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Rivista di etica e scienze sociali / Journal of Ethics & Social Sciences

1. Introduzione
Il concetto di economia circolare ha una genesi complessa ed eterogenea che ha ricevuto un forte impulso a partire dagli anni settanta del secolo scorso1.pdf
L’economia circolare – secondo la definizione della Fondazione Ellen MacArthur - è un termine generico per definire un’economia pensata per potersi rigenerare da sola. In un’economia circolare i flussi materiali sono di due tipi: quelli biologici, in grado di essere reintegrati nella biosfera, e quelli tecnici, destinati ad essere rivalorizzati senza entrare nella biosfera2. In altri termini, questo modello di produzione è programmaticamente rigenerativo nella misura in cui si fonda su un “circolo virtuoso” in base al quale le merci di oggi saranno le risorse di domani. In particolare, l’economia circolare si basa sull’impiego di fonti energetiche rinnovabili, sull’eliminazione dell’uso di sostanze tossiche ed infine sull’eliminazione dei rifiuti mediante un’attenta progettazione.


2. Genesi del quadro normativo europeo sull’economia circolare
In uno scenario globale caratterizzato dall’aumento della popolazione e da un calo obiettivo delle risorse disponibili, l’Unione Europea ha accolto l’impianto concettuale dell’economia circolare, configurando un modello di governace dell’economia basato sul presupposto della massima riduzione dello spreco al fine di delineare un modello di crescita sostenibile sotto il profilo ambientate ed economico.
Al fine di un corretto approccio ermeneutico al quadro normativo attuale è ineludibile il riferimento all’iter seguito dalla Commissione europea a partire dalla presentazione del primo pacchetto sull’economia avvenuto a settembre del 2014.
La Commissione Europea nel 2014 aveva presentato la comunicazione “Verso un’economia circolare: programma per un’Europa a zero rifiuti”3, per promuovere a livello europeo, sulla base di un programma strategico di carattere sistemico, l’affermazione del sistema economico circolare.
Nel documento la Commissione prendeva le mosse dalla necessità di superamento del tradizionale modello di consumo lineare, o take-make-dispose, in quanto non più sostenibile né dal punto di vista ambientale né economico. Il modello lineare, infatti, fondato sul presupposto della disponibilità potenzialmente illimitata di risorse, è entrato progressivamente in crisi a causa dell’impossibilità di far fronte alla domanda sempre più crescente di risorse il cui approvvigionamento è ormai soggetto a limiti significativi.
Il modello lineare cristallizzandosi in un processo di produzione/consumo/smaltimento, che si reitera costantemente, determina un dispendio copioso di risorse e una produzione ingente di rifiuti. L’economia circolare, invece, è progettata per “auto-rigenerarsi”, le risorse, infatti, sono perfettamente integrate in un circolo virtuoso che non ne prevede lo smaltimento, ma la trasformazione in nuovi prodotti. L’adozione del modello circolare si rivela pertanto duplicemente vantaggiosa, poiché determina una dissociazione della crescita economica dall’uso delle risorse, rispondendo in questo modo sia ad una logica ambientale che economica.
L’Esecutivo comunitario nel documento in analisi poneva in evidenza come la transizione verso un’economia circolare presupponesse un cambiamento sistemico e innovativo, non limitato solo al versante tecnologico e finanziario, ma rivolto anche all’organizzazione della società.
La Commissione si proponeva, pertanto, di delineare un quadro che consentisse l’affermazione e il consolidamento dell’economia circolare, tramite l’adozione di specifiche misure volte a consentire una regolamentazione intelligente e tramite il sostegno attivo delle attività di ricerca e innovazione. In particolare, la Commissione si proponeva di “analizzare le principali carenze del mercato e del sistema di governance che ostacolano la prevenzione dei rifiuti e il riutilizzo delle materie in essi contenute, tenendo conto dell’eterogeneità dei tipi di materie e del loro impiego, per contribuire a instaurare un quadro strategico che favorisca l’uso efficiente delle risorse”. Nello specifico l’indirizzo strategico della Commissione si articolava in una serie di punti fondamentali.
Innanzitutto, nella comunicazione veniva ribadita la necessità di promuovere la progettazione dei prodotti in armonia con la logica propria dell’economia circolare, ossia mediante la previsione iniziale della loro destinazione al termine del ciclo di vita. Al riguardo, la Commissione poneva l’accento sulla necessità di un uso moderato e responsabile di materie prime, sull’opportunità di allungamento di vita utile dei prodotti e sull’utilizzo ridotto di energia in fase di produzione, ribadendo anche la centralità della collaborazione attiva dei consumatori.
