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Rivista di etica e scienze sociali / Journal of Ethics & Social Sciences

pdfIl fenomeno delle migrazioni non è tipicamente recente nella storia dell’umanità. Ma oggi ha preso in relazione alla popolazione locale dimensioni gigantesche. Secondo lo IOM (International Office for Migration) alla fine del 2010 i migranti nel mondo erano 214 milioni: se continua lo stesso trend nel 2015 saranno il doppio. Si tratta di circa il 3% della popolazione mondiale. Paesi economicamente molto sviluppati, come gli USA, hanno ca un decimo della popolazione che è immigrata.

Con ‘migranti’ si indicano generalmente le persone che vivono ed operano in paesi diversi da quelli di nascita. Evidentemente ci si riferisce alle migrazioni internazionali, ma non si devono dimenticare le migrazioni interne ai paesi. Quest’ultime sono più difficili da quantificare, ma non sono di certo inferiori a quelle internazionali. Anche a questa categoria ‘interna’ si riferiscono i nostri studi, fatte le debite proporzioni. Se un abitante del sud India si sposta nel nord del suo paese il fenomeno sarà antropologicamente più rilevante del siciliano che si è spostato nel dopoguerra alla Fiat di Torino. Intuitivamente si colgono le differenze e le similitudini. Il principale intento in questo quaderno di OIKONOMIA è rivolto comunque alle migrazioni internazionali, dove i fenomeni rilevabili e valutabili sono maggiormente accentuati.

Il fenomeno che consideriamo ha due aspetti principali che interessano particolarmente l’etica sociale: la difficoltà (quindi il conseguente dolore umano) dell’uscita dalla propria cultura e la seguente inculturazione nella nuova; il problema teoretico e pratico della diversità di valori che le diverse culture mettono a fuoco e che genera ulteriore problemi sia ai diretti interessati che agli studiosi.

Il primo aspetto, lo sradicamento/ integrazione è molto differenziato, e quindi necessita di essere studiato da diversi punti di visa e da diverse scienze sociali. Ma resta che lo spaesamento del cambiamento di lingua, di ambienti fisico e relazionale ha effetti deprimenti sulla persona e sul suo interagire sociale (compreso il lavoro svolto).

Il problema della diversità di valori si pone invece sia come disorientamento del migrante che non trova più il sostegno sociale ai propri valori sia come problema di convivenza sociale, di diritto rispettoso delle diversità.

Questo problema genera anche la necessità di scoprire strumenti teoretici che ci aiutino a capire come valutare i diversi valori. I valori possono essere estetici, morali, sociali, di impostazione di vita: a noi qui interessano in modo particolare quelli etici. Per valori intendiamo comunque beni che attirano la nostra adesione interiore e condivisione sociale e che indirizzano conseguentemente la nostra azione.

Alla base comunque di qualsiasi riflessione (ed azione) operativa o puramente teoretica, ci deve essere il rispetto per la singola persona del migrante. Le sue caratteristiche, non solo somatiche, ma anche di pensiero e comportamentali, possono essere accettate e condivise oppure no, possono essere anche combattute eventualmente, ma non si può per nessun motivo venir meno al rispetto della persona come tale. Quindi anche il dissenso su certe sue convinzioni e comportamenti dovrà tener conto della conseguente sensibilità personale. Questo non implica automaticamente che la società ospitante debba accettare tutti i valori o i principi etici del migrante, ma – basandosi sui diritti umani internazionalmente riconosciuti – dovrà almeno sviluppare un’attitudine di tolleranza di principio. Il passo successivo – quello dell’accettazione ad esempio della poligamia – sarà più complesso, ma comunque il punto di partenza restano sempre i diritti umani.

Non si può dimenticare infine che il confronto di valori diversi o addirittura di sistemi di valori diversi porta facilmente ad interrogarsi sul loro valore intrinseco. Ne consegue un processo di revisione della propria adesione ai valori di cui siamo tradizionalmente legati, un apprezzamento eventuale dei valori altrui, ma può generarsi anche uno scetticismo relativista che pone tutti i valori considerati sullo stesso piano.
Sembra però empiricamente accertato che abbiamo bisogno di valori, cioè di mete umane non immediate, per i nostri comportamenti personali e collettivi che siano a medio e lungo termine.

Le ricerche che presentiamo non coprono tutti gli aspetti, neppure quelli fondamentali, del nostro problema, ma ci avviano ad una loro considerazione più approfondita.
I nostri studi iniziano con quelli di L Troiani e F. Marzano che si occupano degli aspetti economici della migrazione. Segue poi quello di A. Crosthwaite che presenta il problema delle ‘relazioni migratorie’ tra Messico e USA, prendendo spunti anche dalla situazione attuale dell’Unione Europea. T. Rossi presenta l’aspetto religioso della migrazione. Questa componente viene spesso sottovalutata, anche perché è normalmente strettamente intersecata con quella della cultura del paese d’origine. T. Di Bonito e P. Cinque presentano un tipico problema di integrazione nel paese d’arrivo: la scolarizzazione.

Infine A. Riccio, antropologo culturale, ci presenta il problema dello scontro di civiltà come è stato vissuto in Ciociaria (Regione a sud di Roma) nel 1944 con gli stupri di massa delle truppe marocchine dell’esercito francese sulla popolazione locale.

Invece nella sezione Open Space presentiamo tre relazioni di esperienze personali dei tre studenti della Facoltà di Scienze Sociali dell’Angelicum, da quello dell’identità culturale della Moldavia, all’autorganizzazione della emigrazione della Moldavia in Italia, al fenomeno nuovo (per l’Italia) di immigrati letterati e scrittori che si esprimono nella lingua del paese ospitante.pdf

Nella Pagina Classica proponiamo un ‘reperto archeologico’ importante (e sorprendente) proveniente dagli albori degli studi sulla migrazione umana.
Infine, non è da sottovalutare, ai fini della comprensione dei nostri temi, la “etnometodologia” del sociologo Garfinkel, presentata nella rubrica recensioni.

 

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