dalle tante piattaforme di comunicazione, in un confronto che faciliti le interazioni e porti a scelte più consapevoli.
Il panel sui sistemi di monitoraggio e audit ha visto l’intervento di molti esperti, alcuni stranieri. Tra questi Marc Garau8, che ha illustrato le potenzialità dell’IFREI (International Family Responsible Employer Index) per misurare l’impatto delle politiche delle imprese sulle famiglie dei dipendenti e Danielle Hartmann9 che ha presentato i dati sulle famiglie statunitensi e sui sistemi di audit per monitorare a analizzare i comportamenti delle imprese e le politiche di conciliazione vita-lavoro.

Per concludere questa breve panoramica, dalla sessione plenaria conclusiva sulla programmazione delle politiche familiari, citiamo l’intervento di Kai Leichsenring10 che ha presentato l’evoluzione delle politiche europee con un interessante confronto tra gli stati membri.

Ricerca Università – UCID Torino sul Welfare d’impresa (2013) a cura di Guido Lazzarini, Riccardo Ghidella, Elisa Allasia, Piero Giammarco

Rimanendo in tema – ossia guardando a pubblicazioni che trattano del rafforzamento delle famiglie come risposta alla crisi economica – segnaliamo che l’Unione Cristiana degli Imprenditori e Dirigenti (UCID) di Torino, insieme all’Università degli Studi di Torino hanno recentemente diffuso un “Report di Ricerca sul Welfare d’Impresa”11 .

Punto di partenza dello studio è la considerazione che la crisi economica attuale vada affrontata e interpretata a partire dalla crisi culturale della società europea che ha posto nel profitto piuttosto che nel bene comune il fine ultimo del proprio agire sociale e politico. Vista da questa prospettiva la crisi economica è solo l’inevitabile risultato della crisi di valori quali quelli della solidarietà e della sostenibilità, soppiantati dalla ricerca dell’arricchimento a tutti i costi, con il conseguente sfruttamento di persone e di cose.

L’austerità fiscale e i tagli alle spese sociali, imposti dalle autorità europee ai fini di “risanare” l’economia del paese, hanno creato ulteriore impoverimento di singoli e famiglie, senza riuscire a migliorare le condizioni dei ceti sociali più deboli. Disoccupazione, pressione fiscale, calo dei redditi e del potere d’acquisto hanno colpito prima di tutto le famiglie, mettendo così in crisi il loro ruolo sociale, il primo di tutti i sistemi di “welfare”: quello che da sempre con la forza di relazioni basate sulla gratuità, reciprocità e sussidiarietà è alla base della convivenza civile, della tenuta della società.

Cosa possono fare dunque i diversi attori sociali, tra cui le imprese, per far sì che le forze ancora disponibili possano integrarsi, sostenersi e interagire positivamente in questo contesto? L’UCID di Torino, animata dagli insegnamenti della Dottrina Sociale della Chiesa, ha condotto uno studio, insieme all’Università di Torino, che ha evidenziato che le imprese sarebbero disponibili ad azioni di welfare aziendale, soprattutto se incentivate – ad esempio con la defiscalizzazione di tali attività – anche se spesso manca loro la capacità (o forse la consapevolezza, o la visione strategica) di integrare e indirizzare tali azioni nel territorio in cui si trovano ad operare. Un importante ruolo di promozione e coordinamento potrebbe essere svolto dalle associazioni di categoria; d’altra parte una riprogettazione del sistema contributivo potrebbe incentivare la costituzione di fondi territoriali e/o la programmazione di azioni di welfare destinate al territorio locale.

Lo studio realizzato analizza alcune esperienze significative di welfare aziendale nel territorio torinese (sono state coinvolte 45 aziende, di cui 16 piccole, 9 medie, 20 grandi), confrontandole con il panorama nazionale ed europeo. Sono stati distinti gli interventi obbligatori (ossia attuati per legge) da quelli a discrezione dell’azienda. Alcuni interventi sono a costo zero, anche se tutti richiedono una opportuna pianificazione e gestione. Il vantaggio per l’azienda è costituito da una migliore qualità nelle relazioni interne ed esterne, con ricadute positive in termini di efficacia, efficienza e produttività. La ricerca individua le principali aree nelle quali si sviluppano gli interventi di welfare aziendale:

- tempi di lavoro (orario flessibile, job sharing, part time, permessi parentali, banca del tempo, telelavoro, etc),
- spostamenti (navette aziendali, car pooling, accordi azienda-gestori mezzi pubblici, accordi azienda-erogatori di beni e servizi, etc),
- riconoscimenti economici (premi di produzione, sussidi, prestiti, contributi tasse scolastiche, borse di studio, etc),
- salute (fondi sanitari, ambulatori convenzionati, cure per ex-dipendenti o per familiari, etc),
- consulenza (assistenza legale, fiscale, psicologica, mentoring, etc),
- tempo libero (iniziative sportive, gruppi dopo-lavoro, biblioteca aziendale, etc),
- supporto familiare (centri estivi, asili nido aziendali, iniziative natalizie, etc).

Attraverso i questionari di intervista la ricerca verifica quali di questi interventi siano effettivamente attuati nelle aziende e quali siano quelli maggiormente desiderati da parte dei dipendenti. Emerge anche la richiesta da parte delle aziende di un maggiore coordinamento con gli enti pubblici del territorio.

Dopo aver completato la lettura del rapporto di ricerca, emergono alcune considerazioni. Tanta è la strada da percorrere per un welfare aziendale che sia davvero integrato con il territorio e possa così dirsi capace di rafforzare le famiglie e la loro azione: difficile il coordinamento con i diversi attori pubblici e privati, con il conseguente elevato costo in termini di tempo e risorse umane per l’organizzazione e la gestione; scarsi gli incentivi statali e scarso il controllo che le già poche leggi in tema di conciliazione tempi di vita e di lavoro vengano veramente rispettati dalle aziende. D’altra parte esistono alcune esperienze innovative e positive in termini di efficacia e ricaduta sociale che andrebbero opportunamente pubblicizzate e proposte come best practices, ancor più in questo tempo di crisi. Sarebbe davvero auspicabile la diffusione di un qualche rapporto capace di andare al di là della presentazione di numeri e statistiche, per raccontare tali esperienze, per mostrare i volti e le storie di coloro che continuano a credere e ad investire nelle persone e nel rafforzamento delle loro relazioni.


NOTES:


1 Gli atti sono anche disponibili online sul sito dell’organizzazione: http://www.trentinofamiglia.it/

2 Direttore del dipartimento per le politiche sociali e ambientali dell’Istituto Nazionale di Statistica.

3 Dirigente generale dell’Agenzia provinciale per la Famiglia, la Natalità e le Politiche Giovanili della Provincia autonoma di Trento

4 Membri del comitato organizzatore di Educa, evento nazionale sull’educazione che si tiene a Rovereto in settembre, giunto nel 2012 alla quinta edizione.

5 Direttore dell’Ufficio diocesano per la Pastorale della Cultura di Palermo e membro del Forum per il Progetto Culturale della CEI.

6 Docente dell’Università di Trento, coordinatore scientifico della piattaforma nazionale Future Internet sponsorizzata da Confindustria e dal MIUR.

7 Direttore di Famiglia Cristiana.

8 Ricercatore presso l’International Center of Work and Family dell’IESE Business School.

9 Direttore di Corporate Partnerships al Boston College Center for Work and Family (CWF)

10 Ricercatore presso l’European Center for Social Welfare Policy and Research di Vienna.

11 Disponibile su: http://www.ucidtorino.it/images/stories/ricerca_walfare.pdf.pdf

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