In secondo luogo, la Commissione poneva l’accento sulla necessità che l’UE e gli Stati membri incoraggiassero gli investimenti nella ricerca di soluzioni innovative sull’economia circolare, in particolare nell’ambito della riforma del sistema finanziario auspicava la rimozione di eventuali ostacoli che si frapponessero al finanziamento privato di tutte le iniziative volte a favorire un uso efficiente delle risorse. Inoltre, veniva messa in luce l’opportunità di includere ed integrare nelle strategie di finanziamento dell’UE la priorità dell’economia circolare, e di incoraggiare gli Stati membri all’utilizzo dei fondi strutturali e d’investimento europei per finanziare progetti e programmi di economia circolare.
La Commissione partendo dalla constatazione del ruolo fondamentale delle imprese e dei consumatori nel processo di transizione verso un’economia circolare, poneva l’accento sulla necessità di attuare un coordinamento delle decisioni adottate a monte e a valle della catena del valore, affinché tutti gli attori principali della transizione, ossia i produttori, gli investitori, i distributori e gli addetti al riciclaggio potessero ricevere incentivi coerenti, ma anche costi e benefici equamente ripartiti. Infine, la Commissione intendeva sostenere la creazione di posti di lavoro e lo sviluppo di competenze mediante un migliore coordinamento delle politiche, orientando i fondi europei verso tutti qui programmi e progetti che sono volti sostenere la crescita verde.
Un punto essenziale del piano strategico della Commissione riguardava la necessità di modernizzazione della politica in materia di rifiuti. Come premesso, nell’ottica dell’economia circolare, infatti, il circolo virtuoso si conclude con la trasformazione dei rifiuti in risorse. La Commissione, pur non mancando di sottolineare l’importanza degli obiettivi fissati dalla legislazione europea sui rifiuti, sottolineava come fosse ancora troppo elevato il quantitativo di rifiuti prodotto in media da ogni cittadino europeo rispetto alla percentuale correttamente riciclata, e affermava, pertanto, la necessità di una politica ambiziosa di gestione dei rifiuti, attuata mediante la fissazione di obiettivi quantitativi precisi per il riciclaggio e la semplificazione e una migliore attuazione della legislazione vigente. Inoltre, la Commissione sottolineava l’importanza di individuare strategie specifiche per far fronte ai problemi posti da determinati tipi di rifiuti in termini di perdita di risorse o impatto ambientale. La priorità assoluta in tutte le fasi dell’economia circolare è rappresentata, infatti, dalla diminuzione della produzione dei rifiuti. Un altro aspetto fondamentale del piano strategico riguardava la questione dell’aumento della produttività e dell’uso efficiente delle risorse. La Commissione prendendo le mosse dal VII Programma d’azione per l’ambiente4 in cui gli Stati membri e il Parlamento europeo avevano convenuto che l’Unione dovesse definire gli obiettivi relativi all’uso efficiente delle risorse, ed in cui era stato individuato come indicatore dell’obiettivo relativo alla produttività il rapporto tra PIL e consumo di materie prime, affermava l’obiettivo realistico di aumentare la produttività delle risorse fino al 30% in più tra il 2014 e il 2030. Parte integrante del documento in analisi era costituito dalla proposta di modifica di alcune direttive in materia di rifiuti5. La proposta prevedeva che si dovesse riciclare il 70% dei rifiuti urbani e l’80% dei rifiuti di imballaggio entro il 2030, e che si dovesse vietare il conferimento in discarica dei rifiuti riciclabili a partire dal 2025. Prima di proceder all’analisi del nuovo pacchetto sull’economia circolare presentato dalla Commissione a dicembre 2015, si segnala che sul tema si è espresso anche il Parlamento europeo con la risoluzione del 9 luglio 2015 sull’Efficienza delle risorse: transizione verso un’economia circolare6. Il Parlamento nel documento in questione ha posto l’accento sulla necessità di un uso efficiente e responsabile delle risorse disponibili. Per realizzare la transizione verso un’economia circolare è ineludibile, infatti, un cambiamento sistemico attuato mediante azioni legislative informative, economiche e di cooperazione. Tra le azioni richieste il Parlamento include il rinnovamento della direttiva sui rifiuti, incentivi fiscali sui prodotti riciclati, ampliamento dell’ambito di applicazione della direttiva sulla progettazione ecocompatibile; infine, per quanto riguarda il versante economico, sottolinea l’esigenza di utilizzare tutti gli strumenti finanziari, compresi quelli erogati tramite Horizon 2020 e il FEIS.


3. Il contesto normativo attuale
Nel dicembre 2014 la Commissione Junker, successivamente al suo insediamento, e applicando il principio della discontinuità politica all’interno del primo programma di lavoro, ha deciso di ritirare il “pacchetto” di modifica delle direttive sui rifiuti, annunciando di voler presentare entro la fine del 2015 un nuovo pacchetto che coprisse l’intero ciclo economico e non solo gli obiettivi di riduzione dei rifiuti. Per onere di completezza si sottolinea che nel corso dell’elaborazione del nuovo “pacchetto” sull’economia circolare, nell’estate del 2015 la Commissione europea ha organizzato una consultazione pubblica sul tema di dodici settimane ed un’apposita conferenza a Bruxelles.
Il 2 dicembre del 2015 la Commissione ha presento il nuovo pacchetto sull’economia circolare. Il pacchetto è composto dalla comunicazione “L’anello mancante – Piano d’azione dell’Unione europea per l’economia circolare7” e da proposte legislative per la revisione della direttiva europea quadro sui Rifiuti 2008/98/EC, della direttiva sugli imballaggi e sui rifiuti da imballaggio 1994/62/EC, della direttiva sui rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (direttive 2000/53/EC, 200/66/EC, 2012/19/EU) ed infine della direttiva sulle discariche 1999/31/EC. Come premesso, il nuovo pacchetto sull’economia circolare propone un piano d’azione globale, non meramente comprensivo di sole proposte legislative per la revisione delle direttive vigenti in materia di rifiuti, che investe tutte le fasi del ciclo economico. L’obiettivo, infatti, esplicitamente dichiarato dalla Commissione consiste nella concreta trasformazione del sistema economico europeo secondo il modello circolare.
Il piano d’azione prevede, dunque, una serie di misure che “fungono da anello mancante” nell’economia circolare in riferimento a tutte le fasi di vita del prodotto: dalla produzione al consumo fino alla gestione dei rifiuti e al mercato delle materie prime secondarie. Tra le azioni che la Commissione intende realizzare nel corso del mandato figurano: l’impiego di finanziamenti provenienti sia da Horizon 2020 sia dai fondi strutturali, la previsione di misure nell’ambito del piano di lavoro 2015-17 sulla progettazione eco-compatibile per promuovere la riparabilità e longevità dei prodotti, una serie di azioni per ridurre i rifiuti alimentari, lo sviluppo di norme di qualità per le materie prime secondarie, la revisione del regolamento relativo ai concimi, la previsione di una strategia per le questioni relative alle materie plastiche, con riferimento alla riciclabilità e alla biodegradabilità; la riduzione dei rifiuti marini ed infine una serie di azioni in materia di riutilizzo delle acque. Il piano d’azione include anche un certo numero di azioni mirate alle barriere del mercato in specifici settori o flussi di materiali, come la plastica, gli sprechi alimentari, le materie prime, la costruzione, la demolizione, la biomassa e i bioprodotti nonché misure orizzontali come l’innovazione e gli investimenti.
Per quanto concerne le proposte legislative sui rifiuti, la Commissione fissa i nuovi obiettivi in materia di riduzione dei rifiuti e stabilisce un percorso – definito ambizioso e credibile allo stesso tempo– per la loro gestione e riciclaggio. Gli elementi chiave della proposta riguardano i nuovi target fissati per il 2030 al 65% del riciclaggio dei rifiuti urbani, al 75% del riciclaggio dei rifiuti da imballaggio (nel vecchio pacchetto il riciclaggio dei rifiuti era al 70% e gli imballaggi all’80%) e un obiettivo vincolante per lo stesso anno di un massimo del 10% di rifiuti collocabili in discarica. L’esecutivo comunitario, inoltre, prevede il divieto di collocamento in discarica dei rifiuti della raccolta differenziata; la previsione di metodi armonizzati per il calcolo dei tassi di riciclaggio in tutta l’Unione, nonché la previsione di incentivi economici affinché i produttori facciano giungere prodotti più ecologici sul mercato ed infine un sostegno ai sistemi di recupero e riciclaggio.
I primi risultati del pacchetto sull’economia circolare sono stati presentati dalla Commissione il 17 marzo u.s. relativamente alle nuove norme in materia di concimi organici e ricavati dai rifiuti. L’organo esecutivo ha presentato un regolamento finalizzato ad agevolare in maniera significativa l’accesso al mercato unico dell’UE per i concimi organici e ricavati dai rifiuti, al fine di instaurare pari condizioni di concorrenza con i concimi inorganici. Tale proposta si rivela necessaria a fronte dell’inadeguatezza del regolamento in vigore dal 2003 rispetto alle sfide attuali. Il regolamento vigente sui concimi assicura, infatti, la libera circolazione nel mercato unico soprattutto dei concimi inorganici convenzionali, di norma ottenuti chimicamente. Tale regolamento è inidoneo – sottolinea la Commissione – a rispondere alle sfide ambientali rappresentate dalla contaminazione del suolo, delle acque interne, delle acque marine ed infine degli alimenti provocata dai concimi.


4. Considerazioni conclusive
Nonostante il nuovo pacchetto sia stato presentato come ambizioso e realistico allo stesso tempo, le reazioni in seno al Parlamento europeo non sono state del tutto entusiastiche8, soprattutto per ciò che concerne il depotenziamento di alcuni obiettivi chiave rispetto al pacchetto presentato nel 2014. Come peraltro è stato evidenziato nel dossier prodotto dall’European Parliamentary Research9, nonostante la nuova proposta ricalchi per alcuni aspetti quella precedente, alcuni obiettivi, in particolare quelli in materia di gestione dei rifiuti, sono stati ridimensionati mentre altri non figurano affatto. In particolare, gli obiettivi relativi alla gestione dei rifiuti sono stati rivolti al ribasso, ad esempio quello relativo al riciclo dei rifiuti urbani, che era del 70% al 2030 nella prima proposta, è stato diminuito al 65%, inoltre è stata introdotta una proroga di cinque anni per alcuni Stati membri (Estonia, Grecia, Croazia, Lettonia, Malta, Romania e Slovacchia). Anche l’obiettivo sulla riduzione del conferimento in discarica è stato abbassato: il documento attuale prevede che possano finire in discarica nel 2030 fino al 10% dei rifiuti domestici, il pacchetto precedente pdffissava invece solo un massimo del 5% per i rifiuti non pericolosi di origine domestica. Tra le nuove proposte, inoltre, non figurano più una serie di obiettivi contemplati invece nel 2014, in particolare l’obiettivo di incrementare la produttività delle risorse del 30% entro il 2030, nonché l’obiettivo di riduzione dei rifiuti alimentari di almeno il 25% entro il 2025. Infine, un aspetto valutato positivamente è quello legato alla direttiva Ecodesign, che prevede l’inserimento dei criteri di durevolezza, riciclabilità e riparabilità degli elettrodomestici prodotti e venduti in Europa, così da combattere il fenomeno della obsolescenza programmata.


NOTE
1. Nel 1976 l’analista industrial Walter Stahel ha presentato alla Commissione europea un Rapporto di ricerca in cui ha proposto la sua visione di economia in loop. Cfr. W. Stahel, Jobs for Tomorrow: The Potential for Substituing Manpower for Energy, Vintage Press, 1981.
2. E. MacArthur Foundation, Towards the Circular Economy: Economic and business rationale for an accelerated transition, Isle of Wight, UK, 2012.
3. COM(2014)0398
4. Il VII Programma d’azione per l’ambiente, approvato, dal Parlamento europeo e dal Consiglio con la decisione pubblicata sulla GUUE del 28 dicembre 2013 definisce un quadro generale per le politiche europee da seguire in materia ambientale fino al 2020. Il titolo del programma è “Vivere bene entro i limiti del nostro pianeta”. Tra i molteplici obiettivi vi sono: proteggere, conservare e migliorare il capitale naturale dell’Unione; trasformare l’unione in un’economia a basse emissioni di carbonio, efficiente nell’impiego di risorse verde e competitiva. Il documento è consultabile all’indirizzo
http://eur-lex.europa.eu/legalcontent/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32013D1386&from=IT

5. La proposta di modifica riguarda le direttive2008/98/CE relative ai rifiuti, 94/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio, 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti, 2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso, 2006/66/CE relativa a pile e accumulatori e ai rifiuti di pile e accumulatori e 2012/19/UE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche 

6. Il documento è consultabile all’indirizzo: www.europarl.europa.eu
7. COM(2015) 614
8. È possibile consultare la discussione all’indirizzo: www.europarl.europa.eu
9. Cfr. EPRS, Circular economy 1.0 and 2.0: A comparison, January 2016 www.europarl.europa.eu

 

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